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Cosa succede alla NATO?
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«Egregio direttore, da alcuni giorni ho letto brani riguardanti la NATO su giornali esteri e siti internet. In questi articoli si parla della volontà di movimenti o partiti, d’uscire dall’organizzazione NATO. Sembrerebbe che la città di Strasburgo sarà sotto controllo delle forze dell’ordine, e che saranno abrogati per l’occasione gli accordi Schengen per proteggere la riunione dei Paesi membri ,che dovrebbe tenersi il 26 marzo 2009. Penso che l’uscita dalla NATO da parte dei Paesi europei, sarebbe un chiaro segnale della fine della dipendenza servile europea agli Stati Uniti. Di quest’argomento non ho recentemente sentito alcun commentario da parte di personaggi politici italiani, né letto alcun articolo riguardante questo pertanto importante aspetto dell’indipendenza militare europea, e le conseguenze che potrebbero sussistere dall’appartenere a questa organizzazione imperialista». Le sarei grato d’avere un suo parere se lo ritiene utile. Cordialmente.
Fausto M».




Apparentemente lei ne sa più di me, e mi sarebbe utile sapere quali siti e giornali ha consultato. Certo è che il vertice di aprile della NATO, che celebrerà i 60 anni dell’Alleanza Atlantica, vedrà probabilmente una sorta di resa dei conti, dopo le tensioni accumulate fra i cosiddetti alleati nel decennio dell’avventurismo Bush.

«Il tempo è giunto per un nuovo concetto strategico», come ha scritto il segretario generale, l’olandese Jaap De Hoof Scheffer, sull’organo dei riservisti della Bundeswehr, che si chiama «Loyal».

Saranno in questione le operazioni «out of area», dopo le disastrose esperienze in Afghanistan; c’è chi vuole mettere nero su bianco le condizioni in cui la NATO interverrà come alleanza, e quando i Paesi membri potranno agire da soli. Si dovranno definire le relazioni con la Russia.

Lei dice che alcuni Paesi europei intenderebbero uscire dalla NATO? In questo caso, pare che si debba tener d’occhio la Germania; secondo alcune voci, in essa covano tentazioni di uscire dall’area euro, e riconquistare la sovranità monetaria, per non pagare i conti in rosso del «Club Med». Su piano militare, secondo gli americani, ha ripetutamente usato le sue buone relazioni con Mosca per rendersi più autonoma da Washington.

A confermare i sospetti c’è qualcosa di molto concreto: il sistema di intelligence satellitare SAR-Lupe (SAR sta per Synthetic Aperture Radar), che è diventato operativo, a disposizione della Bundeswehr, dalla fine del 2008. Basato su una tecnologia radar che consente di avere immagini ad alta definizione di ogni parte del pianeta e in qualunque condizione di tempo (al contrario dei sistemi ottici usati, per esempio, dai francesi con l’Helios II) il sistema tedesco può ritrarre oggetti fino a un metro da vari angoli, da distanza o anche riprenderne immagini ingrandite (da cui il termine «Lupe», lente d’ingrandimento).

Ebbene: con il SAR-Lupe, le forze armate tedesche si sono messe in grado di condurre operazioni militari indipendenti, in ogni parte del globo, svincolandosi dalla dipendenza dei satelliti-spia americani, e diventando la prima potenza globale nel settore della ricognizione-radar; russi e americani hanno sistemi simili, ma meno avanzati. La spesa e l’impegno di un simile apparato sembra implicare vaste e sorprendenti ambizioni geopolitiche.

Quel che più conta politicamente, il sistema è stato attuato con l’assistenza di Mosca. A cominciare dal dicembre 2006, i cinque satelliti del SAR-Lupe sono stati messi in orbita bassa (500 chilometri) da vettori russi dalla base di Plesetsk, presso Arkangelsk, in base a un contratto firmato dai tedeschi con la compagnia  dell’armamento russo Rosoboronexport.

Stando così le cose, è evidente che forti interessi a Berlino premono perchè la NATO faccia più concessioni a Mosca, con l’apparente prospettiva di rafforzare la posizione tedesca nell’alleanza, e la forza militare germanica «per sè», in un futuro dove, prevedibilmente, l’egemonia americana può subire una eclissi storica.

Ovviamente, altrettanto forti interessi si oppongono a questa deriva politica:  Washington e Londra per prime. Ma anche all’interno della Germania. La Fondazione Konrad Adenauer, tradizionale pedina dell’atlantismo americanista, ha diffuso un saggio in cui deride la cooperazione con la Russia, un «potere  malfermo» che soffre di «arto fantasma imperiale» (sic) ma «non ha un futuro nè prospero nè pacifico». Siccome «a medio termine la Russia diverrà più debole, non più forte», non converrebbe a Berlino avvicinarsi a Mosca, ma invece tornare in migliori rapporti con Washington (che sarebbe forte).

E’ la tesi americana. A difenderla è sceso in campo anche Andrea Schockenhoff, vicepresidente del gruppo conservatore al Bundestag: «Solo la più stretta cooperazione coi nostri partner», ha scritto, potrà contrastare «la resistenza mondiale all’espansione dell’Occidente».

Così ora sappiamo che la missione della NATO, già bell’e programmata, è «l’espansione dell’Occidente», con le relative stroncature militari delle «resistenze» nel mondo.

Lo studio della Konrad Adenauer Stiftung dice la stessa cosa con un più cauto uso delle parole: la NATO deve «proteggere» l’espansione dell’Occidente «combattendo gli inevitabili contraccolpi (come il terrorismo internazionale)».

Il pensiero corre all’Afghanistan, dove il comandante NATO generale Mart de Kruif (un altro olandese) lancia disperati SOS: ho solo 23 mila uomini, non riesco a controllare il territorio, ho bisogno di più scarponi sul terreno (i tedeschi già approfittano del SAR-Lupe per «vedere» i movimenti nemici nella loro immediata zona d’operazione). La Konrad Adenauer ovviamente è d’accordo: una sconfitta nell’Hindu Kush sarebbe «una perdita di credibilità irreparabile per il ruolo dell’alleanza come fornitore di sicurezza globale» (sic).

E per prevalere in Afghanistan, questa fondazione-megafono degli USA  propone non solo la spedizione di più truppe europee, non solo più ONG come «forze civili» d’occupazione (pardon, assistenza e sviluppo), ma anche una nuova struttura che colleghi «le ONG attive in loco» alle forze militari attraverso «un ufficio centrale con la necessaria autorità (...) idealmente interno alle strutture NATO in Afghanistan», dunque una vera e propria militarizzazione della assistenza.

La Konrad Adenauer parla anche apertamente di sostituire Karzai, e fa anche i nomi dei successori: «l’ex ministro delle Finanze Ashraf Ghani o l’attuale ministro degli Interni Mohammad Hanif Atmar sarebbero disponibili come partner competenti e affidabili per l’Occidente».

E con l’intenzione di ravvivare gli stanchi entusiasmi europei per la NATO egemonizzata da Washington, la Stiftung addita un più alto ed eccitante futuro bellico: l’High North, il profondo Nord. Di che si tratta?

Dei favolosi giacimenti di materie prime dell’Artico che oggi, con lo scioglimento della calotta polare, cominciano a diventare accessibili, e suscitano già intense avidità e rivalità. La Germania è troppo geograficamente lontana per fare da sè, e le conviene incorporare la sua politica artica «nelle aspirazioni europee». Già la Finlandia e la Svezia ardono dal desiderio di divenire membri della NATO, assicura la Konrad Adenauer, e date le sfide che lo sfruttamento del Grande Nord comporterà, «questo è uno sviluppo molto gradito». Inutile dire che la proposta di espansione della NATO al Polo è intesa a mettere l’Alleanza in collisione con la Russia, e quindi ad avvicinare gli europei, renitenti, a Washington.

In questa ridefinizione, entra forse il rientro nella NATO della Francia, voluto da Sarkozy? E se sì, il rientro è in funzione anti-tedesca (con l’intenzione di condizionare Berlino)? Anti-russa? O prepara una partnership franco-germanica  privilegiata che tende alla maggiore autonomia dagli USA?

Non so, non ne so abbastanza. Aspettiamo il vertice di aprile.




Fonte > http://www.german-foreign-policy.com/en



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