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Il Volere di Dio e di Gesù nella presente passione della Chiesa
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In quest’ora i cattolici sono chiamati a ricordare e vivere la Passione, morte e Risurrezione di Gesù, che è oggi la passione della Sua Sposa, la Chiesa. Questo rivivere con Nostro Signore non deve essere, però, solo formale, ma profonda e fedelmente legato alla Sua Parola redentrice, essa dà senso a ogni pensiero e atto, sia nella vita personale quanto sociale della storia del mondo. Non per altro la vita nel mondo è legata in modo velato ma certo al Verbo e per conseguenza alla passione e questa è legata alla Parola rivelata. La teologia, come già spiegava Donoso Cortés nell’inizio del suo noto «Ensayo sobre el Catolicismo, el Liberalismo y el Socialismo», BAC, Madrid, 1970 dicendo: «Proudhon ha scritto nelle sueConfessioni di un rivoluzionarioqueste parole notevoli: ‘Esorprendente vedere in che modo in ogni nostra questione politica inciampiamo sempre nella teologia’. Non vi è niente qui che sorprende se non la sorpresa di Proudhon. La teologia, per il fatto di essere la scienza di Dio, è loceano che contiene e abbarca tutte le scienze, così come Dio è l’oceano che contiene e abbarca tutte le cose». Nella prova dei fatti, la volontà moderna di emancipare la vita dal retto pensiero, la filosofia dai princìpi cattolici e la politica da Cristo, si dimostra la vera via di perdizione umana nei tempi cristiani, che Gesù volle edificare.

 

Che nessuno pensi che con questo sia iniziato qui un discorso intellettualoide. No, si tratta sempre della Passione, coinvolgente pensiero e volontà umane, facoltà che rendendo la nostra natura a immagine e somiglianza del Creatore, sono strettamente legate ad ogni passione personale e universale. Uno dei grandi inganni avvilenti la vita mentale dell’umanità contemporanea è quello che mutila con errori ed eresie il rapporto vitale del pensiero teologico con la comune vita quotidiana delle persone e dei popoli. In questo senso voglio ricordare qui, oltre il legame necessario della vera politica con la teologia, come evidenziava Donoso Cortés, due altre questioni:

- l’immensa influenza di quanto sembra solo un particolare della teologia sulla vita pratica di tutti;

- la certezza dell’imperfezione atavica del pensiero umano; per questo motivo nella Sua Misericordia Dio volle il Suo Verbo incarnato e poi la Legge della Sua Volontà perfetta confermata dall’autorità continua e infallibile del Papato.

 

Su quest’ultima questione non c’è bisogno di citare nessuna autorità, ma basta ricordare il fatto certo del Peccato Originale nelle Sacre Scritture. Le prove le abbiamo di continuo e fornite da tutti, specialmente da quelli che si ritengono al disopra della critica, come i Torquemada di Sodalitium che, pure senza il controllo di alcun sommo Pontefice, si fanno liquidatori perfino del pensiero cattolico di Donoso Cortés e non solo. O come quel forum intitolato «Sede Vacante il solo pensarlo è un Peccato contro lo Spirito Santo», dove non si capisce se tratta della vacanza papale - ripetutasi regolarmente lungo due mila anni di storia - o del così detto attuale «sedevacantismo», che andrebbe perciò definito a rischio di apparire solo come il nome con cui vituperare i cattolici che affrontano la trama conciliare. Tutta la buona filosofia, da Aristotele a San Tommaso, s’impegna a definire i termini che, rimasti ambigui, inquinano pure il pensiero al punto di condurlo al ridicolo o all’arbitrio di condanne confuse e annebbiate, ma invocando Dio!

 

Riguardo l’altra questione, e cioè l’immensa influenza di quanto pare solo un particolare d’astratta teologia nella vita pratica di tutti, cito Romano Amerio discorrendo sulla «celebrazione indiscreta che la Chiesa e la teologia modernizzate fanno dellamore». Egli spiega come essa «è una perversione del dogma trinitario: gli orientali dicono che lo Spirito Santo procede dal Padre, ma non dal Figlio, mentre la fede cattolica dice che lAmore procede dal Padre e dal Figlio. Difatti lamore procede dalla conoscenza: quando si dice che lamore non procede dalla conoscenza si fa dell’amore un valore senza precedenti; invece cè un valore che precede lamore ed è la conoscenza. Quindi, questo avvaloramento indiscreto dellamore implica una distorsione del dogma trinitario... Vorrei quasi dire che al fondo del problema moderno cè il Filioque, perché chi nega il Filioque concede il primato indiscreto e assoluto allamore: lamore non ha limiti, non ha remore; qualsiasi azione si faccia con amore, quell’azione è buona (…e) ‘Questo Filioque, che pare un teorema di astratta teologia, é una attitudine formidabilmente pratica, perché il mondo è preso dallidea che il vero valore è nellazione, il dinamismo» (Sì sì no no, 30 aprile 1995).


La corona di spine che martoriò la testa di Gesù nella Sua Passione può ben rappresentare i conflittuali pensieri e le laceranti idee che tormentarono la vita della Chiesa nei secoli e che oggi sono libere d’attuare la grande apostasia. In tal senso l’avversione alle verità divine dura dall’inizio della storia e nella nostra epoca assunse un’espansione tanto minacciante da sembrare terminale. Essa si manifesta naturalmente nel piano del pensiero e volontà umane e clericali.

 

Percorriamo allora la Via Crucis della storia delle più infide eresie che ferirono la Santa Madre Chiesa, ma specialmente quelle interne riguardanti la Volontà del Padre e di Gesù Cristo, che sono la causa prima della Chiesa stessa. Per quanto riguarda il sospetto di eresia dei Papi Liberio e Onorio, negata da San Roberto Bellarmino, si deve precisare, che i due Pontefici non formularono eresie, ma lasciandosi trascinare dagli avvenimenti ebbero comportamenti biasimevoli riguardo alle eresia, specialmente Onorio che fu duramente condannato dalla Chiesa, anche se diversi anni dopo la morte. In ogni modo, tutti gli argomenti inerenti a questi due Papi, furono sviscerati nel corso del Concilio Vaticano I da parte degli anti-infallibilisti, e furono contestati dai membri delle commissioni teologiche relatrici del documento in discussione durante le sessioni conciliari. Diviene dunque, importante conoscere i fatti di cui furono incolpati Papa Liberio, ma specialmente Papa Onorio I, per poi applicarlo alla situazione della Chiesa e del Papato dopo il Vaticano II.

 

Papa Liberio pare abbia sottoscritto, secondo le testimonianze di Sozomeno, una delle tre formule di Sirmio, luogo dove risiedeva l’imperatore Costanzo, che appoggiava l’arianesimo (1). Queste formule furono promulgate negli anni 351, 357, 358 da Sinodi adunati nella città di Sirmio nella Pannonia, sotto l’egida dell’imperatore che ne influenzava le decisioni. E’ ancora dubbio quale di queste abbia sottoscritto. Pare che fosse la seconda che è eretica o la terza «quae sensum catholicum admittit» (2). Qualora abbia aderito alla seconda formula lo fece sotto pressione di torture e di esilio come attesta lo stesso Sant’Atanasio nel paragrafo 42 della sua «Storia delleresia ariana ai monaci»: «... ea non reformidantium, sed vexantium sunt placita» (3). E’ quindi palese che tale sottoscrizione non abbia alcun valore, come la sua condanna del Patriarca Sant’Atanasio, anch’essa estorta sotto violente pressioni.

 

Per quanto riguarda invece Papa Onorio I, esso fu incriminato per il fatto di aver inviato due lettere concilianti al patriarca Sergio di Costantinopoli sulle eresie tra esse collegate del monotelismo e del monoenergismo, credendo in questo modo di mettere fine alle dispute. La formula da lui usata «una voluntas», «come traspare dal contesto stesso della prima lettera, va intesa in senso morale e non fisico, come uniformità di volere fra la volontà della incorrotta natura umana assunta da Cristo e la volontà divina; con ciò dimostra implicitamente di ammettere due volontà, come ha chiarito successivamente Papa Giovanni IV nellepistolaDominus qui Dixit’ (DS 496). Allo stesso modo Onorio respinge nella seconda lettera, come nella prima la denominazione di una o due energie considerandola uninnovazione, ma d’altro canto collegandosi allEpistola dogmatica di Papa Leone I dice: Ambedue le nature operano nellunica persona di Cristo, non mescolate, non separate e non confuse quello che di ognuna è proprio» (4).

Nostro Signore Gesù Cristo, essendo perfetto Dio e perfetto Uomo, aveva una volontà umana che ci è presentata come modello nel compiere la Volontà del Padre. Ogni riduzione di questa verità comporta inevitabilmente eresie riguardanti anche la volontà, il libero arbitrio, i doveri dei cristiani. Si può perfino dire che Dio vuole salvare in noi la nostra volontà, adeguata a quella del Suo Verbo. Perciò la Chiesa ha condannato pubblica e ripetutamente Papa Onorio I, che ha trascurato la difesa di questa verità basilare e pratica per la vita nel mondo (5).

 

«Onorio I lottò contro gli intrighi dei giudei con tanto ardore che meritò lepitaffio: Judaicae gentis sub te est perfidia victa Sic unum Domini reddis ovile pium. Da parte sua, San Roberto Bellarmino dedica alla difesa di Onorio molte pagine del suo Controversiarum de Summo Pontifice (vedi tomo II de lOpera Omnia, edizioni Vives, in 8º pagine 101ª, 108)». Eppure, lo stesso San Roberto Bellarmino afferma: «LVIII Concilio Ecumenico per intero era del parere che in caso di eresia il Papa poteva essere giudicato».

Infatti, le condanne di Papa Onorio sono pubbliche e sono perfino nel Breviario Romano e durante almeno duecento anni, tanto il suo delitto - di non aver difeso la Fede integra e pura come Papa - fu da esecrare. Quale contrasto con la situazione presente in cui si proclama il «diritto» alla libertà religiosa, che non può escludere le credenze derivate da quelli errori nefasti. Lo spirito del Vaticano II insegna una pace libera dalla volontà di seguire l’unica Legge divina, quella insegnata dalla stessa Chiesa; fatto mai avvenuto prima e che mai sarà ritenuto possibile alla luce della vera Fede.

 

Sulla passione della Chiesa molti pensano che si svolga in modo uniforme fino alla fine; che si possa ricorrere alla storia per dire che mai riguardo ad un Papa o ad un conclave o ad un concilio si è verificato questo o quello scempio religioso, come gli attuali. In verità la Chiesa segue la passione a immagine di quella di Gesù Cristo, sempre più dolorosa e letale, fino al tradimento dei Suoi e alla morte di Croce. Tale tradimento si potrebbe enunciare così: Poiché il bene più universale e concreto che si conosca in questo mondo è la pace tra gli uomini, solo quel che porta al raggiungimento della pace mondiale è bene. Quindi le religioni e anche la cattolica, sono buone nella misura in cui adempiono a questo ideale terreno. Ora, la volontà dell’uomo è la sola potenziale operatrice della chiave di comando che può far deragliare il mondo dal suo ordine unico. Ecco perché lo spirito del male brama il controllo totale delle coscienze umane, che contamina seminando continuamente in esse la sua zizzania con l’aspetto di grano evangelico. Vuole farle edificare un mondo contrapposto all’ordine divino. Promette abbondanza, assicura libertà e soddisfa l’arida avidità della carne, del possedere e del dominare, come dèi; ma al prezzo della negazione della Volontà divina. Uno strano maestro che si presenta con una voce umana ed esercita il suo potere per esaltare la dignità dell’io, che lusinga la centralità dell’uomo, mentre inocula la brama che rende la sua volontà succube dell’ordine materiale, parte di un grande popolo avverso all’ordine spirituale, in nome della pace del mondo.

 

Il virus antropocentrico ha infettato l’uomo che era libero di rispettare l’unico precetto divino, respingendo il richiamo avvolgente del non serviam: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e sarete come dèi, conoscendo il bene e il male».

Era la tentazione di credere in un potere umano autonomo da Dio. E i primi genitori hanno permesso che tale virus letale, distruttore dell’immunità della grazia divina nell’umana coscienza, la infettasse del male che causò in essa come una mutazione genetica. Gli elementi per lo sviamento delle coscienze sono tutti qui; sono gli stessi elementi del bene, ma alterati. La felicità assume le sembianze della volontà di piacere concupiscente della carne, o del possedere, o del dominare, come dèi. La libertà è applicata alla voglia di commercio e alla creatività nel male, che incute nella coscienza l’illusione dell’autonomia dalla Parola. Fanno seguito inganni devastanti, come equiparare il bene al male, e l’impossibile tentativo di conciliare i contrari, il grano al loglio, che porta la coscienza a cogliere, con l’abuso colposo della libertà, frutti infetti di male.


Il pensiero cattolico ha sempre accusato molte forme ed effetti di tale sviamento; qui ci basta ricordarne alcune: il «naturalismo», che negando l’esistenza di un altro principio oltre la natura, nega il principio soprannaturale che regge il naturale; il «razionalismo» per cui l’umana ragione essendo capace di ogni verità avrebbe un’autonoma capacità di giudizio sul bene e sul male, riducendoli all’ambito della scienza umana; l’«esistenzialismo» per cui è la libera volontà umana a dare senso al bene e alla verità. Ecco alcuni modi di deviazione dai princìpi che fanno sì che la coscienza umana negando, ignorando o sovvertendo la nozione innata del Trascendente, renda mendace la sua percezione del male e, volente o nolente, alimenti il gran disordine universale. Il male si presenta come alienazione dal bene; un vuoto nella ragione della vita umana; un’ignoranza spirituale degli uomini che, aumentando, moltiplica le crisi morali e mentali fino al conflitto totale.

 

Ecco che la coscienza e la volontà umana vanno amorosamente formate. L’immunità della coscienza, data la libertà dell’uomo, deve fare i conti con questa sua volontà. Se segue la retta norma della coscienza ben formata, rimane nell’ordine rivelato; se usa la libertà per provare altre vie, si svincola dal Bene. Lo sviamento dalla Verità e dai princìpi vitali accade nella coscienza, ma solo se la volontà rompe in essa il suo vincolo naturale. Questo perché è impossibile ignorare, in coscienza, che alla dimensione della propria libertà non corrisponde una proporzionale conoscenza. Cioè, che tutti siamo coscienti di disporre della libertà per fare ciò di cui non conosciamo le ultime conseguenze (Romani 7, 14-25). La coscienza umana non ha un sapere innato, come l’istinto animale, ma un codice di limiti alla libertà mentale, che va oltre la vita materiale: la vita spirituale. Si è coscienti che il principio della stessa coscienza non è il suo libero arbitrio ma il sapere incisovi, che la trascende; che per agire bene si deve distinguere, separare; verbo che si ripete nell’atto della Creazione, come nelle parole di Gesù Cristo sulla sua missione (Matteo 10,34-35; Luca 12, 51).

 

L’ordine umano è quindi legato direttamente alla Parola del Creatore, alla Rivelazione divina. Da essa derivano i princìpi della Legge naturale, base delle leggi promotrici del giusto e stabile ordine sociale, che perciò può essere definita «Costituzione essenziale della umanità» (De Bonald). È nella conformità del pensiero alla Rivelazione e nella volontà di separazione di quanto le è contrario che si fonda quindi l’ordine umano. Solo l’Essere che tutto ha creato conosce il fine e il bene di ogni creatura. Ecco allora la prima risposta cattolica alla questione sul rapporto causa-effetto tra fede nella Parola divina e ordine sociale, nonché individuata la prima causa di ogni disordine umano: il «deliberato» disconoscimento del Bene trascendente. Infatti mentre per il pensiero tradizionale l’uomo non conoscendo il principio e il fine della sua vita deve sempre rifarsi ad una norma che lo precede e supera, la «filosofia conciliarista» che domina il pensiero attuale non si occupa più di negare l’esistenza di Dio; nega il dovere verso una verità definibile; inverte il principio del pensiero: quanto la mente non può conoscere non esiste. Ma negando la Verità la mente si priva dell’assoluto a cui riferire il relativo che conosce; ignora il criterio essenziale per discernere sul proprio principio e fine, e perciò, tra bene e male; perde il senso del bisogno di discriminare tra reale e immaginario; di separare il vero dal falso. La coscienza umana è libera, ma per ordinare il suo fine naturale a quello soprannaturale; ignara del suo stato, perde i termini per la conoscenza del proprio essere. Si tenga sempre presente che il principio della retta coscienza e volere umano non è la libertà ma il suo vincolo: la responsabilità verso Dio. Se la libera volontà è esaltata a scapito della responsabilità umana, la coscienza è deviata. La coscienza è in un crocevia di due direzioni, condizionanti la storia umana: della fede e delle idee proprie, gnostiche.

 

Avendo ceduto a questo inganno l’uomo s’è messo sotto la tirannide di un potere occulto che si esercita attraverso la triplice concupiscenza: degli occhi, della carne e della mente. Il processo storico della tentazione del «sarete come dèi» ha tentacoli proteiformi: d’erezione umana del proprio bene, manifestata nell’utopismo del piacere assoluto; di culto del tempo e dello spazio umano del progressismo; patto conciliatore coi poteri del mondo invertito; dell’idolatria della goduria terrena, che permea la storia delle guerre. Eppure, si proclama oggi l’inganno sottile: fate l’amore non la guerra; il sussurro del «pensiero segreto» con cui l’ingannatore primordiale perfeziona il verbo malefico dei suoi «maestri buoni dumanità». Qui risiede il mistero dello spirito che preparò dall’inizio dei tempi la grande eclisse del pensiero umano per dischiudere il suo piano finale: il progressismo cattolico dell’illusione del nuovo bene terreno, un ordine gnostico universale per i tempi moderni il cui esattore nel campo religioso è il fetido modernismo. Esso sembra aggirare i processi di rapina spirituale, per cui l’uomo ha messo a rischio le sue capacità di avere, con la grazia, la forza per mirare alla vita eterna.

 

La Caduta originale è la chiave di lettura delle manifestazioni dell’uomo terreno in tutti i tempi; è il contrassegno di ogni prevaricazione spirituale umana che si palesa alla luce di quella originale. Lo spirito del «non serviam» sorto in modo ricorrente come maestro del «bene» umano secondo un continuo ed autonomo progresso della volontà è l’utopia del nuovo ordine fondato su di una libertà antropocentrica con pretese divine.

La vera guerra del mondo è perciò riassumibile in questi termini: il campo è la coscienza umana (confronta Luca 17, 21); le armi sono le idee; l’oggetto è il regno del Verbo divino, il Bene incarnato. Essendo questa la guerra che il male scatena contro il bene, il fedele deve ricordare sempre che tutte le guerre e rivoluzioni del mondo sono contro il Logos. Alle coscienze umane importa, riconoscendosi come campo di lotta, dissodarlo da illusioni e inganni per afferrare le armi del bene e rimanere nell’amore della Verità. Una dura prova per i portatori della ferita originale che hanno per avversario l’ingannatore che sorge sempre con aspetti diversi di profeta, pedagogo e falso vicario di Cristo, per spingere alla ricerca di segrete conoscenze. Si rende necessario, quindi, restaurare anzitutto l’immagine della Verità nelle coscienze. E ciò partendo dal riconoscimento della realtà del proprio male, della colpa originale, dello stato di degrado attuale, della necessità del Verbo divino senza reinterpretazioni di untuosi pastori conciliari predicando la «redenzione universale», quasi l’uomo potesse essere redento a dispetto di come usa la sua mente e la sua volontà. Solo nella coscienza del loro retto uso è possibile ripudiare quanto devia dal Vero e trovare la via della fede che la cura e realizza. Ciò richiede la chiave spirituale fornita dalla Religione Unica, di Dio, presente dall’inizio alla fine della Rivelazione. Oggi ci si accorge della sua mancanza perché essa è smarrita a Roma. E il mondo, chi sa perché, sprofonda in una crisi mentale e morale di esiti terminali, difficili perfino da immaginare.

 

Il principio della coscienza non è, lo ricorda sempre il pensiero cattolico al contrario di quello conciliare, la libertà, ma il suo asse, che è la legge naturale ed eterna incisa in ogni anima ed elevata a responsabilità spirituale verso il Verbo. L’entità da Lui nata, la Chiesa, continuerà in eterno a rappresentarLo e, come Suo organismo vivo, a custodire e illustrare la Parola nelle coscienze con autorità divina. E’ riconoscibile, però, proprio per la libertà nella «Verità che vi renderà liberi» (Giovanni 8, 32). La libertà vincolata alla Verità è reale; una libertà per aborrire la verità è la deviazione che porta alla Babilonia del disordine universale, alla massa dannata, di cui parlava Sant’Agostino: il grande popolo di quel dannato Anticristo, il cui spirito ormai domina lo stato umano decaduto, che si occupa, ironicamente, a negarlo per nutrire la stima di una propria dignità! Così tanti, ingannati dallo spirito del Vaticano II, credono che nell’assoluta «dignitatis humanae» che non risiede nella partecipazione alla crescita spirituale della coscienza umana, realizzazione a cui si è chiamati nella sola Fede di Cristo.


In questo senso, curiosa e illustrativa è la definizione di coscienza del cardinale Newman: «La coscienza è il vero vicario di Cristo nellanima; un profeta per quel che informa; un monarca per il suo potere decisionale; un sacerdote per le sue benedizioni o anatemi, secondo se la ubbidiamo o no». Infatti, il principio dell’autorità del Papa, Vicario di Cristo, è la conferma della Parola «unica» di Dio nelle coscienze. In vista della necessità della giusta interpretazione di questa conferma Pietro ha ricevuto un’autorità infallibile. In altre parole, la ragione della gerarchia ecclesiastica è la garantita definizione del vincolo divino nelle coscienze, che San Paolo insegna fondarsi sul timore di Dio: «Coscienti del timore che deve aversi del Signore, noi ne persuadiamo gli uomini; e a Dio, siamo ben noti e manifesti. E spero di esserlo anche davanti alle vostre coscienze» (2 Corinti 5, 11). Il legame tra fede e autorità è dottrina universale. Papa Innocenzo III nel IV Concilio Lateranense afferma: «Cum nimis absurdum sit ut Christi blasphemus in christianos vim potestatis exerceat» (6). E Papa Leone XIII insegna: «Cum absurdum sit opinari, qui extra Ecclesiam est, eum in Ecclesia praeesse» (7).

 

La Porta e le chiavi del Regno

La Porta e le chiavi, sono parole usate in un senso così importante nel Vangelo che Gesù stesso ha detto di essere «la Porta» (Giovanni X, 7). Sant’Agostino (Catena Aurea) commenta: ‘Lessere pastore, Gesù lo concede ai suoi... ma essere porta non lo concede a nessuno di noi: lo ha riservato soltanto a Sé». Ora, la stessa parola indica (Matteo 16, 18) quanto gli si contrappone: «Le porte dellinferno non prevarranno contro di lei». Qui si tratta della Pietra sulla quale poggia la Chiesa: «Cristo, a cui Pietro ha confessato» (San Geronimo). Pietro riceve le chiavi della Porta sulla Pietra, che apre il Regno dei cieli. La Porta é l’apertura della Parola; di Dio agli uomini. Dove si deve trovare, con le sue chiavi, più che nella coscienza formate degli uomini? Nella società cristiana, non è la Chiesa a rappresentarla, formando le coscienze nella Fede unica? L’idea opposta è di una Chiesa la cui porta è aperta, non tanto per irradiare la Parola, ma per accogliere le opinioni e ideologie emergenti di un mondo oscuro. E’ l’apertura di Giovanni XXIII e del Vaticano II, in nome della libertà di coscienza e disubbidienza religiosa, secondo una falsa dignità umana di scelta.

 

Il rapporto tra società e coscienza è cruciale per il pensiero umano, poiché essendo la coscienza la norma dell’azione umana, è impossibile trattare qualsiasi fatto riguardante la vita senza passare per la questione della coscienza. In essa maturano le decisioni umane, che possono seguire modelli di comportamento ordinati al bene rivelato o secondo ipotetiche volontà moderniste di aggiornarsi ai tempi. La vita sociale è doppiamente legata alle coscienze. Dalle coscienze dei suoi membri derivano i suoi atti volontari, che, a loro volta, devono avere per fine principale il progresso della conoscenza e della continuità della vita umana, propria o altrui, essenzialmente legato a delle coscienze. La vita sociale ha per base e per fine l’attività volontaria e perciò la cura delle coscienze. La coscienza è il vero campo di conquista: guidate dalla Parola, le coscienze indirizzano la propria volontà al culto del Bene e migliorano la vita sociale; sviate dal Bene, presto o tardi applicheranno la propria libera volontà ad azioni che ingenerano il male, nel culto del proprio io. Quale ordine sociale può reggere se ognuno crede nella dignità dei propri pareri, ubbidiente solo alla nuova legge della libertà di scelta religiosa? Ecco il sussurro della ribellione personale, motore di ogni rivoluzione sociale, una «ignoranza dotta», un ateismo sotto la forma di una «nuova coscienza conciliare».

La pedagogia del nuovo ordine, fondata sulla teoria psicologica che imputa i problemi mentali al senso di colpa, nega la Colpa originale, e ritenendo che l’autostima sia una motivazione positiva, esalta la dignità umana assoluta. Infatti, nella «Dignitatis humanae», (1, 2) è detto: «Il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale si conosce, sia per mezzo della parola di Dio rivelata che tramite la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nellordinamento giuridico della società».

 

Dio creò la mente umana libera, ma vietò all’uomo d’usurpare il diritto a questa libertà (religiosa) di cogliere il frutto proibito per essere come dèi. Per riparare quest’offesa ignominiosa Gesù venne per rinunciare alla Sua libertà di vero Uomo e per compiere con la Sua Passione la Volontà redentrice del Padre. Dalla ribellione originale rivelata dalla Parola di Dio, sono sorte tutte le altre che si sono moltiplicate e rafforzate sotto la spinta di forze oscure per consolidare il processo rivoluzionario, da cui derivano tutte le rivoluzioni moderne... e questa! Esse mirano a stabilire un nuovo ordine emancipato dal Principio dell’autorità e dell’ordine, che è Dio. Per il pensiero cattolico tutti i mali umani provengono dal «virus» spirituale inoculato dalla libertà ribelle del «non serviam». E ciò in modo devastante se tale deviazione è giustificata in nome della Fede. Ecco il delitto innominabile del Vaticano II con la sua «libertà religiosa».

 

La storia si svolge all’insegna dell’opposizione tra lo spirito fedele alla Legge e lo spirito del mondo. La ribellione è l’antireligione per eccellenza; è all’origine di ogni rivoluzione per imporre un nuovo ordine avverso al principio dell’autorità di Dio stesso. La sua meta finale è la «religione» che dichiari il sommo «diritto» a tale libertà religiosa; la libertà dalla Volontà divina! Ecco che il cattolico è chiamato a vagliare le proprie illusioni «spirituali» e vigilare sui falsi Cristi, ricordando l’ammonimento di Gesù, e il suo seguito: «Il pastore sarà colpito e le pecore disperse». Allora dominerà nella Casa di Dio il «pastore» della «nuova coscienza»; e l’uomo moderno, libero dall’attrazione della Verità, cadrà nell’orbita del disordine universale; leggerà quel testo della Dignitatis humanae come se la Parola di Dio esprimesse la Volontà che l’uomo fosse libero da essa stessa!

 

Cristianesimo e Rivoluzione sono le due vere direzioni, anche nella vita sociale, che si presentano al bivio. Da un lato la salita dell’ordinamento nella legge di Dio; dall’altro la via larga delle utopie conciliari verso l’avventura dell’ignoto umano; questa seconda via è sussurrata dallo spirito oscuro che dall’inizio tenta l’uomo a seguire la sua stessa illusione di divenire, come dèi, il centro dell’universo.

 

Lo spirito rivoluzionario fu sempre accusato dai Papi, e riconosciuto nella sua versione di modernismo religioso. La sua perversione gli è intrinseca in ogni sua variazione, poiché si oppone ai princìpi del bene rivelato. Ora, «chi sbaglia salvando i princìpi, può essere corretto; ma chi sbaglia nei princìpi è incorreggibile» (San Tommaso). Il modernismo, rompendo nelle coscienze l’ordine dei princìpi divini, promuove errori che sono matrici di delitti; in nome del diritto umano, oggi sono dei chierici a favorire orrori rivoluzionari, profondamente disumani.

 

Sentiamo il Profeta Osea (4, 1): «Il Signore chiamerà a giudizio gli abitanti della terra; non cè verità, né misericordia, né conoscenza di Dio sulla terra. Si giura, si mentisce, si uccide, si ruba, si commette adulterio, si fa strage di sangue che attira sangue. Per questo si coprirà di lutto il paese e chiunque vi abita langue insieme con gli animali della terra e con gli uccelli del cielo; perfino i pesci del mare scompariranno. Ma nessuno accusi, nessuno contesti; contro di te, sacerdote, muovo laccusa. Tu inciampi di giorno e il profeta con te inciampa di notte e fai perire tua madre. Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rigetterò te dal ministero di mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio e Io dimenticherò i tuoi figli. Col crescere di numero, crescono nei peccati contro di me; cambierò la loro gloria in ignominia. Essi campano sui peccati del mio popolo e tendono il loro animo alliniquità. Onde, qualè il sacerdote tal è il popolo; ed essi avranno la stessa sorte; li punirò e li retribuirò dei loro misfatti. Mangeranno, ma non si sazieranno, hanno fornicato, ma senza quiete, perché hanno abbandonato il Signore (per gli idoli)» (traduzione CEI).

San Pio X interpreta quest’insegnamento nell’Enciclica «Acerbo nimis» (15 aprile 1905), dove ricorda che ai pastori compete, anzitutto, il gravissimo dovere di insegnare la Scienza delle cose di Dio, per cui l’Apostolo Paolo diceva: «Cristo non mi ha inviato per battezzare, ma per evangelizzare» (I Cr 1,17). Ma avvertiva: «Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema!» (Gl 1, 8).

 

Il Giuramento antimodernista fu prescritto da San Pio X perché il Papa, responsabile della preservazione universale della Fede in cui era tenuto a confermare i suoi fratelli di sacerdozio, non poteva permettere che i modernisti assumessero alcun ruolo nella Chiesa. Il giuramento non è altro che una professione di fede che ogni cristiano è tenuto a confessare pubblicamente quando si sollevino dubbi o si sferrino attacchi contro l’integrità della fede. I chierici, più che i comuni fedeli, sono tenuti a confessare i punti del giuramento cui essi sono vincolati, per ragioni di fede, prima che per obbedienza al Papa. Il cattolico, ieri, oggi e sempre, pure senza prescrizioni del Papa, sa di dover confessare la fede. Con il Vaticano II, quello che è una professione di fede fu archiviata; spuntò allora una legione di spergiuri ma maestri di una nuova fede. Ecco i connotati dello spirito del Vaticano II, svelatosi prima nei suoi documenti e poi nella sua prassi pastorale, con cui vorrebbe sostituire i princìpi, le norme, l’azione sociale e la professione di Fede della Chiesa. Questo spirito propone come fede: l’umanitarismo, l’evoluzione della coscienza, il soggettivismo dogmatico per reinterpretare i Vangeli secondo i bisogni dei tempi; contraffazione modernista che si riflette nella sua riformata liturgia orizzontale. Il modernismo conciliare è un processo che raccoglie e traghetta ideologie e idee gnostiche in cui prevale l’immanente sul trascendente, l’umana autonomia sulla dipendenza divina, l’egualitarismo utopico sulla gerarchia organica, l’asservimento della Religione alla società e all’uomo, anziché il loro ordinamento a Dio. Insomma, l’utopia sull’ordine naturale, una rivoluzione a 360°, un ateismo «cristiano», un vuoto senza pari nella ragione e nella morale dei popoli. Perciò San Pio X dice: «Noi lo definiamo la sintesi di tutte le eresie» (Pascendi, 76).

 

Ieri, come oggi, la maniera modernista rimane condannata dalla Chiesa. Ma ora viene dissimulata in politica sociale, e senza che nemmeno se ne capisca la portata anticristiana. I chierici modernisti che tanto hanno parlato di progresso, sono gli ultimi ad arrivare e i più disastrati; presentano le loro idee come ispirazione cristiana per arrivare a compromessi politici di teologie libertarie ormai morte. La logica del modernismo è il compromesso stesso, senza esclusione di fedi. Una nuova gerarchia ha immensa simpatia per la religione dell’uomo, per un umanesimo laico e apre le porte della Chiesa alla sua rivoluzione egualitaria, antigerarchica. All’obiettiva distinzione tra le due città antepone la soggettiva simpatia per la rivendicazione rivoluzionaria e modernista dell’uguaglianza, penetrata perfino nella religione unica. E i profeti conciliari confondono le differenze per contribuire all’edificazione del villaggio globale con un’altra religione: totale.

 

Nella Gaudium et Spes del Vaticano II è anticipato il piano per il nuovo ordine mondiale della fraternizzazione universale anche a livello d’ideologie e religioni; non si tratta di uno spazio fisico, ma di una mentalità omologata. La missione della Chiesa diviene sostenere e benedire le iniziative del mondo moderno descritto nella Gaudium et Spes, per la città unificata (del nuovo ordine): Gaudium et Spes 40:  (...) «Compenetrazione di città terrena e città celeste... la Chiesa... consolida la compagine dellumana società... crede di poter contribuire molto a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia... per realizzare il medesimo compito... cooperando insieme le altre Chiese o comunità ecclesiali... persuasa che molto e in svariati modi può essere aiutata nella preparazione del Vangelo dal mondo, sia dai singoli uomini, sia dalla società».

 

Nuova esegesi = nuova fede: Il motivo della Fede è «credere ciò che è stato detto da Dio». Nella sua Parola è il bene e niente è peggio che pretendere che siano le coscienze a giudicare autonomamente sul bene e sul male, conciliandoli vicendevolmente. Ma dalla ribellione delle coscienze si sviluppa la paurosa scalata della ribellione finale. Essa portò alla crocifissione di Gesù, e oggi della Sua Chiesa. La Chiesa ha sempre allontanato i falsari della dottrina, che si presentano vestiti da pastori dell’umana libertà, ma sono lupi rapaci. Ed ecco che lo spirito del Vaticano II,
dominando l’animo modernista e massonica di Angelo Roncalli, è riuscito a imporsi a una chiesa, che passò a militare nella grande apostasia! Il mondo sarà nella più mortale confusione finché tale spirito prevarrà, in nome della Chiesa di Cristo. Tale spirito conciliare non può prevalere sulla fede immutabile, ma può deviare e perdere moltitudini di fedeli e specialmente quei chierici che una volta erano chiamati ad affrontarlo a tempo e contro tempo. Eppure alla fine, solo Dio sa quando, esso sarà riconosciuto ed esorcizzato.

A questa testimonianza della Fede sono chiamati i cattolici del piccolo resto senza timori e senza accezione di persone. Nessuno è al disopra della Fede. Questa è l’immutabile Volontà di Dio per cui Gesù Cristo è morto in croce. Allora tornerà un periodo di pace, secondo l’Immacolato Cuore di Maria.


Arai Daniele




1) K.  Bihlmayer - H. Tuechle, «Storia della Chiesa», Brescia 1973.

2) T. Zapelena, «De Ecclesia Christi», Roma, 1954, volume II, pagina 221; L. Billot, «De Ecclesia Christi», Roma 1927, volume I, pagine 691-697.

3) Ibidem, pagina 221.

4) K. Bihlmayer - H. Tuechle, opera citata, volume I, pagine 358-359; L. Ott, «Compendio di Teologia Dogmatica», Torino-Roma, 1957, pagina 251.

5) Nell’assise del VI Concilio Ecumenico Papa Onorio fu condannato: «Quia in omnibus eius mentem secutus est et impia dogmata confirmavit» (DS. 552). Papa San Leone II, sancisce la condanna di Onorio: «Hanc apostolicam Ecclesiam non apostolicae traditionis doctina lustravit, sed, profana proditione (pro traditione) immaculatam fidem  (dari permittendo) subvertere conatus est» (DS 563). E in una lettera diretta ai vescovi spagnoli ribadisce: «Qui flammam haeretici dogmatis non, ut decuit apostolicam auctoritatem, incipientem extinxit, sed negligendo confovit».

Papa Adriano II, nell’allocuzione al VIII Concilio Ecumenico affermava che Papa Onorio era stato accusato di aver deviato dalla Fede, l’unico delitto che può legittimare la resistenza dei subalterni ai superiori ed il rifiuto delle loro dottrine perniciose.

6) J. D. Mansi, opera citata, volume IX, col. 996.

7) Leone XIII, Enciclica «Satis cognitum», in opera citata, volume V, pagina 46.



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