Lieberman: «Obama obbedirà»
23 Aprile 2009
«L’amministrazione Obama tirerà fuori un piano di pace solo se Israele lo vuole...»: così Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri israeliano e capo del partito razzista «Ysrael Beitenu», nella sua prima intervista ministeriale.
Singolare intevista: Lieberman l’ha concessa al giornale russo Moskovskiy Komosolets, non ad un giornale israeliano
(1). Gliel’ha fatta Aleksandr Rosensaft, corrispondente ebreo del giornale russo in Israele. Tutte linee interne. Lieberman parla male l’ebraico, essendo nato e cresciuto in Russia. Di questa intervista hanno riferito alcuni giornali italiani, ovvamente censurando la frase-chiave:
«L’amministrazione Obama tirerà fuori un piano di pace solo se sarà Israele a volerlo».
Interessante asserzione, proprio nel momento in cui l’Amministrazione Obama sta tentando, o fingendo, di rendere un poco indipendente la politica estera USA dal collare di ferro della lobby israeliana. Nulla di vero, dice Lieberman ai russi:
«Credetemi, l’America accetterà tutte le nostre decisioni».
Il riferimento è alla situazione dei palestinesi, e ad Obama che si è dichiarato impegnato a portare avanti il soi-disant «processo di pace». Lieberman assicura:
«La soluzione a due Stati? Un bello slogan senza sostanza».
Poche ore prima, la radio dell’esercito israeliano aveva riportato il commento di Lieberman all’iniziativa di pace araba sul tavolo da anni – ossia la proposta di riconoscimento di Israele, e di un trattato di pace definito, da parte di tutti i Paesi arabi se solo Sion sistema in qualche modo la questione palestinese:
«E’ una proposta pericolosa, una ricetta per la distruzione di Israele».
Riconoscere Israele significa distruggere Israele; non riconoscere Israele (come Hamas e l’Iran) significa voler cancellare Israele dalla mappa geografica. Lieberman il ministro apre evidentemente un ampio spazio a futuri negoziati: vedi alla voce «Insanity» nella Encyclopaedia Judaica 1906.
Ma Lieberman non ha rinunciato a dare qualche indizio di come sarà la politica estera sionista sotto la sua direzione.
«L’Iran non è la peggiore minaccia strategica per Israele; il Pakistan e l’Afghanistan lo sono».
Persino l’intervistatore ebreo ha un momeno di disorientamento: da anni Lieberman ha fatto campagna contro l’Iran come la più grossa minaccia «per la sopravvivenza di Israele». Ci ha vinto le elezioni. Adesso risulta che Teheran è scesa, come minaccia, al terzo posto?
«Il Pakistan è nucleare e
instabile, - spiega Lieberman - e l‘Afghanistan può cadere in mano ai
talebani; la combinazione forma un’area di estremismo dominata dallo
spirito di Bin Laden».
Sarà un caso, ma solo poche poche ore dopo questa uscita, la ministra deli Esteri Hillary Clinton ha aspramente rimproverato il Pakistan della sua «instabilità», e di non fare abbastanza nella lotta infinita contro il terrorismo e i Talebani.
Non è politicamente corretto ricordare chi ha reso instabile il Pakistan, nè chi ha creato, pagato ed armato i talebani. Forse si coglie qui un motivo per cui sotto Pasqua, a Londra, doveva avvenire un attentato attribuibile a studenti venuti dal Pakiatan, tentativo sventato da una disattenzione del capo dell’antiterrorismo di Scotland Yard?
Notevole in ogni caso, da parte di Lieberman, l’evocazione dello «spirito di Bin Laden». Ormai defunto, il re del terrore deve essere evocato in sedute spiritiche. (Vedi alla voce «Insanity», di cui sopra).
Su Pakistan e Afghanistan, il razzista aggiunge:
«Non
penso che questo piaccia a nessuno in Cina, Russia o in USA... questi
(due) Paesi sono una minaccia non solo per Israele, ma per l’ordine
mondiale nel suo complesso».
Il che sembra preludere ad una serie di destabilizzazioni e attentati «islamici» magari in Cina e Russia. Nello spirito di Bin Laden, ovviamente.
Ma no, ma no. Lieberman tende anzi una mano a Mosca; gran parte dell’intervista sembra un tentativo di ingraziarsela.
«Da tempo sto dicendo che Israele ha una stima insufficiente del ‘fattore Cremlino’, e intendo porre rimedio a questo».
E come intende fare?
«Il nostro compito è di
avvicinare USA e Russia... Non ho mai capito perchè gli USA devono
antagonizzare la Russia sull’entrata nella NATO del Kossovo o
dell’Ucraina; tuttavia, la Russia deve capire che un suo avvicinamento
a Hugo Chavez non crea fiducia nell’Occidente».
Già: chissà chi ha spinto gli USA ad antagonizzare la Russia? Sarà stato Wolfowitz, Leeden, Perle, Kristol e Kagan, insomma i neocon che hanno dominato l’amministrazione Cheney-Bush? Ci sembra di ricordarlo, ma il ricordo è certo ispirato ad antisemitismo. La memoria ci gioca brutti scherzi.
E’ consolante constatare che anche la memoria di Lieberman ha dei vuoti selettivi: cita Kossovo e Ucraina, ma dimentica la Georgia, il cui caporione è stato aizzato ed armato da Israele per combattere la Russia?
Ma sì, ci si metta una pietra sopra. L’importante è che Mosca si renda conto che l’«Occidente» non è contento che collabori con Chavez.
Lieberman è l’Occidente, e parla a suo nome; non a torto, visto che tutti i ministri degli Esteri europei sono israeliani, almeno in potenza.
Quanto alla Casa Bianca, c’è Rahm Emanuel, sulla cui potenza occulta non cessano di arrivare rivelazioni – occultate dai media «occidentali».
IL BANCHIERE SUICIDA - Una di queste riguarda Freddie Mac, l’agenzia semi-governativa messa in rovina dai subprime. I media hanno parlato del suicidio di David Kellerman, il suo direttore finanziario, senza spiegarne i motivi. Ma il Washington Post
(2), il 27 marzo, a Kellerman vivo, aveva spiegato questo: certe «autorità federali» avevano fatto pressioni sulla nuova dirigenza di Freddie Mac perchè, nel suo bilancio annuale, mantenesse segreti certi costi che sarebbe obbligata a rendere noti alla SEC, ossia all’ente (diciamo così) di controllo finanziario.
Che cosa c’entra Rahm Emanuel? Nulla, nulla. Tranne il fatto che anche Rahm Emanuel è stato consigliere di Freddie Mac, messo a quel posto da Bill Clinton.
«Sotto lo sguardo di Emanuel», scrive il Chicago Tribune
(3), «i dirigenti esecutivi resero noto al consiglio d’amministrazione un piano di trucchi contabili (accounting tricks) per nascondere agli azionisti gli enormi profitti che l’azienda garantita dallo Stato stava guadagnando da investimenti ad alto rischio. Lo scopo era di spalmare i profitti nei futuri anni di bilancio, in modo che Freddie Mac apparisse sulla carta in attivo, e così massimizzando i bonus annuali per la dirigenza della ditta».
Per questo duro lavoro, il figlio dell’Irgun ha ricevuto da Freddie 320-380 mila dollari in 14 mesi. Adesso provate a immaginare il nome della «autorità federale» che aveva fatto pressioni su Kellerman perchè nascondesse alla SEC informazioni obbligatorie. Avete indovinato?
Risposta esatta: è l’Occidente.
ESERCITAZIONI MAI VISTE - Frattanto in Israele, il Comando del Fronte Interno sta per lanciare la più grande esercitazione coinvolgente la popolazione civile nella storia sionista, onde «elevare il tasso di coscienza della popolazione sullo scoppio di una guerra»
(4).
Come spiega il colonnello Hilik Sofer, «in caso di guerra non ci saranno sufficienti unità di soccorso e di prevenzione chimico-bioligica. Dobbiamo contare sulla popolazione: la dobbiamo addestrare ad una realtà in cui missili cadono su ogni parte del Paese senza preavviso».
Il Comando Fronte Interno spera così di convincere la popolazione a diventare da passiva ad attiva: «Vogliamo che i cittadini capiscano che la guerra può scoppiare domattina», dice Sofer. Occorre che abbia «un sano senso di paura».
Sembra che l’intenzione sia di elevare il tasso di paranoia delle gente al livello necessario per giustificare il bombardamento delle installazioni nucleari iraniane, progettato ad alta voce ormai da tempo. E’ accaduto anche prima dell’attacco a Gaza: favolose rivelazioni sull’eccezionale armamento di Hamas – che poi non s’è visto – sono servite a legitimare la ferocia indiscriminata del massacro.
1) Lili Galili, «Lieberman: US to accept any Israeli policy decision», Haaretz, 22 aprile 2009.
2) Zachary Goldfarb, «Freddie Mac's Duel With Regulator: Does It Report Government's Role in Its Losses?», Washington Post, 27 marzo 2009. A quanto pare, David Kellerman ha resistito alle pressioni della Casa Bianca, ed ha inserito nel rapporto i dati che le autorità federali volevano tener nascosti. Poi s’è suicidato. Strano. Non aveva fiducia nei «bagliori di speranza» che si manifestano nell’economia?
3) Bob Secter, «Rahm Emanuel's profitable stint at mortgage giant - Short Freddie Mac stay made him at least $320,000», Chicago Tribune, 26 marzo 2009.
4) Anshel Pfeffer, «IDF planning largest-ever drill to prepare Israel for war», Haaretz, 7 aprile 2009.
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