La fine dei fondi-avvoltoio. Forse.
11 Maggio 2009
Vari ex ministri e parlamentari britannici hanno deciso di proporre una legge che renda illegali le attività dei «vulture funds»
(1). I «fondi-avvoltoio» sono fondi speculativi (rientrano nella categoria degli Hedge Funds) specializzati nel depredare i Paesi più poveri e indebitati del mondo. Fino a scarnificarli. La loro strategia consiste in una specie di spietato «recupero-crediti», da Pesi che non riescono più a pagare gli interessi sui debiti che hanno contratto con le banche internazionali.
Un esempio. Il fondo Donegal International ha comprato (dalle banche creditrici) una fetta di debito dello Zambia, pagando 3,3 milioni di dollari; poi ha trascinato lo Zambia in un tribunale britannico, esigendo 55 milioni di dollari, ossia l’intero valore facciale del debito - e l’intero bilancio del magrissimo sistema sanitario dello Zambia. Alla fine, i giudici hanno condannato lo Zambia a rifondere 15,5 milioni di dollari. Per la Donegal, un ritorno del 500% sul capitale investito.
Un altro fondo avvoltoio, «FG Hemisphere», ha comprato dai creditori 44 milioni di dollari del debito della Repubblica Democratica del Congo, per poi chiamare in giudizio lo Stato-debitore - e in questo caso, arrivando ad una transazione sui 100 milioni di dollari. Profitto del 100%.
Un altro «vulture», Kensington International, ha acquistato il debito del Congo-Brazzaville per 1,8 milioni, ed ha preteso in giudizio 120 milioni, puntando a un profitto del 900%. E ci sono altri 54 casi e cause di questo genere in corso, contro i Paesi più poveri. «Donegal International» ha acquistato nel 1999 per meno di 4 milioni di dollari una tranche del debito della Romania, dalla quale pretende 30 milioni.
I vulture funds si rivolgono esclusivamente a tribunali americani e inglesi, dove domina l’ideologia del capitalismo terminale, e il principio: i debiti si pagano.
Così, è strano che siano proprio dei parlamentari del Regno Unito, santuario del liberismo, ostilissimi ad ogni regolamentazione della finanza speculativa, a chiedere l’eliminazione di «vulture funds». Ma, come spiega BBC, questi speculatori risucchiano tutti gli aiuti internazionali che i Paesi ricchi (anche la Gran Bretagna) danno ai Paesi poverissimi per sollevarli dalla trappola del debito; quei fondi che servono per migliorare il sistema sanitario o l’istruzione primaria, vengono accaparrati dagli avvoltoi. Spesso gli avvoltoi rilevano debiti che sono sul punto di essere cancellati dai creditori statali; in mano private, tali debiti ridiventano esigibili - a valore intero più interessi e mora.
In realtà, i poteri forti non si sarebbero mossi se Greg Palast - uno dei migliori giornalisti investigativi - non avesse rivelato le imprese dei fondi-avvoltoio in un programma televisivo, NewsNight, nel 2007. Spinti dall’opinione pubblica indignata, i governi di Washington e di Londra avevano promesso di fare qualcosa. Non hanno fatto niente. Da qui il tentativo di varare una legge ad hoc da parte di esponenti politici britannici.
Palast aveva anche intervistato il direttore di Donegal International, Michael Sheehan, che si era da solo soprannominato «Goldfinger» nell’intervista. E l’aveva paragonato a Shylock, l’ebreo usuraio del «Mercante di Venezia» di Shakespeare, che pretende in giudizio dal debitore «una libbra di carne vicino al cuore».
Non era andato molto lontano dalla verità. Nessuno sa bene chi siano i proprietari dei fondi-avvoltoio, che hanno sede in paradisi fiscali (Donegal, alle Isole Vergini Britanniche) e i cui «investitori» sono segreti. Ma si ritiene che l’inventore dei fondi-avvoltoio sia un miliardario di nome (eh sì, avete indovinato)... Paul (Saul) Singer, il cui fondo speculativo Elliott Associates è socio di Donegal. Singer risulta uno dei massimi contributori politici alle campagne presidenziali di Bush jr. e di Rudolph Giuliani.
E di fronte alle rivelazioni di Greg Palast, i soli che abbbiano avuto il coraggio di scendere in campo per sostenere la legittimità dei vulture-funds sono stati un giornalista di nome Salmon (Felix Salmon), e una economista di nome Anne Krueger
(2).
Ora, il progetto di legge britannico, se passa, obbligherà i fondi-avvoltoio a rendere pubblici i nomi dei loro investitori e beneficiari. Ad esigere in giudizio non più del valore per cui hanno comprato il debito, più interessi. A rivolgersi ai tribunali «prima» di intraprendere ogni azione di recupero, e i tribunali dovranno richiedere un parere sia allo Stato britannico, sia allo Stato debitore: spesso infatti questi fondi si valgono della «consulenza» di ex-dittatori o di loro funzionari, che trovano così il modo (come investitori o beneficiari) di estrarre ancora qualche milione dai Paesi da cui sono stati cacciati. Donegal, per esempio, nella sua pretesa contro lo Zambia, s’è valsa di un funzionario dell’ex dittatore zambiano Frewderick Chiluba, che poi si è scoperto aver rubato alle casse dello Zambia 30 milioni di dollari.
Con queste limitazioni, i fondi avvoltoio sarebbero nell’impossibilità di operare. Di più: la loro messa sotto chiave può essere finalmente l’inizio di una regolamentazione dei fondi speculativi, e della finanza selvaggia.
Ma è così?
Non proprio. Di fronte alla richiesta sempre più pressante di regolamentazione, le solite forze occulte mobilitano i loro fiduciari che hanno messo nei posti chiave degli organi sovrannazionali.
Un esempio si è avuto in questi giorni in Europa. Su pressante richiesta di Parigi, Roma, Berlino e del Lussemburgo, il presidente della Commissione europea - Barroso - ha dovuto accedere a un piano di inquadrare i fondi speculativi (hedge funds) che sfuggono ad ogni sorveglianza e ad ogni regola. Specie quelli che hanno sede nei paradisi ficsali. Il fatto è che la stesura del progetto è stata affidata a Charlie McCreevy, commissario europeo per il mercato interno. Questo signore deve aver chiesto lumi ai suoi referenti di Washington, e poi ha presentato un testo che - dice lui - ha lo scopo di «proteggere gli investitori» nei suddetti fondi (ma sono fondi a rischio, e gli investitori lo sanno - non devono essere protetti), e di impedire che questi fondi facciano pendere un «rischio sistemico» sull’intero sistema finanziario.
(Ricordiamo che il fondo di Georges Soros fece crollare lira e sterlina con un gioco al ribasso e allo scoperto, tipicamente distruttivo. Gli hedge funds sono fondi-avvoltoio, solo più in grande).
Ora, il progetto esige che i fondi speculativi si facciano «registrare» in Europa per potere operare in Europa. Anzi meglio - e sta qui il trucco sottile escogitato da Charlie McCreevy - non devono registrarsi i fondi, ma i gestori dei fondi
(3).
Roma (Tremonti) e Parigi si sono opposti decisamente, con questa motivazione: la proposta McCreevy darebbe ai gestori rispettosi delle regole europee una specie di «certificato di buona condotta», che permetterebbe ai gestori di commercializzare i loro «prodotti» in tutti i 27 Paesi della zona UE, e che sarebbero accessibili per questa via a tutti i fondi, anche quelli domiciliati alle Isole Vergini o alle Bermude. I gestori ovviamente avrebbero sede a Londra, Ginevra o Monaco, ma manipolerebbero fondi oscuri con sedi offshore, e non regolati. Così la volontà politica regolamentazione sarebbe vanificata di fatto.
«Un cavallo di Troia»: così ha esclamato Christine Lagarde, ministra delle Finanze francesi. Parigi, Roma e Berlino vogliono che ad essere registrati, per poter operare in Europa, siano i fondi stessi, non i semplici gestori.
Chiedono anche che si debbano registrare anche fondi con un capitale di 100 milioni di euro, molto esiguo per questi speculatori. E che tali fondi sia tolta l’autorizzazione ad operare, quando «giocano» contro una Banca Centrale (come Soros giocò contro la lira) e contro una moneta.
La lotta è in corso, dietro le quinte. Londra sta battendosi con tutte le forze (occulte) per sventare ogni regolamentazione: l’80% del business degli hedge funds passa per la City, di fatto una piazza offshore, che sarebbe fortemente ridimensionata da una regolamentazione europea. Purtroppo per loro, i fiduciari della finanza incistati nella UE hanno le settimane contate, perchè si avvicinano le elezioni europee.
«Charlie McCreevy, il tatcheriano irlandese che comanda la macchina del mercato UE, presto non sarà più al suo posto», si lamenta il Telegraph
(4), in modo rivelatore; «Se ne andrà anche Barroso, il presidente della Commissione, che ha piazzato dei fedeli del libero mercato nei posti-chiave di Bruxelles. La marea volge contro l’influenza anglo-sassone, e la Gran Bretagna faticherà a mantenere il suo blocco di alleanze nelle strutture di voto al Consiglio d’Europa. L’Est europeo non è più in mano a quei ventenni devoti a Friedman (l’ultraliberista Nobel) che si sono sempre schierati con la Gran Bretagna contro il corporativisti del Reno. La violenza del crollo capitalista nell’ex blocco sovietico ha spento la fede nel capitalismo per una generazione».
Lagnanza molto rivelatrice, davvero.
Questa resistenza dei capitalisti alla minima regolamentazione, e dei governi da loro insediati a punire i responsabili del disastro finanziario, è la vera causa che ritarda la ripresa. Lo ha spiegato in un saggio David Sachs, uno psichiatra di Philadelphia
(5): la gente che perde o rischia di perdere il lavoro, che ha visto crollare le future pensioni (collegate alle Borsa), che non riesce a pagare il mutuo della casa, dice Sachs, sente che questo è stato causato da manipolatori finanziari privi di scrupoli, e sa che lo Stato non l’ha difesa da questi abusi e vere e proprie truffe.
«Il pubblico (americano) ha subito un trauma di perdita simile all’11 settembre. Normali aspettative su ciò che era sicuro e affidabile sono state distrutte di colpo. Come in ogni tipico stato post-traumatico, la gente sente che non può pianificare il futuro in base ai vecchi assunti su ciò che è sicuro e ciò che è pericoloso… La gente risparmia anzichè spendere, perchè non si fida delle promesse del governo, in quanto sa che il governo l’ha tradita».
L’opinione pubblica «deve vedere che i responsabili del disastro economico sono chiamati a rispondere di quel che hanno fatto, e deve vedere che si prendono decisioni atte a impedire che possano fare ancora danni. Deve avere la prova che il governo e i finanzieri si comportano responsabilmente; fino a quel momento, non restituirà loro la fiducia».
1) Sally Kleebe, «The vulture fund culture must end», Guardian, 7 maggio 2009.
2) «In Defense of Vulture Funds, by F. Salmon, 24 febbraio 2007; e «Should Countries Like Argentina Be Able to Declare Themselves Bankrupt?, by Anne Krueger, El Pais, 18 gennaio 2002.
3) Claire Gatinois, «Le projet de la Commission européenne visant à encadrer les hedge funds divise les pays de l'Union», Le Monde, 30 aprile 2009.
4) Ambrose Evans-Pritchard, «City in danger of falling victim to EU wiles and becoming another Antwerp», Telegraph, 4 maggio 2009.
5) David M.Sachs, «Hope, Greed and Fear: The Psychology behind the Financial Crisis», Knowledge, 15 aprile 2009.
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