Immigrazione all’italiota
17 Maggio 2009
Caro Direttore Blondet,
questa è la breve storia di V. e I., due ragazze ucraine di 24 anni, attualmente detenute presso il Centro di Identificazione ed Espulsione di Modena. Sono state arrestate dalle forze dell’ordine perché trovate senza documenti. Entrambe laureate in Economia. Sognavano una vita migliore ed ora i sogni sono svaniti. Le attende un decreto di espulsione al termine dei due mesi di detenzione. Sperando che i due mesi non diventino sei. La legge Maroni incombe. V. conosceva già l’Italia. La mamma ha lasciato l’Ucraina e la famiglia sette anni fa. Destinazione Italia, professione badante. Come moltissime sue compatriote è approdata in Italia senza conoscere una parola della nostra lingua. Ma è stata fortunata perché ha incontrato l’Italia più genuina, solidale e calorosa. Ora vive e lavora a Savona ma spesso rimpiange la vivacità, la gioia di vivere e la cordialità napoletane. Due anni fa V. è arrivata in Italia ed ha presentato domanda per ottenere il permesso di soggiorno. Nel frattempo l’anziana che accudiva è morta. I famigliari sono stati contattati dalla Prefettura, Ufficio Immigrazione, per sapere se era loro intenzione subentrare nel rapporto di lavoro al fine di consentire l’emissione del permesso di soggiorno. I familiari hanno rifiutato. Ma non hanno mai comunicato alla mamma, con la quale erano in regolare contatto, la loro decisione. Figli di puttana! Eppure non siamo più a scuola, non siamo più ragazzini, siamo adulti e abbiamo responsabilità, un senso della famiglia, dei principi, un’etica……Balle! Si gioca con la vita del prossimo come fosse un gioco di società. Un divertissement, una caccia alla volpe. Il nostro sadismo vuole essere soddisfatto. L’hubris del potere di decidere sulla vita degli altri. Certo, era loro diritto rifiutare di instaurare un nuovo rapporto di lavoro, ma era loro dovere avvisare la mamma. Per rispetto del prossimo, delle sue pene, della sua speranza di una vita migliore. Noi giochiamo con carne viva e non ce ne rendiamo conto. Il consumismo ci ha ubriacato e annichilito. Tutto è merce, ne fai quel che vuoi se è in tuo possesso, e spera che il tuo destino sia benigno con te e non ti costringa un giorno a diventare tu una merce. Abbiamo individuato la vera minaccia alla sicurezza degli italiani: gli immigrati clandestini. Bravi! Due ragazze di 24 anni. I. divorziata dal marito attualmente in carcere in Ucraina, affetta da parziale cecità ad un occhio. V. affetta da diabete insulino dipendente dall’età di 6 anni, nefropatia, neuropatia, retinopatia proliferante ad entrambi gli occhi, sottoposta a quattro interventi chirurgici di vitrectomia agli occhi che non le hanno consentito di riacquistare comunque una vista perfetta. Ora sono detenute in un carcere, perché di questo si tratta. Non possono avere penne o matite o gomme cosicché non possono scrivere. Non possono leggere perché la loro vista non glielo consente, pur utilizzando degli occhiali. Possono telefonare con un telefono fisso ma a volte le urla degli altri detenuti impediscono si parlare e ascoltare. Le visite non sono libere. Occorre chiedere una autorizzazione alla Prefettura di Modena previo fax. Poi si ritira l’autorizzazione e si va al CIE dove, previa ispezione e identificazione da parte delle «guardie carcerarie» ( è vero, ci sono anche militari dell’esercito!!!) si può conferire con il detenuto per mezz’ora. In una struttura dove a metà maggio ci sono già 30 gradi.
Cosa pensare ?
Roberto Gaggero
Grazie, lettore, per averci informato su questo caso tipico, esemplare. Settimane di clamori demenziali sul trattamento degli immigrati clandestini; la sinistra che strilla che «Si torna alle leggi razziali del ‘38», e la Lega che risponde con urla belluine di trionfo («Finalmente cattivi!»); interventi impiccioni della Caritas e di Napolitano; tavole rotonde, talk show a fiumi, ed il risultato qual è?
Quello solito. Tipicamente italiota. Ossia: una rete a maglie larghe per i veri criminali che entrano clandestinamente per delinquere, e che nessuno beccherà, e invece, ferocemente punitiva per le persone oneste, deboli e bisognose.
Ecco qui il caso di due badanti ucraine - istruzione superiore e, se vogliamo, razza ariana - che sono in galera per il solo motivo che è defunta la vecchietta a cui badavano.
Se può essere loro di consolazione (non credo), dica loro che non soffrono di alcuna discriminazione: anche noi italiani onesti siamo, da sempre, vittime della stessa legislazione feroce perchè inefficiente, parolaia e torbida. Siccome lo Stato non è capace (o non vuole) far pagare le imposte ai disonesti, e alle caste privilegiate amiche, la sua soluzione è di aumentare la pressione fiscale su coloro che non possono sfuggire, dipendenti e pensionati.
Quando si tratta di «liberalizzare», ossia di aprire alla concorrenza le professioni, non si parte dai notai miliardari (che restano indisturbati nel loro monopolio-rendita) ma dai taxisti. L’abusivismo più mostruoso e mafioso ha bruttato centinaia di chilometri di coste in Sicilia e Calabria, del tutto impunito. Ma se il cittadino eleva un muretto all’interno della casa di sua proprietà per fare dell’angolo-cottura un cucinino, gli arrivano multe, sovrattasse, ammende punitive e interessi di mora.
Se un orefice, pestato a sangue da rapinatori armati, spara, viene arrestato subito lui: è più facile, gli orefici non resistono alla cattura, non se la svignano dalla finestra posteriore, non hanno il palo che li aspetta a motore acceso. E provate a chiedere un porto d’armi: nel Nord ve lo rifiutano quasi sempre, e se ve lo danno dovete pagarci sopra tasse enormi e siete schedati come sospetti perenni; in Calabria, il porto d’armi non si nega nemmeno ai pregiudicati, e la lupara è un regalo che si fa ai bambini per la prima Comunione. Del resto, i criminali mica chiedono il porto d’armi: si procurano il Kalashnikov sul fornitissimo mercato illecito.
L’impianto elettrico dev’essere a norma, altrimenti non potete vendere l’appartamento; ma nell’Aquilano si possono costruire case di sabbia, e vedersele pure pagare dallo Stato quando crollano; e i sindaci responsabili di averle autorizzate non li vedete in galera, ma nei talk-show a reclamare il denaro pubblico della ricostruzione, perchè loro devono decidere, spetta alla loro «autonomia».
Questa legge «cattivista» sull’immigrazione clandestina promette gli stessi risultati. Per cattiveria, sancisce il carcere per chi alloggia un clandestino: nessun problema per i veri delinquenti, ma vedremo frotte di pensionati in sedia a rotelle – e italianissimi – arrestati e tradotti negli istituti di pena, completi di bombola d’ossigeno e sacchetto delle urine, per via di quella ragazza ucraina che hanno in casa, a dormire sul divano. Avessero ospitato un brigatista, gli sarebbe andata liscia.
Come si sa ormai, questo Paese è il paradiso dei criminali, concede loro le più ampie libertà. E’ per questo che i delinquenti vengono qui da tutto il mondo, sanno che polizia abbiamo, e che magistratura.
Esempio: un piccolo delinquente tunisino viene arrestato (per puro caso), e dà generalità false. Viene prontamente rimesso in libertà – il giudice gli dà la condizionale, perchè è il suo primo reato. Delinque di nuovo, viene ri-arrestato, ma dà un altro nome falso, diverso dal primo; il giudice lo rimette di nuovo in libertà condizionale perchè, per lui, «non» è recidivo, visto che si chiama in un altro modo. E così il delinquente è di nuovo fuori a delinquere. So di un caso dove ciò è accaduto 28 volte, il figuro avendo dato 28 nomi falsi, nonostante gli agenti di polizia abbiano fatto presente al magistrato che si trattava della stessa persona.
Il che è tipicamente italiota: per la casta dei giudici, la parola di un poliziotto vale meno di quella del delinquente che arresta; per principio, chi tutela l’ordine è sospetto. Di «fascismo», probabilmente.
Il tutto, mentre «infuria la polemica» sull’immigrazione: parolaia, urlata, inconcludente, e senza che nè dall’una parte nè dall’altra si affronti il problema centrale: la tutela del debole, e la punizione dell’arrogante e del prevaricatore.
Personalmente, per quel che vale, sono a favore dei respingimenti in mare. Perlomeno, è un tentativo di scoraggiare il traffico lucroso di carne umana; forse non funzionerà, ma l’opposizione italiota e la Caritas perchè non lasciano durare questo esperimento qualche mese, prima di appellarsi all’ONU e di mettere in stato d’accusa il loro Paese all’Unione Europea, o alla corte dell’Aia, manco fossimo il Ruanda dei massacri razziali?
Vero è che anche i leghisti coi loro giornali stanno sabotando da par loro l’esperimento, strillando ogni volta: «Maroni ne ha respinti 250! No, adesso altri 500! Sì, buttiamoli a mare! Morte all’Islam!».
Non basta: deve saltare fuori il pirlone più leghista degli altri, che propone: a Milano, carrozze separate per milanesi e per bongo-bongo! Bene, benissimo. Io ci sono andato sui tram di Milano, so che sono pieni di vecchietti italiani ed extraconunitari (due categorie che non hanno l’auto), e che alcuni extra hanno atteggiamenti arroganti, intimidatori per i vecchietti.
Carrozze separate? Buona idea. Ci spieghi però il pirlone come intende far applicare la norma. Un agente di polizia in ogni vagone? Squadre di carabinieri alle fermate? Ma signor pirlone, lei sa che a Milano, quando due bigliettai (non poliziotti) hanno cercato di far pagare il biglietto a delle zingare che viaggiavano senza, è comparso un magistrato – una magistrata – che ha minacciato di arresto i due controllori in divisa? Con le zingare che, sentendosi protette, inveivano con insulti contro i due impiegati? Ci ha pensato, pirlone leghista?
No che non ci ha pensato. Ha solo voluto togliersi una soddisfazione, far sapere ai suoi elettori che lui odia gli immigrati. Bene, continui così: gli immigrati arrivano comunque, e sanno che c’è una popolazione che – attraverso i suoi rappresentanti – esprime odio verso di loro, a prescindere.
Vedrete che bell’avvenire ci preparano i leghisti, i bauscia del Nord-Neanderthal. Perchè gli immigrati arrivano, e i piccoli imprenditori del Nord – quelli stessi che votano Lega» perchè ci difende dagli extracomunitari» – li assumono nelle loro fabbrichette e fattorie. Tipico. Italiota. Cioè insieme falso e incivile, parolaio e inefficace.
Vuol dire che ha ragione il presidente Napolitano, che in un discorso pubblico ha denunciato ad alta voce, severo e venerato maestro, i «toni xenofobi» di chi sappiamo?
No, naturalmente. No, perchè il presidente della repubblica non si deve impicciare di come governa il governo; non è stato scelto lui, per governare. Ha altri modi per far sapere che quei toni gli dispiacciono, una discreta lettera a Bossi, ad esempio, un tete à tete con qualche capo-pirla in cravatta verde. Vi immaginate la regina Elisabetta che critica in un pubblico discorso il governo in carica? No, perchè là ci si attiene al principio che «il re regna ma non governa».
Napolitano ha – non è il primo – violato i limiti della sua funzione. Ha parteggiato. Ha dato una mano, un aiutino, all’opposizione strillante – a cui non manca occasione di dimostrare la sua appartenenza.
Ma anche questo è tipico. Ossia italiota.
Perchè sarebbe il governo a doverlo far presente al presidente, che si è «allargato», e che stia al suo posto. Ma naturalmente non può, perchè se si comincia a fare le pulci ad una istituzione richiamandola alla lealtà istituzionale, quella fa le pulci alla tua lealtà e correttezza, e non si sa dove si va a finire.
Qui, vige la manica larga, in fatto di diritto pubblico; una mano lava l’altra, si è indulgenti fra piani alti, per ottenere indulgenza. Anche questo, tipicamente italiota.
E gli extracomunitari lo capiscono al volo, che ci sono in Italia leggi vigenti che non si applicano. O che, per dirla con Cuccia, «si applicano ai nemici, si interpretano per gli amici». Sono lesti a vedere che qui c’è, come insegna Cossiga compiaciuto, una Costituzione scritta e una «Costituzione materiale»: d’acciaio contro gli inoffensivi e gli indifesi, plastilina per gli arroganti, i forti e i disonesti con buoni avvocati. Lo vedono che cosa sono i partiti italioti; in rissa perpetua per la scena, ma d’accordo dietro le quinte per lo scopo che li unisce: spogliare gli inermi, i cittadini ligi alla legge. Prendono nota, e chiamano i parenti pregiudicati: Visitate l’Italia! Il paradiso degli impuniti!
Qui, a soffrire sono gli immigrati con lavoro regolare: sottoposti ad umilianti code per ottenere il rinnovo del permesso di lavoro, code che durano notti e giorni, che fanno perdere ore lavorative; per il solo fatto che sono ligi alle norme, essi sono schedati e facili da beccare. I criminali mica stanno in coda.
Dò un esempio recentissimo, poi chiudo. Come sapete, il governo Berlusconi ha introdotto anche da noi la «class action». Bellissimo, finalmente! Ora centinaia di cittadini che sono stati danneggiati da comportamenti criminali di ditte mascalzone (vendita di un prodotto difettosi, di medicinali velenosi, di prodotti finanziari fraudolenti) possono unirsi per fare una causa congiunta, tutti insieme, una «azione collettiva». Era una cosa che aspettano da anni i cittadini truffati da Cirio, da Parmalat, dalle banche venditrici di prodotti derivati disastrosi. In America funziona, si vede nei film: multinazionali obbligate a pagare risarcimenti miliardari per aver danneggiato la salute di famiglie con l’inquinamento, o per aver venduto auto difettose e pericolose.
Bellissimo! Ma poi si scopre che la «class action all’italiota» non è una class action. Anzitutto, ogni cittadino che si ritiene danneggiato deve presentare al giudice la documentazione che lo riguarda personalmente, dunque non può fare un’azione collettiva unendosi ad altri danneggiati, pagando un solo avvocato per tutti. Poi, la ditta trovata colpevole non sarà condannata a risarcimenti miliardari (punitive damage, lo chiamano nei film americani), ma minimi, che non copriranno nemmeno le spese legali. In compenso, i cittadini che fanno causa e perdono, saranno loro a dover pagare una multa e penali per causa temeraria.
Infine, ciliegina sulla torta, la legge berlusconiana è attenta a lasciar fuori dalle future azioni quelle che contano: i truffati da Cirio, Parmalat, dalla vendita truffaldina di bond argentini raccomandati dalle banche come investimenti sicuri, non potranno reclamare niente. La legge non è retroattiva – ed è giusto, per carità. E’ secondo diritto, si sa che in Italia il diritto viene rispettato fino all’ultimo truffato.
Ma si sa anche perchè Berlusconi ha limitato così attentamente la «class action»: per lasciar fuori il caso Alitalia, da lui «salvata» a spese di migliaia di piccoli azionisti che con il «salvataggio», ossia la cessione del catorcio volante a Colaninno, si son trovati in mano dei pezzi di carta senza valore.
Volete che i piccoli azionisi si rivalgano? Non sia mai. Sono dei nessuno. E ai piani alti, una mano lava l’altra.
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