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Tumore all’utero? Se non ce l’hai, te lo procurano loro
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Vi fareste vaccinare se vi dicessero che il vaccino a voi destinato è a dna ricombinante, composto da proteine geneticamente modificate, ottenuto attraverso procedure tecnologiche quantomeno discutibili, insieme ad una altrettanto discutibile selezione dei soggetti interessati alla sperimentazione, commercializzato nonostante una sorprendente mancanza di dati relativi alla sua efficacia e sicurezza a lungo termine, ma confortato, in compenso, da una percentuale molto alta di effetti avversi - inclusi l’aborto e la morte?

Forse vi verrebbe il sospetto di essere niente altro che cavie destinate ad ingrassare i profitti di qualche casa farmaceutica senza scrupoli. Se poi la casa farmaceutica in questione è la Merck, il sospetto sfiora la certezza (1).

In realtà le case farmaceutiche sono due, e due i farmaci lanciati sul mercato e destinati a combattere il papilloma virus umano (HPV), erroneamente identificato con il tumore all’utero, di cui tuttavia può essere in parte la causa. Si tratta del Gardasil e del Cervarix, rispettivamente prodotti dalla Merck (che si avvale della Sanofi Pasteur per la distribuzione europea) e dalla GlaxoSmithKline.

Le differenze sono le seguenti: il Gardasil è tetravalente, cioè contiene 4 diversi tipi di papilloma virus (16 e 18 responsabili di tumori, 6 e 11 che provocano conditomi), il Cervarix è bivalente (tipi 16 e 18). Vale la pena notare che, anche in partenza, nessuno dei due garantisce un’immunizzazione totale. Il Cervarix è meno costoso, motivo che ne ha determinato la scelta da parte del sistema sanitario britannico, il cui programma di vaccinazione nazionale lanciato nel settembre del 2008 riguarda tutte le studentesse della scuola secondaria. La Glaxo è ancora in attesa dell’approvazione del suo prodotto da parte degli Stati Uniti, il cui mercato è stato nel frattempo monopolizzato dai rivali della Merck (2).

Le somiglianze? Alimentano gli stessi interessi economici e, soprattutto, provocano gli stessi danni.

Più di 1.300 ragazze inglesi hanno sofferto di reazioni negative in seguito alla somministrazione del vaccino Cervarix (3). Lo testimoniano le documentazioni sugli eventi avversi raccolte dai medici del Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA), l’autorità britannica che già nella primavera del 2007 aveva accolto una querela contro la pubblicità del Gardasil pubblicata sul British Medical Journal. La pubblicità veniva giudicata ingannevole poiché assicurava la riduzione dell’incidenza delle lesioni uterine precancerose in base ad un dato statistico non significativo (4).

L’MHRA, attraverso il suo «yellow card scheme», raccoglie le testimonianze dei familiari delle ragazze che hanno sopportato gravi effetti collaterali subito dopo la somministrazione del vaccino. Sinora, l’agenzia ha riportato circa 2.900 casi avversi presentati da oltre 1.300 ragazze. Parte di essi consiste in problematiche di entità minore e di ridotta durata, come gonfiori, eruzioni cutanee, dolore. Ma in alcuni casi i medici si sono trovati di fronte ad affaticamento fisico e debolezza cronica, stordimento, confusione visiva, convulsioni, perdita di sensibilità tattile ed intorpidimento degli arti, crisi epilettiche e varie forme di paralisi, come la Paralisi di Bell (facciale) e la sindrome di Guillame Barré (5).

Il piano del governo inglese prevede la vaccinazione di tutte le ragazze sotto i 18 anni entro il 2011. Ignorando i rapporti negativi e le proteste di genitori le cui figlie erano perfettamente normali e ora sono costrette sulla sedia a rotelle, è stata di recente ventilata l’ipotesi di vaccinare anche i ragazzi poiché, malgrado essi non possano sviluppare la forma tumorale, sono tuttavia nella posizione di contrarre il virus del papilloma e trasmetterlo.

Il governatore texano Rick Perry è stato il primo legislatore americano, nel febbraio del 2007, a tentare di rendere obbligatoria la vaccinazione contro il papilloma virus. L’ordine esecutivo si è scontrato con la determinata opposizione delle associazioni di genitori ma Perry, intenzionato a ricandidarsi in vista del terzo mandato, ha promesso di tornare sull’argomento, non lesinando ringraziamenti ai sostenitori della sua proposta: «Le loro coscienze non sarano macchiate da vite perdute, sacrificate sull’altare dell’opportunismo politico» (6). Molto meglio sacrificarle su quello dei generosi contributi elettorali con cui la Merck gratifica chi si mostra sensibile alla sua attività di lobbying, magari addirittura assumendo un suo uomo come capo del personale (7).

Nella patria del capitalismo, il segreto dell’imprenditorialità è mostrarsi reattivi - quando si chiude un settore di mercato, bisogna trovarne subito un altro. Oppure inventarlo. Alla fine del 2008, il Servizio di Cittadinanza e Immigrazione degli Stati Uniti (USCIS) ha annunciato che i cittadini dei Paesi stranieri facenti domanda per ottenere la residenza permanente su suolo americano, saranno obbligati a fare il vaccino contro l’HPV (8).

Il Gardasil è attualmente indirizzato a donne dai 9 ai 26 anni, fascia d’età in cui le morti per tumore all’utero si verificano assai raramente. Molti istituti scolastici anglosassoni stanno premendo affinché sia reso obbligatorio almeno per le ragazzine di 11 e 12 anni, e alcuni dottori lo prescrivono alle loro pazienti ventenni addirittura «off-label», ossia al di fuori della regolamentazione ufficiale, cioè dalle caratteristiche riconosciute e certificate dagli enti competenti. La Merck, che punta alla vaccinazione femminile universale, ha fatto sapere che, per il momento, si accontenterebbe di un coinvolgimento del  target 27-45 anni.

Gli interrogativi da porsi sono essenzialmente due. Primo: il vaccino è realmente efficace? Secondo: i benefici apportati dal vaccino superano i costi?

Alla base dell’attuale intensa campagna di promozione del vaccino, in America come in Europa, c’è la persuasione che  esso protegga le donne dalle lesioni genitali e, soprattutto, dal cancro al collo dell’utero (insieme ad altre forme di tumori maligni che possono affliggere l’apparato riproduttivo femminile). Ma dando un’occhiata alle statistiche, e ai rischi associati alla somministrazione del vaccino, è il buon senso stesso che si interroga sulla sua presunta sicurezza e d efficacia.

L’American Cancer Society ha calcolato, per il 2008, che la diagnosi di tumore all’utero ha riguardato circa 11.000 donne. Un numero decisamente ridotto, a cui si aggiunge la considerazione che, se il tumore viene rilevato tempestivamente, esso è trattabile e curabile. Dal giugno del 2006 (anno in cui è stato lanciato sul mercato) al 2008, il Gardasil è stato ritenuto responsabile di migliaia di casi che documentano gravi effetti avversi, e in alcuni casi di morte delle pazienti interessate dalla vaccinazione.

Judicial Watch, un osservatorio pubblico indipendente, afferma che i resoconti più recenti mostrano come il vaccino abbia causato una ventina di morti, una decina di aborti e oltre 9.700 reazioni negative di varia natura, così come l’insorgenza di lesioni all’utero, da cui si suppone dovrebbe proteggere. Ed è opportuno tenere presente che, secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, solo il 10% degli effetti collaterali realmente subiti finisce per essere registrato dal Sistema di Documentazione degli Effetti Avversi prodotti dal Vaccino (VAERS).

L’Unione Europea, anch’essa notevolmente impegnata nella sponsorizzazione del vaccino, ammette che «il vaccino HPV non sostituisce lo screening alla cervice dell’utero (Pap test)», aggiungendo che nessun vaccino è efficace al 100% e che, in ogni caso, gli attuali vaccini HPV non proteggono da tutti i tipi di papilloma virus, né da tutti i tipi di infezioni da esso provocate. Nonostante l’EMEA (European Medicine Agency) abbia comunicato i decessi improvvisi di donne subito dopo la somministrazione del vaccino, le istituzioni europee hanno comunque dichiarato di ritenere al momento che i benefici della presunta immunizzazione siano superiori ai rischi.

In realtà l’HPV è uno dei virus più comunemente trasmessi in seguito ad attività sessuale, e quasi il 90% delle persone sessualmente attive contraggono l’HPV ad un certo punto della loro vita. Più partner sessuali si incontrano, maggiori diventano le possibilità di contrarre il virus. In America è stato calcolato che ben 6 milioni di cittadini americani lo contraggono ogni anno, ma è una piccolissima percentuale di loro a sviluppare problematiche di gravità rilevante.

Quindi sebbene esistano numerose varietà di papilloma virus, solo un numero ridotto di esse è collegabile a forme tumorali. Per di più, solo il 10% delle donne che contraggono una tipologia rischiosa di papilloma virus sviluppano, in seguito, infezioni di lunga durata che fanno temere il cancro all’utero. Il Centro per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie (CDC), in forza al ministero della Sanità americano, è estremamente chiaro su questo punto: «Il sistema immunitario è spesso in grado di combattere e sconfiggere il virus prima che esso causi dei problemi…». Anche ricorrendo a delle semplici creme è possibile debellare le lesioni genitali per cui il vaccino sarebbe concepito. Lo stesso parere è dato dalla Food and Drug Administration (FDA).

Riassumendo: tra il papilloma virus ed il tumore all’utero c’è un rapporto di associazione, non di causa ed effetto. L’HPV da solo non causa il tumore.

Dunque il vaccino, Gardasil o Cervarix che dir si voglia, non sembra affatto necessario ai fini della prevenzione. Pare invece assai più efficace nel riempire le tasche di case farmaceutiche in passato severamente multate per aver messo in serio pericolo la salute di alcuni pazienti, sino a provocarne il decesso. Il prezzo al consumatore è di 400 dollari per tre dosi in Canada e di 360 negli Stati Uniti. In Italia si parla di circa 564 euro per l’intero ciclo, potenza delle esportazioni.

Sempre secondo l’American Cancer Society, «il tasso di mortalità dipendente dal tumore all’utero si è ridotto del 74% tra il 1955 ed il 1992. La ragione principale di tale riduzione è l’incremento nell’uso del Pap test, la procedura di screening che consente di monitorare la cervice uterina prima che si sviluppi il cancro, e di curarlo ai primi stadi». Ancora più importante, «il tasso di mortalità continua ad abbassarsi di un 4% annuo» (9). Dov’è dunque l’urgenza di una vaccinazione di massa?

Peraltro il tumore al collo dell’utero si presenta solitamente in donne di circa 50 anni, e sebbene ricorrano anche casi in pazienti poco meno che cinquantenni o di oltre 65 anni, assai raramente esse sono giovani ventenni.

Stiamo parlando di un vaccino destinato a curare una malattia che riguarda donne non più giovani ma che è stato testato su donne più o meno adolescenti. Un vaccino che mira a fornire protezione contro un problema che si sviluppa, quando si sviluppa, nei 20-35 anni seguenti l’infezione da HPV. Ma la durata della protezione è tutt’ora sconosciuta, motivo per cui possiamo trovarci di fronte al paradosso di una ragazzina che non rischia di contrarre l’infezione, che viene comunque vaccinata, ma che si troverà scoperta dall’immunizzazione più avanti negli anni, proprio quando sarà presumibile che inizi la sua attività sessuale.

In nome di risultati attendibili, inoltre, ci si aspetterebbe che il monitoraggio delle pazienti sottoposte alla vaccinazione sperimentale avesse coperto quantomeno quel lasso di tempo che intercorre tra la contrazione del virus e l’esplosione della forma tumorale. Eppure le sperimentazioni cliniche hanno avuto una durata incredibilmente minore, dai 18 mesi ai 5 anni,
rendendo cronologicamente impossibile stabilire l’efficacia dell’azione preventiva derivante dalla somministrazione.

Gli studi clinici hanno riguardato donne giovani (intorno ai 26 anni), già abituate all’uso del Pap test e per di più coinvolte in uno studio sulla trasmissione sessuale di alcune malattie. Non è esagerato definirle decisamente lontane da un campione attendibile della popolazione coinvolta dal problema del cancro all’utero. A maggior ragione risultano incomprensibili le analisi svolte su ragazzine dai 9 ai 15 anni, fermate prima che giungessero a compimento.

Nella dichiarazione di approvazione del Gardasil da parte della FDA si legge: «malgrado il periodo di sperimentazione non sia stato sufficientemente lungo per monitorare lo sviluppo di eventuali forme tumorali, tuttavia la prevenzione delle lesioni pre-cancerose sembra molto probabilmente risolversi nella prevenzione di quelle forme». Sembra molto probabilmente.

Non è tutto.

Siamo di fronte ad un tipo di vaccino completamente nuovo e mai approvato prima, chiamato «virus-like particle» o VLP. Significa che, a differenza di quelli tradizionali, preparati utilizzando forme ridotte o indebolite del virus che si intende debellare, questo vaccino si basa su sostanze prodotte in laboratorio, nello specifico sulla proteina L1, la quale si auto-assembla in particelle «non-infettive simili al virus originale».

Per riuscire a stimolare gli anticorpi e determinare la sconfitta del virus, quindi, la proteina L1 deve presentarsi di fronte ad esso come fosse il virus originale. Al fine di studiare questo processo di mutamento, gli scienziati hanno prodotto larghe quantità di VLP in cellule di insetti, dimostrando che in questa sede le particelle simili al virus erano in grado di scatenare l’azione di una quantità di anticorpi maggiore rispetto alla particelle di virus autentico. Dopo aver scoperto che il papilloma virus animale e quello umano tendono a comportarsi in modo simile di fronte all’assemblaggio della proteina da laboratorio, pare che i ricercatori si siano già lanciati nello studio di una trasmissione intra-specie del virus del papilloma, che coinvolge conigli e bovini.

gardasil.jpgPer finire, proviamo ad immaginare la seguente combinazione di fattori: un vaccino di dubbia efficacia destinato ad una ragazza di 16 anni; una ragazza sessualmente attiva, ma che ha solo 16 anni e non trova il coraggio di dirlo ai suoi genitori; dei genitori il cui assenso è obbligatorio ai fini della vaccinazione, che danno per scontata la verginità della propria figlia. Il risultato? Se la ragazza, in virtù delle sue precedenti esperienze sessuali, ha già contratto il virus HPV, anche nella sua forma più blanda, e riceve la somministrazione del vaccino, questa ragazza vede aumentare il rischio di sviluppare lesioni pre-cancerose di grado elevato alla cervice uterina del 44,6%.

E’ la percentuale rilevata già alla fine del 2006 dal dottor Sin Hang Lee, un patologo americano che si è immediatamente rivolto all’ufficio competente della Food and Drug Administration per denunciare l’allarmante scoperta. Insieme alla sua lettera, il medico ha fatto pervenire alla FDA anche la copia di un resoconto scientifico, in cui si afferma: «L’introduzione del vaccino Gardasil tra le donne sessualmente attive comporta di necessità il monitoraggio delle infezioni da papilloma virus prima e dopo la vaccinazione, al fine di sviluppare una strategia di prevenzione individuale. In base ad un documento ‘background’ inviato alla FDA dalla stessa casa farmaceutica Merck & Co. Inc., l’iniezione del vaccino nelle pazienti che hanno già contratto alcuni tipi di infezione da virus HPV, può comportare un aumento del rischio pari al 44,6% di sviluppare lesioni precancerose di grado elevato alla cervice. Per questa ragione sarebbe prudente procedere con un’analisi di rilevamento del virus HPV di maggiore determinazione sulle pazienti in procinto di sottoporsi alla vaccinazione, se precedentemente sospettate di infezione».

Il Gardasil, in sintesi, non solo non previene, ma aggrava l’infezione da papilloma virus fino a favorire la comparsa di alcune forme tumorali nelle donne sessualmente attive.

Il dottor Richard Halvorsen, autore del testo medico «La verità sui vaccini - il modo in cui veniamo usati come cavie senza saperlo», dichiara: «E’ il vaccino più redditizio della storia, la preoccupazione è che sia stato introdotto un po’ troppo rapidamente, in ragione dei profitti di chi l’ha creato e senza grande considerazione per la salute delle giovani donne. Non incoraggerei mia figlia a sottoporsi alla vaccinazione, ne sappiamo ancora poco».

C’è da augurarsi che le morti e le menomazioni sopportate dalle giovani cavie inconsapevoli non siano solo l’inizio, dal momento che quello coinvolto dalle sperimentazioni è il sistema riproduttivo di un’intera generazione di donne.

Di fronte a tanti dubbi, una certezza: chiamarlo vaccino contro il cancro dell’utero è un tragico inganno.

Milena Spigaglia



1) Nel 1999 la casa farmaceutica Merck lancia sul mercato il Vioxx, un anti-infiammatorio, senza avvertenze per gli effetti collaterali. Nel 2002 iniziano le prime cause per i rischi cardiovascolari del Vioxx. Nel 2004, il farmaco viene ritirato dal mercato, grazie all’inchiesta della Commissione Finanze del Senato, la quale stabilisce che la Merck sapeva dei gravi effetti collaterali provocati dal farmaco, ma ha continuato a produrlo e a pubblicizzarlo, oltre che a farlo prescrivere da medici compiacenti. Chi doveva controllare era la FDA. Ma i responsabili delll’autorizzazione alla vendita del farmaco erano «a libro paga», oppure persuasi della bontà del farmaco con ricchi premi e cotillons.
2) Michael Kahn, «British doctor chooses Gardasil shot over Cervarix», Reuters, 23 ottobre 2008.
3) David Gutierrez, «1.300 girls harmed by HPV vaccines in UK; bizarre side effects like paralysis and epilepsy», Natural News, 19 maggio 2009.
4) Advertising complaint - Gardasil (human papillomavirus vaccine) - British Medical Journal (BMJ) 30 March 2007 advertisement - April 2007. A healthcare professional complained to the MHRA about an advertisement for Gardasil produced by Sanofi Pasteur MSD which was published in BMJ of 30 March 2007. The complainant was concerned that the advertising claim «reduces the incidence of pre-cancerous vaginal lesions» was misleading since the supporting data quoted was «not statistically significant». The MHRA had vetted prior to issue a journal advertisement for Gardasil that included a similar claim. The MHRA upheld the complaint. The advertiser agreed to withdraw the claim from the advertisement.
Date case raised: 30 April 2007
Date action agreed: 31 May 2007
Date of publication: 18 June 2007
5) Rachel Porter, «How safe is the cervical cancer jab? Five teenagers reveals their alarming stories», Mail online, 6 aprile 2009.
6) Corrie MacLaggan, «Perry lets HPV bill go into law», Statesman.com, 9 maggio 2007.
7) Liz Austin Peterson, «Perry’s staff discussed vaccin on day Merck donated to campaign», Statesman.com, 22 febbraio 2007.
8) Sherry Baker, «U.S. government mandates HPV vaccine for new U.S. residents», Natural News, 12 novembre 2008.
9) Herb Newborg, «The tragic truth behind the Gardasil nightmare», Natural News, 13 febbraio 2009.



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