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La Sindone di Leonardo?
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La nota rivista cattolica Si Si No No tratta, nel suo ultimo numero, della Sindone di Torino, pubblicizzando gli ultimi studi quinquennali portati avanti in materia dall’ENEA di Frascati.

Le risultanze, come al solito sono sorprendenti. Riporto testualmente:

«I risultati dellEnea dimostrano che un brevissimo e intenso lampo di radiazione VUV direzionale può colorare un tessuto di lino in modo da riprodurre molte delle peculiari caratteristiche della immagine corporea della Sindone di Torino, incluse le tonalità del colore, la colorazione superficiale delle fibrille più esterne della trama del lino, e lassenza di fluorescenza. Tuttavia, avvertono gli scienziati dellEnea, ‘va sottolineato che la potenza totale della radiazione VUV richiesta per colorare istantaneamente la superficie di un lino corrispondente ad un corpo umano di statura media, pari a IT superficie corporea = 2.000 MW/cm 217.000 = 34 mila miliardi di Watt, rende oggi impraticabile la riproduzione dell’intera immagine sindonica usando un singolo laser eccimero, poiché questa potenza non può essere prodotta da nessuna sorgente di luce VUV costruita fino ad oggi (le più potenti reperibili sul mercato arrivano ad alcuni miliardi di WATT)’».

Aggiungo: i riscontri ottenuti affermano che l’immagine deve essere stata impressa da un’energia proveniente dall’interno di un corpo! Quindi non dall’esterno!

Conclusioni che confermano, ancora una volta, l’impossibilità umana di realizzare l’immagine del telo di Torino. Eppure c’è chi sostiene di aver capito tutto, di essersela addirittura fatta in casa, attribuendo la fattura prodigiosa al genio di Leonardo. Si! Leonardo! Ancora lui! Quando si vuole attaccare la fede, facendola passare per tortuosi cunicoli, ammantati di esoterica evidenza, clandestinamente nascosta alle masse, spunta il nome del toscano. Tuttavia, anche qui, gli argomenti a sostegno di tale tesi hanno la medesima consistenza di quelle utilizzati per il Codice da Vinci:  Nulla! Le ipotesi sono differenti: vanno dall’uso, scusatemi!, dell’urina mista ad ammoniaca (Laidler) a quelle della chiara d’uovo… o di ferro arroventato (ipotesi della Haziel, che però è stata abbondantemente smentita dal fatto che la tecnica del pirografo non spiega l’immagine sindonica, estremamente superficiale: un quinto di millesimo di millimetro!)… cose, tutte, di cui, ovviamente, non v’è nessuna traccia sul lino!

Passiamo in rassegna.

La tesi è di Lillian Schwarz,quella mediaticamente più pubblicizzata! Secondo cui la Sindone sarebbe stata realizzata da Leonardo da Vinci con una tecnica fotografica; ma altri studiosi, prima di lei, due scrittori inglesi, Clive Prince e Lynn Picknett erano del medesimo avviso. La Schwarz è già nota per aver trovato somiglianze fra la Monna Lisa ed il viso di Leonardo. Le proporzioni delle due rappresentazioni grafiche tuttavia non sono sovrapponibili, in quanto sia il volto di Monna Lisa (come l’autoritratto di Leonardo) sono di profilo o mezzo/profilo (se concedete), mentre il Volto della Sacra Sindone è frontale, e, quindi, per espressa ammissione della Schwarz, non confrontabili, anche se in prima battuta, la medesima non ebbe nessuna remora nell’affermare la piena rispondenza. La studiosa non si scoraggia ed afferma di aver rinvenuto corrispondenze del volto della Sacra Sindone con altre opere raffiguranti Cristo, realizzate sempre da Leonardo, dimenticando un’evidenza: che possa cioè essere stato l’autore ad essersi ispirato a precedente iconografia sacra e perché no!?, alla medesima Sindone (del resto questo sarebbe provato dalla perfetta corrispondenza dei canoni dell’iconografia bizantina con l’immagine sindonica).

Ma torniamo alla Schwarz. Per la realizzazione Leonardo avrebbe utilizzato una camera oscura ante litteram appendendovi il lenzuolo cosparso di chiara d’uovo e gelatina. Dall’altra parte ci sarebbe stato un busto con le fattezze di Leonardo. La Sindone era già presente all’epoca di Leonardo e questa sarebbe una copia realizzata su commissione dei Savoia per rimpiazzare una versione precedente che era esposta come una contraffazione povera; e la Chiesa? Che domande! Complice, corrotta ed ingannatrice! Avrebbe pagato il toscano e gli avrebbe fornito di tutti i mezzi necessari allo scopo. Nella fattispecie: sarebbero serviti diversi cadaveri, funzionali allo scopo. Quindi, alle accuse, possiamo aggiungere anche quelle di omicidio, dal momento che Leonardo avrebbe dovuto ben riprodurre su un corpo vero tutti i supplizi (all’epoca inesistenti!) subìti dall’uomo della Sindone. Avrebbe inoltre dovuto ricordarsi di osservare le rigide usanze funerarie in voga presso i giudei del primo secolo (di cui il telo di Torino è testimone). Ma non basta. Sarebbe stato necessario imprimere prima le macchie di sangue e poi, centrare con precisione millimetrica l’immagine al negativo della fotografia realizzata. Eh già! Perché le macchie di sangue sono certamente antecedenti all’impressione dell’icona sul telo. Esse sono state depositate da un uomo:

a) certamente morto;

b) non putrefatto (perché rimasto lì meno di 40 ore);

c) sicuramente non sottratto al telo, ma sparito improvvisamente, in quanto non esistono le inevitabili lacerazioni, che la sottrazione del cadavere o la semplice apertura del telo avrebbero provocato (il sangue, rimasto lì per circa due giorni, funge infatti da ceralacca).

Tutto ciò concesso, per assurdo, al genio di Leonardo, non si capisce come abbia poi potuto realizzare la supposta fotografia. Già! In primo luogo, che Leonardo avesse camera oscura è tutto da dimostrare; che poi il risultato della supposta foto sia proprio quello della Sindone è pura fantasia!

Non fu la luce esterna prodotta sul telo ad imprimere l’immagine, ma una forza interna uscita dal corpo! In pratica, il fatto che l’immagine somigli ad un negativo fotografico non ne risolve il problema. Anche perché, Leonardo avrebbe perfino dovuto essere a conoscenza delle tecniche olografiche, del secolo scorso (con conseguente effetto di parallasse), ovviamente necessarie a spiegare la figura, così come appare.

In verità, non conosciamo il meccanismo fisico-chimico all’origine dell’impronta. Si può solo ipotizzare un meccanismo di impressione, come un fiotto di radiazione non penetrante (ma solo superficiale), che si attenua con il passaggio nellìaria e diminuisce con la distanza.

La Sindone, di certo, non può essere medievale (men che meno rinascimentale!) e questo per:

1) La manifattura rudimentale della stoffa, la torcitura Z (in senso orario) dei fili;

2) la tessitura in diagonale 3 a 1;

3) la presenza di tracce di cotone egizio antichissimo;

4) l’assenza di tracce di fibre animali;

5) grande abbondanza di pollini di provenienza mediorientale e di aloe e mirra;

6) la presenza di un tipo di carbonato di calcio (aragonite) simile a quello ritrovato nelle grotte di Gerusalemme;

7) una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo rinvenute a Masnada;

8) raffigurazione di Cristo con particolari in contrasto con l’iconografia medievale (di spine a casco, trasporto sulle spalle del solo patibulum (la trave orizzontale della croce), chiodi nei polsi e non nelle mani, corpo nudo, assenza del poggiapiedi);

tutti indizi diversi convergenti verso una medesima ipotesi: origine del tessuto nell’area siro-palestinese del primo secolo. Rinvio, per completezza, per non ripetermi, a quanto già scritto in merito su questo medesimo giornale (diversi articoli di diversi autori, per esattezza), concludendo soltanto con questa piccola, convinta asserzione: Leonardo non realizzò la Sindone.

Stefano Maria Chiari


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