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Sulla sanità Obama scricchiola
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Sembra sempre più chiaro che la tanto decantata riforma sanitaria stia diventando un vero e proprio supplizio per l’amministrazione Obama e per l’intero partito democratico. Pur avendo una maggioranza in Senato - 60 senatori democratici contro 40 repubblicani - alcuni senatori del partito democratico si rifiutano di accettare e votare il piano di riforma in questo momento in discussione rendendo quindi necessario il voto favorevole di alcuni repubblicani.

In queste settimane commissioni bipartisan del Congresso, soprattutto quella del Senato chiamata HELP (Health Education Labor & Pension), stanno valutando quali siano le azioni necessarie per riformare al meglio il sistema sanitario americano.

Non è un segreto che l’amministrazione Obama stia spingendo fortemente per un cambio netto e veloce, pur senza eliminare le compagnie assicurative dall’equazione. Nel suo discorso all’American Medical Association (AMA), storicamente ostile, il Obama ha ribadito qual’è il suo piano. Ha chiarito di non volere unirsi a chi propone la risoluzione H.R. 676 (per la sanità pubblica), di non voler mettere un tetto ai rimborsi dovuti a errori del medico curante, di voler abbassare i costi per gli studenti di medicina e di migliorare il sistema informativo ritenuto ormai obsoleto. Tuttavia Obama ha voluto anche ribadire di voler estendere il Medicare/Medicaid (la parte pubblica del sistema sanitario USA) e di voler proibire il rifiuto di assicurazione per le cosiddette «pre-existing conditions» - al momento vi è la possibilità per le assicurazioni di non stipulare polizze o comunque non coprire interamente chi ha problemi fisici, mentali o cronici esistenti in precedenza, come il cancro lasciando quindi milioni di persone senza alcuna copertura sanitaria.

Secondo uno studio del CBO (Congressional Budget Office), il piano Obama costerebbe oltre un mille miliardi di dollari su dieci anni e lascerebbe comunque oltre trenta milioni di persone senza copertura sanitaria che è, sostanzialmente, una delle critiche che Hillary Clinton fece ad Obama durante la campagna elettorale. Questo fatto rischia di rendere la proposta di Obama un grosso boomerang politico.

I repubblicani, dal canto, loro si dichiarano spaventati all’idea di estendere la copertura pubblica, ma concordano che dei cambi, incentrati sul libero mercato siano necessari in quanto, come dice il senatore repubblicano Gregg (New Hampsire) la «sanità manderà il Paese in bancarotta». Il segretario per l’Health and Human Services, Kathleen Sibelius invece insiste sulla necessità di nuove norme per ragioni non solo economiche.

Allo stato attuale la prevenzione e la cura di molte malattie sono a carico del paziente. Per questa ragione diverse migliaia di persone muoiono ogni anno, non in grado di affrontare certe spese. Per la prima volta le nuove generazioni, a causa anche del diabete sempre più dilagante, avranno un'aspettativa di vita inferiore a quella dei propri genitori.

Il fatto che l’amministrazione desideri la riforma sanitaria prima possibile non è casuale: essa è una delle più importanti metriche con cui si misurerà l’eventuale successo - o insuccesso - di Obama almeno in politica interna e se si ricorda bene proprio la mancata riforma sanitaria è considerata tra i più grossi fallimenti dell’amministrazione democratica precedente, quella di Bill Clinton. Non è escluso che in questo periodo di crisi, con sempre più persone senza copertura sanitaria, sia proprio la sanità l’ago della bilancia con cui si deciderà se rieleggere Obama e seguirlo nelle riforme dei prossimi mesi ed anni. Lo stesso Obama capisce che se la riforma non arriva prima possibile, entro l’ultimo quarto del 2009 o al massimo entro il primo mese del 2010, sempre più democratici cominceranno a tirarsi indietro soprattutto in quegli Stati in cui si voterà per il Senato spaventati da un deficit sia federale che statale in costante aumento.

Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman, autore di «Conscience of a liberal» in cui si parla del problema sanitario americano applicato all’economia, attacca nel suo editoriale per il New York Times del 22 giugno i senatori democratici «centristi», giudicati la vera spina nel fianco per le riforme. Un punto di vista simile lo esprime il senatore di New York Chuck Shumer secondo il quale invece è opportuno smetterla di cercare accordi con i repubblicani poichè tutti i tentativi sono miseramente falliti. La sua idea è di forzare i democratici a votare in favore di un piano pubblico opzionale per la classe media e povera che è l’unica cosa su cui, almeno in termini generici, tutti i democratici concordano.

In qualsiasi caso, i primi sconfitti sicuri sono coloro che speravano nell’estensione del Medicare/Medicaid fino ad avere il cosiddetto «single payer system» che è sostanzialmente simile al sistema pubblico italiano; tra di essi vi è il senatore democratico Dennis Kucinich, firmatario per la House Resolution 676 che avrebbe garantito la sanità a tutti gli americani senza intervento delle assicurazioni. Quindi la proposta di Obama è ritenuta inadeguata anche dai propositori per la sanità interamente pubblica e questo fatto diventa un elemento separatore dell’area più liberale del partito.

Secondo alcuni gruppi difatti, la proposta è forse persino offensiva e alcuni esperti di sanità pubblica sono stati espulsi ed arrestati per aver cercato di introdurre, con proteste, esperti del «single payer system» nelle discussioni al Congresso.

Il disegno legge al momento in discussione al Senato si intitola «Affordable Health Choices Act», è di oltre seicento pagine e si propone di creare un servizio sanitario di qualità, poco costoso e disponibile per tutti gli americani. Esso va a toccare molti punti sensibili quali il già nominato «pre-existing condition», il divieto di basare le rate assicurative in base alla storia medica e genetica, il divieto di porre limiti annuali o vitalizi sulle coperture mediche, l’aggiunta di prestiti federali verso gli Stati, l’estensione del Medicare/Medicaid, il miglioramento della prevenzione e l’obbligo per le catene di ristoranti a fornire informazioni nutritive per i menù standard. Obama ha sicuramente capito l’importanza del successo di questa riforma fino al punto di organizzare, attraverso internet, diverse iniziative private per informare i cittadini nonchè per raccogliere testimonianze sui problemi del sistema attualmente esistente.

Alcuni democratici, tra cui il guru per la strategia democratica Paul Begala, temono invece che la proposta di riforma finanziaria presentata recentemente da Obama possa non solo eclissare, ma addirittura impedire, una buona riforma sanitaria in quanto potrebbe distrarre l’opinione pubblica. In un suo editoriale per la CNN Begala dimostra come sia possibile per le assicurazioni sanitarie rifiutare l’assistenza medica persino se le polizze sono valide e una condizione pre-esistente sia sconosciuta anche al paziente. Tra le testimonianze al Congresso quella di una donna texana che pur avendo pagato ogni sua polizza fedelmente per anni si è vista rifiutare la copertura dopo aver scoperto di avere un cancro poichè diversi anni prima era andata dal medico per aver avuto qualche fastidio dermatologico che è stato valutato dall’assicurazione come «pre-existing condition» del cancro. Ciò dovrebbe rendere l’idea di quanto sia problematico sedersi ad un tavolo per discutere e trovare accordi.

Anche i repubblicani ovviamente sono consci dell’importanza di tale riforma (o meglio di come sia necessario politicamente farla passare in secondo piano) e difatti sono andati alla carica, tant’è che l’ex candidato per la Casa Bianca John McCain ha dichiarato «buttato via» il lavoro della Commissione per la Sanità aggiungendo che la dichiarazione del CBO di cui si è partlato prima è un colpo mortale alla proposta di legge su cui si stanno discutendo circa quattrocento emendamenti (!).

Un dato interessante è che forse i primi punti deboli di Obama stanno diventando visibili proprio su quello che era considerato uno dei suoi cavalli di battaglia e ciò sta causando diversi mal di testa al capo dello staff della Casa Bianca Rahm Emmanuel il quale deve gestire anche alcuni democratici come il deputato californiano Lynn Woosley che ha dichiarato che se la legge non conterrà un imponente piano pubblico vi sarà una «lotta con tutto quello che avremo».

Oltre ai repubblicani e ai democratici liberali anche i più moderati sembrano non essere in grado di poter accettare a braccia aperte il nuovo piano, tant’è che Obama ha mandato un’email ai suoi supporter chiedendo di fare donazioni per poter aiutare la diffusione di informazioni riguardanti il piano in discussione. In poche parole si prevede la creazione di una serie di iniziative mediatiche - sia di chi è a favore del piano sia di chi è contro il piano - e questo sta aumentando la frizione a Washington D.C. soprattutto visto che la popolarità di Obama è in calo, pur sempre rimanendo alta, e visto che gli americani stanno diventando piuttosto freddi riguardo il problema. Un’eventuale impasse al Senato potrebbe diventare il colpo mortale al piano di riforma sanitaria.

L’unica strategia che funzionerebbe, quella di rimanere uniti, non viene messa in pratica anche a causa dell’assenza forzata del senatore del Massachussets Edward Kennedy che avrebbe funzionato da collante per le varie voci democratiche, incluse quelle moderate. E’ difficile prevedere quali sarebbero le conseguenze di un primo grosso fallimento dell’Amministrazione Obama su un tema così scottante, tant’è che persino il quotidiano politico liberale Huffington Post si chiede se la luna di miele tra gli americani e il nuovo presidente sia effettivamente giunta al suo termine.

Uno dei punti critici è la possibilità di introdurre un piano assicurativo pubblico e non-profit che faccia competizione con le assicurazioni private. Secondo i seguaci del piano Obama questa assicurazione pubblica potrebbe introdurre una maggiore competitività mentre secondo i detrattori si tratta di un cavallo di Troia per poter basare poi il sistema sanitario interamente su servizi pubblici. Alcune lobby legate alle compagnie assicurative hanno appena scritto a Ted Kennedy definendo l’assicurazione pubblica come «devastante» per le aziende e il Paese.

Da un punto di vista popolare il problema diventa sempre più serio in diversi Stati, primo fra tutti la California. Schwarzenegger si ritrova con un debito di ventiquattro miliardi di dollari e come tutti sanno è al limite della bancarotta, fino al punto da costringere il governatore a fare numerosi tagli nel bilancio tra cui quello pesante dei servizi sanitari pubblici per malati di HIVe alle prigioni (diversi criminali verranno rilasciati). I repubblicani dal canto loro continuano a porre la domanda a cui i democratici non riescono veramente a rispondere: «E chi paga?». Nel frattempo, dal punto di vista del partito democratico, l’unica opzione sembra essere quella di provare a mettersi insieme senza cercare accordi con i repubblicani e fare la riforma prima possibile cercando di evitare qualsiasi opposizione, ostruzione o critica.

Obama a questo punto deve prendere una decisione: proseguire con il suo piano per dare copertura ai cittadini o cedere sulle cose più importanti in nome di una politica bipartisan (sembra che Obama tenda verso quest'ultima opzione in modo particolare per quanto riguarda il piano pubblico). L’unica cosa certa è che alla Casa Bianca non stanno dormendo sonni tranquilli.

A proposito di Berlusconi e del terremoto in Abruzzo come risaputo il leader è stato accolto a Washington D.C. da Obama ed i due hanno parlato di alcune faccende che riguardano i due Paesi. La visita del primo ministro italiano, non ha lasciato impressioni degne di nota se non alla vigilia. Il canale indipendente C-SPAN, che trasmette le sedute del Congresso in diretta, ha definito la visita di Berlusconi necessaria «per riabilitare la sua figura» dopo gli ultimi problemi e scandali in Italia mentre Lucia Annunziata, intervistata dalla radio pubblica americana NPR, ha sottolineato, in inglese, che Berlusconi sembra non capire che Obama, contrariamente a Bush, non ha bisogno di Berlusconi per migliorare i suoi rapporti internazionali. Tuttavia sia il presidente americano che il primo ministro italiano hanno ribadito l’amicizia ufficiale tra i due Paesi e Berlusconi ha avuto la sua opportunità di farsi fotografare alla Casa Bianca con quello che secondo alcune ricerche è considerato il leader politico più stimato del globo.

Lo stesso giorno della visita di Berlusconi, il 15 giugno, il parlamento americano ha passato la risoluzione H.R. 430 in cui si ricorda il terremoto in Abruzzo. In essa il ramo legislativo si unisce al lutto del popolo italiano, ricorda le vittime e definisce il comportamento di chiunque abbia aiutato per i soccorsi «eroico e coraggioso». La stessa risoluzione ribadisce l’amicizia tra Italia ed USA supportando Obama nell’offerta di assistenza per l’Italia. La mozione è passata all’unanimità.

Enrico ed Eloisa Accenti, coniugi italo-americani, vivono e lavorano in Texas; lettori di EFFEDIEFFE, si occuperanno di scrivere articoli riguardanti gli USA, il modo di vivere americano, le incongruenze e anche le realtà obiettivamente belle di questo Paese, nel tentativo di contrastare una quasi totale distorsione mediatica e ignoranza delle questioni che riguardano gli Stati Uniti.


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