La sinistra ha trovato il suo leader
16 Luglio 2009
Da giorni Pannella è in delirio (è vero che gli succede spesso) per
Fini, ne accoglie e commenta ogni parola con elogi ogni volta più
spropositati: trova in Fini («questa «faina senza zavorra», come l’ha
definito Gian Antonio Stella) «qualità, rigore e profondità» di
«riformatore». In «tutte le parti fondamentali dell’intervento» con cui
Fini ha decretato la liquidazione-fusione di AN nel Pdl, Pannella ha
riconosciuto «una parentela diretta e patente con l’essenziale della
storia radicale»
(2).
Il che è anche vero, diciamo. Sicuramente Fini è stato istruito e
guidato a fare tutte le mosse giuste per spogliarsi di ogni identità e
principio - condizione per gestire il potere per conto terzi - e quel
che resta è il radicalismo massonico, che è in fondo l’ideologia di
«default» italiota, il residuo secco, chimicamente inerte, che resta
sul fondo della bottiglia vuota di un Paese vuoto: un po’ di
anticlericalismo per insofferenza al Papa, una mezza dozzina di luoghi
comuni politicamente corretti, laicità, società multi-etnica, voto agli
immigrati, testamento biologico, nozze gay, un sospetto di
anti-berlusconismo...
Dico «istruito e guidato» perchè chiunque sia stato accanto a Fini
venti minuti capisce che da solo non è in grado. Non so se vi
ricordate, anni fa si mise con Mario Segni (nella storia minore
dell’Italia minore, l’idea platonica dello Sfigato) e fece un partito
nuovo con un simbolo del nulla, «la Coccinella». Fu un fiasco
spaventoso. Ma dimostrava la buona volontà e disposizione a
de-ideologizzarsi (le ideologie richiedono coerenza, sono «zavorra»), e
così qualcuno gli ha insegnato le mosse giuste per il «successo»: Yad
Vashem, la kippà, «fascismo male assoluto»; poi cambio della moglie con
una «compagna» nuova (o poco usata) tratta dai cataloghi professionali
di Lele Mora, segno di conquistata «libertà di costumi»; poi ancora
dichiarazioni a favore delle coppie di fatto, difesa del parlamento,
eccetera, eccetera. Fatto sta che da un certo punto in poi Fini non
sbaglia una mossa, «si posiziona» sempre meglio.
D’accordo. Ma secondo me, la sinistra tutta dovrebbe fare una
preoccupata auto-diagnosi: come mai riponiamo tutte le nostre speranze
in uno che è stato pur sempre segretario dei neofascisti? Com’è che un
missino «si posiziona» come progressista-radical meglio dei nostri
leader a denominazione d’origine controllata?
Perchè questo innamoramento del popolo di sinistra per il Kippà rivela
molto sul nullismo estremo a cui è giunta la sinistra: basta che uno si
dica a favore del testamento biologico, e la conquista. In questo
momento storico, poi. Corrono temi politici immensi: le iniquità
sociali che gridano vendetta, i poveri sempre più poveri e i ricchi
sempre più immeritevolmente ricchi; la finanza parassitaria che si dà
agli ultimi saccheggi; il crollo epocale del capitalismo, che trascina
con sè milioni di vite; la produzione industriale che cade del 40%, e
produce milioni di disoccupati senza futuro; l’orizzonte della crisi
che durerà decenni ed obbliga a un nuovo ordine dello Stato e della
società.
E la sinistra cosa propone? Il testamento biologico, ossia l’eutanasia,
il preservativo e i dispetti al Vaticano. A parte tutto, non è un po’
poco?
Si capisce che nel delirio delle sinistre per Fini c’è un motivo
principale: contano che lui farà le scarpe a Berlusconi, che li
libererà dal tiranno al Viagra che avvelena le loro povere vite da un
ventennio. E ci godono in anticipo: «Silvio stà attento, Fini traccia
la linea di un partito diverso», gongola il direttore de Il Riformista.
Ma con questo, le sinistre firmano la propria inutilità politica.
Sperano che Fini faccia quello che loro non sono stati capaci, nè mai
saranno capaci di fare
(3).
Si sono accomodati sugli spalti dell’arena e si godono lo spettacolo -
Bruto che pugnala Cesare, ma con regia di Petrolini - sapendo che loro,
dallo spettacolo, sono fuori. Possono solo spellarsi le mani per Fini,
fare il tifo per lui, lodarlo, lanciargli rose e baci.
Magari, perfino, lo voteranno. Sì, penso che vedremo anche questo: le
sinistre che voteranno Fini (ossia il Pdl, in cui Fini si è sciolto con
i suoi colonnelli) per odio a Berlusconi; infatti occorrerà che
qualcuno lo voti, Fini, sennò chi lo vota? A a questo punto, il Pdl
sarà veramente il «partito nazione» annunciato dal Cavaliere:
sinistroidi e destroidi, borghesi e pensionate Mediaset-dipendenti, e
persino berlusconiani e anti-berlusconiani, tutti sotto un’unica casa.
Delle libertà, ovviamente.
Maurizio Blondet
(articolo pubblicato il 30 marzo 2009)
1) Ecco un passo
della prosa di Scalfari, che tradisce plurime eiaculazioni spontanee,
sempre preoccupanti in tarda età: «... Poi è cominciata la parte vera
del discorso ed è allora che il volto del Capo si è impietrito nel
sorriso-smorfia e la variazione somatica è apparsa anche evidente sui
volti dei suoi ex colonnelli di AN. Fini ha detto che il nuovo partito
dev’essere pluralista. Che su Berlusconi, capo indiscusso, incombe però
il compito di garantire quel pluralismo. Che è necessario intraprendere
una riforma costituzionale per instaurare una democrazia governante. Ha
insistito tre volte su questo binomio e la terza volta l’ha scandito
perché entrasse nella memoria degli ascoltatori. E ne ha spiegato il
senso: maggior potere al governo e al premier per governare con la
rapidità richiesta dai tempi; ma anche maggiori poteri di controllo
democratico al Parlamento. Se non è governante la democrazia affonda,
se non è democratica si trasforma in autocrazia. Le due parole stanno
insieme o affondano insieme. Ha parlato del principio di legalità (che
Berlusconi non aveva neppure nominato) come dire dello Stato di
diritto. Ha auspicato che il Partito Democratico si riconsolidi
ricordando che esso è portatore di valori necessari ad una democrazia
compiuta. Ha descritto come sarà l’Italia tra dieci anni, pluri-etnica,
pluri-religiosa, pluri-culturale, e quindi la necessità di prepararsi a
questi eventi soprattutto nella scuola, nelle norme di integrazione e
nel rispetto dei diritti ai quali debbono corrispondere i doveri sia
dei cittadini che degli immigrati. Ha ricordato il diritto di esser
curati anche per gli immigrati clandestini. Il finale a sorpresa l’ha
introdotto con una citazione latina: ‘In cauda venenum’. E poi: ‘La
legge che avete votato al Senato sul testamento biologico è una cattiva
legge, lede i diritti di libertà. So di essere in minoranza su questa
questione e sul mio concetto di laicità dello Stato, ma mi auguro che
ci ripensiate’. Così ha concluso. Se avesse un Apicella, forse gli
scriverebbe una canzone e la intitolerebbe ‘Meno male che Fini c’è’ ma
forse lui invece di alzare il pollice, gliela strapperebbe in faccia. O
almeno così si spera».
2) Breve esempio
del delirio di Pannella: «Complimenti a Gianfranco Fini, che
costituisce sicurissimamente una risposta degna, appropriata, alla
storia del Partito Radicale, alla nostra storia, al nostro presente».
Lo ha detto Marco Pannella, intervenuto in diretta dalle frequenze di
Radio Radicale a commento dell’intervento di chiusura di Fini al
congresso di An. «La domanda che ieri ho posto, e che oggi è stata
censurata totalmente, trova una risposta straordinaria nell’intervento
di Gianfranco Fini», ha detto Pannella. «Io chiedevo se sia possibile
voltare pagina, come è necessario ed urgente, radicalmente, nei
confronti del sessantennio partitocratico, come accadde per il
ventennio fascista. Dall’intervento di Fini viene fuori una prospettiva
che ha forza, quella di un cammino rapidamente riformatore applicato
alla necessità di seppellire anche il sessantennio di regime
partitocratico con un contenuto, un assieme di contenuti, con delle
idee che a me appaiono oggi connotare solo Gianfranco Fini, per
qualità, rigore e profondità». «Mi sembra di poter dire che tutte le
parti fondamentali, costituenti l’intervento, il programma, il progetto
politico di Gianfranco Fini hanno una parentela diretta e patente con
l’essenziale della storia radicale», ha aggiunto Pannella, che ha
ricordato come «accadde un giorno che Giorgio Almirante inviò il
giovane segretario della organizzazione giovanile del MSI Fini ad un
congresso radicale dove era stato invitato. Merito ad Almirante di
essersi fatto sostituire da quel giovane. E merito grande di quella
commovente riprova che si ebbe quando i congressisti radicali
applaudirono Fini per il solo fatto di essere lì, a portare il suo
saluto del Movimento Sociale». «Dovremo adesso rapidamente esplorare,
conoscere, riflettere su questa splendido intervento di oggi che -
credo - abbia trovato il suo luogo giusto per essere ascoltato in
Italia, e forse anche altrove, attraverso Radio Radicale», ha concluso
il leader radicale.
3) E pensare che
Berlusconi, a 73 anni, non essendo eterno come crede lui, lascerà il
campo; allora il partito che ha incollato insieme si sgretolerà da sè
in litigi fra cacicchi.
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