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La Divina Misericordia
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La Domenica in Albis è quella che segue la Domenica di Pasqua. Da quando Nostro Signore ha rivelato a suor Faustina Kowalska, mistica polacca, il mistero della Divina Misericordia, la Domenica in Albis è diventata la festa della Divina Misericordia, ufficialmente riconosciuta e proclamata tale da Giovanni Paolo II.

Nostro Signore ha promesso che in quella Domenica le sorgenti della Sua Infinita Misericordia sono aperte per chiunque voglia attingervi, mediante il culto appositamente da Lui istituito, per rivelazione, a suor Faustina, e consistente nella recitazione per nove giorni consecutivi della Coroncina alla Divina Misericordia, come da Gesù rivelata a suor Faustina, – una novena che deve aver inizio il giorno di Venerdì Santo ed aver termine il sabato precedente la Domenica in Albis – e nella confessione nei giorni precedenti o nello stesso giorno della festa, e naturalmente nell’accostarsi sacramentalmente purificati alla Santissima Eucarestia.

Nostro Signore ha anche chiaramente ammonito che chi non vorrà passare per la Sua Misericordia dovrà passare per i rigori della Sua Giustizia.

Il culto della Divina Misericordia è strettamente connesso con quello del Sacro Cuore, le cui rivelazioni a Santa Margherita Alacoque nel XVII secolo costituiscono il suggello celeste allo stesso Culto Eucaristico istituito da Nostro Signore la sera precedente il Venerdì Santo della Sua Passione.

A Lanciano, in provincia di Chieti, chiunque può ammirare, nella locale chiesa ora tenuta dai francescani, il più grande, anche se non noto quanto altri, miracolo eucaristico che esista. Nell’VIII secolo un monaco basiliano, dell’ordine cioè che all’epoca deteneva la chiesa ora francescana, dubitò, mentre celebrava Messa, della Presenza Reale di Cristo al momento della consacrazione. Di fronte al suo sguardo attonito, ed allo stupore dei fedeli astanti, l’ostia si trasformò in Carne ed il vino in Sangue. Carne e Sangue tuttora custoditi in appositi teche nella predetta chiesa francescana.

  
Le analisi istologiche condotte dall’Università di Chieti nel 1971 hanno accertato che la Carne è, sotto il profilo istologico, un Cuore umano al completo – ossia sono in Esso presenti tutti i tessuti del cuore umano – e che il Sangue (ora raggrumato in cinque tocchetti che pesano ciascuno quanto tutti insieme) è sangue umano del gruppo AB. Lo stesso gruppo sanguigno del sangue presente sulla Sacra Sindone e lo stesso gruppo sanguigno di tutti gli altri miracoli eucaristici, come quello di Bolsena. Il gruppo sanguigno AB è il gruppo tipico delle popolazioni semitiche.

Cosa significa tutto questo? Per l’antropologia biblica – ma non solo per essa – il Centro della Persona, il luogo della sua intelligenza, lì dove l’uomo pensa e sceglie tra bene e male, la dimora di Dio nell’uomo, è il Cuore. Nella costituzione spirituale, psichica e corporea dell’essere umano non è la testa, il cervello, a costituire il fondamento metafisico e mistico della persona ma il cuore, il suo centro anche fisiologico oltre che psichico e spirituale.

Il «centro» non costituisce il fondamento metafisico solo dell’uomo ma di ogni creatura. Il sole è al centro del sistema solare come il nucleo è al centro dell’atomo. Negli animali e nei vegetali sussiste sempre un centro psico-fisico, ma non spirituale (gli altri esseri viventi non hanno anima spirituale ed è qui la differenza ontologica con l’uomo). Negli animali e nei vegetali il «centro», il cuore, è orizzontale e non verticale, ossia non è aperto alla Trascendenza ed all’infusione dello Spirito Santo.

I mistici come i profeti veterotestamentari parlano espressamente del Fuoco d’Amore che, come il roveto ardente al cospetto di Mosé, arde nel cuore senza bruciarlo, benché trattasi di un Fuoco che insieme al calore, da intendersi proprio in senso fisico e non solo spirituale, imprime nell’anima anche una Gioia inesprimibile ed una Luce altrimenti inaccessibile.

Molti santi – giusto per citarne qualcuno: Santa Teresa d’Avila e San Pio da Pietrelcina – hanno subito la cosiddetta «transverberazione» ossia la penetrazione del cuore con un dardo infuocato che provocava in loro una pena d’Amore ed al contempo una gioia infinita. Il cuore di Santa Teresa d’Avila, ancora oggi conservato intatto senza segni di putrefazione, presenta chiaramente il segno di una trafittura da arma da taglio appuntita. La santa dunque visse, dal giorno della transverberazione, con un taglio profondo, da lancia acuminata, nel cuore tale da uccidere chiunque sul colpo.

Il Cuore è dunque la Persona nella sua interezza spirituale, psichica e fisica, in quanto è l’essenza stessa della Persona.

In Cristo il Sacro Cuore contiene tutta la Sua Divinità congiunta ipostaticamente alla Sua Umanità, spirituale, psichica e corporea. Una delle litanie al Sacro Cuore recita: «Cuore di Gesù sostanzialmente unito al Verbo Divino».

Dunque, nella transustanziazione eucaristica avviene esattamente questo: il Pane si trasforma nel Cuore di Cristo ed il Vino nel Suo Sangue. Come ha mostrato il miracolo eucaristico di Lanciano.

Il Mistero della Presenza Reale di Cristo, in Divinità, Anima e Corpo, nelle specie eucaristiche è facile da comprendere, ammirare ed adorare: il Pane trasformato nel Cuore di Cristo ci comunica l’intera Sua Persona, ci unisce a Lui e tramite Lui al Padre nello Spirito Santo che partecipa alla transustanziazione quando il sacerdote celebra il rito eucaristico. L’Ostia consacrata, che è dunque il Sacro Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo, entra in noi e si unisce al nostro cuore per purificarlo, redimerlo e renderlo somigliante a Lui nell’immagine, che ha già impressa ontologicamente, di Lui.

Molti restano attoniti di fronte all’espressione usata da Gesù, e riportata nel Vangelo, del «mangiare la mia carne e bere il mio sangue». Gli stessi astanti, e perfino gli Apostoli, che assistevano alla predicazione di Gesù nella quale Egli, sulle rive del mare di Galilea, usò tale espressione, restarono scandalizzati e lo abbandonarono. Sicché Egli si rivolse ai suoi apostoli chiedendo se anche loro intendessero lasciarlo. Ma loro pur ammettendo che quello da Lui usato era un «linguaggio duro» confermarono la loro fede in Lui.

Non si trattava, però, di «mangiare la carne e bere il sangue» in un senso letteralmente «cannibalesco». Come sanno molto bene i biblisti e gli esegeti con quell’espressione, che dietro il testo greco nasconde un evidente sostrato ebraico, il Vangelo intende appunto dire «entrare in comunione intima con una persona«.

Il concetto della Misericordia Divina – Misericordia significa innanzitutto «avere il cuore rivolto verso i miseri» – è alle origini stesse della Rivelazione ed infatti anche l’Antico Testamento ne è impregnato. Insieme a quello di Giustizia di Dio, perché in Lui, come dice il salmo, «Iustitia et Pax osculabuntur», ossia Giustizia e Pace (= Misericordia), i segni del Sacerdozio Regale Universale al modo di Melchisedek, si baceranno, si uniranno. In Dio Giustizia e Misericordia non si danno affatto in opposizione, non si escludono pur senza confondersi. Solo in Dio ciò è possibile. È un mistero inaccessibile con le sole forze della limitata ragione umana.

Secondo l’Antico Testamento la Giustizia divina significa la perfezione trascendente ma proprio per questo Essa senza l’Amore, senza la Misericordia di Dio, sarebbe irraggiungibile dall’uomo con le sue sole povere forze naturali. Qui è il mistero stesso della Kénosi di cui parla San Paolo: l’abbassarsi, l’«umiliarsi», di Dio, in Cristo, fino ad assumere la carne, la natura, della creatura per amore della creatura, per salvarla. Ecco perché Dio rigetta i superbi e gli orgogliosi ed ama gli umili, perché Egli stesso per primo è Umile. Nel Magnificat, dunque, non a caso Maria Santissima loda il Signore perché rovescia i potenti dai troni ed innalza gli umili.

L’Amore, la Misericordia, pertanto senza opporsi alla Giustizia di Dio è tuttavia, in un certo senso, più grande. L’Amore di Dio, per così dire, condizione la Sua Giustizia, frena la Sua Ira. La Misericordia di Dio pone la Sua Giustizia a servizio della Carità salvifica.

Dio creatore si lega spontaneamente alla creatura, sin dagli inizi della creazione, perché le dona il suo Infinito Amore proprio facendola ontologicamente partecipe di Sé. In questo senso la Giustizia altro non è che l’Amore ferito dal peccato e che chiede riparazione. Riparazione però, a causa della gravità della ferita originale, impossibile per l’uomo, con le sue sole forze, da porre in essere. Ecco pertanto che è l’Amore stesso di Dio, Incarnandosi e Patendo, nella Morte e Resurrezione, a porre riparo, l’unico possibile, alla ferita infertagli dagli uomini. I mistici definiscono il Purgatorio un grande atto dell’Amore salvifico di Dio proprio nella prospettiva della Misericordia Divina.

Nella Rivelazione, dunque, è affermato il primato dell’Amore sulla Giustizia ed è questo il significato ultimo della Divina Misericordia.

La creatura che più di tutte, ed in modo eccezionale, ha sperimentato il mistero della Divina Misericordia è Maria Santissima. E’ stata lei che con il suo «sì» ha reso possibile l’Incarnazione, nel Suo Cuore Immacolato (perché il Verbo si è fatto Uomo attraverso il Cuore di Maria), della Misericordia Divina in Persona, ossia della Seconda Persona della Santissima Trinità. Ecco perché Maria porta, tra gli altri, anche il titolo di «Madre della Misericordia Divina».

  
L’immagine di Cristo Misericordioso, come apparve a suor Faustina e che il Signore stesso volle fosse riprodotta, Lo presenta con la mano destra alzata e benedicente e con la mano sinistra a scostare leggermente la tunica bianca all’altezza del Cuore da dove fuoriescono due raggi, uno bianco e l’altro rosso.

Il Sant’Uffizio, all’inizio, non comprese il significato di tali colori ed, allarmato dalle solite maldicenze che sempre circondano la vicenda dei santi, pose sotto osservazione il Culto rivelato a suor Faustina temendone un intento «nazionalista»: infatti il bianco ed il rosso sono i colori della bandiera polacca.

La questione si chiarì strada facendo ed alla fine ogni riserva fu rimossa.

Ma molto prima degli uomini di Chiesa, che pur sono tenuti alla prudenza, era stato Nostro Signore a spiegare a suor Faustina il significato di quei colori.

«Quando ti accosti alla Santa Confessione – disse Gesù a suor Faustina –, a questa sorgente della Mia Misericordia, scendono sempre sulla tua anima il Mio Sangue ed Acqua, che uscirono dal Mio Cuore e nobilitano la tua anima. Ogni volta che vai alla Santa Confessione immergiti tutta nella Mia Misericordia con grande fiducia, in modo che io possa versare sulla tua anima l’abbondanza delle mie grazie» (Diario di suor Faustina, numero 529).

Dunque il rosso ed il bianco simboleggiano il Sangue e l’Acqua sgorgati dal Costato di Cristo sulla Croce a seguito del colpo di lancia.

La Rivelazione di Gesù a suor Faustina è un vero Vangelo vivente.

«Quando vai alla Confessione – dice Gesù alla mistica –, sappi che io stesso ti aspetto in confessionale, mi copro soltanto dietro il sacerdote, ma sono io che opero nell’anima. Lì la miseria dell’anima s’incontra col Dio della misericordia. Dì alle anime che da questa sorgente della misericordia possono attingere le grazie unicamente col recipiente della fiducia. Se la loro fiducia sarà grande, la mia generosità non avrà limiti. I rivoli della mia grazia inondano le anime umili. I superbi sono sempre nell’indigenza e nella miseria, poiché la mia grazia si allontana da loro e va verso le anime umili (numero 529). Dì alle anime dove debbono cercare le consolazioni, cioè nel tribunale della misericordia, lì avvengono i più grandi miracoli che si ripetono continuamente. Per ottenere questo miracolo non occorre fare pellegrinaggi in terre lontane né celebrare solenni riti esteriori, ma basta mettersi con fede ai piedi di un mio rappresentante e confessargli la propria miseria ed il miracolo della Divina Misericordia si manifesterà in tutta la sua pienezza. Anche se un’anima fosse in decomposizione come un cadavere ed umanamente non ci fosse alcuna possibilità di risurrezione e tutto fosse perduto, non sarebbe così per Dio: un miracolo della Divina Misericordia risusciterà quest’anima in tutta la sua pienezza. Infelici coloro che non approfittano di questo miracolo della Divina Misericordia! Lo invocherete invano, quando sarà troppo tardi! (numero 476)».

Nella Rivelazione a suor Faustina Kowalska è possibile ritrovare il carattere proprio della mistica cristiana più autentica, l’unione dei cuori di Cristo e del fedele che a Lui si affida con totale fiducia. Nella Divina Misericordia si realizza l’incontro mistico con Gesù che viene verso di noi, incapaci di salire fino a Lui, per portarci con Lui e dove è Lui. Ancora una volta si tratta della Kénosi paolina, del piegarsi amorevole e pieno di misericordia di Dio sulla creatura resa inferma dal peccato.

«La Festa della mia misericordia – citiamo ancora dalla Rivelazione di Gesù a suor Faustina – è uscita dalle mie viscere a conforto del mondo intero (numero 504). Desidero unirmi con le anime umane, la mia delizia è unirmi con le anime… Quando nella Santa Comunione vengo in un cuore umano, ho le mani piene di grazie di ogni genere e desidero donarle all’anima: ma le anime non mi prestano nemmeno attenzione. Mi lasciano solo e si occupano d’altro. Oh, quanto è triste per me che le anime non conoscano l’Amore! (numero 460). Quanto mi addolora che le anime si uniscano così poco a me nella Santa Comunione! Attendo le anime, ed esse sono indifferenti verso di me. Le amo con tanta tenerezza e sincerità, ed esse non si fidano di me. Voglio colmarle di grazie, ma esse non vogliono riceverle. Trattano con Me come con una cosa inerte: eppure ho un cuore pieno d’amore e di misericordia (numero 476). Vedi, ho lasciato il trono del Cielo per unirmi a te. Quello che vedi ora è appena un lembo, e la tua anima già sviene per amore; allora, come si sbalordirà il tuo cuore quando mi vedrai in tutta la mia gloria! Ma voglio dirti che la vita eterna deve cominciare già su questa terra per mezzo della Santa Comunione. Ogni Santa Comunione ti rende più idonea a trattare familiarmente con Dio per tutta l’eternità (numero 595)».

È noto che Giovanni Paolo II, oltre ad aver canonizzato suor Faustina ed istituito la Festa della Divina Misericordia, ha anche scritto, nel 1980, agli inizi del suo Pontificato, una enciclica dedicata proprio alla Divina Misericordia, la Dives in misericordia, la quale sia nella lettera che nello spirito è tutta fondata sulla Rivelazione di Gesù alla mistica polacca, come può ben intendersi da passi come questo: «Dio, che ‘abita una luce inaccessibile’ (I Timoteo 6,16)… in Cristo e mediante Cristo, diventa… particolarmente visibile… nella sua misericordia, cioè si mette in risalto quell’attributo della Divinità, che già l’Antico Testamento, valendosi di diversi concetti e termini, ha definito ‘misericordia’. Cristo conferisce a tutta la tradizione vetero-testamentaria della misericordia divina un significato definitivo. Non soltanto parla di essa e la spiega con l’uso di similitudini e di parabole, ma soprattutto Egli stesso la incarna e la personifica. Egli stesso è… la misericordia. Per chi la vede in Lui – e in Lui la trova – Dio diventa particolarmente ‘visibile’ quale Padre ‘ricco di misericordia’» (Dives in misericordia numero 2).

La Misericordia di Dio si attinge con la fiducia in Cristo Gesù. La coroncina della Divina Misericordia, insegnata a suor Faustina direttamente da Nostro Signore Gesù Cristo, è infatti modulata sulla ripetizione, sui grani dell’Ave Maria del rosario, dell’invocazione, da fare con cuore pieno di apertura a Dio Padre, «Per la Sua dolorosa Passione. Abbi pietà di noi e del mondo intero» cui corrisponde sui grani del Padre Nostro la preghiera «Eterno Padre, io ti offro il Corpo ed il Sangue, l’Anima e la Divinità del tuo dilettissimo Figlio e Signore Nostro Gesù Cristo. In espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero. Il tutto è poi condensato nell’invocazione «Gesù confido in Te».

Affidiamoci con fiducia alla Divina Misericordia e non resteremo delusi.

Scritto il 15 aprile 2012, Domenica in Albis, Festa della Divina Misericordia

Luigi Copertino  




 
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