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Le radici del potere opaco: la lega Hung
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Storia delle Triadi cinesi e di quell’entità sotterranea che ha deciso per secoli i destini dell’Impero Celeste

Nel 1863, la polizia coloniale di Padang (Sumatra) trovò alcuni libri enigmatici nella casa di un cinese sospettato di furto. Li consegnò a Gustave Schlegel, allora interprete per il governo delle Indie Olandesi, perché li decifrasse. Tre anni dopo, nel 1866, Schlegel diede alle stampe a Batavia un monumentale volume, in inglese, intitolato Thian Ti Hwi, TheHung League, or Heaven and Earth League - A secret society of the Chinese in China and India.

Era il primo, vero studio sulla storia, sui riti, sul sistema occulto di potere della Triade, la «mafia» cinese. Fino ad allora, gli occidentali in Estremo Oriente avevano ignorato quasi tutto della Triade.

E’ possibile trovare nelle ricerche bibliografiche due soli riferimenti precedenti, entrambi consultati da Schlegel. Il primo è una relazione «sulla Società chiamata Triade» di un certo dottor Milne, un missionario operante nello Kwangtung, pubblicata nel 1826 dalle Transactions of the Royal Asiatic Society (volume I, parte II). Il secondo è un rapporto apparso sul Journal of the Royal Asiatic Society nel 1841 (volume VI, pagina 120) a firma di un tenente Newbold, ufficiale di guarnigione agli Stretti di Malacca. Ma anche dopo Schlegel, le ricerche di prima mano sull’argomento restano scarse.

Citeremo - poiché ci sono serviti per il presente lavoro - The Triad Society or Heaven and Earth Association di William Stanton, prima pubblicata ad Hong Kong nel 1899 nella Chinese Rewiew (volume XXI) e poi ristampata nel 1900 dall’editore Kelly & Walsh; e soprattutto Triad and Tabut - A survey ofthe origin and diffusion ofChinese andMohamedan Secret Societies, di Mervyn L. Wynne. Non solo è l’opera più recente che abbiamo reperito (è del 1941); è anche la più originale e profonda investigazione su tutti gli aspetti - cultuali, filosofici e penali, esoterici e politici - del problema.

Basterà dire che Wynne, oltre alla Hung League, ossia alla Triade propriamente detta, appurò l’esistenza di una più segreta società cinese - la Hang League - rivale della prima, e più profondamente criminale; che rintracciò l’influsso delle due occulte confraternite nella lotta politica in corso in Cina, quella che opponeva il nazionalista Chang Kai-Shek (appoggiato dalla Hung) e il «comunista» Mao Tse-tung, creatura della Hang; e arrivò a ipotizzare un Centro Supremo, taoista per ispirazione, da cui entrambe emanavano. E, fatto cruciale, sottolineò in questo modus operandi un’altra, più essenziale affinità fra le Triadi e la Massoneria, che era già stata notata - come vedremo - da studiosi britannici. Testimonia l’importanza di quest’opera il fatto che - in piena guerra mondiale, mentre la minaccia giapponese incombeva sulla colonia - fu pubblicata dal Printing Office del Governatorato di Singapore. Del resto, Wynne era un alto funzionario della Polizia britannica in Malesia.

Questi dati iniziali faranno già intuire quanto il tema che affrontiamo sia inestricabile. Invochiamo la pazienza del lettore: la realtà a cui lo stiamo guidando è il Potere Opaco che invisibilmente ci domina anche ai nostri giorni; e ciò che appare una storia di una mafia estremo-orientale, di una setta cinese, è non di meno la storia dell’Impero Britannico e della sua cultura.

Nello stesso tempo ci confessiamo in difficoltà anche solo per come introdurre l’enorme, farraginoso argomento. In mancanza di una soluzione migliore, useremo come condensato della storia che cominciamo a narrare una parziale citazione preliminare dall’Encyclopaedia Sinica (1917).

Voce: The Triad Society

Questa società, conosciuta anche come Società Terra e Cielo e Lega Hung, è la più famosa di tutte le società occulte della Cina. Le sue stesse fonti interne non sono concordi sulla data in cui la società emerse nella storia politica, sia il 1674, il dodicesimo anno dell’impero di K’ang Hsi, sia una sessantina d’anni dopo, sotto Yung Cheng.

(...) Seguirono rivolte: a Formosa nel 1787, causata dalla repressione militare imperiale contro la Società; nel 1814 in Kiangsi; nel 1817 a Canton, soffocata con numerose esecuzioni. Ma nel 1828 i membri della Triade tornarono a creare problemi sostenendo le tribù Yao contro il governo di Pechino. A quel tempo, la Società s’era già infiltrata nel Siam, nelle Indie Orientali Olandesi e in India.

(...) Nel 1850 la Triade era di nuovo in rivolta nello Kwangtun e nello Kiangsi; si sospettò che fosse in segreto collegamento con i ribelli T’ai Ping che allora infuriavano. Ciò è inesatto, anche se sicuramente le turbolenze della Triade furono incoraggiate dalla sollevazione dei T’ai Ping, e potè accadere che gruppi isolati passassero dall’una all’altra confraternita. Come a Shangai, che la Triade tenne per 15 mesi tra il 1853 e il 1854: costretta ad evacuare la città, i suoi militanti si congiunsero ai T’ai Ping.

(...) Non furono mai xenofobi. Portoghesi e malesi sono stati talvolta ammessi nella confraternita, e a loro favore sono state introdotte modifiche nei riti e nelle parole di passo.

(...) Le logge dell’organizzazione diffuse fuori della Cina sono divenute per lo più società di mutuo soccorso, avendo perso gran parte del loro significato politico. Tuttavia le autorità britanniche e olandesi le hanno vietate, perché proteggevano i loro membri dalla legge e occasionalmente
estorcevano tangenti. All’inizio le autorità richiesero che le logge si registrassero; ma in seguito fu ritenuta necessaria la loro soppressione, e ciò avvenne anche in Siam, in California e in Australia. Nel 1845 l’appartenenza alla società fu dichiarata punibile penalmente con il domicilio coatto e tre anni di detenzione. Ma presto ciò divenne lettera morta, anche perché nel 1857 una banda di 800 coolies, probabilmente tutti membri della Triade, operò lealmente per gli inglesi contro i Manchu.
Nel 1887 tutte le società segrete cinesi furono dichiarate fuorilegge dall’amministrazione britannica, a causa dei continui scontri fra loro. Oggi (1917) si calcola che, nei soli Settlements degli Stretti di Malacca, i membri della Triade siano 156.400 (...).


Alla Voce «Società Segrete», l’Encyclopedia Sinica aggiunge:

(...) Durante i lavori della Conferenza Missionaria del 1890 fu letto un notevole rapporto del reverendo F.H. James su cinquantacinque delle molte sette segrete operanti nello Shantung, con una bibliografia sommaria dei loro testi. Le informazioni erano state raccolte con grande difficoltà, perché anche i membri che, convertitisi al cristianesimo, avevano abbandonato la Triade, avevano terrore a parlarne. L’instaurazione della Repubblica in Cina (1912) e la Dichiarazione di libertà religiosa sembrerebbero aver reso inutili le antiche società segrete; ma la questione è troppo intricata - anche per i cinesi stessi - per poterne essere sicuri. Sappiamo che in passato società originariamente politiche sono diventate nel tempo religiose, e viceversa; altre si sono estinte. Talune furono ridotte al silenzio dalle persecuzioni, solo per rinascere sotto nuovi nomi e nuovi luoghi, con o senza modificazione delle loro dottrine e statuti; altre grandi società si sono scisse, e le loro parti hanno preso orientamenti diversi. Per giunta la loro letteratura, per lo più manoscritta, è spesso stata distrutta in fretta. E’ deplorevole che manchino ricerche recenti sull’argomento: uno studio delle credenze attuali dei membri di tali società sarebbe utile, essendo noto che i cinesi più interessati allo spirituale vi hanno appartenuto o vi appartengono. E’ impossibile dire quante di queste sette esistano oggi, ma nel 1896 si calcolò che annoverassero tra i 20 e i 200 mila aderenti per provincia.

Le due citazioni hanno il merito di dare rapidamente un’idea della natura proteiforme di ciò che chiamiamo troppo genericamente «la Triade» o «le Triadi cinesi»: la loro essenza proliferante e pseudo-plurale - causa non ultima della loro elusività -, la quantità enorme dei loro adepti, la loro natura di società «religiose» che agiscono come nuclei eversivi e criminali, capaci di ispirare terrore ai loro membri, e il loro peso nelle vicende politiche della Cina contemporanea.

Naturalmente i testi fanno riferimento ad eventi - come la cruciale rivolta dei T’ai Ping - non familiari per il lettore europeo. Li dovremo narrare in modo riassuntivo, ma per farlo è necessario sapere qualcosa dell’ascesa e del tramonto delle dinastie imperiali cinesi; una lunga serie, in cui la Triade e la sua meno visibile gemella sono intimamente coinvolte.

Ci appelliamo ancora alla pazienza del lettore: assicurandolo che non ripercorreremo l’intera storia dell’Impero di Mezzo - la civiltà vivente più antica della Terra, che copre l’incredibile periodo di quattromila anni. Per il tema che ci occupa basterà - per ora - percorrere come volando le catastrofi storiche che hanno attraversato la Cina nell’ultimo millennio.

Più precisamente, ci basterà partire dal 1127: l’anno in cui i tartari orientali - che i cinesi chiamavano Manchu - dilagarono come una piena inarrestabile oltre la Grande Muraglia eretta da millenni per contenere la loro barbarie, ed occuparono le province cinesi a nord del Fiume Giallo. Per decenni continuarono lentamente ad avanzare, premendo verso sud; senza mai riuscire a slanciare i loro piccoli cavalli irsuti sulla riva meridionale del fiume Yang-Tze. Durante questo tempo, la Cina del sud rimase saldamente sotto il comando degli imperatori cinesi della dinastia Sung.

Ma intanto, sulle torme senza storia dei tartari occidentali - che noi chiamiamo mongoli - era apparsa la stella invincibile di Genghis Khan. Nel 1207, egli aveva già consolidato le sue conquiste nelle vastissime solitudini dell’Asia centrale; il suo Impero Mongolo, di estensione inaudita, lambiva le frontiere occidentali cinesi. Il quattordicesimo imperatore Sung chiese l’aiuto di Genghis Khan - errore ricorrente nella storia cinese - per scacciare i Manchu. Infuriò infatti una lunga guerra, al termine della quale i Manchu erano espulsi di nuovo al di là della Grande Muraglia. Ma gli alleati del Figlio del Cielo non restituirono le grasse provincie del nord strappate agli sconfitti: le occuparono loro. Nel 1280, sotto il comando di Kublai Khan, figlio di Genghis, l’orda conquistò l’intera Cina. Kublai si proclamò primo imperatore della dinastia Yuan, ossia mongola.

La Cina non si rassegnò mai al dominio dei barbari. Nel 1368, un’insurrezione locale favorita da imprevisto successo marciò su Pechino, travolgendo l’armata imperiale a nord del Fiume Giallo; l’imperatore fuggi nelle steppe paterne, e la dinastia mongola ebbe fine. Fu proclamato imperatore il capo della fortunata rivolta, e divenne il capostipite della dinastia Ming: l’Impero di Mezzo aveva di nuovo una dinastia cinese. Il terzo imperatore Ming spostò la capitale da Nanchino alla città che era stata la capitale dei mongoli, Pechino.

Poi, per decenni e secoli, l’Impero affondò nel suo male genetico: l’astenia da immobilismo, il disordine intestino. Sotto il diciassettesimo (e ultimo) Ming la Cina fu preda di armate ribelli. E già da un secolo - il sedicesimo dell’era cristiana - i Tartari, incoraggiati dalla debolezza sediziosa del vicino, avevano ricominciato a violarne i confini nord-occidentali. Prima occasionali
sconfinamenti, poi incursioni. Infine, l’intervento nell’anarchia interna sanguinosa, su invito di uno dei sediziosi Signori della Guerra, che aprì loro le porte di Pechino. Nel 1644, un capo dei tartari orientali Manchu fu dichiarato primo imperatore della nuova dinastia T’sing. Dopo quattrocento anni, i barbari erano tornati ad usurpare il Trono.

Per qualche anno il sud della Cina si mantenne indipendente; ma nel 1662 Rang-hi, il secondo imperatore T’sing, l’assoggettò e riunificò l’impero sotto il tallone Manchu. Da questo momento in poi, la storia della Cina - specialmente nel sud - fu un ribollire di continue insurrezioni contro i Manchu, gli usurpatori tartari; tutte erano promosse da società segrete con intenti di restaurazione patriottica.

Abbiamo visto come l’Encyclopedia Sinica situi in questo periodo - il 1674 «o sessantanni più tardi» - non già l’origine della Triade, ma la sua emersione all’azione politica. Quando infine (un paio di secoli più tardi) i Manchu furono di nuovo cacciati dalla Cina, la Triade ebbe un influsso potente, anche se difficilmente precisabile, nella creazione della Repubblica cinese.

Ma la Repubblica voluta da Sun Yat-sen (1866-1925), l’idealistico, occidentalizzante - e cristiano - Padre della Patria, fondatore del Kuomintang, nativo della provincia meridionale dello Kwangtung, antica roccaforte della Triade, non durò. Nel 1937, la cancellò l’invasione giapponese.

Nel dopoguerra, i resti del Kuomintang capeggiati da Chang Kai-shek, sconfitti dai comunisti, ripararono a Formosa. Mao instaurò la dittatura del proletariato nel 1946.

Questa è la finestra della storia in cui si contiene gran parte della vicenda che c’interessa. Può essere utile dividerla in quattro periodi schematici, indicati coi nomi che diedero loro i letterati confuciani che noi chiamiamo «mandarini», e che anche Schlegel adottò.

1) L’Età Tradizionale o Religiosa, che va dalla più alta antichità al 1644, fine della dinastia cinese Ming.

2) Il Periodo di Transizione, dal 1644 al 1700.

3) L’Età Politica o Rivoluzionaria, che ebbe inizio mezzo secolo dopo l’instaurazione della dinastia mongola T’sing (1700 circa) e vien fatta terminare con la rivolta dei T’aiping, 1864.

4) L’Età Degenerata, dal 1865 ai nostri giorni.


Le radici del potere opaco: L’età religiosa

Tao e buddhismo si intersecano indissolubilmente nelle antiche ed oscure origini della Lega Hung

Gustave Schlegel, l’interprete olandese che per primo tradusse i rituali della «società chiamata Triade», la Hung League, si convinse della loro estrema antichità. Benché vi riconoscesse più tarde stratificazioni buddhiste, egli identificò nei rituali una sorta di «guida per l’anima dell’uomo nel viaggio dal Cielo alla Terra e poi di nuovo, attraverso una discesa agli inferi, al Cielo»: il viaggio mistico presente in ogni culto iniziatico arcaico. Per Schlegel, i testi risalivano al 3000 avanti Cristo.

Lo suggestionò forse la pretesa, che i rituali stessi proclamano, di avere radice nelle Origini: «Dal tempo in cui fu fondato il mondo, noi portiamo il nome di Hung», si legge nella trentaduesima risposta del rituale. E nella duecentoventesima risposta: «Yin e Yang uniti/ Cielo e Terra congiunti nel coito/ Per primi generarono i figli di Hung/ In miriadi tessuti».

L’ideogramma Hung, del resto, significa «inondazione», o in senso più pregnante «diluvio»; e l’antico testo mitico-storico cinese Shu King (Il Libro di Storia), databile attorno al 2500 avanti Cristo, si apre con il racconto di una inondazione del Fiume Giallo, descritta nei termini esatti in cui la Genesi riferisce il Diluvio Universale; l’imperatore Yu vi figura nella parte del biblico Noè, come salvatore delle specie animali. Il nome rituale della Triade, «Hung Ka», significherebbe dunque «Famiglia del Diluvio», o dei «superstiti del Diluvio».

Testimoniava inoltre per un’alta antichità il riferimento consapevole, nei rituali, ai più augusti simboli del Tao. A Schlegel era noto che, come avrebbe scritto un reverendo Soothill nel suo Three Religions in China,

«le numerose società segrete cinesi (...) sono regolarmente associate con il taoismo (...) che per secoli ha influenzato la Corte Imperiale ed ha influito sulla politica come sulla religione nazionale».

Ma in genere ciò che le sette professavano era la forma popolare del taoismo, degenerata in superstizione. Un taoismo eclettico che «ha adottato tutte le forme possibili del Buddhismo tranne gli elementi più profondi, creato i suoi paradisi e modellato i suoi luridi inferni riempiendoli di tutti gli orridi tormenti immaginabili da menti barbare, e deificato Lao-Tse e una moltitudine di altre figure, cosi come le varie forze della Natura».

Era il «taoismo» che nel 1900 diede a centinaia di migliaia di Boxer la convinzione che «il possesso di formule magiche taoiste li avrebbe resi invulnerabili ai proiettili, e che l’essere stati toccati dallo scacciamosche di crine del sacerdote taoista avrebbe deviato il colpo contro il tiratore».

Nel rituale della Hung League invece lo strato buddhista non oscurava «i principii primi del Tao, come sono contenuti nei classici». Il fondamentale di tali principii è che «non c’è alcun Dio trascendente il cosmo, che non c’è Jahve né Allah. Non c’è creazione, ma solo il rinnovarsi della natura, l’opera spontanea di Cielo e Terra che si ripete in ogni rivoluzione del Tao».

Il simbolo dell’Uno - il Gran Primordiale, il cerchio entro cui s’inseguono un’onda bianca e una nera, Yin e Yang, Terra e Cielo - allude a questo operare ricorrente e impersonale, senza tensione né scopo. L’armonia di Yin e Yang produce l’Uomo: «L’Uno produce il Due, il Due il Tre e il Tre le miriadi degli esseri». E’ l’inizio della numerologia taoista, che non è senza affinità con quella pitagorica, e in cui i numeri da uno a dieci rappresentano gli «esseri» prodotti da Yin e Yang combinati.

Ma in questa numerologia, il rituale della Hung dimostra una spiccata preferenza per i numeri «perfetti» - i numeri dispari, 1-3-5-7-9 - che sono i numeri maschili e celesti, mentre i pari sono femminili e terrestri. Vi ha una parte centrale il Cinque, che è il numero del Dio personale, ShangTi («Il Signore», l’equivalente del sanscrito Ishvara); la Hung ha cinque fondatori e cinque bandiere. Inoltre, la società rappresenta l’intima unione triadica di Cielo-Terra-Uomo (i Tre Uniti, altro nome della società) con il Triangolo dal vertice in alto: altro simbolo del maschile - oltreché unione dei due ideogrammi che significano «penetrare» e «uno», i tre elementi intimamente congiunti - mentre il triangolo rovesciato è universale rappresentazione del femminile e della matrice.

Ciò implica che, nonostante il suo proclamato rifarsi all’Origine - ossia all’Inizio anteriore alle polarità - la società segreta Hung ammette di rappresentare lo Yang, la polarità maschile del reale. Ciò che, nell’ideologia taoista, implica un orientamento fondamentale: chi è dello Yang venera la Luce Diurna, Il Sole (o l’Essere Supremo), è volto all’azione e attento al mutevole e al positivo, ossia coinvolto nella vicissitudine storica (il numero Sette, maschile, rappresenta la morte fisica), l’aspirazione verso l’Alto (il Nove è il numero della perfezione celestiale), l’individuale e il diritto. Lo Yang rappresenta ciò che nell’ascetica indiana è detto la via della Mano Destra, della Mano Retta. Con tutte le implicazioni politiche che la parola «destra» evoca, e quelle morali insite nel concetto di «retto».

Schlegel infatti sottolinea «le eccellenti esortazioni» che i testi della Triade rivolgevano agli adepti, di tono quasi evangelico:

«Conversa con amici virtuosi e rinuncia ai compagni malvagi. Se qualcuno t’insulta, ti disprezza, ti umilia, come dovrai comportarti? Sopportando, accettando, tollerando e perdonando. Non bere vino con i dissoluti. Non frequentare i superbi, i senza cuore e i senza fede. Non disprezzare coloro che non hanno avuto fortuna, perché anche tu sarai per qualche anno (in questa vita) un agnello e un inferiore».

E il traduttore olandese ne conclude:

«Se è esatta la nostra ipotesi che la Hung League sia esistita sin dall’antichità, essa deve aver condotto una guerra continua per la difesa dei principi di giustizia - per la stessa ragione per cui faranno guerra a chiunque nuoccia ad essa o pensano nuoccia al popolo, siano Tartari, Mongoli, Cinesi o Europei. Essa vuole rappresentare nel mondo la lotta della luce contro le tenebre (...) La Lega Hung è l’erede dell’antica religione cinese consistente nella credenza in un unico e solo Dio, venerato simbolicamente come Luce, la quale in tutte le religioni rappresenta la Sua essenza».

Fino a questa stupefacente chiusa:

«Quali che siano oggi le condizioni della Lega Hung, essa poggiò un tempo e poggia ancora su due basi fidate e sicure, fraternità e moralità. Non dubitiamo che, quando la pace tornerà in Cina... la Lega Hung sarà capace di purificarsi dei suoi elementi politici e criminali e diventare ciò che è stata sicurissimamente, una comunità dì fratelli seguaci del precetto che fu di Cristo come di Confucio: ciò che vuoi che gli altri facciano a te, lo stesso fa tu per loro».

Eppure, Schlegel sa bene di parlare di una setta criminale, che «ha sparso guerre civili e delitti dovunque». Pare sfuggirgli che nel cosmo cinese, se esiste una società Yang, orientata alla Luce e all’Alto, dovrà esistere in qualche parte ed agire in qualche modo la polarità opposta, femminile-oscura, «sinistra» in tutte le sue implicazioni, anche politiche.

Per un attimo, sfiora la verità: non tutti gli orrori commessi in nome della Lega Hung vanno considerati suoi atti, scrive a pagina 6 del suo libro. Subito dopo ripete la spiegazione più accreditata e comune all’enigma:

«Non neghiamo questi atti (criminali), ma dobbiamo ricordare che le circostanze hanno forzato la confraternita a divenire un corpo politico... analogamente, la Massoneria è stata usata per cospirazioni politiche».

(Continua)



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