Lockerbie: un «errore» della CIA
31 Agosto 2009
Washington e i suoi media servili nel mondo si sono virtuosamente indignati: Gheddafi ha accolto Abdul Baset Ali al-Megrahi in Libia «come un eroe». Al-Megrahi è l’uomo che è stato ritenuto colpevole, da un tribunale scozzese, dell’attentato del 21 dicembre 1988, un aereo Pan Am, esplose in volo, cadendo a pezzi sul villaggio scozzese di Lockerbie. 207 i morti. Il governo di Londra, generosamemente, ha liberato l’uomo qualche settimana fa in base a «considerazioni umanitarie». Il presunto terrorista soffre di cancro terminale.
Il Times dà un’altra versione, meno umanitaria e nobile. Il presunto terrorista, che si è sempre dichiarato innocente, è stato liberato in cambio della sua rinuncia a interporre appello
(1). E cita Christine Graham, membro del parlamento scozzese: «
Ci sono certi interessi costituiti profondamente contrari a un processo d’appello, perchè sanno che finirebbe per esporre la verità su Lockerbie».
E notevole il fatto che i parenti delle vittime siano sempre stati scettici sulla sentenza di condanna. Per tutti Jim Swire, che in quell’attentato ha perso la figlia: «
Abbiamo sempre detto che l’uomo in galera per l’attentato non doveva starci». I familiari si sentono defraudati dal mancato appello, ed hanno sostenuto l’azione legale del condannato per una revisione del processo. Oltretutto, la soluzione «umanitaria» li priva della possibilità di ottenere risarcimenti.
Vale dunque la pena di rivangare in breve quel tragico fatto.
LA VERSIONE UFFICIALE - Megrahi è stato accusato di avere, con un altro complice di nome Lamen Khalifah Fhimah (entrambi dipendenti della linea aerea libica), piazzato una bomba in una valigia, caricata su un volo, decollato da Malta verso Francoforte, e poi a Londra trasferita sul fatale volo Pan Am 103. La bomba sarebbe stata dunque piazzata a Malta. Era dentro un lettore di cassette Toshiba, adattato con un «timer» di fabbricazione svizzera, fornito - secondo l’accusa - da una ditta svizzera che aveva un ufficio in comune (sic) con quello frequentato da Megrahi. Fu «provato» che Megrahi aveva comprato a Malta gli abiti trovati nella valigia contenente la cassetta esplosiva, e miracolosamente ritrovati con tanto di etichette.
IL TESTIMONE PAGATO - Teste d’accusa primario, il negoziante maltese Tony Gauci: finì per riconoscere Megrahi nell’uomo a cui aveva venduto gli abiti trovati nella valigia. Ma solo dopo che gli avevano mostrato una foto dell’accusato da accusare. Risultò infine che Gauci aveva ricevuto dal governo USA 2 milioni di dollari, e gran parte delle sue dichiarazioni (del resto contraddittorie) sono state liquidate dai difensori.
IL FABBRICANTE DELLA BOMBA - Si chiama Edwin Bollinger, l’uomo d’affari svizzero che ha comprovato di aver sub-affittato lo spazio d’ufficio a Megrahi. E’ stato ascoltato solo come testimone, anche se durante la sua deposizione s’è saputo che la procura scozzese intendeva chiamarlo a rispondere dello stesso delitto col libico. Solo l’appello avrebbe potuto spiegare la strana situazione del testimone. Oltretutto, da prove e test, si è appurato che il circuito elettronico del timer, vicinissimo alla carica esplosiva (Semtex), non poteva essere rimasto così straordinariamente intatto come di fatto è stato trovato a Lockerbie.
MA CHI HA TROVATO IL TIMER? - Gli avvocati difensori dell’acccusato hanno raccolto la testimonianza di un alto funzionario della polizia scozzese, il quale ha ammesso di aver piazzato sul luogo dell’attentato «materiale di prova» per ordine della CIA. Il nome del funzionario non è noto; i difensori contavano di renderlo noto al processo d’appello. Un tecnico elettronico della MeBo, la ditta svizzera fabbricante del timer, di nome Ulrich Lumpert, ha firmato una testimonianza giurata agli avvocati in cui si legge: «
Confermo oggi, 18 luglio 2007, che ho rubato un Timer MST-13 di terza mano (quello esibito come prova) e l’ho dato senza permesso, il 22 giugno 1989, a una persona che investigava ufficialmente nel caso Lockerbie»
(2).
TUTTA QUELLA DROGA - Non fu trovato solo il timer, nell’area del disastro. Furono trovate anche grandi quantità di eroina, non dagli investigatori ufficiali, ma dalle gente del luogo. Come ha scritto la storica Lisa Peage, «la gente del luogo fu stupita dell’immediata presenza di un gran numero di americani comparsi a Lockerbie appena due ore dopo che l’aereo era caduto».
Cosa ci facevano questi «americani» a curiosare fra i resti dell’attentato?
Tra le vittime, c’era Charles MaKee, un agente della DIA (l’intelligence militare) «temporaneamente assegnato alla CIA». Lo accompagnavano quattro agenti della CIA morti con lui: fra cui Matthew Gannon, il vice «capostazione» della CIA a Beiruth. I sacchi di eroina erano il «bagaglio» di questi sfortunati passeggeri? Pare che elementi della CIA, all’epoca, stessero aiutando narcotrafficanti libanesi a contrabbandare il carico di eroina, in cambio di un aiutino per il rilascio di ostaggi americani detenuti in Libano da gruppi terroristici. Ovvio il sospetto che il carico (e la bomba) fossero trasferiti da un aereo all’altro sotto la protezione degli uomini CIA, ben capaci di far superare a certi bagagli i controlli di sicurezza aeroportuali. Si ritiene che l’agente della DIA ucciso, McKee, avesse scoperto il fatto e volesse denunciarlo appena tornato a Washington.
QUELLO CHE HA SCOPERTO PAN AM - Non lo dicono dei complottisti paranoici. Lo ha suggerito Interfor, la compagnia d’investigazione privata di New York che la Pan Am (e i suoi assicuratori) incaricarono di indagare sui motivi del disastro o attentato. Gli investigatori privati hanno indicato una banda libanese, la «banda Dalkamoni», criminale e terrorista, come l’entità che aveva messo la bomba sull’aereo decollato da Malta e atterrato a Francoforte sfruttando una «falla della sicurezza» probabilmente creata dalla CIA. La bomba era nei bagagli che gli agenti della CIA in volo credevano contenesse solo l’eroina. Interfor ipotizza che il volo Pan Am 103 sarebbe stato sacrificato dall’intelligence americana per impedire a McKee di rivelare l’accordo coi trafficanti. Uomini in completo scuro furono visti caricare una bara avvolta nella bandiera americana su un volo ad Heatrow (Londra) poche ore dopo l’attentato di Lockerbie.
MA QUESTA VERSIONE NON FU ACCETTATA - Gli USA misero a capo della propria inchiesta su Lockerbie Vincent Cannistraro, un capintesta della CIA, lo stesso che negli anni ‘80 organizzò per conto di Reagan i bombardamenti della Libia, quando gli americani cercarono di uccidere Gheddafi. Ovviamente Cannistrato aveva i suoi buoni motivi per accusare Gheddafi.
GHEDDAFI HA DELUSO LA CIA? - Ancora più esplosiva la versione dell’attentato offerta, nel suo libro «Trail of Octopus» (Le tracce della piovra), da Lester K. Coleman. Anzitutto due parole su quest’uomo: Coleman è un ex agente della DIA, dunque un collega dell’ucciso McKee. Parla correntemente l’arabo e per questo ha lavorato per la DEA (antidroga) a Cipro, dove la DEA aveva (dice) coltivato strane relazioni col mondo del narcotraffico medio-orientale, aiutando costoro a «uno spaccio controllato» di droga in Europa in cambio di informazioni ed operazioni varie nel sottobosco dell’area. Secondo Coleman, sarebbe stato un gruppo palestinese, su mandato dell’ayatollah Khomeini, a infiltrare il canale dei narcos legati alla DEA e a piazzare la bomba di Lockerbie. Ciò allo scopo di vendicare l’abbattimento dell’Airbus iraniano, aereo civile carico di passeggeri, colpito dagli americani con un missile della nave «US Vincennes» nel 1987.
La Libia non c’entra nulla con l’attentato di Lockerbie, sostiene Coleman. E perchè? Perchè, è la sua stupefacente risposta, «
l’agente della CIA Edwin P. Wilson aveva reclutato Gheddafi nel 1977».
Wilson, insieme all’agente Frank Terpil, è l’uomo che - nella Libia di allora - addestrò terroristi di tutti i generi, fra cui il ben noto Ali Agca. A quel tempo, ufficialmente Wilson e Terpil s’erano dimessi dalla CIA, o ne erano stati dimissionati
(3). Ma nel 2003, in un processo contro il suddetto Wilson, il giudice distrettuale del Texas Lynn Hughes liquidò la pretesa che Wilson non stava lavorando per la CIA come «una sacco di bugie». Era per conto della CIA, grazie all’amicizia del recutato Gheddafi, che Wilson «ha portato in Libia almeno mille chili di esplosivi» per l’addestramento, parte dei quali possono essere finiti nel Pan Am di Lockerbie.
«Una delle tante cellule terroristiche che Wilson addestrò in Libia possono ben aver piazzato la bomba» sul disgraziato volo, conclude Coleman. Va notato che il suo libro, con queste accuse, è stato pubblicato in Gran Bretagna nel 1993; viene pubblicato solo oggi negli Stati Uniti.
Si intuisce che, ad un certo punto, i rapporti della CIA con il suo agente Gheddafi si sono guastati, con quel che segue: trent’anni di accuse di essere «la mente del terrorismo islamico», prima di Al Qaeda, di Saddam, dell’Iran, e di sanzioni economiche. Oggi Gheddafi si è pentito, ha rinunciato a fabbricare armi di distruzione di massa (che non ha mai avuto), ed è tornato nelle grazie del moralissimo, virtuoso Occidente.
I giornali italioti e la nostra cosiddetta sinistra, che hanno sbeffeggiato Berlusconi come unico capo di governo occidentale che va in Libia a partecipare alle feste per il quarantennale della «rivoluzione» gheddafiana, farebbero meglio a dirigere altrove il loro sdegno. Una volta tanto, almeno.
1) «Claims of Lockerbie cover-up as only man convicted of bombing drops appeal», Times, 15 agosto 2009.
2) Professor Ludwig De Braeckeleer, «Key Lockerbie Witness Admits Perjury», GobalResearch, 15 settembre 2007.
3) Edwin Wilson e Frank Terpil erano agenti della CIA ai tempi in cui direttore dell’agenzia era George Bush senior, futuro presidente USA. Furono cacciati, insieme a migliaia di agenti colpevoli di delitti inenarrabili in Vietnam, da Jimmy Carter. Col tempo, questi dimissionati allestirono aziende e compagnie di facciata, che si occuparano fra l’altro di paracadutare armi (iraniane) ai guerriglieri anticomunisti contra in Nicaragua (lo scandalo Iran-Contra, ampiamente insabbiato); di fatto costituirono una CIA parallela, si disse, agli ordini di Bush senior, nel frattempo diventato vicepresidente USA sotto Reagan. Negli anni ‘80 Wilson e Terpil addestrarono in Libia, evidentemente con il placet di Gheddafi, decine di aspiranti terroristi di ogni colore politico: Ali Agca, dei Lupi Grigi turchi (destra estrema), insieme a membri dei gruppi palestinesi di estrema sinistra. I due avrebbero anche una parte nella scomparsa di Emanuela Orlandi, nonchè nell’attentato fallito a Ronald Reagan, compiuto da John Hinkley, un giovane amico dei figli di Bush padre. Da U.S. News & World Report, 3 settembre 1992, pagina 44: «Frank Terpil had developed the Libya connection through Ahmed Gaddaf Addam, Muammar Qadhafi’s first cousin who is now the Libyan ambassador to Egypt. Though Terpil had fallen out of favor in Libya in the mid- 1980s, he is believed to have traveled there since then, and some U.S. officials say that the self-taught explosives expert may have helped Qadhafi’s agents, not known for their great technical expertise, confect the complex bomb that blew up the Pan Am jet. British authorities say they would like to pursue that line of inquiry, but U.S. officials maintain - as they have since the MI-5 liaison officer first brought the matter up nearly two years ago - that without more hard evidence there is no reason to reopen the Terpil file. ‘It was a real messy business’, says one U.S. official. ‘No one is eager to get back into it’ ».
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