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La «moralità» dell’omicida. Americano, of course
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Il massacro avvenuto il 5 maggio nella città siriana di Houla (84 trucidati, molti bambini) è stato attribuito al regime siriano. È dopo questo massacro che USA e Gran Bretagna, seguite dai Paesi europei, hanno chiuso le loro ambasciate a Damasco. È stata una svolta cruciale, passata sui media come «una dittatura che uccide il suo popolo».

Ora è stato invece stabilito che il massacro di Houla l’hanno commesso i cosiddetti «ribelli»; le vittime sono tutte della minoranza alawita e sciita. A confermarlo è un importante giornale non sospettabile di simpatie per Assad, il Frankfurter Allgemeine Zeitung, e il suo principale inviato speciale sul luogo, Rainer Hermann, che ha interrogato i sopravvissuti.

«Dei civili uccisi, 84 nomi sono conosciuti», ha scritto Hermann: «Sono padri, madri e 49 bambini della famiglia Al Sayyid e due rami della famiglia Abdarrazzak... inoltre a Taldou sono stati uccisi parenti del parlamentare Abdalmuti Mashlab». Tutti alawiti e sciiti dunque dalla parte del regime, cercati in casa dai ribelli che sapevano benissimo chi eliminare: i vicini di casa li avevano segnalati. Un undicenne di nome Ali, unico sopravvissuto della famiglia Sayyid, ha testimoniato. (Syrie: Le Frankfurter Allgemeine Zeitung confirme. Les rebelles sont responsables du massacre de Houla).

Hermann ha ricostruito i fatti in questo modo: «Dopo la preghiera del venerdì 25 maggio, più di 700 armati guidati da Abdurrazzak Tlass e Yahya Yusuf, formanti tre gruppi provenienti da Rastan, Kafr Laha e Akraba, hanno attaccato tre posti di blocco dell’armata attorno a Taldou. I ribelli numericamente superiori e i soldati (anche loro per lo più sunniti) hanno combattuto sanguinosamente, e molti soldati, per lo più coscritti, sono stati uccisi. Durante e dopo i combattimenti i ribelli, aiutati da residenti di Taldou, hanno eliminato le famiglie Al Sayyid e Abarrrazzak; avevano rifiutato di unirsi all’opposizione».

Il giornalista olandese Martin Jannsen ha raccolto altre testimonianze (fra cui quelle delle suore del monastero di Jacob a Qara). secondo cui i corpi dei soldati e dei civili ammazzati sono stati ammassati davanti alla moschea dai ribelli, che hanno chiamato gli osservatori ONU e le TV amiche per dare la loro versione: il dittatore che ammazza il suo popolo (Frankfurter Allgemeine Zeitung confirms: Houla massacre committed by Syrian “rebels”).

Dunque si sta attuando alla lettera una delle opzioni che la Brooking Institution (il think tank che si occupa del regime change in Siria) raccomandava alla Casa Bianca nel suo rapporto del 15 marzo 2012: «... Gli Stati Uniti possono calcolare che conviene comunque incastrare il regime di Assad e dissanguarlo, indebolendo un avversario regionale pur evitando il costo di un intervento diretto» (Saving Syria: Assessing Options for Regime Change).

La frase qui riportata si trova alle pagine 8 e 9 del Rapporto di cui abbiamo dato sopra lo URL. Come si vedrà cliccando, il rapporto dal titolo «Saving Syria: Assessing Options for Regime Change», viene da un organo incistato nella Brookings Institution (che è uno storico think-tank del partito democratico): il Saban Center for Middle east Policy. Si tratta di una fondazione finanziata completamente da Haim Saban, un miliardario israelo-americano delle TV, fanatico per Israele (Saban Center for Middle East Policy).

La Brookings sta dunque adempiendo contro la Siria quell’azione che dieci anni fa American Enterprise, l’altro think tank ebraico (questo, «di destra») ha fatto per trascinare gli Usa all’invasione dell’Irak e al regime change relativo, eliminando un Paese potente e potenziale avversario regionale di Israele.

Il Rapporto 21 della Brookings, con il logo in alto a sinistra dellebraico «Saban Center for Middle East Policy». Afferma senza infingimenti che la «responsabilità di proteggere» umanitaria non è che il pretesto per attuare un cambio di regime progettato da parecchio tempo.



Nel rapporto Brookings c’è anche tratteggiata in anticipo la tattica che abbiamo v isto all’opera con la mediazione di Kofi Annan: «... ottenere accesso umanitario, (per) portare alla creazione di santuari (per i ribelli, ndr) e corridoi umanitari, che potrebbero essere tenuti con una forza militare», in attesa che «una ampia coalizione con il mandato internazionale possa aggiungere una maggiore forza coercitiva» (1).

I bagni di sangue e gli orrori in corso in Siria sono, come si vede, atti di un piano premeditato a Washington. Ciò conferma un dispaccio di Bloomberg del 6 maggio, dove anonimi «funzionari USA» avvertono la Russia di quanto segue: l’escalation di violenza si aggraverà deliberatamente, e Mosca può cedere subito e partecipare al cambiamento mantenendo una qualche influenza sulla Siria, oppure capitolare più tardi e vedersi esclusa dalla transizione, come è avvenuto in Libia (Russia Open to Syria Transition in Shift Away From Assad).

Mosca ha esitato più del dovuto, sicchè l’11 giugno Hillary Clinton ha accusato la Russia di inviare elicotteri d’assalto ad Assad, da usare contro i ribelli, e «ciò aggrava il conflitto drammaticamente». Circostanza che da principio il Pentagono smentisce...

Come spiega la Novosti il 14 giugno, «le ultime consegne di elicotteri russi alla Siria datano dagli anni ‘90», e quelli di cui parla la Clinton sono quegli elicotteri vecchi di vent’anni, mandati in Russia per revisione e rammodernamento, e che tornano.

Il ministro degli Esteri Lavrov dichiara: «Non forniamo nè alla Siria nè ad altri degli armamenti che possano essere usati contro manifestanti pacifici... Mosca non fornisce a Damasco se non ciò che può servire alla Siria ove sia vittima di una aggressione armata dall’esterno». E ciò «non perchè la Russia sia pro o contro Assad... non vuole che la Siria sia disintegrata». Ed ha aggiunto ritorcendo: «Gli USA forniscono armamenti all’opposizione siriana» (un’opposizione notoriamente rafforzata da stranieri, libici, qaedisti e agenti del Katar).

Per tutta risposta, Washington ha chiesto ai britannici di sostenerli nel bloccare la Alaed, una nave che a loro dire porta gli elicotteri alla Siria, togliendo a questo cargo la copertura assicurativa, garantita da compagnie d’assicurazione britanniche, come abbiamo riportato qui a fianco, con un articolo del Telegraph (Siria, gli USA si garantiscono l’aiuto britannico contro la Russia).

Che dire? La brutalità e pretestuosità del trattamento che si fa subire a Mosca, è una evidente provocazione: Mosca ha reso noto ripetutamente che considererebbe un attacco alla Siria un attacco alla propria sicurezza nazionale. E lo stesso Primo Ministro Dmitri Medvedev ha messo in guardia che «certe azioni che minano la sovranità dello Stato possono finire in una guerra aperta regionale», anche «con l’uso di armi nucleari» (Medvedev warns of war).

Gli USA – o chi li comanda – sfidano davvero questo rischio, considerando che i russi hanno più buon senso? E si ritrarranno di fronte all’indicibile? Ciò che rivolta di più è che, in questa sporca faccenda, in questo fiume di sangue arabo sparso, gli Stati Uniti (e i loro serventi europei) si arroghino non si sa quale posizione di superiorità morale: il loro intervento a fianco di fanatici islamisti è «umanitario», quello russo è «irresponsabile».

È insopportabile la pretesa di parlare da un vertice di alta moralità, dopo la recente «rivelazione che le operazioni belliche coi droni attualmente in corso sono dirette dallufficio del presidente alla Casa Bianca, e il presidente in persona sceglie le persone da assassinare con gli aerei senza pilota americani nei Paesi islamici dove gli Stati Uniti sono coinvolti militarmente».

Così scrive William Pfaff, uno dei più grandi giornalisti viventi, per un quarto di secolo opinionista dell’International Herald Tribune. Queste operazioni offensive , aggiunge, «devono essere considerate degli assassinii perchè, non esistendo uno stato dichiarato di guerra tra gli Stati Uniti e queste persone e i loro Stati, esse sono uccisioni illegali».

«Le categorie di guerra e pace, che il mondo moderno pensava di aver separato chiaramente, stanno collassando l’una sull’altra (...). Con questi atti, il presidente Barak Obama intacca l’ordine della civiltà. Gli Stati Uniti si sono resi deliberatamente uno Stato fuorilegge».

Pfaff si domanda: «Come mai gli USA si sono messi in questa situazione, e perchè il suo governo non mostra alcun tentativo di mettervi fine?». E addita «la spietatezza morale al servizio di due interesi speciali che riguardano il mondo musulmano: gli interessi delle imprese petrolifere di controllare i giacimenti, e l’isteria della guerra di civiltà per il vantaggio strategico di Israele» (America's Lawless War Expands).

La campagna di assassinii e stragi condotte coi droni, dall’alto e senza rischio, contro singoli individui e spesso i loro familiari, è infatti una chiara estensione dei metodi adottati da Israele contro i palestinesi. E deriva dallo stesso principio implicito: i musulmani non sono esseri umani. Non c’è alcun bisogno di dichiarare guerra, o di usare una qualche lealtà o mantenere promesse, verso gli «scarafaggi»: li si stermina col DDT (2).

Questa è la «civiltà» che gli USA pretendono di affermare come superiorità morale. E che colpisca dei musulmani in Afghanistan, in Pakistan e Somalia, non può tranquillizzarci: alla Casa Bianca c’è un presidente che – dopo l’assassinio del preteso Bin Laden – ha preso gusto a dirigere i droni e ad ammazzare persone che sceglie personalmente, nel più assoluto arbitrio e segreto, senza atto d’accusa nè prove certe della loro pericolosità. Qualcosa di assolutamente più grave di qualunque cosa sia Putin sia Assad, i «cattivi» per i media, possano fare (OBAMA, l’assassino in preghiera alla Chiesa del Santo Drone).

Musulmani le vittime? Niente assicura che domani, un drone guidato dalla Casa Bianca venga a volare anche sopra di voi. O di qualunque altro l’America consideri un «enemy combatant». «La guerra senza fine si estende», conclude Pfaff.





1) Ecco il testo originale: «An alternative is for diplomatic efforts to focus first on how to end the violence and how to gain humanitarian access, as is being done under Annan’s leadership. This may lead to the creation of safe-havens and humanitarian corridors, which would have to be backed by limited military power. This would, of course, fall short of U.S. goals for Syria and could preserve Asad in power.From that starting point, however, it is possible that a broad coalition with the appropriate international mandate could add further coercive action to its efforts» (page 4, Assessing Options for Regime Change, Brookings Institution).
2) Una tale «civiltà» trova subito spontanei imitatori in Italia. Ad Aosta, dove Casa Pound aveva sporto querela per diffamazione contro un ex dirigente dell’ANPI (Paolo Momigliano Levi), il PM ha chiesto l’archiviazione della querela con la seguente motivazione: «I fascisti non meritano alcuna tutela». Dunque il PM suddetto sta fondando un nuovo luminoso diritto: che esclude dalla protezione legale certe persone che coltivano certe idee, e «quali» idee, lo dice e sa il giudice ancor prima di esaminarle. Se «i fascisti non meritano tutela legale», li si può anche ammazzare impunemente. A quando una squadriglia di droni per la magistratura italiana?


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