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La lobby prende casa a Bruxelles: tanto lavoro da fare
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Il 14 ottobre scorso, una nuova lobby ha aperto gli uffici a Bruxelles, oltre le 3 mila che già vi abitano: il Congresso Ebraico Europeo  (EJC in inglese). Questa organizzazione ha già una sede a Parigi. Ma dalla nuova sede più vicina al cuore della UE - ha dichiarato il presidente dello EJC, Moshe Kantor - potrà svolgere «un lavoro costante e quotidiano presso i parlamentari europei, far visita a personalità politiche e ad altri gruppi di lobbying» (1).

Al ricevimento nei nuovi uffici, situati a Porte de Namur, s’è precipitato a partecipare il presidente della Commissione Europea Jose Manuel Barroso, in compagnia del presidente del parlamento europeo, il polacco Jerzy Buzek, e di Jacques Barrot, commissario alla (orwelliana) «Commissione Giustizia, Libertà e sicurezza»; erano presenti e scodinzolanti 50 membri del parlamento UE e vari ambasciatori. Sono stati ricevuti da Uzi Landau, il ministro israeliano della Infrastruttura Nazionale (il ministero che abbatte coi bulldozer la case palestinesi e costruisce quelle dei coloni).

Nel comunicato dell’EJC si legge che «L’Iran è al primo posto nell’agenda» della nuova lobby.

«Sembra che per la prima volta la comunità internazionale stia giungendo a un generale consenso del pericolo che è l’Iran», così Moshe Kantor ha istruito Solana, Buzek e i parlamentari; «tuttavia, bisogna fare di più perchè questa consapevolezza si traduca in azione per impedire un Iran nucleare, che oggi ha l’Europa nel raggio» dei suoi missili.

«Noi siamo l’avanguardia in questa presa di coscienza presso l’opinione pubblica europea e i decisori europei».

Poi ha dipinto la vera ed autentica situazione dell’antisemitismo nel vecchio continente: «L’attuale realtà in Europa, dove sinagoghe vengono incendiate ed ebrei aggrediti nelle strade a causa delle ostilità in Medio Oriente non è cosa che siamo disposti ad accettare», ha ingiunto Kantor (2).

Richiesto di spiegarsi meglio su questa mostruosa marea di intolleranza (dove sono le sinagoghe incendiate?), Kantor ha risposto: «In Europa c’è nello stesso tempo ‘troppa’ tolleranza, verso le mire genocide del regime iraniano, e ‘troppo poca’ tolleranza verso le minoranze etniche e religiose».

Va da sè che dobbiamo imparare il giusto mezzo fra tolleranza e intolleranza, prendendo esempio da Israele.

«L’EJC fa una campagna instancabile per una migliore comprensione delle realtà che Israele ha di fronte, e per elevare lo status di Israele nell’Unione Europea. Riteniamo che questo tema sia stato inutilmente politicizzato di recente».

Di recente - ossia dopo il massacro sionista a Gaza - qualche incauto deve aver proposto una sospensione della integrazione di Israele nella UE, con tutti i vantaggi commerciali ed economici connessi e senza nessun obbligo, che sta procedendo alla chetichella, ma molto rapidamente. Tant’è vero che ai primi di settembre una delegazione del Congresso Ebraico Europeo è andata in Bulgaria (leggiamo nel comunicato ufficiale) (3) a «chiedere al presidente bulgaro Georgi Parvanov di usare la sua influenza per combattere le voci che all’interno della UE vogliono sospendere  l’ulteriore inserzione di Israele nell’Unione», a causa di «questioni che hanno poco a che fare con l’economia e il commercio» (come il fosforo bianco e il rapporto  Goldstone).

Stupisce che mister Kantor si sia sobbarcato il viaggio in Bulgaria per esercitare la sua influenza, quando già le braccia eurocratiche sono aperte, anzi spalancate. Come ha confidato Javier Solana (già segretario NATO ed oggi gran caporione dell’eurocrazia) al selezionato pubblico convenuto a Gerusalemme per ascoltare Shimon Peres nella sua relazione intitolata «Facing Tomorrow», «Consentitemi di dire che Israele è membro della Unione Europea senza essere membro delle sue istituzioni, parte integrale di tutti i programmi della UE» (4).

Chissà come si chiamerà, nello pseudo-diritto che s’inventano ogni giorno a Bruxelles, questa integrazione senza partecipazione alle spese e agli obblighi dell’europeismo (c’è davvero da rincrescersi che la Turchia sia lasciata alla porta con la motivazione delle «radici cristiane»). Fatto sta che Solana ha assicurato i suoi ascoltatori che «Israele ha legami più intimi con la UE degli stessi Paesi che si preparano a diventarne membri», e che «Bruxelles sta facendo il possibile nella questione iraniana».

Solana ha poi tranquilllizzato i presenti: «Israele non è responsabile della lentezza del processo di pace israelo-palestinese». Se la cosa si trascina, ciò è dovuto solo «a un problema di metodologia».

Ma soprattutto, c’è da chiedersi come mai una nuova branca della lobby ha voluto aprire i suoi uffici vicino al cuore di Barroso, Solana e dei Commissari. Le agenzie di lobby ebraiche in Europa sono già tante, che se ne perde il conto. L’American Jewish Committee (AJC), ha aperto in Europa ben sei uffici, di cui uno - quello francese - è diretto dalla popputa Valerie Hoffenberg, intima amica di Sarko, tanto che il presidente francese le ha domandato (come precisa un comunicato della stessa organizzazione) «di consigliarlo sui progetti che la Francia dovrebbe sostenere in Israele».

Difatti l’AJC è per sua stessa vanteria «un interlocutore privilegiato e rispettato del governo francese», e Sarkozy ha nominato la Hoffenberg «rappresentante speciale della Francia in Medio Oriente per gli aspetti economici, culturali, commerciali, educativi ed ambientali (non potevano mancare, ndr) nel processo di pace». Quel processo di pace che si è bloccato per motivi metodologici.

Poi c’è lo «European Friends of Israel», mille deputati di tutti i Paesi europei fieramente dediti alla salvezza della loro vera patria e a migliorare l’immagine di essa, da qualche tempo un po’ danneggiata. Questa lobby delle lobbies è gemellata con l’European Forum of Knesset, che dà le dovute istruzioni agli eurodeputati giym e sayanim: ne fanno parte Tzipi Livni e il generale Shaul Mohfaz, già capo di Stato Maggiore dell’eroico Tsahal ed oggi parlamentare alla Knesset. Questa  ultima organizzazione è stata creata dall’attivismo della nostra cara Fiamma Nirenstein in uno dei suoi ultimi soggiorni in Israele.

Non dev’essere stato facile: per ammissione della cara deputata, in Israele cova un certo risentimento verso gli europei. Lei però lo comprende. Anzi, ha detto, questa ostilità «non è abbastanza forte se si considera fino a che punto certe istituzioni europee odiano Israele» (5). Fra le istituzioni non v’è certo la Commissione, dove Barroso, Solana e Barrot non fanno che profondersi in dichiarazioni di amicizia e complicità con il piccolo Stato perennemente minacciato nella sua stessa esistenza.

Quali, allora, le istituzioni europee che spargono veleno su Sion? Misteri dell’anima ebraica.

Il fatto è che Israele e la Nirenstein non sono contenti di come ci siamo comportati davanti al rapporto Goldstone che, se non viene bloccato, rischia di portare vari amici israeliani alla Corte dell’Aja per atrocità e crimini contro l’umanità. Come ha detto Fiamma, doveva essere quello «il primo banco di prova del Forum della Knesset», i cui deputati israeliani avrebbero dovuto usare tutte le leve della loro amicizia e della loro proverbiale cordialità verso gli europei Friends of Israel: e invece il rapporto Goldstone non è stato bocciato subito dalla riunione dell’UNHCR il 14 ottobre scorso. Sarà comunque liquidato dal veto USA al Consiglio di Sicurezza. Ma Francia e Gran Bretagna hanno fatto mancare il loro voto, sicchè la mozione israeliana (dietro le quinte) è finita in minoranza.

Dunque c’è molto lavoro da fare. Bisogna ingoiare l’ostilità verso l’Europa (del resto «non è abbastanza forte») e moltiplicare gli sforzi.

Come si sa, il programma dettato da Netanyahu è ambizioso: modificare il diritto umanitario di guerra, in modo che gli atti compiuti da Israele a Gaza non siano più definite atrocità, e c’è bisogno di tutti gli «amici» europei per questo. Come dice la Niresntein: «Bisogna attaccare ferocemente coloro che demonizzano Israele».

L’opera è appena cominciata.




1) «European Jewish Congress Office Opens in Brussels With Iran high on the Agenda», European Jewish Congres, 12 ottobre 2009.
2) «European Jewish Congress takes Israel advocacy to Brussels», sul sito dell’European Jewish Congress, 14 ottobre 2009.
3) «EJC  president calls on Bulgarian presidente to press European Union to upgrade ties with Israel. Iran nuclear threat, anti-semitims also on agenda». Comunicacto EJC, 10 settembre 2009.
4) «Solana : «Israel is a member of the European Union», VoltaireNet, 22 ottobre 2009.
5) «Fiamma Nirenstein, La Passionaria Sioniste De Berlusconi Au Parlement Italien», Planète non-violence, 12 agosto 2009.



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