L’incapace circonvenuto
27 Ottobre 2009
Non solo: il Salame consiglia a Marrazzo di rivolgersi all’egenzia
fotografica che sta cercando di vendere il video ai giornali. E infatti
«il governatore del Lazio ha contattato l’agenzia fotografica Photo
Masi per cercare di recuperare quel filmato (...). Lo stesso Marrazzo —
proprio come era avvenuto a luglio quando fu sorpreso
nel¬l’appartamento romano di via Gradoli - pare abbia deciso di non
presentare alcuna denuncia, cercando invece di chiudere personalmente
la partita (...). Telefona alla titolare della società e prende un
appuntamento per il mercoledì successivo. L’accordo prevede che sia un
suo intermediario ad andare a Milano. E’ il ‘metodo Corona’, con la
vittima che tenta di far sparire dal mercato materiale com¬promettente».
In tal modo, Berlusconi si dà da sè, e in un colpo solo, ben tre
zappate sugli «oggetti indiscreti» che dovrebbero pendergli (ma è
dubbio) sotto l’erezione permanente:
1) Ammette che lui controlla direttamente i suoi giornali
e media varii, a cui, dal suo ufficio di premier, continua a dare
ordini di pubblicare o non-pubblicare: insomma offre ai suoi avversari
la più plateale conferma del suo conflitto d’interesse. Quello che lui
nega asserendo che «li ha passati a suo fratello». Un blind trust de
noantri. D’accordo, è un segreto di Pulcinella, ma qui si esagera in
pulcinellismo.
2) Rivela di conoscere benissimo il «metodo Corona», a cui lui e la sua
famiglia si sono dichiarati sempre estranei: se un fotografo ti ha
scattato foto compromettenti, compragliele per ritirarle dal commercio.
Sì fa così, suggerisce a M’Arrazzo, io lo faccio da sempre...
3) Soprattutto, dimostra che la solidarità tra maiali della repubblica
(pervertiti, pedofili, velinari, necrofili, feticisti polimorfi, fate
voi) è più forte di ogni divisione partitica, tanto che supera le
supposte trincee degli opposti schieramenti. Un maiale lava l’altro.
Complimenti Cavaliere, bel gesto. Una bella prova di lucidità e lungimiranza.
Naturalmente, per noi cittadini il più preoccupante è il punto 3). La
ferrea solidarietà tra porconi viziosi prelude a una nuova fase della
pornocrazia trasversale che ci governa: la fase repressiva. Si intuisce
che ben presto, a larghissima maggioranza, le Camere deformeranno
ancora un altro po’ le istituzioni, varando una legge intesa a coprire
quel che fanno i politici nei loro bordelli bisex o transex. Saranno
fulminati da pene estreme i «ricattatori», sarà dichiarato solennemente
il diritto alla privacy del maiale pubblico. Non sapremo più niente.
Dopotutto, la legge contro la cosiddetta «omofobia» si rivela, oggi,
proprio un passo verso questo tipo di repressione filo-porno: la furia
della «sinistra» contro la Binetti, povera cattolica, che ha silurato
la legge, è molto indicativa. Dopotutto, i nostri hanno già fatto di
peggio per «coprirsi». Non tutti sanno che si sono dati una legge che
punisce la «corruzione» (ossia il privato che offre mazzette a un
pubblico ufficiale) ma rende impunibile il reato di «concussione»
(quando è il politico o il pubblico ufficiale a chiedere la mazzetta).
Ora il «metodo Corona» sarà protetto per legge.
Non c’è dubbio che la magistratura applicherà volentieri la nuova
legge. Già lo fa capire il clima di comprensione collusiva con cui i
magistrati hanno trattato il M’Arrazzo.
Dal Corriere: «Il giorno dopo Marrazzo è convocato in Procura. ‘Credevo
che i magistrati dovessero parlarmi di qualche indagine legata agli
appalti’, racconterà poi ai collaboratori. E i pubblici ministeri gli
comunicano di aver scoperto il ricatto dei carabinieri, lo interrogano
come parte lesa. Lui racconta l’irruzione, spiega di aver consegnato
gli assegni, ammette anche che nella casa del transessuale c’era
cocaina. Ma nulla dice di quanto lui ha tentato di fare per cercare di
bloccare la pubblicazione del video. Di fronte ai magistrati si mostra
anzi stupito che ci sia. A questo punto c’è una sorta di ‘patto tra
gentiluomini’ come lo definiscono negli ambienti giudiziari. Si decide
che, quando la notizia sarà pubblica con l’arresto dei 4 carabinieri,
lui dovrà dire che si tratta di una ‘vicenda privata’ e nessun altro
fornirà dettagli».
Adesso si chiama «patto fra gentiluomini». Immaginate solo cosa
avrebbe fatto la procura se il video avesse riguardato Berlusconi, o
Brunetta, per dire. Per i giornali, le procure italiane sono
innaffiatoi industriali di notizie ghiotte coperte da segreto
istruttorio. Ma in questo caso, no: il segreto istruttorio sarebbe
stato ferreamente, totalmente osservato. Patto fra gentiluomini, lo
chiamano
E’ stato M’Arrazzo a venire meno al patto fra gentiluomini.
Continuo a leggere il Corriere: «
... Invece, di fronte al
clamore, Marrazzo reagisce in maniera diversa. Parla di una ‘bufala’,
addirittura ipotizza che quel filmato sia ‘un falso’ lasciando così
intendere che all’interno dell’Arma sia stato ordito un complotto ai
suoi danni. Una linea di difesa incomprensibile, visto che lui stesso
ha appena ammesso tutto davanti ai magistrati, che alla fine lo
costringe alla resa. E adesso i magistrati stanno veri¬ficando se
quanto è stato scoperto finora — uso dell’auto di servizio, droga
nell’appartamento del trans — possa far cambiare la sua posizione
giudiziaria».
La magistratura era ben disposta a farlo passare per vittima, ora dovrà
vedere se il politico democratico è imputabile. Son cose che
dispiacciono.
Non c’è dubbio che le Camere, come un sol uomo, passeranno qualche
legge che li copra mentre sono in mutande con un viado: è un’esigenza
fortemente sentita da maggioranza e da opposizione. Anzi: la
repressione di questo genere di notizie passerà a furor di popolo.
Persino qualche nostro lettore, qui, obietta che quelli di Marrazzo
sono fatti privati, che come cittadino gli interessa solo come governa
la Regione, non che cosa fa con Natalì. E fa l’esempio: se un medico va
a puttane la sera, che mi frega? A me importa se è un buon medico...
Visto che si parla di medicina, devo notare con rincrescimento che il
lettore non coglie l’aspetto medico-psichiatrico della faccenda, e che
è proprio quello che ci riguarda come cittadini. Quando uno nella
posizione di Marrazzo torna ripetutamente, continuamente, a cercare i
suoi transex, fino al punto da mettere in gioco la sua carriera, la sua
posizione pubblica, la sua famiglia, vuol dire che il vizio lo domina
in modo incoercibile. Siamo di fronte ad un disturbo della personalità,
e grave.
A causa della pseudo-psichiatria italiota dominante (Basaglia), pochi
sanno che oggi, per gli psichiatri moderni, la gravità della malattia
mentale si misura non solo come sofferenza personale del malato e della
sua famiglia, ma per il rischio di «scadimento sociale» che provoca. Un
manager di successo, un comandante di petroliere, se cade in
depressione, rischia di scadere dalla sua posizione e di finire come un
barbone sotto i ponti: non è più in grado di mantenersi adeguatamente
nello status sociale che gli spetta. Chi mette a rischio la sua
posizione sociale per il desiderio incoercibile di andare a trans, o di
scegliersi ogni sera tre escort (dal latino «scortum»), è un malato.
E’ in fondo come il caso Boffo: una cosa è essere omosessuale, un’altra
è finire in tribunale per minacce telefoniche alla moglie dell’uomo di
cui ci si è incapricciati, e alla fine doversi dimettere da direttore
di giornale cattolico. O il caso Pasolini: incoercibilmente, cercava
nei bassifondi i suoi ragazzi di vita, fino a farsi ammazzare.
Si tratta di una malattia o di un vizio?
Mi viene in mente una frase di Thomas Mann, nella sua trilogia biblica
(leggetela): quando tratta di Onan, l’uomo che rifiuta d’aver figli e
sparge per questo il seme a terra, dice: «Onan era cattivo perchè
malato, e malato perchè cattivo».
Come cittadini, non sapremo mai decidere se i nostri politici qui
citati sono malati perchè viziosi, o viziosi perchè malati. Ci
sfuggiranno sempre gli oscuri misteri della natura umana, colpita dal
peccato originale. Ci importa però che il loro vizio o malattia lo
portino al governo, e che deformi il loro modo di governarci.
Persino Conchita de Gregorio, la direttrice de L’Unità, ha ammesso che
la perversione sessuale di Marrazzo era palese e notoria, che lui
andava coi trans da anni in modo socialmente pericoloso per sè, i
familiari e il suo partito. Che tutti dicevano nell’ambiente: «Lo
incastreranno a mezzo di un viado». Evidentemente, gli amici suoi
sentivano che la loro amichevole omertà non bastava a coprirlo. Il
ricatto o il «complotto» era dietro l’angolo. Ma l’omosessuale non può
trattenersi. La malattia (o vizio) ha un decorso aggravante, con l’età
si finisce per non sapere più fingere, per rivelarsi ogni giorno di
più. E per modificare l’ambiente attorno a sè, in modo da renderlo
«adatto» al vizio o malattia incoercibile.
E’ questo che ci allarma: la evidente deformazione in corso
dell’ambiente politico-istituzionale, che i nostri maiali pubblici
stanno operando attivamente. L’intera pressione
mediatico-propagandistica, e persino «educativa» nelle scuole, per
farci considerare «normali» e non giudicabili comportamenti patologici.
Se fanno leggi per rendere immune dalla deplorazione popolare
l’omosessualità virulenta, figurarsi quel che fanno per coprire le
altre cosacce: evasione, falsi in bilancio, concussioni e peggio.
Si forma un costume, anzi già impera. Il costume dell’harem del sultano
ottomano, dove ottomila favorite, tutte schiave, tramavano per ottenere
il cuore del grande e potente super-fornicatore, e suggerirgli
«politiche» quasi sempre rovinose per il bene comune, spesso concordate
con gli eunuchi di corte.
Ebbene: già ci siamo. Proprio in questi giorni, la parte della favorita
o dell’eunuco del Diwan la sta recitando la «terza carica dello stato».
Si sa che Berlusconi diffidava di Fini per queste sue uscite in
contrasto con la sua linea. Fini dunque era la favorita trascurata. Ma
ora che Berlusconi ce l’ha con Tremonti perchè gli impedisce di
spendere e spandere a suo piacimento malato (ricordate che ha speso 400
milioni di soldi nostri per Alitalia), l’odalisca Fini sussurra dolci
parole all’orecchio del sultano Salam.
Riprendiamo il Corriere, che riporta le frasi della nuova favorita del
momento, contro Tremonti, il favorito di cui Salam s’è stancato:
«Silvio, il problema è
tuo, gli ha detto Fini, secondo il quale un cedimento del premier
rappresenterebbe il suo “commissariamento” e “la fine del
berlusconismo», con “conseguenze disastrose nel Pdl, alleanze
comprese”. Infatti il Cavaliere ha detto “no” al Professore, che si
lamenta per essere “isolato” nel governo, “senza incarichi” nel
partito, e vorrebbe perciò un riconoscimento. “Tremonti non cambierà
mai”. Per formarsi questa opinione l’inquilino di Montecitorio (Fini,
ndr) non ha avuto bisogno di sapere ciò che gli ha riferito Berlusconi
del vertice di ieri: “Giulio è sempre lo stesso, è sempre la stessa
storia. Come nel 2004”. Allora Fini era vicepremier e accusò il collega
di governo di “truccare i bilanci dello Stato” la sera in cui ottenne
le sue dimissioni. Stavolta non è così semplice, e la rottura sarebbe
traumatica, sebbene ieri il Cavaliere fosse infuriato dopo l’incontro,
perché avanti così “un tecnico alla Banca d’Italia si trova sempre”.
Pare che Tremonti se ne sia reso conto e abbia capito il rischio».
Sublime. Nel senso che è una scena da Sublime Porta di Costantinopoli,
da sussurri tra eunuchi e donne di piacere del Topkapi, l’harem. Si
sente l’aria dei sussurri intimi, là fra i morbidi cuscini notturni del
Salam.
Il Corriere è in grado di riportare i sussurri del Kippà sui notturni
cuscini, detti anche colloqui riservati. Può attribuire con sicurezza a
Fini questa frase: «Berlusconi sa che deve passare sul mio corpo per
andare alle elezioni anticipate, ma sa anche che di me può fidarsi, che
non darò mai il mio assenso a un governo senza il mandato popolare».
Da settimane Fini ripete questo concetto nei suoi colloqui riservati.
Da settimane il presidente della Camera osserva quella porta che
conduce alle urne e che vuole resti chiusa. Ieri però, al termine della
conversazio¬ne con il premier (Sultan Salam, ndr) ha avuto come
l’impressione che nell’uscio si fosse aperto uno spira¬glio, sebbene
appaia impensabile una crisi provocata dal braccio di ferro tra il
premier e Tremonti, che chiede per sé la vice¬presidenza del Consiglio
e la delega dell’economia.
Sussurri da Serraglio: «Di me puoi fidarti», sussurra la Favorita fino
a ieri in disgrazia, che vuole far pugnalare il Favorito Tremonti, per
prenderne il posto nel cuore di Salam. Mette a Salam il dubbio che
Tremonti voglia fargli le scarpe. Del resto, la successione al Diwan è
aperta, anzi nella Corte sesuale di Costantinopoli il problema della
successione era aperto in permanenza, e non di rado qualcuna delle
ottomila favorite lo accelerava, in accordo con gli eunuchi, con il
veleno o il pugnale. Morto un sultano, se ne fa un altro.
Nelle (sublimi) porte dell’harem italiano, l’odalisca vede aprirsi uno
spiraglio: Berlusconi l’incapace è circonvenuto con successo, «un
Draghi si trova sempre» da mettere al posto di Tremonti.
Ah, l’Oriente Misterioso! Ah, l’atmosfera irraggiungibile delle Mille e
una notte con le escort! Qui tutti sono diventati donne,
favorite-sfavorite, eunuchi-guardaspalle. Il ciambellano Tremonti ha
fatto un passo falso, ha chiesto la vicepresidenza: figurarsi il Salam,
che teme di essere avvelenato nel letto e perennemente sospetta che
qualcuno gli voglia prendere il Divano tempestato di smeraldi. E forse,
invece, non è un passo falso: Tremonti sa meglio di ogni altro che
l’Italia, economicamente, è spacciata, e può convenirgli lasciare il
campo, non essere visto a gestire l’inevitabile disastro.
E voi mi dite, cari lettori, che i vizi sessuali dei politici sono «affari privati»?
Nell’impero ottomano erano affari pubblici. Anzi gli affari pubblici
per eccellenza. A noi come cittadini interessa che l’harem stia
scegliendo Draghi: il dipendente delle banche che stanno distruggendo
le imprese e le famiglie, il delegato di Goldman Sachs al saccheggio
ultimo.
Ecco perchè ci occupiamo dell’harem: è la vita pubblica
(1).
Maurizio Blondet
(articolo pubblicato il 27 ottobre 2009)
1)
Interesserà sapere come funzionava l’impero ottomano, tanto per
prepararci. Là non esisteva il concetto di libero cittadino.
Soprattutto a corte: favorite, eunuchi, giannizzeri, persino i ministri
erano, dal punto di vista giuridico, schiavi. Questo aveva qualche
effetto sgradevole sul «governo del Paese», ammesso che si possa
parlare di qualcosa del genere: le finanze erano essenzialmente
rifornite dalle conquiste e dai saccheggi e quando, dopo la battaglia
di Lepanto, queste conobbero una storica battuta d’arresto, rovinarono.
Il condottiero turco di Lepanto, lo schiavo Ali Pascià, fu fatto a
pezzi dai rematori della sua galea, schiavi cristiani; alla sua morte,
si scoprì che nella nave ammiraglia Alì aveva portato tutte le sue
enormi ricchezze personali in piastre d’oro, ben conscio che se perdeva
la battaglia, non sarebbe tornato a Costantinopoli a farsi impalare dal
sovrano, come gli spettava in quanto schiavo, ma avrebbe dovuto
fuggire: l’immenso bottino cadde nelle mani dei cristiani. Lo stesso
imperatore era di origine servile, essendo un figlio di schiava; appena
salito al trono si affrettava a far strangolare tutti i numerosi
fratellastri, figli del precedente sultano e della altre donne, per
eliminare i pretendenti alla successione, che potevano ben accelerarla
col veleno.
Era sempre schiavo e viveva nel terrore da schiavo. Schiavo del sesso, a modo suo.
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