La chiave di volta della storia (come insegna l’Apocalisse di San
Giovanni e la Città di Dio di Sant’Agostino) è Cristo redentore e giudice che
aiuta i suoi eletti o la “città di Dio” a trionfare contro i malvagi e i
suppositi di Sàtana (che per amor di sè disprezzano Dio) o la “città del
diavolo”. Se la Roma pagana cade nel 410 ad opera dei barbari di Alarico è
perchè la Roma dei Cesari non è il centro del mondo, anzi è la gran-prostituta
che perseguita Cristo nei suoi martiri e deve cedere il posto alla Roma dei
Papi, come l’anticristo dovrà cedere il posto a Cristo.
Il paganesimo o la Grecia e la Roma antica, hanno un ruolo analogo all’Antico Testamento
rispetto al Nuovo Testamento; esse debbono preparare la Roma cristiana, come il
mosaismo doveva preparare il Vangelo; la Roma pagana non è il male assoluto,
che non esiste dacchè esso è privazione di bene, ma è un’entità ontologicamente
buona, pur se accompagnata dal disordine religioso-morale del paganesimo.
Invece il mosaismo era buono in sè, ma imperfetto e fu perfezionato da Cristo. Roma
muore pagana perchè risorga cristiana. Paganesimo è assenza di ordine
soprannaturale, onde le virtù acquisite dei pagani non possono essere dette
perfette (2), ma non si può neppure
dire (come faceva Bajo) che esse sono peccaminose in sé; esse possono essere
perfezionate dalla grazia di Cristo che le rende soprannaturali, le ordina al
loro unico vero fine ultimo.
Il paganesimo sottomette la virtù non a Dio creatore ma agli
idoli o agli dèi, che oscurano l’intelletto, sviano la volontà e pervertono le
capacità umane. Infatti le azioni, in sè naturalmente buone dei pagani,
miravano agli onori, alla gloria, alla fama terrena; occorre ammettere che
queste virtù naturali acquisite, pur non essendo ordinate al fine ultimo e non
avendo valore soprannaturale, permisero agli antichi Greci e ai Romani di
vincere alcune passioni sregolate e di giungere ad un grado elevato di cultura,
di ordine e di disciplina, individuale e sociale. La storia del mondo ha due capitali
e due religioni, quella della Santissima Trinità che ha la sua sede nella Roma
dei Papi; e la controchiesa di Sàtana che ha due sedi principali: la
Gerusalemme deicida distrutta da Tito e la Roma dei Cesari, invasa dai barbari,
che divenne la Roma cristiana con Costantino (IV secolo) ma che è ritornata
sotto l’influsso del paganesimo con l’Umanesimo e il Rinascimento (XV-XVI
secolo). Il paganesimo era caratterizzato dal politeismo panteista e
dall’idolatria politeista. Atene e Roma succedono a Babilonia, all’Egitto, a
Gerusalemme deicida; esse divengono le metropoli dell’idolatria e la fortezza
di Sàtana (3). Col paganesimo Sàtana
era davvero il “dio” di questo mondo, ma Cristo versando il suo sangue a
Gerusalemme (33 dopo Cristo) e il suo vicario San Pietro a Roma (64 dopo Cristo)
sconfissero Sàtana e i suoi due principali suppositi, il giudaismo rabbinico e
il paganesimo greco-romano. Anzi Dio si servì della cultura greca e della
potenza ed ordine di Roma, per diffondere il Vangelo in tutto il mondo,
nonostante le persecuzioni della sinagoga e dell’impero romano.
La religione romana
I Romani appartengono al ramo latino di quella immigrazione
di Italici, di stirpe indoeuropea, i quali calarono nell’Italia - nel terzo
millennio avanti Cristo - popolata allora da genti neolitiche, chiamate Liguri,
Euganei (attuali Veneti), Elimi (attuali Siciliani), indigeni di Sardegna e di Corsica,
e andarono ad abitare nella pianura padana. Nel primo millennio avanti Cristo
vi fu la seconda ondata immigratoria, da Paesi transalpini, nell’Italia
centrale (Sabina, Terni, Lazio). Essi erano diventati un popolo di agricoltori,
la loro religione era fatta per soddisfare le esigenze di un popolo agricolo,
ricca di precisazioni etico-giuridiche che dessero a ciascuno ciò che gli
spettava per garantire i confini della proprietà e i rapporti personali. «Non sviluppi teologici, non ricami di mitologia, non trasporti di misticismo, ma riconoscimento delle potenze divine, ciascuna limitata nel suo ambito e non in
parentela con le altre» (4). Il
culto pubblico a Roma era offerto dal sacerdote, colui che compie l’azione
sacra; la religione era un elemento dell’ingranaggio statale, sottoposta
all’autorità suprema della Polis, a Roma «lo Stato fu più che altrove onnipresente e accentratore» (5). Il sacerdote era un semplice
esperto del rituale, un liturgista, senza posizioni dottrinali da tutelare.
Quando Roma divenne padrona del mondo si arrivò al culto imperiale, lo Stato
era accentrato in una persona che era considerata semidivina.
Il Cristianesimo
E’ caratterizzato da un intollerante anti-paganesimo fondato
sull’unità e trascendenza di Dio; perciò esso, rinnegando il culto imperiale,
entra in contrasto con lo Stato romano che reagisce furiosamente. Il
cristianesimo trionfò, sulle altre troppo accomodanti religioni orientali e
sullo scetticismo di Roma, grazie alla sua intransigenza dottrinale, alla fede
nella divinità del proprio credo e all’intolleranza del panteismo politeista
pagano.
Concezione pagana e
concezione cristiana dello Stato
a) Paganesimo:
la sua concezione politica è naturalista, ossia il termine
ultimo dell’uomo e della società è l’esistenza terrena e le cose visibili, non
vi è nulla al di là e al di sopra dello Stato, è una sorta di panstatismo che
assorbe l’individuo totalmente (totalitarismo). Stato e religione sono una sola
cosa, anzi la religione è al servizio dello Stato, è un instrumentum regni.
Inoltre «la religione pagana greco-romana
non aveva nè dogma nè morale derivante da esso ed era naturalista essa stessa,
i suoi dèi non erano Enti trascendenti e
personali, ma degli esseri umani
mitologizzati» (6). Gli antichi
pagani non conobbero nè libertà privata e individuale nè libertà di educazione
o familiare
b) Il Cristianesimo
Il Cristianesimo ha apportato due idee nuove, che mancavano
alla paganità: la trascendenza del Dio personale e la provvidenza divina.
1) La trascendenza divina:
Dio è essenzialmente distinto dal mondo e dall’uomo, ogni
panteismo confusionista era debellato.
Inoltre il Cristianesimo non era la religione di una tribù,
o di una città o di un solo popolo, esso è una religione universale, pur
rispettando le diverse mentalità, culture, modi di vivere, tradizioni locali,
ove non contengano elementi contrari alla sana ragione al dogma e alla morale.
Lo Stato cessò di essere una divinità assoluta e totalizzante, per divenire
l’unione di più uomini in vista di un fine sotto un’autorità che procurasse il
benessere comune temporale della comunità, pena di perdere l’autorità
diventando tirannide. Inoltre siccome ciò che è terreno e temporale - per la
gerarchia dei fini - è inferiore a ciò che è celeste e spirituale, lo Stato
deve essere sottomesso alla Chiesa, come il corpo all’anima, ed aiutarla -
mediante una buona legislazione che renda possibile una vita morale già su
questa terra - a condurre le anime in Paradiso.
2) La Provvidenza:
Se Dio è personale e trascende infinitamente ogni creatura
(anche angelica), tuttavia è creatore ed essendo Bontà infinita, si prende cura
delle sue creature, quelle irrazionali sono dirette da leggi fisiche (il sole
sorge e tramonta ogni giorno...) e quelle razionali le conduce per mano, giorno
dopo giorno, passo dopo passo, al loro fine soprannaturale, rispettando la loro
libertà. Lo Stato è una creatura di Dio, infatti l’uomo è un animale sociale
per natura, e quindi gli deve onore e gloria come tutte le altre creature; in
particolare deve essere subordinato al potere spirituale - la Chiesa - che Dio
ha stabilito sulla terra, per il benessere comune soprannaturale degli uomini.
Cessa così ogni forma di statolatria pagana, di Cesarismo, di panstatismo o
totalitarismo politico, che riappare quando l’uomo e le nazioni si allontanano
da Cristo e dalla sua Chiesa.
La persecuzione del
Cristianesimo
I primi tre secoli dell’èra cristiana furono caratterizzati
da gravi persecuzioni da parte del paganesimo contro il cristianesimo; tuttavia
«ogni generalizzazione è scorretta, sia quella che faceva dei tre secoli una
persecuzione continuata, sia quella
che tende a minimizzare la portata delle persecuzioni» (7). Lo scontro era, in fondo,
necessario, data la contrapposizione tra il Cristianesimo e il Panstatismo
pagano.
«La prima occasione di scontro fra l’Impero romano e il Cristianesimo -
continua Marta Sordi - fu il processo di
Gesù... In questi ultimi decenni,
alcuni studiosi hanno tentato di ribaltare l’impostazione data al processo dai Vangeli, attribuendo al potere romano e non all’autorità giudaica l’iniziativa
del processo stesso (...). Dal punto
di vista scientifico, le argomentazioni
di questi studiosi si sono rivelate assai fragili e di facile confutazione...
Per i Vangeli l’iniziativa fu dei
Giudei, anche se l’esecuzione fu dei Romani (...). Tutti e quattro i racconti (dei Vangeli)
mostrano determinante la responsabilità
dei Giudei e riducono la parte avuta da Pilato nella morte di Gesù al suo
cedimento, contro voglia, alle sollecitazioni dei sommi sacerdoti e
della folla» (8).
Secondo la insigne studiosa di storia greco-romana, lo scontro tra Impero
romano e Cristianesimo fu prima di tutto uno scontro religioso, il
Cristianesimo fu perseguitato come religione e la conversione di Roma a Cristo
fu in gran parte determinata dall’avvicinamento di molti, disgustati dalla
corruzione del presente, ad una religione che implicava un severo impegno
morale e la pratica austera di virtù personali e familiari.
«Io credo - scrive la Sordi - che la
conversione del mondo pagano al Cristianesimo sia innanzitutto una conversione
religiosa e che l’immensa forza di
attrazione che la nuova fede esercita fin dall’inizio, nel più grande Impero
antico e nella sua cosmopolita capitale,
sia rivelata dalla sua capacità di rispondere alle esigenze religiose più
profonde dell’anima umana, che erano anche, nel particolare momento storico in cui il Cristianesimo entrò nel
mondo, le esigenze religiose del
mondo romano» (9).
Il Cristianesimo seppe rispondere alle domande appassionate che si ponevano gli
uomini e particolarmente gli antichi Romani e conquistò il mondo antico. Il
Cristianesimo non era un fenomeno rivoluzionario, pacifista e sovversivo; esso
accettava lo Stato e Cesare in quanto “stabilito
al potere dal nostro Dio” (Tertulliano, Apologetico 33, 1), ma non poteva
ammettere il culto imperiale quasi fosse una divinità; obbediva e combatteva
per Roma in quanto potere politico stabilito da Dio “dal quale discende ogni potere”, ma rifiutava di offrire incenso
agli dèi e all’Imperatore divus Caesar (10).
Vi fu tuttavia una sorta di resistenza pagana prolungata, contro il
Cristianesimo, portata avanti da una piccola aristocrazia intellettuale molto
legata alle prische tradizioni greco-romane, che agiva in nome di una
tolleranza che i cristiani non avevano (Proclo, Simmaco, Giuliano l’Apostata,
Porfirio) di cui oggi Alain de Benoist si fa l’araldo e il continuatore.
Intransigenza
dottrinale cristiana
Il salmo recita “Omnes
dii gentium, demonia” e San Paolo
scrive “I sacrifici dei pagani sono
offertiai demòni” (1ª Corinti X,
14). Lo stesso Celso, nel 178, scriveva che i Cristiani si vantavano di poter
sbeffeggiare ed anche percuotere le statue degli dèi senza subirne la vendetta.
Il
Cristianesimo presentandosi come l’unica vera religione,
aveva una forte carica di intransigenza dottrinale e di “pensiero forte”, nei
confronti di una civiltà (romana) pluralista, scettica, inficiata da “pensiero
debole” e oramai in profonda decadenza morale.
«Bisogna distinguere: l’intolleranza
di principio (intransigenza) cioè l’indisponibilità a scendere a patti o ad accettare compromessi con l’avversario, dall’intolleranza di fatto
che induce ad attivare... misure violente e repressive. Come è stato possibile
- si domanda Pier Franco Beatrice - che il Cristianesimo sia passato... dalle
grandi affermazioni di principio contro l’idolatria e i culti pagani alle vie di fatto di comportamenti
dichiaratamente persecutorii nei confronti dei suoi persecutori di una volta?»
(11).
San Giovanni Crisostomo, verso il 380, anticipava la
risposta all’obiezione, asserendo che nessun imperatore cristiano aveva inviato
i pagani ad bestias (12). Occorre
specificare che se i pagani non furono mandati al Colosseo in bocca ai leoni,
il Cristianesimo non riconosceva diritto all’errore in foro esterno e pubblico,
mentre tollerava la superstizione in foro interno e in privato. Certamente il
Cristianesimo operò una censura di errori intellettuali e di deviazioni
superstiziose pagane con conseguente rogo dei libri pagani; inoltre
rafforzandosi sempre più abolì i culti pubblici pagani “Cesset superstitio, sacrificiorum
aboletur insania”(Codex Theodosianus, 16, 10, 2). D’altronde i templi non
erano solo luogo di culto pagano oramai abolito, ma anche ritrovi per feste,
giochi, divertimenti dei quali il Cristianesimo non voleva privare il popolo,
perciò pur volendo debellare la superstizione, volle salvare i templi
utilizzandoli per adunate popolari, a condizione che non servissero al culto
pagano; ma siccome il paganesimo rurale (o paganesimo “pagano e villano”) era
pronto a reagire; “massacrò sacerdoti e
distrusse chiese cristiane” (Sant’Agostino, Ep. 91), il Cristianesimo
dovette ordinare, in certi casi e circostanze, la demolizione dei templi, per “togliereogni materia alla superstizione” (Codex Theodosianus 15, 1, 36).
Gli Apologisti cristiani dei primi secoli, tesero -, con intransigenza - a
svilire fedi e culti pagani. Giustino martire «scrivendo nella metà del II secolo, sosteneva che i poeti pagani e i compositori di miti erano stati sviati
in quanto avevano confuso i demòni malvagi con gli dèi ed avevano così cantato
le loro azioni (1 Apol. 5, 4; 2 Apol. 5.)» (13). Anche Atenagora, intorno al 177, scriveva che i demòni erano
responsabili delle bizzarrie dei culti pagani (Supplicatio 26). Firmico Materno
scrisse attorno al 346 il “De errore profanarum religionum” con estrema
intransigenza nei confronti del paganesimo e chiese agli imperatori di
estirpare il paganesimo che per Firmico «era
sbagliato in toto ed era opera deldemonio»
(14).
Rufino di Aquileia - nel 402 - nella sua “Historia ecclesiastica” scrive che «il paganesimo è un errore mostruoso, opera del demonio, che è il ‘bugiardo’ per antonomasia. Illusione, frode, inganno, menzogna sono
presenti dappertutto: le credenze dei
pagani sono solo errore e superstizione,
il culto che vi si collega è solo magia,
delitti e dissolutezze. L’insieme è
un’enorme truffa ispirata dai demòni, i cui aiutanti umani - i sacerdoti pagani -
si fanno beffe dei malcapitati fedeli,
più vittime che colpevoli» (15).
Il paganesimo, essendo una sorta di divinizzazione di esseri umani, era un
sacrilegio ed un’idolatria per il Cristianesimo, in quanto tributava alle
creature (dèi) l’onore dovuto solo al Creatore. Già San Paolo scriveva «dico che i sacrifici dei pagani sono offerti
ai demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate incomunione con i demòni» (1ª Corinti, X, 14.
19-20). In quest’ottica respingere la comunione coi demòni significa
necessariamente distruggere i falsi idoli, che sono come il corpo o la
materializzazione del diavolo. Per Sant’Agostino la distruzione delle statue
degli dèi pagani sancisce i fallimento del paganesimo (De Civitate Dei, III,
12).
«La visione tipicamente liberale e pagana, secondo la quale si doveva lasciar
sussistere intatta la tradizione religiosa dei popoli, si fonda in larga parte su un atteggiamento scettico e al contempo
conservatore [simile a quello della ‘nuova destra’ di Alain de Benoist] che si trova in nettissima opposizione con
la convinzione religiosa del cristiano:
dal momento che - per lo scettico - non si può conoscere la verità... è meglio
lasciare tutto così com’è; è meglio riconoscere la veneranda cultura di
ogni popolo e con esso la sua religione in toto» (16).
Ogni popolo - per il paganesimo - possiede una propria tradizione, una propria
usanza religiosa, tradizione ed anzianità danno autorità alle religioni, perciò
tutto ciò che gli uomini venerano deve essere considerato come una sola e
medesima cosa, quindi tutte le vie conducono alla divinità, anzi, come scrive
Simmaco «uno itinere non potest perveniri
ad tamsecretum» (“Relatio” III,
10). Come non riconoscere in tali espressione le teorie neo-pagane di Giuliano
l’Apostata (“Contra Galileos”) Evola, Guènon, de Benoist? Occorre specificare
che l’invito alla tolleranza pratica deriva da una teoria di indifferenza
scettica o pluralismo ed opinionismo liberale filosofico proprio del
paganesimo, onde tutti i culti hanno uno stesso ed identico valore, ma tali
opinioni sono presupposti dommatici; infatti lo scetticismo che afferma di non
poter conoscere la verità è certo di non poter conoscere e questo è il suo
dogma o certezza ferma (in senso filosofico) (17). Ora tali idee, tale scetticismo filosofico e religioso,
teoretico e pratico, hanno un nemico solo o principale, che si chiama
Cristianesimo (metafisica, senso comune), secondo il quale l’uomo ha delle
facoltà conoscitive che non lo ingannano e può arrivare a trovare la verità,
con certezza, anche se non tutta e totalmente, con la ragione naturale ed un
aiuto estrinseco della Rivelazione.
Ogni scetticismo, antico e moderno, odia la metafisica e il Cristianesimo che è
la religione dell’Essere stesso sussistente (“Ego sum qui sum”); lo scetticismo negando la capacità di conoscere
la realtà cade nel nichilismo, resta solo il nulla, l’essere non è conoscibile
e non esiste, è anti-metafisico per essenza; onde non ci si deve stupire se tra
avversari del cristianesimo troviamo il paganesimo antico e l’immanentismo
moderno; entrambi infatti sono fondati sul relativismo, l’agnosticismo e il
pluralismo. Quando Evola critica il Cristianesimo si rifà ad autori scettici e
pluralisti come Proclo, Porfirio, Giamblico, Giuliano l’Apostata che lo portano
ad abbracciare - senza contraddirsi - l’idealismo magico di Schelling e la
moderna e modernista filosofia idealistica tedesca. Il paganesimo e il
neo-paganesimo più che antisemita (come la religione olocaustica sostiene oggi)
è anticristiano; per esempio, Giuliano l’Apostata voleva ricostruire il terzo
Tempio di Gerusalemme (come Ariel Sharon) ma odiava Gesù, perchè? Perchè era
uno scettico e non sopportava l’intransigenza intellettuale, il dogmatismo
(come lo chiamano dispregiativamente i massoni, anch’essi “costruttori” del
Tempio); più che il giudaismo postbiblico, essi odiano il mosaismo e il Vangelo
che ne è il complemento; infatti si rifanno alla Càbala e odiano l’Antico Testamento
e il Nuovo Testamento, che sono l’unica vera religione dell’unico vero Dio,
Padre e Figlio e Spirito Santo, il quale non accetta falsi idoli e false
superstizioni.
«L’osservazione delle diversità delle nazioni [così cara oggi a de
Benoist] secondo le loro particolarità
etniche e la loro cultura nazionale costituiva l’argomento principale di Giuliano, con cui egli spiegava e giustificava la molteplicità delle divinità
nazionali (‘Contra Galileos’). Il suo
rimprovero principale al Cristianesimo e quasi l’unico rimprovero all’ebraismo, riguarda il primo comandamento. Mosè
avrebbe osato fare un unico Dio da uno dei particolari dèi nazionali..., e in ciò Giuliano vede il peccato originale
del mosaismo e del Cristianesimo... come il neoplatonico Celso» (18).
L’opinione secondo la quale i popoli dovrebbero restare
nella loro rispettiva religione, non è nuova, non la sostiene per la prima
volta Jean Servier o Micea Eliade, ma era conosciuta già dai Padri della
Chiesa, come erronea. E’ sbagliato pensare che essa sia stata possibile solo
dopo la rivoluzione francese; no essa aveva antenati antichissimi, non è
affatto un fenomeno moderno, ma si perde nella “notte dei tempi”, quando dopo
il peccato di Adamo, la maggior parte dell’umanità aveva smarrito la retta
ragione e corrotto i costumi, sotto l’influsso malefico di Sàtana che dopo aver
fatto peccare Adamo, sparse il suo veleno nel mondo intero; e quando verrà
Cristo ad universalzzare ciò che apparteneva - ad tempus - al solo Israele il
furore di Sàtana raddoppiò, egli voleva che il mondo restasse nelle tenebre del
paganesimo idolatra e corrotto, non poteva sopportare che l’Unico vero Dio e
l’unica vera religione fossero portati e predicati al mondo intero; ecco perchè
il giudaismo postbiblico, farisaico e talmudico e il paganesimo hanno odiato e
perseguitato Cristo e la sua Chiesa. I filosofi che hanno sostenuto - in
passato - tale teoria sono: Celso, Giuliano l’Apostata, Simmaco, Proclo,
Porfirio, Giamblico; e - nell’era moderna - Pico, Ficino, Giordano Bruno,
Spinoza; e - nella postmodernità - Nietzsche, Guènon, Evola, Reghini, De
Giorgio, Schuon, Mordini, Plebe, Zolla, de Benoist, Tarchi. I missionari
cattolici imposero - nell’antichità - la conversione di molti popoli e la
cristianizzazione del mondo antico, non ignorando tali opinioni gnostiche ed
esoteriche, derivate dalla Càbala spuria, ma nella dura ed intransigente
battaglia dottrinale e pratica contro di esse.
Sant’Ambrogio di Milano asseriva: vi è un solo vero Dio, il Dio di Abramo e dei
Cristiani, è solo Lui che tutti gli uomini devono adorare; infatti gli dèi dei
pagani sono demòni, o alterazioni rustiche e ignoranti della nozione dell’unico
vero Dio che Adamo ha trasmesso ai suoi figli (Ep. 17) . Sant’Ambrogio
confutava non solo il paganesimo, ma la sua base filosofica, il relativismo
agnostico e scettico e la tolleranza liberale di principio. Tra paganesimo e
cristianesimo (comprendente l’Antico e il Nuovo Testamento) non vi è
conciliabilità; tra cabalismo talmudico, gnosi, esoterismo vi è affinità,
parentela, filiazione che le unisce nell’odio infernale contro Cristo e la sua
Chiesa, odio che è riesploso - dopo aver covato durante il medioevo - con
l’Umanesimo e il Rinascimento ed è divenuto sempre più agguerrito con la
filosofia moderna da Cartesio a Hegel e quella post- moderna da Nietzsche a
Popper, che ci ha portati all’attuale nichilismo dogmatico e morale e alla
distruzione dell’uomo. Se per Simmaco vi sono molte vie per giungere alla
divinità, per Cristo vi sono due vie: una che conduce alla perdizione, essa è
larga e spaziosa - poichè vi affluiscono le molteplici vie di Simmaco e degli
stregoni cabalisti, pagani e neopagani - e l’altra che conduce alla slvezza,
essa è stretta ed angusta, poichè è solo quella dell’Antico e Nuovo Testamento.
Prudenzio scrive che: «Sentieri secondari
di questa strada sbagliata ce ne sono molti, come molti sono gli dèi, gli
idoli, i demòni nei templi... E’ un illusione credere che i culti pagani
portino a Dio; che cristiani e pagani
giungano tutti alla stessa meta. L’idolatria
conduce solo alla fine contraria alla vita: alla morte definitiva ed eterna. Altre religioni non sono vie di
salvezza; infatti il demonio non
lascia andare al Signore della salvezza,
ma mostra l’itinerario della morte,
attraverso false strade... Allontanatevi
pagani (Ite procul, gentes) non vi sono strade in comune tra voi e il popolo di Dio! Allontanatevi
(discedite longe)!» (19).
«Questa èla voce dei Padri della Chiesa:
che piaccia o no. E’ la voce della
Chiesa del primo periodo che non voleva che il non-cristiano rimanesse fermo
nella sua cultura non cristiana, ma
che desiderava una duplice conversione, dell’uomo
e della cultura (...). La conversione
pur trasformando interamente non distrugge, essa esprime un nuovo orientamento (converti a tenebris ad Lucem)
ma non una rinuncia al proprio carattere, si tratta di un radicale riordinamento, di una riarticolazione o riorganizzazione, senza distruggere ciò che viene riorganizzato, è la trasformazione radicale e morale dell’uomo. Gli Apostoli - diceva San Giovanni Crisostomo - non hanno
distrutto i loro avversari, ma
trasformati»
(20). San Basilio scrive che il paganesimo costituisce una sostanza ma scipìta,
se i cristiani riescono a salarla mediante il Verbo, allora si trasforma e
diviene commestibile. Il paganesimo non è il male assoluto (come dirà poi Bajo)
ma gli manca certamente una qualità, una perfezione che lo rende inutilizzabile
così com’è. C’è bisogno di una totale trasformazione, che deve avvenire senza
distruggere la sostanza, ma deve solo dare le qualità mancanti. Quindi
conservazione per trasformare. Inoltre la trasformazione non può derivare dal
paganesimo stesso ma dall’intervento di Cristo (In Isaiam, 9, 228). Sant’Agostino
specifica che tutto viene conservato e non distrutto, a condizione che non sia
di ostacolo alla religione cristiana (“De Civitate Dei”, 19, 17). Quindi la
conversione pur escludendo la distruzione implica la purificazione, la vera
conversione non può tollerare ciò che impedisce la conversione totale o
trasformazione qualitativa. Perciò la cultura pagana va conservata (ciò che
fecero i benedettini), ma liberata da quegli elementi che contrastano con la
Verità del Vangelo. Occorre conservare tutto ciò che è libero dall’idolatria o
che può venir liberato dal rapporto con essa, mentre occorre lottare contro ciò
che è essenzialmente pagano (scettico, relativista, agnostico, pluralista - nel
campo dei princìpi - e superstizioso, demoniaco, idolatrico - nel campo della
morale - ). Sant’Agostino riteneva possibile ed anche utile non ditruggere i
templi pagani, ma trasformarli in chiese, dopo averli ripuliti dall’idolatria
pagana. Si conservano i luoghi ma non i simulacri degli dèi “falsi e bugiardi”.
Il professor Christian Gnilka conclude: «Spero
che non sfugga l’attualità di tutti
questi pensieri riguardo alla teoria, oggi
molto diffusa, del ‘cristiano anonimo’ contenuto in tutte le religioni non cristiane, una teoria che tende e rendere uguali tutte le religioni, ad indebolire la forza spirituale del
cristianesimo e a diminuire l’attività
missionaria della Chiesa cattolica» (21).
Onde se il Cristianesimo vuol riacquistare forza, deve ritornare alla sua
fonte: l’intransigenza teoretica e ove occorre l’intolleranza pratica e deve
ripulirsi dalle incrostazioni liberali, neomoderniste di sapore scettico,
relativista e pluralista, di origine pagana, che in questi anni hanno
adulterato il pensiero di non pochi teologi. “In hoc signo vinces”, solo in esso e in nessun altro.
Per gentile autorizzazione di don Curzio Nitoglia a EFFEDIEFFE.com
1) Paganesimo
deriva da pagus, ossia villaggio (ove aveva salde radici), esso riflette
l’atteggiamento dell’uomo incolto, “villano” di fronte ai vari misteri della
natura e della vita.
2) S. T. I-II, q.
63, a. 3/ I-II, qq. 64-67/ I-II, q. 110, a.4 ad 1um/ I-II, q. 68, a.2.
3) Sant’Agostino
, “De Civitate Dei”, libro XVIII, capitolo II e seguenti.
4) N. Turchi, “Le
religioni di Grecia e di Roma”, Istituto Editoriale Galileo, Milano, 1950, pagina
73.
5) Ibidem, pagina
101. Confronta anche:
N. Turchi, “La religione di Roma antica”, Bologna, 1939.
A. De Marchi, “Il culto privato di Roma antica”, Milano,
1895.
E. Burlier, “Le culte impèrial”, Parigi, 1891.
J. Toutain,
“Le cultes payens dans l’empire romain”, Parigi, 1905.
A. J. Festugiere- P. Fabre, “Le monde grèco-romain au temps
de Notre-Seigneur”, Parigi, 1935.
G. Boissier, “La fin du paganisme”, Parigi, 1891.
G. Costa, “Religione e politica nell’impero romano”, Torino, 1923.
F. Arnaldi, “Dopo Costantino. Saggio sulla vita spirituale
del IV e V secolo”, Pisa, 1927.
6) E. Magnin, “L’‘ètat
conception paienne, conception chrètienne”, Bloud & Gay, Parigi, 1931, pagina
15.
7) M. Sordi, “I
cristiani e l’Impero romano”, Mondadori, Milano, 1990, pagina 9.
8) Ibidem, pagine
15-16. Confronta anche:
F. Spadafora, “Pilato”, Arti Grafiche Rovigo, Rovigo, 19**.
9) Ibidem, pagine
171-172.
10) Confronta:
M. Sordi, “Il Cristianesimo e Roma”, Bologna, 1965.
J. Blinzer, “Il processo di Gesù”, Brescia, 1966.
L. De Giovanni, “Costantino e il mondo pagano”, Napoli,
1977.
G. Iossa, Giudei, “Pagani e Cristiani”, Napoli, 1977.
J. Juster, “Les
Juifs dans l’Empire Romain”, Parigi, 1914.
J. Moreau, “La persecuzione del Cristianesimo nell’impero”,
Brescia, 1977.
G. Scarpat, “Il pensiero religioso di Seneca, Brescia, 1977.
11) P. F.
Beatrice, “L’intolleranza cristiana nei confronti dei pagani: un problema
storiografico”, in “L’intolleranza cristiana nei confronti dei pagani”, a cura
di Pier Franco Beatrice, EDB, Bologna, 1990, pagina 8.
12) G. Crisostomo, “De S. Babyla”, 13 (Sources Chrètiennes 362, 106 s).
13) Lesile W.
Barnard, “L’intolleranza negli apologisti cristiani con speciale riguardo a
Firmico Materno”, in “L’intolleranza cristiana nei confronti dei pagani”, a
cura di P. F. Beatrice, EDB, Bologna, 1990, pagina 79.
14) Ibidem, pagina
88.
15) Ibidem, pagina
104.
16) C. Gnilka, “La
conversione della cultura antica vista dai Padri della Chiesa”, in “L’intolleranza
cristiana nei confronti dei pagani” , citato, pagina 125.
17) G. Boissier, “La
Fin du paganisme”, Parigi, 1891.
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