Tra le varie anomalie di Norimberga figura quella che i
testimoni della difesa degli accusati venivano “custoditi” democraticamente in
carcere, per la difesa della loro incolumità fisica e della loro “privacy”, per
proteggere la quale non potevano essere messi a confronto con gli imputati e
neppure pubblicamente interrogati (D. Irving, Norimberga ultima battaglia,
Roma, Settimo Sigillo, 2002, capitolo 13).
Nell’affrontare l’accusa dei gerarchi tedeschi l’Inghilterra
(Churchill) sosteneva la necessità di esecuzioni sommarie dei capi del III
Reich, militari compresi anche se non politicizzati, onde evitare la
rivelazione di imbarazzanti contatti inglesi con la Germania ante-sconfitta.
Stalin (URSS) chiedeva un processo apparentemente e formalmente regolare, ma in
realtà staliniano. Roosvelt e poi Truman (USA), sottoposti alle pressioni
(“lobbing”) della comunità ebraica americana e del ministro del Tesoro, Henry
Morgenthau, di origine israelitica, che addirittura aveva previsto la castrazione
di tutti gli uomini tedeschi (1),
preferirono seguire la strada di un processo più o meno regolare, che però
avrebbe dovuto chiudersi con l’impiccagione di tutti gli imputati, tranne 1 o 2
perché sembrasse veramente democratico.
Tra le altre anomalie di Norimberga una delle più lampanti fu
quella per cui i giudici sovietici riuscirono a far negare dal tribunale
norimberghese l’esistenza del patto Molotov-Ribbentrop, che nel 1939 aveva
deciso la mutua non aggressione tra Germania e URSS e la spartizione della
Polonia in seguito ad una guerra di aggressione, verso di essa, guerra che a
Norimberga de jure fu considerata un crimine punibile con la morte, ma de facto
solo per i vinti tedeschi e non per i vincitori sovietici, i quali - secondo la
giustizia di Norimberga - non avevano invaso la Polonia (D. Irving, Norimberga
ultima battaglia, Roma, Settimo Sigillo, 2002, capitoli 10, 13 e 17). Inoltre
l’accusa volle ignorare il fatto stabilito con certezza della responsabilità
sovietica del massacro degli ufficiali polacchi a Katyn, per il quale furono
incolpati falsamente e coscientemente i tedeschi e mandati alla forca, gettando
un’altra luce o meglio un’ombra sinistra sulla validità e correttezza giuridica
di tale processo scientemente falsificato (D. Irving, citato, capitoli 12-13).
Si volle altresì ignorare l’uccisione di oltre 1 milione di prigionieri
tedeschi caduti nelle mani dell’America e della Francia (D. Irving, citato, capitolo
8 e 12).
Quanto al “caso Streicher”, il suo avvocato di cognome Marx, «nominato contro la sua volontà difensore
dello Streicher, subì ripetuti
attacchi dalla stampa, il suo ufficio
fu devastato e lui stesso ebbe motivo di temere l’arresto e la carcerazione. Per misura di autodifesa tentò in ogni modo, nei limiti del possibile, di dissociarsi dal suo assistito» (D.
Irving, citato, pagina 252). Ed ancora: «Il
generale Mitchell dice che Streicher si lava il viso e identi nella tazza del cesso (…) Streicher era obbligato ad agire così da chi
voleva piegare la suaresistenza»
(D. Irving, citato, pagina 265).
Il caso Streicher è uno dei più singolari e
meno conosciuti. Infatti egli non si era macchiato di nessun crimine né di
alcuna azione bellica durante la seconda guerra mondiale, ma venne condannato
all’impiccagione per “incitamento all’odiorazziale”,
ossia per un delitto di opinione ed è per questo che me ne occupo nel presente
articolo, senza volerne fare l’apologia né parteggiare per le opinioni espresse
nel suo settimanale “Der Stürmer”. Altro particolare tragicomico è che i corpi
degli impiccati a Norimberga furono bruciati proprio nel “crematorium” di
Dachau a causa anche del quale erano stati condannati a morte per crimini
contro l’umanità e le loro ceneri sparse in aria o in un fiume, affinché se ne
perdesse ogni traccia (D. Irving, citato, pagina 417). Infine i filmati, che
ancor oggi terrorizzano e/o commuovono gli spettatori e li riempiono di sdegno
ed esecrazione, sulle atrocità commesse dai tedeschi, erano, nella maggior
parte dei casi, film di propaganda nazista dopo i bombardamenti degli Alleati
sulle città germaniche (D. Irving, citato, capitolo 6, 10 e 13). Vi furono
anche delle torture subite dagli imputati per estorcere loro delle confessioni
false, come nel caso Rudolf Höss, ex comandante di Aushwitz (D. Irving, citato,
capitoli 2, 12 e 18), in base alle quali si stabilì che solo ad
Auschwitz-Birkenau erano stati gasati o cremati 4 milioni e mezzo di israeliti,
mentre negli anni Novanta sotto la glanost di Gorbaciov la Polonia aprì agli
storici i registri di Auschwitz e si appurò che erano entrati nel lager solo 3
milioni di persone e non solo israelitiche, onde si sarebbe dovuto sottrarre
alla somma di 6 milioni almeno 1 milione e mezzo, dato che la matematica non è
un’opinione.
Tuttavia la matematica post-norimberghese fa che 6 milioni meno 1 milione e
mezzo non faccia 4 milioni e mezzo, ma ancora sei milioni e, se lo si contesta,
si è colpevoli degli stessi crimini giudicati nel tribunale di Norimberga nel
1946, che, se non è più “scorretto” delle Leggi razziali di Norimberga del
1935, non lo è neanche meno. Certamente anche i tedeschi, come tutti gli uomini
feriti dal peccato originale, hanno il “vulnus” della “malvagità” nel loro
animo (2), onde anch’essi hanno
commesso le atrocità che la guerra, e specialmente quella moderna a partire dal
‘15-18, comporta. Che vi siano stati bombardamenti tedeschi su città straniere
è un fatto, ma le saponette fatte con il grasso dei cadaveri degli internati
nei campi di concentramento, i para-lume fatti di pelle umana, il piano
sistematico di sterminio totale del popolo ebraico tramite camere a gas “ziklon
B” non sono storicamente e scientificamente provate. Anzi, ad esempio, le
casette dei campi di concentramento tedeschi (lo si vede negli stessi filmati
addotti dai vincitori come prova contro i vinti e nelle varie fiction
holliwoodiane) erano fatte di legno, avevano un pavimento di legno e dei letti
a castello di legno; mentre le prigioni dei campi degli Alleati (vedi Afragola
e Coltano in Italia) erano costituite da tendoni, senza pavimento, senza letti
né materassi ed era proibito, per motivi igienici, ai prigionieri di guerra
dormire anche su un pezzo di cartone, che li riparasse dall’umidità della nuda
terra. Certamente verso la fine della guerra, con lo scarseggiare del cibo,
delle medicine, con la sconfitta in costante progresso, i tedeschi hanno
intensificato le ore di lavoro degli internati, il rigore dei castighi, non
hanno risparmiato chi non ce la faceva, ma sarebbe stato contro i loro stessi
interessi (non parlo di umanità o carità che in un regime tendenzialmente
pagano non erano di moda) uccidere chi poteva lavorare gratis e 18 ore al
giorno.
La storia può e deve essere “rivisitata”, anche quella della shoah e di
Norimberga. Ciò è già avvenuto (“ab esse ad posse valet illatio”) per il
generale Alfred Jodl, impiccato come criminale, e non fucilato come soldato, a
Norimberga nel 1946 e riabilitato nel 1953 dopo solo sette anni, da ogni
addebito criminoso, e “contra factum non valet argumentum”. Ora, se è avvenuto
per Jodl, perché non rivedere ogni caso (ad esempio quello di Streicher) e la
intera questione dei “crimini contro l’umanità” o “olocausto” del popolo
ebraico? Se risulteranno prove certe a carico, nessuno potrà negarle, ma sino a
quando lo si impedisce a colpi di carcere stile Norimberga, il dubbio rimane.
Tuttavia si può rinchiudere il corpo dell’uomo, ma non la sua mente, anzi più
si cerca di coartarla e più essa cerca “la Verità che ci fa liberi”. E’
connaturale all’essenza umana ed è per questo che “il mito del XXI secolo”
cadrà, come quello del XX di Alfred Rosenberg.
Inizio e fine della
prima guerra mondiale
Le cause remote del conflitto vanno ricercate nel «desiderio di vendetta della Francia nei
confrontidella Germania per l’umiliazione subita nel 1870 (il
cosiddetto ‘revanscismo’) a cui si
aggiunse l’esagerato spirito
nazionalistico del Kaiser Guglielmo II. Questi, rompendo il patto di ‘controassicurazione’
con la Russia, finì per spingerla ad allearsi con la Francia, che pose così fine al suo isolamento politico in Europa. Fra le cause
materiali occorre ricordare gli interessi economici, che dividevano le grandi potenze. Ciascuna di esse cercava infatti di
accaparrarsi, a spese delle altre, la possibilità di commerciare in maniera
esclusiva con Paesi dell’Africa e
dell’Asia. (…) Il maggior motivo di crisi nell’Europa dei primi del Novecento era
costituito dalla crescita della potenza tedesca. Dopo la sua vittoria del 1870
nella guerra contro la Francia (…), l’Impero germanico era giunto ad avere una
popolazione di 66 milioni di abitanti» (3).
Quando nel 1870 la Prussia sconfisse la Francia, nacque il II
Reich tedesco. Infatti, con la sconfitta della Francia di Napoleone III, il
Cancelliere Otto von Bismark ultimò la riunificazione della Germania in una
confederazione di Stati sotto la guida dell’Imperatore o Kaiser Guglielmo I di
Germania del casato degli Hohenzollern. Bismark fu il Cancelliere del nuovo
Impero germanico per venti anni, portando la Germania in prima posizione nella
politica internazionale europea. Egli volle tenere isolata la Francia,
temendone il revanscismo, e fece stringere un rapporto ai tre Imperatori di
Germania, Austria, Russia ed anche col Re d’Italia, stipulò dei trattati
commerciali con l’Inghilterra e un patto segreto di non aggressione o
“controassicurazione” con la Russia zarista. Nel 1888 alla morte di Gugliemo I
gli succedette il nipote Gugliemo II, che regnò sino al 1918, estromettendo il
Bismark nel 1890 e governando lui stesso in prima persona. Egli per l’eccessivo
nazionalismo di cui era imbevuto (“pan-germanismo”), ruppe i rapporti con la
Russia e l’Inghilterra, scardinando la Triplice Alleanza intessuta dal Bismark.
La Francia ruppe l’isolamento e si alleò con la Russia e poi con la Gran
Bretagna formando così la Triplice Intesa, in lizza con la Triplice Alleanza in
cui restavano Germania, Austria, Turchia o Impero Ottomano e Italia, che poi
nel 1915 cambierà posizione. La Germania - che iniziava ad avvicinarsi
all’Impero ottomano - era vista con preoccupazione per la sua economia in fase
di grande sviluppo. Frattanto l’Impero asburgico o austro-ungarico soffriva la
protesta degli slavi che chiedevano una maggior autonomia, come era stata
concessa agli ungheresi, nell’ottica di un Impero federale sotto gli Asburgo.
Quando, in seguito alla concessione del suffragio universale, gli slavi
(polacchi, boemi, slovacchi, sloveni e croati) ottennero la maggioranza in parlamento,
i sudditi di lingua tedesca non furono d’accordo, poiché venivano a perdere la
loro supremazia all’interno dell’Impero asburgico.
La Germania in continua
ascesa cominciò a puntare al predominio economico sull’Europa e sul mondo
intero e iniziò a dotarsi di una grande flotta in grado di concorrere con
quella inglese. Il Regno Unito, che proprio grazie alla flotta aveva scalzato
il predominio della cattolicissima Spagna nel Seicento, si sentì minacciato e
abbandonò il suo tradizionale “isolamento” (essendo un’isola) dall’Europa.
Tutto ciò portò alla prima guerra mondiale. L’Imperatore tedesco Guglielmo II
pensava di sconfiggere la Francia con una guerra lampo (“blizkrieg”) passando
dal Belgio, che era neutrale; in un secondo tempo avrebbe aggredito la Russia e
così sarebbe arrivato alla fine della guerra. Invece le cose andarono
diversamente. L’invasione del neutrale Belgio (4) rese la Germania impopolare ed inoltre i tedeschi non riuscirono
ad arrivare a Parigi, che grazie all’aiuto dell’Inghilterra poté resistere. A
sua volta l’Austria-Ungheria fu sconfitta dalla Russia tra l’Ucraina e la
Polonia. Infine l’Inghilterra organizzò la rivolta degli arabi contro l’Impero
ottomano, facendo loro magnifiche promesse di indipendenza, qualora fossero
riusciti a disgregare l’Impero turco, ma dopo la guerra gli arabi si accorsero
che le promesse erano state un bluff e che Francia ed Inghilterra si erano
spartite i resti dell’Impero ottomano, essendosi arrogate, non si sa in base a
quali diritti, un “mandato” ossia un “protettorato” sui territori già turchi, senza
sostanziali concessioni ai Paesi arabi. Anzi nel 1917 lord Balfour (ministro
degli Esteri britannico) aveva promesso addirittura un “focolare nazionale
ebraico” in Palestina a discapito degli arabi e specialmente dei palestinesi,
che, lungi dall’ottenere l’indipendenza promessa, ancor oggi dal 1948 pagano le
conseguenze della fiducia accordata all’Inghilterra. Gli USA inizialmente
fecero sentire soltanto la loro voce a favore della Gran Bretagna e contro la Germania
per la guerra marina che si era scatenata tra le due potenze. Nel 1917 avvenne
la svolta decisiva, ma non totalmente risolutiva, per le sorti della guerra.
1) La rivoluzione bolscevica, capitanata da ebrei russi,
ribaltò gli Zar e fece uscire la Russia dalla guerra, grazie alla firma di pace
separata tra bolscevichi e Germania.
2) L’entrata degli USA in guerra a fianco dell’Inghilterra
fu incisiva data la potenza economica americana. «L’inizio del 1918 vedeva
ancora i due schieramenti in una situazione di sostanziale equilibrio sul piano
militare (…). Gli anglo-francesi
cominciavano a metà luglio a giovarsi del massiccio apporto degli Stati Uniti (…). Fra l’8 e l’11 agosto, nella grande battaglia di Amiens, i tedeschi subirono la prima grave sconfitta
sul fronte occidentale (…). I
generali tedeschi capirono (forse esagerando e chiedendo una troppo rapida
conclusione dell’armistizio, nda) di aver
perso la guerra (…) il compito
ingrato di aprire le trattative toccò ad un nuovo governo di coalizione democratica,
con la partecipazione dei
socialdemocratici (…). Intanto la
situazione precipitava. Ai primi di novembre i marinai di Kiel, dov’era
concentrato il grosso della flotta tedesca, si ammutinarono e diedero vita,
assieme agli operai della città, a consigli
rivoluzionari ispirati all’esempio
russo. Il moto si propagò a Berlino e in Baviera e ad esso parteciparono anche
i socialdemocratici, pur se presenti
nel governo del Reich. Un socialdemocratico, Friedrich Ebert, fu
proclamato il 9 novembre capo del governo, mentre il Kaiser era costretto a fuggire in Olanda. L’11 novembre i delegati del governo
provvisorio tedesco firmavano l’armistizio
nel villaggio francese di Rethondes,
accettando le durissime condizioni imposte dai vincitori (…). La Germania perdeva la guerra per fame e
per stanchezza, per esaurimento delle forze morali e materiali (…). Il 28 giugno 1919 fu firmato il trattato
di pace (…). Dal punto di vista
territoriale prevedeva (…) il
passaggio alla ricostituita Polonia di alcune regioni orientali abitate solo in
parte da tedeschi: l’alta Slesia, la Posnania, più una
striscia della Pomerania (il
cosiddetto ‘corridoio polacco’) che interrompeva la continuità territoriale
tra Prussia occidentale ed orientale per consentire alla Polonia di affacciarsi
sul Baltico e di accedere al porto di Danzica. Questa città, abitata in
prevalenza da tedeschi, veniva anch’essa tolta alla Germania» (5).
Nel novembre del 1918 finì la guerra con la resa
incondizionata della Germania e la disgregazione dell’Impero asburgico.
Guglielmo II di Germania abdicò e l’Impero tedesco si trasformò in repubblica,
la tristemente famosa repubblica di Weimar, dal nome della città ove nacque. La
maggior parte del popolo tedesco era convinta, però, che la sconfitta fosse
dovuta più che a una reale inferiorità bellica germanica ad un tradimento o
indebolimento morale ordito o prodotto dai membri del governo civile, che
annoverava, tra gli altri, numerosi rappresentanti israeliti. Nacque il
desiderio di mandare a casa i “traditori di novembre”, che avevano negoziato
l’armistizio, firmato il Trattato di Versailles con la resa totale e senza
condizioni. Il crollo della Russia ad opera dei bolscevichi, in maggioranza
ebrei, e la nascita degli spartachisti tedeschi, comunisti ed ebrei in massima
parte, convinsero i tedeschi nazionalisti ed ancor più Hitler che come
l’ebraismo super-capitalista (USA) aveva piegato la Germania nel 1918 e quello
comunista (URSS) aveva distrutto la Russia nel 1917, così avrebbe fatto
definitivamente con la Germania di Weimar se non lo si fosse affrontato. Nel
1919 a Parigi si svolse la conferenza di pace, ove i vinti non furono invitati
per trattare e dovettero accettare la sconfitta con tutte le conseguenze come
un diktat o imposizione. Se le condizioni della Conferenza di Parigi furono
dure per gli sconfitti, esse divennero durissime nel Trattato di Versailles per
la Germania, che dovette cedere Alsazia e Lorena alla Francia e altri piccoli
territori al Belgio e alla Polonia, neonata dallo smembramento dell’Impero
austro-ungarico come la Cecoslovacchia, consegnare tutta la flotta militare,
che per evitare l’umiliazione si auto-affondò, ridurre il proprio esercito a
centomila unità, sopportare una fortissima svalutazione della moneta e pagare
una pesantissima indennità ai vincitori, che per di più (con Francia e Belgio)
la mantennero parzialmente occupata (bacino carbonifero della Ruhr) sino al
1930. Inoltre, cosa mai vista prima, la Germania fu obbligata a firmare un
documento in cui si dichiarava unica responsabile della guerra. Frattanto in
Germania vi fu un tentativo di rivoluzione comunista sul tipo sovietico, che fu
debellato a malapena dal governo socialdemocratico. Se l’Impero austriaco fu
smembrato e ridotto geograficamente ai minimi termini (l’attuale Austria con 7
milioni di abitanti, come la nostra Sicilia), non così la Germania alla quale
fu però imposta la forma di governo repubblicana e venne chiesta l’estradizione
dell’Imperatore Guglielmo II quale “criminale di guerra”. Questi, però, trovò
asilo in Olanda, non esistendo ancora il Nuovo Ordine Mondiale né il mandato di
cattura europeo. Questo stato di cose portò la Germania al Nazionalsocialismo,
che si opponeva al diktat di Versaglia, voleva ridare al popolo tedesco ciò che
gli era stato tolto in maniera così eccessiva e spietata, si contrapponeva al
bolscevismo sovietico e al giudaismo super-capitalista (USA) e collettivista (URSS),
che era visto come una delle cause della sconfitta sia per l’entrata in guerra
degli USA sia «per non aver aiutato con le
proprie grandi possibilità finanziare la Germania nel momento decisivo della
guerra» (6) ed infine «accusato dall’altro lato di aver organizzato la Rivoluzione bolscevica (alcuni
capi del comunismo russo, tra cui Trotskij, erano di origine ebraica)» (7). In Germania i disoccupati tra il
1919 e 1929 salirono a 6 milioni (cifra fatidica - quasi cabalistica - per il
popolo tedesco nel 1° e 2° dopo-guerra), vale a dire che il 50% delle famiglie
tedesche (ossia mezza Germania) erano disoccupate e alla fame.
Il processo di Norimberga
e il caso Julius Streicher (8)
Julius Streicher rappresenta un caso di condanna (a morte)
per reato di opinione, che dal 1946 pesa come una spada di Dàmocle sull’Europa.
Streicher nacque a Fleinhausen il 12 febbraio 1885 e morì a
Norimberga il 16 ottobre 1946. Fu un politico tedesco, uno dei primi leader del
Partito Nazionalsocialista, editore del settimanale antisemita Der Stürmer
(All’assalto) e di altre pubblicazioni - alcune per bambini - e Gauleiter ossia
governatore locale (mai politico a livello nazionale) di Franconia dal 1925 al
1939. Dopo la guerra Streicher figurò tra gli imputati al processo di
Norimberga, accusato di essere uno dei principali istigatori dell’odio razziale
nei confronti della popolazione ebraica che aveva condotto alla shoah
(“olocausto” o meglio “catastrofe”), e non di crimini di guerra, non avendo
ricoperto alcuna carica politica durante essa. Ruggero Taradel scrive:
«Il 12 luglio 1946 l’avvocato difensore [di Streicher,nda] tenne la sua arringa
conclusiva. Marx cercò di minimizzare l’impatto
delle campagne del Der Stürmer sull’opinione
pubblica tedesca, sottolineò che a
partire dal 1939 Streicher era relegato ai margini della vita politica e di
partito (…). Inoltre aveva costretto [il
giudice, nda] Griffith-Jones ad ammettere
in aula che il materiale dell’omicidio
rituale non era affatto inventato e che Streicher si era limitato ad ordinare e
proporre ai lettori testi ed immagini già esistenti» (9), specialmente lo “Entdecktes Judentum” (“Il Giudaismo svelato”)
di Johannes Andreas Eisenmerger del 1711, il “Der Talmudjude” di August Rohling del 1871, il “Christianus in Talmude Judaeorum” di G.B
Pranaitis (1892).
Nonostante ciò, Streicher fu condannato a morte per crimini
contro l’umanità o meglio per crimine di opinione, dacché non aveva preso parte
a nessuna decisione bellica o di polizia, ma aveva solo scritto sulla questione
ebraica, anche se in maniera virulenta. E’ interessante leggere quanto conclude
lo storico israelita Taradel, che rigetta assolutamente la spiegazione
psicologica e patologica freudiana della teoria antigiudaica, antisemitica e
specialmente dell’omicidio rituale come una sorta di “complesso di Edipo”, cioè
il figlio (cristianesimo) che vuol uccidere il padre (giudaismo), servendosi di
un mito (omicidio rituale). Egli infatti asserisce che aver voluto capire e
quasi “giustificare” tali teorie come deviazioni psicologiche è sbagliato: «Il danno più grave arrecato dalla
Psichohistory a questo campi di studi è proprio quello di assolvere dalle
proprie responsabilità (…) uomini e
istituzioni» (10), onde la fine
di Streicher non solo sarebbe stata giusta e meritata, ma andrebbe estesa a
tutti coloro che si occupano di tali questioni, come è successo due anni or
sono ad Ariel Toaff, che, per aver scritto “Pasque di sangue”, Bologna, Il
Mulino, 2007, è stato accusato di antisemitismo, licenziato dall’Università
Bar-Ilan di Gerusalemme in cui insegnava e dalla sinagoga nella quale
esercitava la funzione di rabbino ed infine ha ricevuto minacce di morte se non
avesse rivisto e corretto il libro, cosa che è avvenuta l’anno successivo, con
la seconda edizione e potrebbe succedere alla Chiesa, che ha beatificato ben 5
bambini martirizzati dai giudei con un rituale omicida, in odio alla fede
cattolica.
I primi anni
Streicher nacque a Fleinhausen, nei pressi di Augusta nella Baviera
meridionale. Egli fu il nono figlio della famiglia: il padre era un insegnante
ed un fervente cattolico; l’adorata madre, anch’essa profondamente credente,
venne definita successivamente da Streicher «la fortezza della miainfanzia».
All’età di tredici anni iniziò un corso, della durata di cinque anni, per
divenire maestro elementare. Completato il corso, nel gennaio 1904 iniziò la
sua carriera di insegnante. Dopo un primo periodo trascorso in seno alla Chiesa
cattolica, Streicher si allontanò dalla fede e divenne, con gli anni,
anticlericale e agnostico. Nel 1909 si trasferì a Norimberga, dove visse il
resto della vita.
Nel 1912 Streicher entrò a far parte del Partito Democratico.
Si distinse come oratore in occasione di diversi incontri del Partito e la sua
fama, seppur circoscritta all’ambiente di Norimberga, iniziò ad aumentare.
Stando a quando riferì lo stesso Streicher durante il processo di Norimberga,
fu in questa fase che egli, per la prima volta, si rese conto della “differenza”
degli ebrei rispetto alla restante popolazione tedesca.
Nel 1913 Streicher si sposò con Kunigunde Roth: il primo
figlio Lothar nacque nel 1915 e successivamente divenne articolista su Der Stürmer;
il secondo figlio, Elmar, nacque nel 1918.
Streicher nella prima
guerra mondiale
Allo scoppio del primo conflitto mondiale Streicher si
arruolò nell’arma di fanteria dell’esercito tedesco. Combatté inizialmente sul
fronte francese, dove si distinse come combattente, tanto da meritare, primo
della sua compagnia, la Croce di Ferro di Seconda Classe. Nel 1917 venne
promosso ufficiale e combatté sul fronte rumeno e quello italiano. Tornato nel
1918 in Francia venne nuovamente decorato con la Croce di Ferro di Prima
Classe, una delle massime onorificenze al valore tedesche. Terminato il
conflitto nel novembre 1918, Streicher rientrò in Germania e riprese il lavoro
di maestro elementare.
La “conversione” all’antisemitismo e l’ingresso
nello NSDAP
Deluso, come molti altri veterani tedeschi, dalla sconfitta
subita dalla Germania, Streicher iniziò a ragionare sui motivi che avevano
condotto il suo popolo alla disfatta. In questo periodo i tedeschi, desiderosi
di capire o anche di trovare una giustificazione alla sconfitta che tutelasse
il loro onore militare iniziarono a “pensare” a quella che è passata alla
storia come la teoria della pugnalata alle spalle. Secondo tale lettura, la
Germania sarebbe stata sconfitta non sul campo di battaglia, bensì dai corrotti
politicanti della Repubblica di Weimar, dai comunisti e dall’«internazionale
ebraica».
Streicher nel 1919 lesse per la prima volta i “Protocolli
dei Savi di Sion”, un documento della fine del XIX secolo, che ipotizzava un
piano per la conquista del mondo da parte degli ebrei. Nello stesso periodo
lesse inoltre l’“Handbuch der Judenfrage” (“Manuale della questione ebraica”)
dello scrittore antisemita Theodor Fritsch. Questi due scritti, uniti alla
ricerca della causa della sconfitta subìta, influenzarono profondamente
Streicher, che iniziò a vedere nell’ebraismo la fonte di molti problemi della
Germania, terminando così il processo di “conversione” all’antisemitismo
iniziato già prima della guerra. Alla fine del 1919 Streicher pronunciò il
primo discorso antisemita in pubblico.
David Irving spiega più approfonditamente che Streicher «a partire dagli anni Venti si era dedicato
allo studio dell’Antico Testamento e
del Talmud ed era arrivato alla conclusione che sino a quando gli ebrei si
fossero considerati ancora il popolo eletto ci sarebbero stati problemi tra
loro e le nazioni ospitanti [cose che scriveva già da tempo anche La
Civiltà Cattolica, nda]. Così aveva
raggiunto la conclusione che l’ebraismo
voleva stabilire un propria supremazia sui Gentili imbevendoli del ‘dogma’ multi-culturale e multi-razziale [cose perfettamente avveratisi e
oggivisibili a tutti, nda]. Per reazione aveva iniziato una campagna
contro l’ebraismo, per neutralizzarlo» (11), non per sterminarlo fisicamente.
Nel 1919 Streicher collaborò alla fondazione del Partito Socialista
Tedesco (Deutschsozialistische Partei, “DSP”), fortemente antisemita, del quale
divenne rapidamente il maggiore esponente. Nel 1921 Streicher iniziò la
pubblicazione della rivista del partito, Deutscher Volkswille (Partito dei
lavoratori) attraverso la quale si impegnò in violenti attacchi contro gli
ebrei.
Nel 1922 il “DSP” e la maggior parte dei suoi membri -
Streicher incluso - confluirono nel “Partito Nazionalsocialista” (“NSDAP”), che
da poco aveva trovato in Adolf Hitler il proprio leader carismatico. L’anno
successivo ebbe inizio la pubblicazione di Der Stürmer.
La carriera politica
Streicher partecipò attivamente al fallito tentativo di
colpo di Stato organizzato da Hitler e dal Partito Nazista il 9 novembre 1923 e
passato alla storia con il nome di Putsch della Birreria, dal nome di una
birreria di Monaco, la Bürgerbräukeller, nella quale Hitler pronunciò il
discorso che diede avvio al tentativo.
In qualità di direttore della propaganda Streicher ebbe il
compito, come oratore, di infiammare le masse di Monaco. In seguito marciò alla
testa del corteo dei rivoltosi che muovevano verso la Feldherrnhalle (un
complesso monumentale in ricordo dei Caduti), dove la polizia bavarese aprì il
fuoco provocando almeno 16 morti e dozzine di feriti, stroncando sul nascere il
colpo di Stato. Fuggito insieme agli altri rivoltosi, Streicher venne arrestato
nei giorni successivi e condannato ad un mese di prigione da scontare presso la
prigione di Landsberg, dove venne rinchiuso anche Hitler condannato ad una pena
di 14 mesi. Le autorità bavaresi sospesero inoltre la pubblicazione di Der
Stürmer, che riprese però la pubblicazione nel marzo del 1924, e lo
licenziarono. Infatti, ufficialmente Streicher era ancora maestro elementare.
Il coinvolgimento di Streicher nel fallito putsch rimase
sempre nel ricordo di Hitler che negli anni successivi supportò attivamente il
suo vecchio camerata, anche quando gli altri gerarchi nazisti, infastiditi
dalla veemenza di Der Stürmer e dal comportamento pratico di Streicher (12), avrebbero voluto estrometterlo dal
potere. L’affetto di Hitler nei confronti del fedele camerata fu tale che egli
ricordò Streicher nel “Mein Kampf”, scritto in occasione del periodo trascorso
in carcere a Landsberg.
Uscito dal carcere, forte dell’amicizia di Hitler, Streicher
riprese le proprie attività editoriali. Nel periodo tra il 1924 ed il 1933,
egli subì numerosi processi per gli articoli pubblicati su Der Stürmer,
scontando circa 8 mesi in carcere. Nonostante i problemi legali con le autorità
il 6 aprile 1924 venne eletto membro del parlamento bavarese.
“Gauleiter” di Franconia
Nel 1925 Streicher venne nominato Gauleiter di Franconia
(con capoluogo Norimberga, nella quale si teneva l’annuale Congresso del Partito
Nazionalsocialista), un ruolo che mantenne anche dopo la conquista del potere
da parte del Partito Nazionalsocialista avvenuta nel 1933. La posizione di
Gauleiter gli permise di incrementare rapidamente la propria fortuna attraverso
la pubblicazione di giornali antisemiti - sempre più letti - e il sequestro dei
beni precedentemente appartenuti agli ebrei. Nello stesso anno egli venne
promosso al grado onorario di Obergruppenführer (Capo delle squadre di assalto)
delle SA.
Il 1° aprile 1933 Streicher, in qualità di presidente della
commissione centrale, fu in prima linea nell’organizzazione del boicottaggio a
danno delle attività commerciali di proprietà ebraica, organizzato dai nazisti,
primo atto di una lunga serie di misure discriminatorie operate dal regime per
escludere e successivamente espellere la popolazione ebrea. Pochi giorni prima
del boicottaggio Streicher scrisse per “motivare” la popolazione:
«L’ebraismo ha voluto questa battaglia. L’avrà fin quando non si renderà conto che la
Germania dei battaglioni marroni (delle SA) non è una nazione di codardia e resa. L’ebraismo dovrà combattere fino a quando non otterremo la vittoria.
Nazionalsocialisti! Sconfiggete il nemico del mondo. Anche se il mondo è pieno
di diavoli, alla fine avremo successo»
(tratto dagli atti dell’accusa al processo di Norimberga, “Nazi Conspiracy
& Aggression”, Volume II, Capitolo XVI, pagine 691-692).
Nonostante le speranze riposte nell’azione, il boicottaggio
si rivelò fallimentare e venne rapidamente sospeso a causa delle numerose
proteste dei comuni cittadini.
Attraverso i suoi articoli Streicher supportò
entusiasticamente l’approvazione delle leggi biologicamente razziali di
Norimberga del 1935 vedendo in esse il compimento di «quindici anni dilavoro di
spiegazione» compiuto attraverso le proprie riviste. In qualità di
Gauleiter, Streicher mise in guardia i tedeschi contro gli ebrei e i comunisti,
responsabili della sconfitta tedesca.
Accuse e fine della
carriera politica
«Per varie ragioni
Streicher era caduto in disgrazia. Nel 1939 gli era stato vietato di tenere
discorsi pubblici e nel 1940 era stato allontanato da tutti gli incarichi
pubblici (…). Streicher era
probabilmente innocente, ma era stato
tradito dal direttore della sua casa editrice, Fink, come ha scritto il
figlio di Streicher, secondo cui Fink
condivideva le posizioni del peggior nemico di Streicher, Benno Martin, alto ufficiale SS (…). Egli
si era ritirato nella sua proprietà Pleikershof nella sua Franconia, (…) e aveva trascorso gli ultimi anni senza
alcun contatto con l’ambiente nazista»
(13).
Nonostante l’amicizia di Hitler, nel febbraio 1940 Streicher
venne destituito dalla carica di Gauleiter dopo le indagini di una commissione
voluta da Hermann Göring per problemi nell’amministrazione della Franconia, una
delle accuse principali era l’appropriazione indebita di beni appartenuti agli
ebrei. Dopo la guerra Streicher affermò che le vere cause erano da ricercarsi
nelle affermazioni che egli aveva fatto relative al presunto concepimento in
laboratorio della figlia di Göring, accusato di non essere capace di concepirla
naturalmente, essendo stato colpito da una pallottola all’inguine nel fallito
golpe del 1923. La commissione, che operò nella massima segretezza per evitare
scandali ed incrinare la fiducia popolare nel Partito, trovò Streicher
colpevole e lo rimosse dalla carica di Gauleiter.
I gerarchi ostili a Streicher (tra i quali figuravano anche
Hess, Goebbels ed Himmler) colsero la favorevole occasione per destituire
completamente la sua autorità agli occhi di Hitler ed allontanarlo
definitivamente dai più influenti circoli nazisti, proponendo anche il divieto
di pubblicazione per Der Stürmer. La rivista veniva infatti considerata da
Goebbels troppo violenta e quindi controproducente alla propaganda estera e da
Himmler troppo “pericolosa” per la riservatezza del programma di espulsione
sistematica degli ebrei tedeschi, che si stava allora pianificando.
Anche in questo caso non mancò l’appoggio di Hitler, che pur
confermandone a malincuore l’allontanamento dalla carica di Gauleiter, impedì
ulteriori attacchi, limitandosi ad una serie di blande misure che ordinarono a
Streicher di ritirarsi nella sua casa di campagna nei pressi di Norimberga,
dalla quale non avrebbe più potuto avere contatti con alte cariche del governo
o pronunciare discorsi a nome del Partito. Hitler negò l’assenso a sospendere
la pubblicazione di Der Stürmer che egli considerava un’importante veicolo di
propaganda.
Editore ed antisemita
a) Il settimanale “Der Stürmer”
Il 20 aprile 1923 Streicher pubblicò il primo numero di Der
Stürmer, il settimanale illustrato che raggiunse negli anni la tiratura di
quasi 500.000 copie. Der Stürmer utilizzò un vivo stile “scandalistico” basato
anche su volgari caricature, che mettevano in guardia la popolazione tedesca
dal pericolo della «perversione giudaica» e rappresentò un importante veicolo
propagandistico per le politiche antisemite del Partito nazionalsocialista.
b) Il quotidiano “Frankische Tageszeitung”
Nel 1933 Streicher, ormai influente e ricco leader nazista,
iniziò la pubblicazione del quotidiano Fränkische Tageszeitung e di numerose
altre riviste locali distribuite nella zona di Norimberga.
c) Iniziative editoriali per bambini
A partire dal 1936 la casa editrice Stürmer-Verlag, di
proprietà di Streicher, intraprese la pubblicazione di libri per bambini.
Illustrati e scritti con l’alfabeto allora in uso nelle scuole elementari
tedesche, riportavano filastrocche inneggianti la supremazia della razza ariana
e i pericoli insiti nella «contaminazione» del popolo tedesco con l’«eterno
giudeo». Tali libri ebbero un’ampia diffusione nelle scuole tedesche,
raggiungendo tirature superiori alle 100.000 copie. Tra i più importanti titoli
«pedagogici» pubblicati da Streicher:
“Trau keinem Fuchs auf grüner Heid und keinem Jüd auf seinem
Eid” («Non fidarti della volpe nel campo, non fidarti del giuramento di un
ebreo») del 1936. “Der Giftpilz” («Il fungo velenoso») del 1936. “Der Poodle
Pug Dachshund Pinscher” del 1940. La Stürmer-Verlag pubblicò inoltre nel 1937
un libro ad uso degli insegnanti, “Die Judenfrage im Unterricht” («La questione
ebraica nell’educazione») che asseriva, rifacendosi alle idee di Streicher:
«La questione razziale
ed ebraica sono i problemi centrali della visione del mondo nazionalsocialista.
Risolvere questo problema assicurerà la sopravvivenza del nazionalsocialismo e
di conseguenza la sopravvivenza del nostro popolo per sempre. L’enorme importanza della questione ebraica è
oggi riconosciuta da quasi ogni membro della comunità germanica. Questa
consapevolezza è costata al nostro popolo un lungo periodo di miseria. Per
risparmiare alle generazione future questa miseria, vogliamo che gli insegnanti tedeschi inculchino profondamente la
consapevolezza dell’ebreo nei cuori
della nostra gioventù partendo dall’infanzia.
Nessuno tra la nostra gente deve o può crescere senza apprendere la vera
depravazione ed il pericolo dell’ebreo».
Le campagne relative
all’omicidio rituale
Tra le più virulente campagne lanciate da Streicher fu quella
che accusava gli ebrei di compiere omicidi rituali a danno di bambini cristiani
iniziata nel 1934 con diversi articoli apparsi su Der Stürmer e proseguita
negli anni successivi. La campagna suscitò lo sdegno del mondo tanto da far
intervenire l’arcivescovo di Canterbury, che protestò presso le autorità
tedesche le quali reagirono accusandolo di essere al soldo dell’«internazionale
ebraica».
Come in molte altre campagne propagandistiche Streicher e i
suoi collaboratori utilizzarono una base storica, che accusava gli ebrei di
sacrificare bambini cristiani durante la celebrazione del Pesach, la Pasqua
ebraica. Der Stürmer sostenne che l’ipotizzata usanza fosse ancora celebrata.
Streicher e la
seconda guerra mondiale
Nel corso della guerra Streicher si ritirò nella sua villa
di Norimberga rimanendo esclusivamente editore ed articolista di Der Stürmer e
delle altre pubblicazioni della Stürmer-Verlag. Nonostante non ricoprisse più
cariche pubbliche, proseguirono gli attacchi circa il suo comportamento privato
e violente proteste per le riviste che pubblicava. A dispetto di questo, Hitler
difese sempre le azioni del suo vecchio e fedele camerata. Nel 1943 la prima
moglie morì ed egli si risposò con la segretaria Adele Tappe. Con l’avvicinarsi
del termine del conflitto Streicher, ancora fedele all’ideale nazista non
intendendo arrendersi, si ritirò verso le Alpi, dove la propaganda nazista
aveva illuso fosse detto che era stato preparato un «ridotto alpino», dal quale
effettuare l’ultima resistenza.
Il 22 maggio 1945 Streicher, riconosciuto, venne arrestato
dalle forze armate statunitensi.
Durante il processo
di Norimberga
Julius Streicher al processo di Norimberga fu accusato di
aver istigato, attraverso le colonne di Der Stürmer e delle altre sue pubblicazioni,
l’odio razziale. Per tutta la durata del processo continuò a considerare i suoi
accusatori di «razza ebraica» e a vantarsi di essere in grado di riconoscerli
con una sola occhiata. David Irving scrive che Streicher subì un trattamento
ben crudele a partire dal 22 maggio 1945, quando fu arrestato in Tirolo dal
maggiore americano Henry Blitt:
«Fu
subito ammanettato e chiuso nel carcere di Salisburgo e rimase in manette per 5
giorni. Con i polsi ancora legati e indossando solo una camicia ed un paio di pantaloni, il 23 maggio Streicher fu trasferito a
Freising, in Baviera, dove fu gettato
in una cella senza finestre e senza neppure una sedia o una branda. ‘Due o tre volte al giorno’, annotò in seguito nel suo diario, ‘mi costringevano a stare in piedi contro un
muro e con le mani legate sopra la testa e un poliziotto militare negro mi
frustava per un minuto o due, con uno
scudiscio di cuoio, sui testicoli’. (…)
Un ufficiale bianco ed altri suoi sottoposti gli ordinavano di aprire la bocca
per poterci sputare dentro. Se teneva chiusa la bocca gliela aprivano con un
bastone. Lo costringevano a bere urina. (…) Lo costrinsero a leccare i piedi di un soldato negro» (14). Però«Quando Streicher tentò di
protestare, dal banco delle
testimonianze, per le percosse che
aveva ricevuto, il giudice Jackson
ottenne che quelle parole fossero cancellate dal verbale dell’udienza» (15).
Nei dibattimenti pubblici e nelle conversazioni private con
lo psicologo americano George M. Gilbert e con lo psichiatra Leon Goldensohn si
distinse per il continuo riferimento alla «diversità» e «perversione» del
popolo ebraico, pur cercando di difendersi dalle accuse con l’asserire di
essere stato solo uno «scrittore» e quindi non perseguibile per l’attuazione
pratica delle proprie idee. Il suo comportamento lo portò ad essere emarginato
anche dagli altri co-imputati al processo.
Julius Streicher venne riconosciuto colpevole di crimini
contro l’umanità e condannato alla pena di morte per impiccagione. Il 16
ottobre 1946 venne impiccato nel carcere di Norimberga; le sue ultime parole
furono:
«Heil Hitler! Questa è
la mia celebrazione del Purim 1946. Io vado a Dio. I bolscevichi un giorno vi
impiccheranno tutti».
La festa ebraica del Purim, citata nelle ultime parole,
ricorda la sconfitta del nobile persiano Haman e l’impiccagione dei suoi dieci
figli ricordata nel Rotolo di Ester. Haman e i suoi figli erano nemici e
persecutori del popolo ebraico; probabilmente Streicher fece un parallelo
ironico tra sè e gli altri nove imputati nazisti condannati a morte (l’undicesimo,
Göring, si era suicidato la notte precedente) ed i figli di Haman accusati
ingiustamente dal «perverso giudeo». Streicher impiegò 12 minuti a morire,
dacché il cappio era stato fatto in maniera volutamente troppo grossa, di modo
da non spezzare la seconda vertebra cervicale e provocare la morte subitanea
per impiccagione. Onde morì per strangolamento o asfissia, come è successo anche
a Saddam Hussein.
Conclusione
“Il male avanza perché
nessuno lo ferma” (don Bosco)
Un fatto che dovrebbe farci
riflettere è che a Norimberga l’Europa e la Cristianità (non solo il nazismo o
i tedeschi (16) furono processati
per una colpa che non può essere perdonata e dimenticata e per un passato che
non deve passare, onde ne portiamo le conseguenze ancora oggi. Soprattutto la
shoah è servita come “piede di porco” per scardinare la civiltà europea: la
metafisica greca, il diritto e l’etica romana, la patristica, la scolastica e
il giure canonico medievale, la filosofia politica della seconda scolastica e
la “critica filosofica” della modernità da parte della terza scolastica,
l’intelletto e la volontà dei singoli individui europei (vedi Scuola di
Francoforte e Strutturalismo francese) ed in ultimo l’ambiente cattolico,
giudaizzato, con la scusa della shoah, a partire dagli incontri tra Jules
Isaac, il cardinale Bea e Giovanni XXIII. Questi incontri e “dialoghi” hanno
partorito “Nostra aetate” che è un vero e proprio “aborto teologico” in rottura
totale con la Traditio Ecclesiae, così che non contiene neppure una sola
citazione della Sacra Scrittura, dei Padri e del Magistero, semplicemente
perché non ve ne sono nel senso giudaizzante seguito da Nostra aetate, mentre
sono numerosissime le citazioni di sano antigiudaismo teologico che si potrebbero
addurre (17). Onde è necessario, se
vogliamo riacquistare la nostra identità europea, l’essenza della persona
umana, che è animale razionale e libero, e la vera natura del cristianesimo, il
quale è diametralmente opposto al giudaismo, al liberismo e al collettivismo,
combattere “il mito del XXI secolo”, ossia l’olocaustismo idolatrato.
Impugnarlo sia storicamente che logicamente e “a-teologicamente”, dacché la
teologia è “fides quaerens intellectum”, ossia, “credo ut intelligam et
intelligo ut credam”, e i rapporti tra fede e ragione sono stretti e vitali per
entrambe e non possono essere scissi senza danno per la stessa fede. Senza
questa “kulturkampf” prima storico-logica e poi teologica, la sola Messa
tridentina non basterà a risollevare l’umanità dall’abisso di menzogna
intellettiva e depravazione morale nella quale è caduta a partire da Norimberga
sino alle leggi contemporanee, che ne perpetuano lo spirito come passato che
non deve passare, terrorizzando tutti con il grido “antisemita!” ossia “dagli
all’untore!”. Specialmente noi cattolici romani dovremmo ricordarci che “la grazia presuppone la natura, non la distrugge, ma la perfeziona” (San Tommaso d’Aquino). Perciò, se vogliamo “restaurare omnia in Christo” (San Pio
X), dobbiamo ripartire dalla storia o memoria del passato, che è “magistra
vitae” anche per i preti, per i vescovi e per il Papa; dall’“interiore homine”,
che è stato abbrutito; dalla famiglia, dalla patria e dal continente europeo,
che sono stati quasi annichiliti da coloro che avevano dovuto lasciare l’Europa
negli anni Trenta (Freud, Adorno, Marcuse, Popper) e vi son tornati da
vincitori per uccidere le anime, dopo che i boia di Norimberga, Dresda,
Hiroshima e Nagasaki avevano ucciso i corpi con “crimini di pace”. Bisogna
tornare al reale se non si vuol continuare a vivere nell’ideale o
nell’immaginario, in cui la post-modernità ci ha rinchiusi come
tossico-dipendenti, dobbiamo disintossicarci da questo complesso di colpa che
vorrebbe tenerci abitualmente in uno stato di inferiorità nei confronti dei
peggiori nemici di Dio, di Cristo, della Chiesa e dell’uomo, odiato in quanto è
stato creato “ad immagine e somiglianza di Dio”. Sarebbe errato non voler
vedere che le radici dell’attuale crisi di Fede affondano a Norimberga e
dintorni. Vi sono due errori da evitare:
a) uno per eccesso: esaltazione
del neo-paganesimo pan-germanista,
b) l’altro per difetto: vedere
nell’Europa degli anni Venti-Quaranta il “Male Assoluto”, contrapposto al “Bene
Assoluto” che sarebbe rappresentato dalla democrazia giudaico-massonica
americanista. La verità si colloca in medio et culmen tra questi due errori,
dacché “ogni eccesso èun difetto e ogni difetto è un eccesso”.
Oggi, molti neo/teo-farisei si richiamano alle “radici giudaico-calviniste”,
che, venute dagli USA, potrebbero salvare l’Europa dall’invasione dell’ateismo
comunista o dell’integralismo islamista. Ma, se comunismo e islamismo non fanno
parte delle nostre radici, queste non sono neppure giudaiche e neppure
calviniste, ma metafisiche e cattolico-romane. Perciò, bisogna ritornare ad
esse e non lasciarci ingannare dalla “terza via” dei neo/teo-conservatori, i
quali adorano l’oro giudaicamente e calvinisticamente e disprezzano il
sacrificio, lo spirito di povertà, il nascondimento e la via regia della Santa
Croce, che “rimaneimmota mentre il mondo cambia” (“stat sancta Crux, dum volvitur orbis”). Monsignor Henry Delassus diceva che “il disprezzo del povero è il marchio di
riconoscimento della massoneria”. Ora il calvinismo americanista, di
origine giudaico massonica, è uno dei pilastri della filosofia dei
neo/teo-conservatori, i quali non vogliono la presenza della morale e dello
Stato nell’economia (o morale familiare, ossia come fare per mandare avanti una
famiglia senza fallire né fare del denaro il fine e non il mezzo), che essi
confondono con l’affaristica, crematistica o pecuniativa (o l’arte di far
ricchezze viste quale fine) e osteggiano chi vorrebbe un certo intervento dello
Stato (fatto salvo - si intende - il “principio di sussidiarietà”, ossia ove la
famiglia arriva lo Stato non deve intromettersi, ma dove la famiglia non riesce
a giungere lo Stato deve dare un suo contributo) o lo Stato-sociale, con la
pensione per gli anziani, gli incapaci, i disoccupati senza loro colpa e la
“cassa malattie” o “cassa mutua” per i degenti poveri, che non possono pagare
le cure mediche. Sembra inverosimile, ma ieri l’altro, nel Paese del “Bene
Assoluto” un bimbo undicenne di famiglia povera, nipote di una religiosa la
quale si trova in Italia, che ne è stata informata telefonicamente (ho
assistito al fatto io personalmente, altrimenti avrei stentato a crederci),
investito da una automobile, non ha avuto il diritto di essere accompagnato
all’ospedale dall’autoambulanza, poiché la sua famiglia non aveva il denaro
sufficiente per pagare il trasporto. Eppure i campioni delle “radici”
giudaico-calviniste europee si oppongono a chi in Usa vorrebbe un minimo di
Stato-sociale, e lo fanno perché l’uomo - per il liberismo - non è un “animale
sociale” (Aristotele) ma un “individuo assoluto” (da Locke a Hegel), che deve
essere lasciato a se stesso così che “chi
è buono riesce e chi è cattivo fallisce”, onde “agli zoppi e ai poveri, calci
agli stinchi”, come dicono i liberisti, poiché la ricchezza è un segno di
predestinazione e di distinzione elitaria, mentre a volte (non sempre, ma
spesso) è segno di corruzione e disonestà. Inoltre i campioni italiani delle “radici”
sedicenti “cristiane” dovrebbero aver studiato il Catechismo di San Pio X, il
quale insegna che defraudare della giusta paga l’operaio, non soccorrere e
approfittarsi dell’orfano, della vedova e dell’incapace è un “peccato chegrida vendetta a Dio”, cioè siccome costoro sono poveri ed
indifesi, sarà Dio stesso a vendicarli contro chi li ha sfruttati e ne ha
abusato.
Come si vede la dottrina cattolica compendiata da San Pio X nel Catechismo è
l’esatto opposto per diametrum delle “radici” calvinistico-liberiste. Per cui
vi sono radici buone che vanno curate e incrementate, mentre le male radici
vanno sradicate e bruciate, come insegna il Vangelo di Cristo a proposito del
fico secco.
Per gentile autorizzazione di don Curzio Nitoglia a EFFEDIEFFE.com
1) D. Irving, “Il
piano Morgenthau. 1944-1945, un genocidio mancato”, Roma, Settimo Sigillo,
2004.
2) Recentissimamente
è scoppiato lo scandalo dei parenti dei detenuti di Guantanamo, che erano
torturati e stuprati da agenti della democraticissima FBI e/o CIA statunitense.
Non penso che essi siano i soli a commettere certi abusi, ogni popolo in guerra
“calda o fredda” che sia ha commesso simili malvagità, dacché “pravum est cor hominis et imperscrutabile”,
dice la Sacra Scrittura. Il fatto singolare è che si attribuisca in maniera
manichea tutto il male solo ad una parte e tutto il bene solo ad un’altra. La
guerra scatenata dagli USA nel 2003 contro Sadam Hussein a causa delle armi di
distruzioni di massa, che poi si è dovuto ammettere anche da parte
dell’ingiusto aggressore non esistevano, è stata una guerra ingiusta e di
aggressione, per la quale a Norimberga si era condannati a morte, ma non mi
risulta che l’Amministrazione Bush jr. sia stata processata. Probabilmente si
scatenerà un’altra guerra contro l’Iran per armi atomiche inesistenti in atto,
ma nessuno sarà processato, almeno su questa terra, poiché alla fine della
nostra vita ognuno dovrà rendere conto a Dio delle sue azioni, anche le più
nascoste e segrete.
3) R. De
Mattei-E. Nistri- M. Viglione, “Alle radici del domani”, Milano, Agedi, 2005,
3° volume, pagine 270-271. Confronta H. Delassus, “Les pourqoi de la Guerre Mondiale”,
Lilla, Desclée de Brouwer, 3 volumi, 1919-1922. Molto interessante il III
volume, pagine 246-420, in cui l’autore spiega il ruolo che la
giudeo-massoneria ha giocato nella prima grande guerra. J. Joll, “Le origini della prima guerra mondiale”, Bari,
Laterza, 1985.
4) «Contro la Germania venne diffusa fra l’altro la notizia - rivelatasi poi del tutto
falsa - che nel Belgio occupato i Tedeschi ‘tagliavano le mani ai bambini’…» (R. De Mattei…, citata, pagina
281). “Nihil sub sole novi”. Le stesse situazioni della prima guerra mondiale
le ritroveremo sostanzialmente nella seconda. Si noti pure come le incongruenze
lasciate dal primo dopoguerra e specialmente la eccessiva penalizzazione
dell’intero popolo germanico portarono alla seconda.
5) A. Giardina-
G. Sabbatucci-V. Vidotto, “Uomini e Storia”, Bari, Laterza, 1990, 2a edizione,
3° volume, pagine 344-346 e 348.“
Confronta Patrick J. Buchanan, “Hitler volle la guerra?”, in
www.effedieffe.com, 6 settembre 2009.
Alberto Bertotto, “L’occupazione di Danzica: il prologo
della seconda guerra mondiale”, in www.effedieffe.com, 11 settembre 2009.
6) De Mattei…,
citata, pagina 312.
7) Idem, citata, pagina 347.
Confronta anche A. Solgenitsin, “Due secoli assieme. Ebrei e
Russi prima della rivoluzione e durante il periodo sovietico”, Napoli, Controcorrente,
2 volumi, 2007.
8) Karl-Heinz
Höffkes di Hessen ha messo a disposizione di David Irving i diari e tutte le
altre carte di Julius Streicher, che l’autore cita abbondantemente nel suo
libro sul processo di Norimberga assieme ai colloqui avuti con la moglie dello
Streicher.
9) R. Taradel, “L’accusa
del sangue. Storia politica di un mito antisemita”, Roma, Editori Riuniti,
2002, pagina 302.
10) Idem, citata,
pagina 307.
11) D. Irving,
citata, pagina 123 e commenti di Adele Streicher moglie di Julius, raccolti da
Irving.
12) Streicher
viene ancor oggi comunemente accusato di essere stato un “pornografo” dopo che
tale appunto gli era stato mosso dallo psicanalista americano Gilbert, che si
occupava dell’igiene mentale degli imputati di Norimberga. Irving commenta: «Oramai Streicher aveva una pessima fama, e non doveva essere difficile impiccarlo»
(opera citata, pagina 210), ma la vedova Streicher ha commentato così l’accusa:
«Non esiste alcun fondamento per quelle
affermazioni. Streicher era normale sino alla noia. Dalle sue labbra non uscì
mai neppure una parola spinta», citato in D. Irving, ibidem, pagina 210,
nota 27.
Anche Hitler viene descritto ora come un pazzo, ora come un
imbianchino fallito, ora come il diavolo incarnato. Se fosse stato un
pazzo-fallito non sarebbe riuscito a fare tutto quello che ha fatto di bene
(ricostruzione della Germania dopo la prima guerra mondiale e la crisi
economico-finanziaria del 1929), dacché il pazzo-fallito è incapace di
intendere e volere. Se fosse stato il diavolo incarnato, avrebbe vinto poiché il
diavolo è un angelo decaduto, che mantiene la natura angelica o di puro
spirito, la quale è - naturalmente parlando - più potente di quella umana. Onde
o Hitler è stato “meno diavolo” degli Alleati, il che è probabile, oppure ha
vinto la guerra e noi non ce ne siamo accorti (come i nostri genitori non si
erano accorti della shoah), il che non molto è credibile. Per quanto riguarda
la figura umana di Hitler si legga Rochus Misch, “L’ultimo. Il memoriale
inedito della guardia del corpo di Hitler (1940-1945)”, Roma, Castelvecchi,
2005. Da quanto racconta il testimone oculare della vita del Führer dal 1940
sino alla sua morte, Hitler appare come una persona del tuttonormale, né deficiente, isterica e neppure
diabolica. Certamente non fu un santo, ma neppure il “Male assoluto”, anzi a
sentire la difesa di Boffo fatta dalla CEI si potrebbe dire che era un
“gentelman” in rapporto ai “campioni” odierni.
Confronta D. Irving, “La guerra di Hitler”, Roma, Settimo
Sigillo, 2001.
La Germania ha sempre cercato l’alleanza con l’Inghilterra
in funzione antisovietica, ma essa è stata sempre rifiutata, prima e anche dopo
lo scoppio della seconda guerra. Il patto Molotov-Ribbentrop non è, come
vorrebbero farci credere i neo/teo-farisei-conservatori, il segno di un’affinità
ideologica del nazionalsocialismo col bolscevismo, la quale è del tutto priva
di ogni fondamento nella realtà. Essa era dettata da un’esigenza tattica di non
aprire contemporaneamente due fronti ad oriente ed occidente, i quali avrebbero
schiacciato la Germania. Tuttavia essa vi fu spinta sia dalla volontà di non
cooperazione anglo-americana e sia dall’URSS, che forte della copertura degli USA,
si apprestava all’imminente attacco contro la Germania. Onde il III Reich
dovette attaccare la Russia bolscevica per primo, sperando di non essere
sopraffatto, cogliendola di sorpresa. Inoltre l’URSS fu finanziata e sostenuta
dall’economia bellica americana, altrimenti non sarebbe riuscita a tener testa
all’avanzata teutonica. Onde lo svolgimento della seconda guerra mondiale
sembra essere veramente la prova del nove dell’aggressione del giudaismo
super-capitalista occidentale (USA) e di quello collettivista orientale (URSS)
contro le ultime vestigia della Vecchia Europa, le quali avevano ricevuto un
colpo molto grave ma non ancora mortale con la prima grande guerra, che fu
ripetuto in maniera analoga e definitiva nel 1939-45. Il grande ammiraglio
Doenitz scrisse verso la fine del conflitto: “Preferirei mangiare tutto il fango della terra, piuttosto che veder i miei figlieducati in un mondo dominato dallo spirito
giudaico-bolscevico”. Tale dominio, oggi quasi-assoluto, purtroppo si è
avverato, anche grazie all’andamento della seconda guerra, nella quale gran
parte ha giocato l’ebraismo americanista e sovietico. Il ruolo guida nella
seconda guerra e nel processo di secolarizzazione della società civile ed
annichilazione dell’individuo umano del dopo guerra è stato condotto dagli USA,
che hanno volutamente spazzato via i regimi autoritari europei, con tutti i
lori limiti e difetti, per mantenere in vita un moribondo che era la Unione
sovietica staliniana, la cui dottrina è stata definita dal Magistero come
“intrinsecamente perversa” (Pio XI, Divini Redemptoris missio, 1937).
13) D. Irving,
citata, pagine 124-125.
14) D. Irving,
citata, pagina 88, che riporta il manoscritto di J. Streicher in data 16 giugno
1945, appartenente ora all’archivio di Irving.
15) D. Irving,
citata, pagina 255. Tuttavia le parole di Streicher si trovano nei nastri
registrati durante il processo, che sono ora in possesso anche di Irving.
16) Confronta M.
Picone Chiodo, “… E malediranno l’ora in cui partorirono. L’odissea tedesca tra
il 1944 e il 1949”, Milano, Mursia, 1987.
17) Confronta “Le
Bolle dei Papi sul problema ebraico”, in questo sito.
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