>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

Copenhagen_complotto_550.jpg
Copenhagen: complotto per il governo mondiale
Stampa
  Text size
Cinquantasei quotidiani di 45 Paesi hanno pubblicato in prima pagina lo stesso articolo in una ventina di lingue diverse (1): uno «spontaneo» appello che invita il vertice di Copenhagen, proprio mentre si apre, ad «agire contro il cambiamento climatico provocato dall’uomo».

Poteva mancare la nostra Repubblica di De Benedetti e Scalfari? No, naturalmente. Una sfrontatezza inaudita da parte della casta mediatica: perchè quando lo stesso articolo è pubblicato da 56 grandi media del pianeta, nella faccenda non c’è evidentemente nulla di spontaneo, e si smentisce ogni pretesa di libertà d’informazione. Si fa invece mostra di una campagna di propaganda concertata da poteri transnazionali, oscuri ma evidentemente irresistibili, e dell’ennesima – ma particolarmente svergognata – dimostrazione di obbedienza del giornalismo «mainstream» a quei poteri.

Copenhagen_complotto_1.jpgSono gli stessi media che hanno taciuto o svalutato il «Climategate», ossia quelle e-mail scambiate fra climatologi americani ed inglesi, dove costoro complottavano per nascondere i dati sulle temperature, che smentivano il riscaldamento globale. Sono gli stessi giornali che hanno annunciato che ai delegati di Copenhagen è stato mostrato un video di propaganda terrorista sui supposti effetti del global warming, che tutti all’unisono hanno definito «un filmato-shock». L’organizzazione della pubblicazione dell’unico articolo (fulgido esempio del pluralismo d’opinione) è stata concertata dal vicedirettore del Guardian britannico: che si chiama, per caso, Ian Katz.

Ma è difficile identificare quei poteri. Quasi certamente non ne hanno la minima idea i 15 mila delegati dei governi e i 5 mila giornalisti arrivati a Copenhagen con 140 aerei privati, scarrozzati da 1.300 limousines di lusso, che si ingozzeranno di caviale e foie gras a quintali, pronti a consigliarci tutti uniti di «limitare i nostri stili di vita» o – come ordina il Corriere della Sera – di andare in bicicletta, farsi meno il bagno, non tirare lo sciacquone, far funzionare la lavatrice di notte.

Consigli idioti per noi, che lorsignori ritengono idioti, forse a ragione. La verità è che a Copenhagen lorsignori vogliono mettere in atto il controllo globale del mondo da parte – letteralmente – di un nascituro governo mondiale.

Il programma l’ha scoperto lord Christopher Monckton (2), un pari già consulente della Thatcher, quando ha saputo che i delegati arrivati a Copenhagen devono raggiungere un accordo su una «bozza di trattato» già stilata. Il fatto è che questa bozza di trattato non è stata resa pubblica, e i politici mondiali arrivati a Copenhagen, di solito così loquaci, non ne hanno mai detto una parola. 

Copenhagen_complotto_2.jpgLord Monckton ha voluto venire a capo di questo documento segreto, per leggerlo. Non è stato facile. Lui e diversi suoi collaboratori  hanno esplorato per giorni oscuri siti web dell’ONU, e spulciato decine di hyperlink, fino a scoprire la bozza: un documento che nei siti non viene nemmeno chiamato «trattato», ma (per meglio nasconderlo) una anodina «Nota del Segretariato».

Questa nota del Segretariato (delle Nazioni Unite) si è rivelata essere un tomo di 181 pagine, datato 15 settembre, che comprende il The United Nations Framework Convention on Climate Change insomma la bozza fino ad oggi sottratta alla conoscenza pubblica.

Difficilissimo orientarsi nell’ambiguo, involuto fraseggio del documento, uno stile che (non c’è ragione di sorprenderci) è ricalcato sul modello della neolingua eurocratica del Trattato di Lisbona. Ma a pagina 18 uno «schema per il nuovo arrangiamento istituzionale sotto la Convenzione» si danno le direttive per un organismo dell’ONU, ancora senza nome, a cui si conferirà il potere di intervenire negli affari non solo ambientali, ma anche fiscali ed economico-finanziari di tutti gli Stati che firmeranno il trattato di Copenhagen. Questo corpo viene chiamato esplicitamente «government», un governo.

«E’ la prima volta, a mia conoscenza, che un corpo transnazionale ancora da creare viene chiamato ‘governo’», ha detto Lord Monckton: «Ma a spaventare sono i poteri che saranno conferiti a questo ‘governo’ totalmente non elettivo. La cruda ambizione di questo governo mondiale è enorme fin dal principio», scritta nero su bianco, al contrario – per esempio – della melliflua e progressiva costruzione europeista, che s’è accaparrata poteri via via più vasti per la Commissione (non-eletta) ma a poco a poco, senza darlo ad intendere.

Articolo dopo articolo, il contorto fraseggio della bozza di trattato impone ai Paesi sviluppati  firmatari il pagamento di un «debito di adattamento» (sic) a favore delle nazioni sottosviluppate, con la scusa di sostenerle delle misure di mitigazione delle emissioni che «cambiano il clima».

L’entità del flusso finanziario è rivelata nella clausola 33 a pagina 39: «Entro il 2020 il flusso finanziario di sostegno all’adattamento nei Paesi in via di sviluppo dev’essere almeno di 67 miliardi di dollari, o meglio fra 70 e 140 miliardi l’anno». La cifra dovrebbe essere estratta con l’applicazione di una tassazione speciale; diverse proposte sono offerte, fra cui (a pagina 135) l’imposizione di «una imposta del 2% sulle transazioni dei mercati finanziari internazionali delle parti di cui all’Annesso 1»: l’Annesso 1 parla delle nazioni ad alto sviluppo, fra cui ovviamente l’Italia.

Si tratta a quanto pare di una Tobin Tax, ma di durezza proibitiva. Mentre Tobin proponeva un prelievo dello 0,5% sulle transazioni (o anche più lieve) per colpire soltanto quelle ripetute migliaia di volte al giorno – ossia la mera speculazione  – un prelievo del 2% stroncherebbe anche le attività finanziarie più ragionevoli e moderate, essenziali all’economia reale.

E’ un deliberato progetto di drastica e permanente riduzione dell’attività produttiva globale, attuata e sorvegliata da un unico ente globale chiamato «governo», dotato di tutti i mezzi di controllo e di esazione centralizzata – e non votato da nessuno. E del tutto insensibile ai costi che imporrà alle industrie già proprio adesso penalizzate dalla grande depressione in atto, e alla fame che produrrà per centinaia di milioni di esseri umani, privati di lavori produttivi e di potere d’acquisto. Una catastrofe di cui i nostri politici – quelli che abbiamo eletto – sembrano non darsi per inteso.

La sola voce consapevole s’è levata (e ciò è significativo) dall’agenzia cinese Xinhua, dove l’opinionista Yu Zheng mette in guardia fin dal titolo: «Stiamo attenti alle intenzioni inconfessate della diplomazia occidentale sul cambiameno climatico» («Be aware of unspoken intention of Western climate change diplomacy»).

«Come possono le nazioni occidentali pretendere di occupare il primato morale nel progetto di un mondo più verde?», si domanda l’opinionista cinese. «Sono queste potenze a imporre le regole del gioco, e le cambieranno quanto vorranno, per mantenere la propria competitività, preservare i propri interessi finanziari, i propri benefici sociali e di conseguenza la propria forza nazionale. L’hanno già fatto ripetutamente, dal sistema di Bretton Woods che creò il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, alla unificazione (di tutti i Paesi) sotto l’Organizzazione Mondiale del commercio, e ai meccanismi di Kyoto che mirano ad istituire un mercato globale dell’ossido di carbonio...  E’ un ben ingegnoso trucco quello di aver fatto dell’ossido di carbonio una materia prima con un prezzo. Specie dopo il fallimento di Wall Street nella sua corsa alla cartolarizzazione di tutto: azioni di imprese, assicurazioni, persino debiti inesigibili. E’ chiaro che si vuole commercializzare tutto: stavolta, in mancanza di meglio, il clima».

Qui, lo scopo ultimo e inconfessato del progetto è finalmente rivelato. Da un cinese. Ma l’analisi di Yu Zheng non dice tutto. La parte più inconfessabile l’ha denunciata Tarik Ali, lo scrittore anglo-pakistano: «Copenhagen sembra essere l’ultima opportunità di riportare gli ideali comunisti in vigore a livello mondiale».

Insomma il controllo centralizzato e totalitario, la pianificazione globale, da parte di un comitato centrale di banchieri senza volto. Il comunismo bancocratico.

Copenhagen_complotto.jpgL’identificazione di questo comitato centrale orwelliano è, per il momento, solo indiziaria. Ci si deve ricordare che l’allarmismo climatico e la pretesa «cura» del riscaldamento globale a forza di regolamentazioni centralizzate, di tassazione dell’inquinamento e del commercio di «diritti di inquinare» su scala globale hanno come testo fondamentale il Report on the Economics of Climate Change (2006) che porta la firma di sir Nicholas Stern, già vicedirettore della Banca Mondiale; allarme  fortemente sponsorizzato da Tony Blair (che i poteri occulti volevano «capo del governo europeo»), ed oggi accettato come direttiva globale.

Si tratta dunque di una elaborazione che riattiva il progetto occulto di Cecil Rhodes e Alfred Milner, i due potenti ideologi convinti della superiorità della «razza bianca anglo-sassone» che nel tardo Ottocento crearono i meccanismi per garantire la sopravvivenza dell’imperialismo britannico anche dopo la perdita delle colonie. La mira era fare dell’impero britannico (come dirà poi Aldous Huxley) un «impero della mente», capace di continuare a reggere le sorti del mondo emanando stati d’animo collettivi e tirando le fila del potere finanziario.

S’intravvede qui, rinfrescata dall’allarmismo climatico sostenuto con dati scientifici falsi (non a caso provenienti da università inglesi) (3) dell’ideologia anti-natalista di Thomas Malthus e dell’ossessione pianifichiatrice della «Round Table» (4), con le tattiche consigliate dal movimento fabiano: instaurare un socialismo progressivo con la trasformazione dell’economia da privata (in mano a proprietari fisicamente identificabili) a «gestionale», affidata a manager e banchieri. Questo progetto voleva mantenere l’apparenza delle libertà occidentali, espropriandole però insensibilmente.

Negli anni ‘60 e ‘70, il neo-imperialismo mentale aspirò a una fusione del sistema capitalista col sistema sovietico «riformato». Pur senza disporre di prove precise, giurerei che il comitato centrale di questo nuovo mondo «ecologico» abita nelle vicinanze del Tavistock Institute (l’istituto britannico gestito da psichiatri militari, dediti a studiare i metodi di guerra psicolpogica: «salti di paradigma», li chiamano) e alla loggia «Quatuor Coronati», la Loggia-madre di Londra, da cui dipendono le «regolarità» di tutte le logge massoniche del globo.

Nulla di nuovo, si dirà. E’ il vecchio progetto mondialista che riprende, dopo l’interruzione prodotta dal decennio «neocon» negli Stati Uniti, che miravano alla guerra perpetua. Quel che impressiona però è l’accelerazione incredibile che il progetto sta ricevendo in questi giorni.

Di punto in bianco, e superando le forti opposizioni degli ambienti industriali americani, il presidente Obama dichiara che «l’ossido di carbonio mette in pericolo la salute e il benessere degli americani» (asserzione che se fossimo ancora razionali vedremmo ridicola: l’ossido di carbonio è un prodotto della respirazione vegetale, e la crisi dei sub-prime è molto più efficace nel distruggere la salute e il benessere degli americani); e subito consegna ad un organo tecnocratico, la Environment Protection Agency, il potere di regolamentare i gas serra (ossia lo spaccio dei diritti d’inquinamento) e di imporli al Paese, senza far passare il progetto di legge all’esame del Congresso.

Obama va a Copenhagen impegnando l’America – cosa mai prima avvenuta – a «tagliare i gas serra», senza apparente opposizione nè discussione. Di colpo, è come se l’impero mondiale fosse già qui. Non stupirà sapere che Goldman Sachs, la grande macchina delle bolle finanziarie che ci hanno rovinato, si è posizionata per profittare del traffico miliardario di «titoli al carbonio».




1) Chris Tryhorn, «More than 50 papers join in front-page leader article on climate change», Guardian, 6 dicembre 2009.
2) Janet Albrechtsen, «Has Anyone Read the Copenhagen Agreement? U.N. plans for a new ‘government’ are scary», Wall Street Journal, 29 ottobre 2009.
3) La fonte delle e-mail che provano le falsificazioni è la «Climatic Research Unit» (CRU) della East Anglia University, i cui cosiddetti scienziati dipendono dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), un organismo delle Nazioni Unite costituito per attuare le nuove norme globali e promuovere debitamenta l’allarmismo climatico. Sir Nicholas Stern è ovviamente l’anima dell’IPCC. I cosiddetti scienziati del CRU, nelle loro e-mail che dovevano restare riservate, si incitano l’un l’altro a non rivelare i dati veri (che smentiscono il global warming), dicendosi che essendo l’IPCC è un ente sovrannazionale, non è soggetto al «freedom of informaztion act», ossia all’obbligo legale di rendere pubbliche le informazioni in suo possesso. L’IPCC è intervenuto a difesa dei suoi scienziati con una svergognata contro-accusa: «Le e-mail dei climatologi sono state rubate per sabotare il vertice di Copenhagen». Il  vice-presidente dell’IPCC, Jean Pascal van Ypersele, ha spiegato che il furto dei dati non è stato opera di «hackers dilettanti», ma di veri professionisti pagati per i loro servizi, quasi certamente russi. La rivelazione della frode, ha detto il vicepresidente, «non cambia nulla nelle conclusioni dell’IPCC, è solo una riga fra centinaia di pagine di prove» a favore del global warming d’origine antropica. Senza vergogna, sicuri del loro potere.
4) La «Round Tables» è il consesso  imperialista ispirato da Cecil Rhodes e da Lord Milner, apparentemente fondato nel 1909. E’ stato il grande storico Carroll Quigley  («Tragedy and Hope», 1966) a rivelare che la Round Table faceva capo ad una più segreta società finanziata dai giacimenti di diamanti sudafricani posseduti da Cecil Rhodes (ed oggi dalla multinazionale Oppenheimer-De Beers). Rhodes fu il primo «generale della società» (una denominazione presa in prestito dai gesuiti), e designò come suo successore al generalato lord Rothschild. L’organismo era governato da una «giunta dei Tre», costituita da William Stead (direttore del giornale Pall Mall Gazette, intimo di Rhodes), Lord Milner e Reginald B. Brett (Lord Esher). Più tardi la giunta fu sostituita da un «cerchio degli iniziati» che cooptò altre figure, fra cui il cardinale anglicano Manning, Lord Albert Grey, sir Harry Johnston, e soprattutto Lord Arthur Balfour, uno dei capi della Loggia Quatuor Coronati e - come ministro degli Esteri britannico - autore della «Dichiarazione Balfour», la lettera indirizzata a Lord Rothschild con cui impegnava la Corona britannica a creare un «focolare ebraico in Palestina», il futuro Stato d’Israele. Per occupare la Terra Santa, allora dominio ottomano, gli inglesi vi spostarono oltre un milione di soldati, sguarnendo i fronti della Grande Guerra. Negli ultimi anni della sua esistenza, lord Rhodes si dedicò invece ad una più ampia metodica di cooptazione: le «Rhodes Scholarships», borse di studio grazie alle quali selezionati personaggi americani, asutraliani, sudafricani, canadesi e tedeschi (appartenenti alla «razza bianca superiore») avrebbero studiato gratuitamente ad Oxford, dove sarebbero stati imbevuti dell’ideologia britannica. Una lista dei beneficiari della Rhodes Scholarship si trova su Wikipedia,
http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_Rhodes_Scholars . Lettura rivelatrice e sorprendente.


La casa editrice EFFEDIEFFE, diffida dal riportare attraverso attività di spamming e mailing su altri siti, blog, forum i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore.



Home  >  Europa                                                                                            back to top

 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità