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False flag in vista: firmato bin Laden
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Il primo a dirlo è stato Barak Obama, parlando qualche giorno fa a West Point, per giustificare l’invio di altri 30 mila uomini in Afghanistan: «Nuovi attentati di Al Qaeda vengono progettati nel momento stesso in cui vi parlo... Prendo questa decisione perchè sono certo che la nostra sicurezza è in gioco in Afghanikstan e in Pakistan. Quello è l’epicentro dell’estremismo di Al Qaeda, è da lì che siamo stati attaccati l’11 settembre, ed è da lì che nuovi attentati vengono tramati mentre vi parlo. Non è un pericolo dormiente nè una minaccia ipotetica».

Di fronte alla stupefazione dei presenti, Obama ha aggiunto che l’intelligence americano aveva catturato «estremisti provenienti da Afghanistan e Pakistan negli Stati Uniti per commettere nuovi atti terroristici». Il pericolo imminente si aggraverà se «l’area torna indietro, ed Al Qaeda può operare impunemente» (1).



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Quest’allarmante asserzione ha fatto ritenere ad alcuni osservatori (fra cui l’amico Webster Tarpley)  che possa essere imminente un attentato del tipo 11 settembre, da attribuire ad «Al Qaeda». Un attentato false flag, abbastanza grave da convincere l’opinione pubblica della necessità di espandere il conflitto in Pakistan (col vero scopo di prendere possesso delle testate atomiche del Paese) e magari giustificare l’intervento contro l’Iran.

osama_attack_1.jpgAbbiamo esitato a riprendere questa ipotesi, increduli che Obama (il Nobel per la Pace) ricalcasse così platealmente le orme di George W. Bush, che fosse così completamente in mano agli ambienti che hanno dominato la precedente amministrazione. Ma ora, a rafforzare il sospetto, c’è una inaudita affermazione del comandante in capo delle forze USA in Afghanistan, generale Stanley McChrystal.

In una audizione al Congresso, il generale ha detto che «la cattura di Osama bin Laden è essenziale per sconfiggere l’organizzazione terroristica». Aggiungendo che la cattura non è detto sia possibile, perchè «quando il capo di Al Qaeda esce dall’Afghanistan, dargli la caccia esula dal mio mandato».

E’ una richiesta di un intervento di grande portata in Pakistan? Evidentemente. Subito il capo del Pentagono, Gates, ha spiegato alla ABC che «se come sospettiamo Osama bin Laden si trova nel Nord Waziristan, si tratta di una zona dove il governo pakistano non ha una presenza da parecchio tempo».

Dunque, il vuoto va riempito con un’invasione in grande stile. Ma non senza un clamoroso attentato sul territorio americano, che convinca tutti a questa nuova estensione di una guerra che dura da otto anni.



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U.S. President Barack Obama greets cadets at the U.S. Military Academy in West Point, New York December 1, 2009



Così, catturare bin Laden  ridiventa d’improvviso una priorità? Giusto a futura memoria, ricordiamo alcuni fatti:

Le Figaro (evidentemente imbeccato dal controspionaggio francese) rivelò nel novembre 2001 che il capostazione locale della CIA andò a incontrare bin Laden nella clinica americana di Dubai, dove il terrorista-capo si sottoponeva a dialisi renale, due mesi prima dell’11 settembre 2001. Ciò, nonostante bin Laden fosse già ufficialmente ricercato dagli USA per l’attentato alla nave da guerra USS Cole. (CIA agent alleged to have met Bin Laden in July)

Il 14 ottobre 2001 il regime dei talebani offrì a Washington di consegnare Osama bin Laden in un Paese neutrale, purchè Bush cessasse i bombardamenti in atto di Afghanistan e fornisse le prove del coinvolgimento di bin Laden nell’11 settembre. Dubya Bush rispose che i bombardamenti non sarebbero cessati a meno che i talebani non «consegnino a noi bin Laden, le sue coorti (sic), tutti gli ostaggi che essi tengono. Non c’è da discutere di innocenza o colpevolezza. Noi sappiamo che egli è colpevole». L’offerta fu fatta da Haji Abdul Kabir, vice-primo ministro talebano, e fu ripetuta all’ultimo minuto dal ministro, durante una visita ad Islamabd, rinunciando alla richiesta di vedere le prove delle colpe di bin Laden.

Nel dicembre 2001, bin Laden era «nel mirino» della forze americane d’occupazione, si trovava sicuramente a Tora Bora, e Donald Rumsfeld rifiutò di dare l’ordine di catturarlo. L’evento è stato rivelato da Gary Berntsen, che era il capo della CIA sul campo all’epoca, ed è stato ancora ufficialmente rievocato dal Congresso USA nel novembre sorso (2009). (Exclusive: CIA Commander: U.S. Let bin Laden Slip Away)

Commandos francesi hanno dichiarato che avrebbero potuto catturare bin Laden in Afghanistan, ma furono fermati dai comandi USA. Sulla vicenda due documentaristi francesi, Emmanuel Razavi ed Eric De Lavarene, hanno prodotto perfino un documentario. (Afghan article says US Bin-Ladin hunt phoney)

Nel febbraio 2007 il generale Peter J. Schoomaker, all’epoca capo di Stato Maggiore dell’esercito, disse a proposito della mancata cattura di bin Laden: «Non so se sia tanto importante, francamente».

Dick Cheney, il vice-presidente, confermò: «Bin Laden non è la sola causa del problema, naturalmente... se lo uccidessimo domani, avremmo ancora un problema, Al Qaeda». (General Plays Down Value Of Capturing Bin Laden)

Il presidente Bush – quello che l’11 settembre aveva giurato: «Lo prenderemo vivo o morto» – confermò ancora: «Non so dove sia. Non ci perdo il sonno... Ripeto quel che ho detto: non mi preoccupa affatto». Nel 2006, Bush sciolse l’unità di intelligence dedita alla caccia di bin Laden: CIA disbands Bin laden unit.

Il colonnello della riserva David Hunt ha recentemente dichiarato che le forze USA hanno perso l’occasione di prendere bin Laden un’altra volta nel 2007: «Sappiamo, con il 70% di probabilità – un’alta probabilità nel mondo dell’intelligenze – che nell’agosto 2007, bin Laden era in un convoglio diretto a sud di Tora Bora. Avevamo il suo didietro nelle telecamere, nei satelliti.
Ascoltavamo le sue conversazioni. Avevamo nelle vicinanze i migliori assassini del mondo, il Team 6 dei Navy Seals. Avevamo il superiore Joint Special Operation Command che si coordinava con la CIA. Avevamo droni senza piloti che lo sorvolavano con missili sotto le ali, avevamo la migliore forza aerea del pianeta... Incredibilmente, e secondo me criminalmente, non abbiamo beccato Osama bin Laden». (America Could Have Killed Usama bin Laden – But Didn't)



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A U.S. Army cadet reads a book entitled "Kill Bin Laden" as he waits with other cadets for U.S. President Barack Obama



Dunque catturare bin Laden non era così importante nel 2001, nel 2005, nel 2007. Chissà perchè adesso la sua cattura è diventata «essenziale» alla riuscita del «surge» in Afghanistan, tanto da doverlo inseguire in Pakistan.

osama_attack.jpgAd ogni buon conto il presidente pakistano Ali Zardari (l’accorto vedovo di madame Bhutto), a fine novembre, ha rinunciato alla «valigetta» che gli consente di ordinare i lanci di testate atomiche, e insieme s’è spogliato dell’autorità di comandante supremo delle forze armate, consegnando l’una e l’altra al suo primo ministro, Yousuf Raza Gilani, assistito in questa responsabilità dai più alti gradi militari. (Pakistan's Zardari Cedes Control of Nukes)

E il primo ministro turco Tayyip Erdogan ha minacciato Israele in questi termini: se i suoi aerei violano lo spazio turco per andare a bombardare l’Iran, «riceverà (da noi) una risposta tipo terremoto» .

E’ probabile che i due governanti orientali abbiano qualche informazione più precisa di  noi comuni mortali. Anche El Baradei, il capo della AIEA recentemente decaduto, ha messo in guardia Israele da un attacco, secondo lui già pianificato, contro l’Iran: «Il mondo deve riconoscere che l’Iran non presenta una minaccia imminente e non sta accelerando la produzione di uranio arricchito. Ma anche Osama Bin Laden non sembrava una minaccia imminente nei passati otto anni, ed ora lo è».

Resta il fatto di un presidente Obama che persegue, e si assume la responsabilità, di guerre  disastrose non sue, e addirittura di una loro espansione (2) ciò persino a suo danno personale e politico, visto che la sua figura sta precipitando nell’opinione pubblica: è impressionante il contrasto fra le sue parole e le sue azioni. Evidentemente, forze a cui non può resistere lo controllano.

Si tratta di essersi piegato alla nota lobby; al complesso militare-industriale; o della coscienza dei centri ideologici che dirigono storicamente la politica estera (come il Council on Foreign Relations) di non avere altra speranza di mantenere l’egemonia mondiale americana, di fronte alla bancarotta epocale della finanza anglosassone, se non con una fuga in avanti verso una conflagrazione mondiale?

Un articolo recente sul Wall Street Journal  indicava esplicitamente l’intensificazione bellica come la via d’uscita per la ripresa dell’economia. O si tratta della manifestazione sinistra  dell’ideologia americanista, incapace – giunta alla fase terminale – di immaginare una soluzione diversa dalla continuazione dei metodi e delle strategie che hanno portato alla supremazia mondiale? Di un delirante «business as usual», sintomo di una «fine della civiltà» americanista?

Vi sono indizi a favore di ciascuna di queste ipotesi. Ma resta che la presente Amministrazione americana è meno decifrabile dell’era Bush, e Obama sembra ancor più eterodiretto del suo predecessore. A quel tempo era evidente il potere dei neocon filo-israeliani, e la loro strumentalizzazione della potenza americana a favore di quel che loro percepivano come il bene di Israele; si conoscevano i loro nomi (Wolfowitz, Perle, Feith, Zakheim) e i posti che avevano occupato nel potere ufficiale e nei suoi corridoi. Si conosceva la loro ideologia, in quanto allievi del «filosofo» e guru Leo Strauss, inedita figura di nietszchiano talmudista, teorico della doppiezza esoterica e della guerra perpetua come sola salute dell’umanità (Strauss era a suo modo un anti-globalista).

Adesso il quadro è più confuso, contraddittorio (segno di una frammentazione di centri di potere in conflitto tra loro), e, in qualche modo, orwellianamente enigmatico.

Insomma: chi comanda oggi in USA? Bisognerà avviare una decifrazione. Ne riparleremo.




1) Uno studio del Combating Terrorism Center (CTC), istituto dell’Accademia militare di West Point, ha calcolato che la massima parte delle vittime di Al Qaeda sono musulmani. Secondo questo rapportom intitolato «Deadly Vanguards: A Study Of al-Qaeda’s Violence Against Muslims», tra il 2004 e il 2008, «Al Qaeda» ha rivendicato 313 attentati, in cui sono morte 3.010 persone. Ebbene: benchè  il CTC abbia incluso nel conto l’attentato di Madrid del 2004 e quello di Londra del 2005 (la cui attribuzione all’estremismo islamico è perlomeno dubbia), solo il 12% degli uccisi (ossia 371) risultano occidentali. L’88% sono musulmani. E se si escludono gli attentati di Madrid e Londra, la percentuale si avvicina al 100%. Nel 2006-2008 i musulmani hanno corso un rischio di essere uccisi dalla cosiddetta Al Qaeda 38 volte superiore a quello degli occidentali. Da questi semplici dati, di un centro insospettabile di filo-islamismo, è evidente che quel che compie «Al Qaeda» è una sanguinosa strategia della tensione a favore degli occupanti di Afghanistan e Iraq. Del resto bin Laden nasce alla politica come agente della CIA, arruolato per combattere i sovietici in Afghanistan. Oggi, secondo le valutazioni, ex militanti della originaria Al Qaeda (che dovrebbero avere una certa età) sarebbero operativi in Sudan e in Somalia. In Afghanistan si valuta siano rimasti un centinaio, in ogni caso non oltre un migliaio. Un numero un po’ ridotto per giustificare l’ultimo «surge», l’invio di 34 mila nuovi soldati USA e di 7 mila uomini degli alleati NATO.
2) Obama ha già superato Bush nel bellicismo. Col suo «surge» in Iraq, Bush jr. dispiegò 28 mila uomini. Obama ha deciso nel marzo scorso di inviare altri 21 mila uomini in Afghanistan con il mandato di incursioni in Pakistan, aggiungendo nelle ultime settimane 13 mila soldati in più, fino a raggiungere il numero di 34 mila. Sotto Obama le truppe USA in Afghanistan hanno raggiunto i 68 mila, il doppio di quelle che Bush aveva alla fine del suo mandato. Tra Packistan e Iraq, Obama tiene oggi 220 mila uomini delle forze armate regolari, 36 mila più di quanti ne abbia tenuti Bush (che ne dispiegò al massimo 186 mila). A questo numero si deve aggiungere quello dei mercenari (private military contractors), che secondo il Pentagono sono in totale 242.657, di cui quasi 74 mila in Afghanistan e 120 mila in Iraq. Come «comandante in capo», rispetto a Bush Obama ha accresciuto l’impiego dei mercenari del 23% in Iraq e del 29% in Afghanistan. Secondo un’indagine del Congresso (Commission on Wartime Contracting in Iraq and Afghanistan) del giugno scorso, l’80% dei contractors sono stranieri. Quanti sono israeliani?


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