In questo articolo cercherò di vedere obiettivamente quali
furono i nei e le ombre della dottrina fascista, senza scadere
nell’antifascismo militante ed univoco, che vorrebbe fare del ventennio il
“male assoluto”, anzi riconoscendo ciò che di buono vi è stato nel regime,
soprattutto se messo in rapporto con quanto la povera nostra amatissima Italia
sta vivendo da cinquanta anni a questa parte: impoverimento intellettuale,
depravazione morale, crisi religiosa e auto-demolizione dell’uomo, prodotti
importati dai vincitori, i quali erano totalmente assenti in Italia dal 1922 al
1945. La vera scristianizzazione o secolarizzazione dell’Italia, infatti, non è
stata prodotta dalla “religiosità civile” del fascismo, ma dal modernismo
sociale della “Democrazia Cristiana”, la quale nel secondo dopo-guerra ha
imbevuto le masse una volta cattoliche, con la complicità di una parte del
clero modernista (soprattutto di Giovanni XXIII e Paolo VI) di democratismo
moderno di origine rousseauiana e maritainiana, come ha dimostrato lucidamente
Augusto Del Noce. Di tale sfacelo molti sono i responsabili, ma non il fascismo,
che anzi li aveva combattuti.
Il fascismo “religione-civile”
Il fascismo “ebbe l’ambizione di infondere nelle coscienze di
milioni di italiani la fede nei dogmi di una nuova religione laica che
sacralizzava lo Stato, assegnandogli
una primaria funzione pedagogica con lo scopo di trasformare la mentalità, il carattere e il costume degli italiani
per generare un uomo nuovo, credente
e praticante nel culto del fascismo…” (1).
“Nell’epoca della modernità (...)
con la separazione dello Stato dalla Chiesa (...) e la nascita della polìtica di massa, il rapporto tra il potere e il sacro è entrato in una nuova situazione, da cui ha avuto origine il fenomeno della
sacralizzazione della polìtica (...).
Nell’ambito della società moderna
sono sorte (...) varie forme di
religioni della polìtica, che (...)
vengono differenziate in due principali
categorie (...).
1) La religione civile è la categoria
concettuale (di stampo liberal-risorgimentale, nda) entro la quale collochiamo le forme di un sistema politico che
garantisce la pluralità di idee (...)
rispetta la libertà dell’individuo (...).
2) La religione politica è la sacralizzazione
di un sistema politico fondato sul monopolio irrevocabile del potere, sul
monismo ideologico e sul totalitarismo (...). Una religione della polìtica può
derivare da una religione tradizionale e può avvalersi (...) di quest’ultima
per elaborare un sistema di credenze (...) che conferiscono sacralità alle
istituzioni politiche, senza subordinare lo Stato alla Chiesa (...). In altri
casi, come nei regimi totalitari, la religione della polìtica può assumere un
carattere antagonista rispetto alle religioni tradizionali, rivendicando per sé
il primato (...), mirando a subordinare ai suoi scopi la religione
tradizionale, quando non la combatte per annientarla (...). Storicamente, la sacralizzazione della polìtica (...) è un fenomeno che ha avuto inizio con la nascita
della democrazia moderna e con la polìtica di massa. Le sue origini sono
democratiche, repubblicane e
patriottiche. Concretamente, le prime
forme di religione della polìtica sono apparse durante la Rivoluzione americana
e (...) francese. (...). Il fascismo fu il primo movimento
totalitario (mi pare che sarebbe più esatto dire ‘autoritario’, nda) nazionalista che mostrò pienamente
dispiegati i caratteri di una religione polìtica (sarebbe meglio dire
‘civile’, nda)(...). Lo stesso fece la religione polìtica del
nazionalsocialismo, che pose sugli
altari la razza ariana, il culto del
sangue e la persona di Hitler (...),
mescolandoli con i miti del moderno paganesimo razzista, in antagonismo con le religioni cristiane.
Ma qualcosa di simile accadde (...) nella
Russia sovietica, dove il partito
totalitario professava una ideologia atea (...) e combatteva qualsiasi religione...” (2). “Se non cercava di
annientare la religione, come faceva
il comunismo, iltotalitarismo, nel caso fascista, mirava ad
annetterla praticamente (...). Se l’ateismo e la polìtica antireligiosa del
comunismo sovietico palesavano senza equivoco la sua natura anticristiana, nel caso del fascismo e del
nazionalsocialismo gli equivoci e le ambiguità nei confronti del cristianesimo
accompagnavano la natura dei due regimi,
che non era apertamente anticristiana (...), ma che mirava comunque a utilizzare la religione cristiana per
rafforzare il regime (...). Più
ambiguo nei confronti del cristianesimo appariva il fascismo, che sembrava (...) lo Stato autoritario confessionale ossequioso nei confronti della
Chiesa (...). La polìtica di
Mussolini era considerata (...) una
prova di saggio realismo (...), ma l’essenza non cristiana (...) del totalitarismo fascista (...) era del tutto evidente; mentre la polìtica concordataria del regime
(...) veniva considerata
opportunistica, contingente e
precaria (...) la religione fascista
era tanto più pericolosa in quanto celava la sua insidia maligna dietro il
formale ossequio alla religione cattolica” (3).
Queste asserzioni del professor Emilio Gentile hanno un fondamento nella
realtà, ma mi sembrano esagerate, astiose ed equiparano l’autoritarismo
nazional-popolare fascista al totalitarismo paganeggiante nazista. Pio XI
nell’Enciclica “Non abbiamo bisogno” (1931) scriveva: “Non vogliamo condannare il regime o il partito in quanto tali, ma una sua concezione della politica che è
simile alla statolatria pagana”.
Direi che questi sono i due punti di non convergenza tra cattolicismo e
fascismo: essi riguardano i rapporti tra Stato e Chiesa, laddove il fascismo
insegnava, e lo vedremo, una dottrina non conforme a quella cattolica, che in
quanto tale era definita dal Papa come “statolatria
pagana”. E’ il cesarismo di Machiavelli che ritorna in un certo qual modo
con Mussolini, anche se non si possono misconoscere i lati positivi del “fascismo regime”, come lo definiva De
Felice, il benessere comune temporale che ha dato all’Italia e agli italiani e
in una certa misura, con il Concordato del 1929, anche alla Chiesa. Pio XI
esclamò dopo la firma del Concordato del 1929: “Abbiamo ridato l’Italia a Dio
e Dio all’Italia!”. Purtroppo vi
fu la catastrofe della Seconda Guerra Mondiale, verso la quale Mussolini fu
spinto da varie circostanze e da chi (le plutocrazie massonico-liberiste) mal
sopportava l’emergere dell’Italia sulla scena internazionale (specialmente in
Africa nel 1935 e in Spagna nel 1936) e che segnò la fine del benessere comune
e l’inizio del crollo del regime, che, purtroppo, si sciolse come neve al sole,
dimostrando una enorme debolezza a dispetto delle apparenze. Inoltre, non può
non far pena il modo disumano in cui è terminata la tragedia della guerra
civile del 1943-1945, la quale da molti fu vissuta come il riscatto dell’Italia
e degli italiani dall’onta del tradimento dell’8 settembre, e che tante vittime
causò, uccise in modo crudelissimo. Occorre anche ammettere che Mussolini
sbagliò e non fece bella figura ad abbandonare la colonna italiana il 27 aprile
1945, a vestire l’uniforme tedesca e ad arrendersi ai partigiani comunisti
senza colpo ferire. Inoltre se il 28 aprile 1945, quando venne ucciso, avesse
avuto a fianco donna Rachele e non Claretta Petacci, sarebbe stato meglio per
lui e per tanti italiani, che avevano riposto in lui molte delle loro speranze
ed avevano speso per lui e la patria le loro forze ed energie durante la Seconda
Guerra Mondiale e la RSI. Lo stile privato di vita di un capo di Stato ridonda
anche sulla nazione che lui dirige.
Risorgimento
incompiuto e fascismo completamento
Con il Risorgimento, di cui il fascismo si presentava quale
l’erede e il compimento, sorse il bisogno di inventare una nuova fede e un
nuovo culto, laici, della religione della patria (4). La nazione fu
sacralizzata e divenne un’entità suprema e spirituale, alla quale il cittadino
doveva prestar fede e culto, usque ad sanguinem.
Giuseppe Mazzini (5)
fu uno dei padri spirituali di Mussolini; egli riteneva, che tradizione e
coscienza sono i soli due criteri che noi possediamo per raggiungere il vero;
nel 1839 scrisse un saggio per difendere Lamennais (uno dei padri storici
dell’errore tradizionalista, che poi approdò al catto-liberalismo e al
democratismo liberal-rivoluzionario): l’umanità è una realtà mistica ispirata
dalla divinità. Mazzini ha una concezione religiosa, misticheggiante della
polìtica: secondo lui l’Italia come Stato nazionale sarà possibile solo quando
essa acquisterà la coscienza della sua missione religiosa. Questo misticismo
religioso-politico influirà molto sul culto del littorio mussoliniano, e
Giovanni Gentile - il filosofo del regime - era profondamente impregnato di
questa concezione religiosa-risorgimentale; ma la sua, come quella di Mazzini,
era una religiosità civile autoritaria e non politica o totalitaria, ma pur
sempre laica, immanentista e in Gentile, più che in Mussolini, panteista. Per
l’attualismo di Gentile l’Io è creazione di sé, come già aveva detto Fichte, e
la realtà non è preesistente all’Io, ma perennemente creata nell’atto di
conoscere dell’uomo. La religione cattolica, invece, tende ad annullare l’Io, a
sommergerlo in un Oggetto Assoluto (Dio) e distrugge la libertà dell’uomo. La
filosofia gentiliana è imbevuta, come la mazziniana, di falso misticismo; essa
è rivolta a cercare intuitivamente il “dio” che è in noi, ma esso non è
qualcosa di personale e trascendente, bensì è l’atto assoluto del “pensiero
pensante” dell’Io umano.
Questi furono i due pensatori ai quali specialmente
s’ispirò Mussolini, oltre a Machiavelli e a Nietzsche; la conseguenza fu il
tentativo di fondare una “mistica fascista”, una religione laica e patriottica
di origine risorgimentale, corretta da una forte tendenza autoritaria, ma non
totalitaristica, più che una “politica religiosa” o una “religione politica” di
marca totalitaria, come afferma Emilio Gentile, quali furono invece il
bolscevismo e il nazionalsocialismo. Il nazionalismo moderno si fondava sulla
divinità della patria. Lo Stato divenne perciò il vero educatore del popolo.
Secondo Rousseau lo Stato doveva riunire il potere politico e quello religioso,
istituendo una propria religione civile (6).
Tuttavia Rousseau è l’ideologo del democratismo moderno, che ha informato di sé
la rivoluzione americana e quella francese e non il maestro dell’autoritarismo
fascista, né tanto meno del nazionalsocialismo. Quindi il fascismo non è
riconducibile pienamente alla religione politica della modernità, in cui la
democrazia moderna è l’unica e somma forma di governo, che ha invaso il mondo
detto “occidentale” proprio dopo la caduta del fascismo e del nazionalsocialismo
e cerca di sfondare anche in Medio Oriente, esportata da sua madre, l’America.
Con il democratismo di Rousseau iniziava una nuova epoca di rivalità fra
religione laica o civile e religione tradizionale o confessionale. Il mito
risorgimentale, che non troppo aveva attecchito in Italia soprattutto a livello
di masse, di una religione laica, riemerse nel fascismo che aveva come suo
maestro Giuseppe Mazzini e dette via all’esperimento di formazione di uno Stato
autoritario, che in Italia non poté essere totalitario, data la forte presenza
della Chiesa e della monarchia. Giuseppe Mazzini fu l’incarnazione del “misticismo
politico”.
“Per il rivoluzionario genovese, il problema della religione della patria
era l’essenza stessa della
rivoluzione nazionale: rivoluzione
religiosa prima che polìtica (...) il
‘dio’ mazziniano era un ‘dio’ politico; il popolo da lui idealizzato era un’associazione concepita come comunità mistica di credenti, uniti nel culto della religione della patria”
(7).
Il cattolico non deve farsi ingannare dal trinomio mazziniano “Dio, Patria,
Famiglia”, poiché il “dio” di Mazzini non è l’Atto Puro, ma è una divinità
immanente nella patria la quale va adorata, assieme alle famiglie che la
compongono, è una sorta di Panstatismo. Mazzini non accettò il nuovo Stato
risorgimentale, perché privo di una religione laica; dall’opposizione del
radicalismo di Mazzini allo Stato liberal-monarchico dei Savoia e di Cavour
(confronta R. Romeo, “Vita di Cavour”, Roma-Bari, Laterza, 1984, idem, “Cavour
e il suo tempo”, 3 volumi, Roma-Bari, Laterza, 1969-1984), ebbe origine il mito
del Risorgimento come rivoluzione incompiuta, perché priva di fede e morale
comune.
I repubblicani mantennero viva questa idea mazziniana: “Il mazzinianesimo diede un notevole contributo alla sacralizzazione
della polìtica. La sua religione laica ebbe indiretta influenza, specialmente attraverso la particolare
interpretazione di Giovanni Gentile, sulla
formazione della teologia polìtica fascista” (8).
Il fascismo compì ciò che di incompiuto era rimasto nel Risorgimento,
elaborando una teoria della religione “civile” (più che “politica”, come
vorrebbe Emilio Gentile) e cercando di metterla anche in pratica, senza
riuscirvi pienamente data l’opposizione della Chiesa e di Pio XI. Lo Stato
liberale, dopo il 1870, si valse della scuola e dell’esercito per “nazionalizzare
le masse” ossia dar loro un’educazione e una religione civica o civile, ma le
masse non la recepirono. Tuttavia col passar del tempo si fece strada la “religione
dell’umanismo integrale”, fondata sulla filosofia idealista di Croce e Gentile,
“che doveva soppiantare (...) la declinante religione cattolica, e divenire la nuova fede dell’italiano moderno” (9). Ma la maggior parte di questi intellettuali cercava una
religione colta, aristocratica, e ignorava la creazione di una liturgia
nazionale di massa, con riti e simboli, senza la quale non sussiste religione.
“E, tuttavia, fu nel circolo di
questi cultori dello spirito (...)
che si formarono alcuni dei futuri credenti della ‘religione fascista’, come lo
stesso futuro capo di questa religione. Mussolini (...) si professava ateo militante (...), ma frequentava con un certo interesse i problemi della religione, studiava i fenomeni ereticali della riforma
(...), si esaltava con Nietzsche
nella profezia di una trasmutazione di valori per l’avvento di ‘uomini nuovi’, e non esitava a definire religiosa la sua
concezione (...) del socialismo
rivoluzionario” (10). Nel 1920
Mussolini scriveva: “Noi lavoriamo
alacremente, per tradurre nei fatti
quella che fu l’aspirazione di
Giuseppe Mazzini: dare agli italiani
il ‘concetto religioso della Nazione’...”
(11).
Il professor Emilio Gentile commenta: “Per
la prima volta (con il fascismo)
questa religione diviene realmente il credo di un movimento di massa, deciso ad imporre la sua religione a tutti
gli italiani, a non tollerare l’esistenza di antagonisti” (12) e specialmente del cattolicesimo. “Dopo la marcia su Roma, il fascismo accentuò il suo carattere di
religione laica e civile; però nello
stesso tempo, cercò anche di servirsi
della religione tradizionale - Machiavelli docet - per spianare la strada alle
sue ambizioni di dominio (...). Ma
non per questo i fascisti smisero di parlare del fascismo come di una religione: anzi non esitarono a fare frequenti
confronti fra il loro movimento e il cristianesimo, con l’intento di far
riverberare sul fascismo il crisma della religione tradizionale (...), per orientare verso il culto del littorio (...) la devozione di un popolo in larghissima
maggioranza cattolico”. Nel 1938 fu pubblicato, a cura del PNF, un nuovo
catechismo della religione fascista. “Per
il fatto stesso di rivendicare allo Stato la sua propria morale, il fascismo si arrogava in realtà la
funzione propria della religione (…). Gentile
ricordava che lo Stato controllava la religione ‘sempre e soltanto per i suoi fini e per questo rispetto la governa, per modo che lo Stato può, in un dato momento, contraddire alla religione’ (‘Fuori
dell’equivoco’, in IlCorriere della Sera, 4 settembre 1929)”
(13).
Tuttavia l’atteggiamento del fascismo regime o partito verso la Chiesa fu assai
realista e tese ad una “strategia sincretica di convivenza, mirante ad
associare [e non soppiantare come avrebbe voluto il ‘fascismo movimento’, nda]
il cattolicismo al proprio progetto totalitario [o meglio autoritario, nda]
[...], per Mussolini lo Stato fascista ‘è cattolico, ma è Fascista, anzi
soprattutto, esclusivamente, essenzialmente Fascista’ (Opera Omnia, vol. XXIV,
pag. 89) ”([14]). Non bisogna dimenticare che durante tutto il periodo del
regime, il fascismo, specialmente la sua ala radicale e movimentistica, ha
cercato di condurre contro l’Azione Cattolica e le altre associazioni
cattoliche, una “guerra” dei simboli, vietando ai cattolici l’uso di bandiere,
stendardi; il regime insisteva nella propaganda della propria religione laica e
civile, e ciò lasciava aperta la porta a futuri conflitti (1931 e 1938) tra
Stato autoritario e Chiesa romana. In alcuni ambienti di fascisti radicali, la
Chiesa non era venerata dal fascismo in quanto istituita da Gesù come unica
vera religione e mezzo di salvezza, ma come una ierofania della romanità,
creazione della stirpe italiana. In verità per alcuni gerarchi estremisti del
‘fascismo movimento’ “l’ideale fascista di religione polìtica, si richiamava
alla religione romana antica, che sacralizzava l’ordine politico nel culto
dello Stato, consentendo la pratica di altri culti solo a patto che questi non
fossero in contrasto con la religione di Stato” ([15]).
a) La prima crisi e la pacificazione
successiva tra Chiesa e fascismo (1929-1931)
α) La crisi:
Nel 1931 avviene la prima seria contrapposizione del
fascismo alla Chiesa per la questione dell’Azione Cattolica. “Mussolini, avendo concepito l’operazione
Conciliazione in termini esclusivamente (‘soprattutto’ più che
‘esclusivamente’, nda) politici e nella
convinzione di poter legare a sé la Chiesa e farne un cardine del suo potere, mal sopportava di dover constatare quanto
la Santa Sede fosse invece tutt’altro
che disposta a condividere e sostenere incondizionatamente tutta la sua
polìtica” (16). Per De Felice la
causa prima della crisi consistette nella volontà di Mussolini di non
permettere assolutamente che fosse sottratta al regime l’educazione della
gioventù. Pio XI, col Concordato, aveva costretto Mussolini a riconoscere
esplicitamente l’esistenza dell’Azione Cattolica e della Gioventù Cattolica
Italiana, e le vedeva come la pupilla dei suoi occhi, perché esse erano per lui
“lo strumento più efficace per
contrastare i propositi mussoliniani difascistizzare
tutta la società italiana e di confinare il cattolicesimo nel campo sempre più
ristretto della mera educazione religiosa” (17). Vi era malcontento anche tra le fila fasciste (il fascismo
movimento, come lo chiamava De Felice), ove si pensava che Mussolini nel ‘29
avesse fatto troppe concessioni alla Chiesa, pregiudicando così lo sviluppo
della rivoluzione fascista, il fascismo non doveva permettere la formazione di
una sorta di opposizione cattolica strisciante. Quindi si passò all’attacco,
dapprima giornalisticamente, man mano la polemica si arroventò e Pio XI scese
direttamente in campo. Il suo primo intervento avvenne il 19 aprile 1931 nel
corso di un’udienza alle organizzazioni cattoliche romane che fu tutta una
difesa della legittimità dell’Azione Cattolica e una riaffermazione del suo
diritto d’intervenire nelle questioni di morale individuale, familiare e
sociale. Qualcosa di analogo era successo nel 1926 in Francia con Charles
Maurras, che stava impadronendosi della gioventù cattolica francese e le
avrebbe dato un’educazione naturalista e paganizzante, avvalendosi del buon
nome dell’Action Française, la quale aveva avuto molti capi integralmente
cattolici, i quali però erano caduti quasi tutti durante la prima grande guerra
lasciando al paganeggiante ed ateo Maurras il monopolio dell’Action Française. Il
Papa perciò si vide costretto ad intervenire, come dovette fare poi in Italia
nel 1931.
β) La pacificazione:
la reazione fascista inizialmente fu assai violenta da parte
di molti anticlericali che aderivano al “fascismo movimento”, ma ci furono due
articoli, uno anonimo sul Tevere del 29 aprile 1931 intitolato “Soprannaturale
e naturale” e l’altro di Arnaldo Mussolini su Il Popolo d’Italia del 2 maggio,
intitolato “Il divino e il profano”. Entrambi espressione del “fascismo regime”
e attenti più a quanto vi era, nelle parole del Papa, di conciliante che
d’intransigente. Il succo degli articoli era che il Papa riconosceva che lo
Stato agiva nell’ordine naturale e civile, mentre l’Azione Cattolica agiva sul
terreno spirituale e soprannaturale. Un accordo era perciò possibile. Ciò
dimostra come il “fascismo regime”, non fosse una “religione politica”
totalitaria e tendente a rimpiazzare il cristianesimo, ma una “religione civile”
e autoritaria, che cercava di convivere a fianco e all’ombra della Chiesa, per
ottenere lustro da essa. Inoltre occorre aggiungere che Mussolini non voleva
che le cose degenerassero, poiché un conflitto aperto non avrebbe giovato al
fascismo. L’Osservatore Romano il 6 maggio scriveva di esser d’accordo che le supreme
autorità trattassero nel modo che reputavano più opportuno. Ma la polemica
riscoppiò ancor più violenta il 21 maggio, “in
varie località d’Italia e nella
stessa Roma si verificarono numerosi casi di violenza contro sedi e giovani
cattolici” (18). Il 29 maggio
Mussolini comunicava a tutti i prefetti la decisione di sciogliere le
associazioni giovanili che non facessero capo al PNF o all’ONB. Molti vescovi
protestarono e il Papa si unì ad essi. Altre violenze ebbero luogo attorno al 3
giugno. Vi fu anche una sorta di battibecco tra il nunzio apostolico e De
Vecchi-Grandi. “A parte l’aspetto formale, di prestigio, Mussolini era
però pronto a trattare e trovare un accordo, sostanzialmente senza pretendere dalla Santa Sede cose che essa non
avrebbe potuto concedere (...). A ben vedere, più intransigente si dimostrò la Santa Sede (contro la leggenda di
Pio XI ‘Papa liberale’, nda) (...) era l’annuncio dell’imminente pubblicazione (...)
dell’Enciclica ‘Non abbiamo bisogno’ ” (19). In essa il Papa scriveva che la
Chiesa non poteva accettare “il proposito
di monopolizzare interamente la gioventù (...) a tutto esclusivo vantaggio di un partito, di un regime, sulla base di
una ideologia che si risolve in una vera e propria statolatria pagana, non meno in contrasto con i diritti della
famiglia, che coi diritti
soprannaturali della Chiesa (...) una
concezione dello Stato che (...) non
è conciliabile per un cattolico col diritto naturale della famiglia. Non è
conciliabile con la dottrina cattolica,
pretendere che la Chiesa, il Papa
debbano limitarsi alle pratiche esterne di religione e che il resto dell’educazione appartenga totalmente allo Stato”.
L’Enciclica concludeva così: “Noi non
abbiamo voluto condannare il partito e il regime come tali. Abbiamo inteso
segnalare quanto, nel programma e
nell’azione di essi, abbiamo veduto e constatato contrario alla
dottrina e alla pratica cattolica”. Ai primi di settembre si arrivò ad un
accordo. Perciò mi sembra equo distinguere il fascismo regime e il partito
fascista, che in sé non sono stati condannati dalla Chiesa, dalla dottrina
fascista sull’educazione della gioventù (riprovata da Pio XI nell’enciclica “Divini
illius Magistri”, 1929) come inconciliabile col Diritto Naturale secondo cui
l’educazione morale della prole spetta alla famiglia, per quanto riguarda
l’istruzione intellettuale ove la famiglia non giunge spetta allo Stato e per
le cose spirituali alla Chiesa ed anche sui rapporti tra Stato e Chiesa (Enciclica
“Non abbiamo bisogno”, 1931), che non è conciliabile con il Diritto Pubblico
Ecclesiastico, il quale insegna la subordinazione dello Stato alla Chiesa. De
Felice conclude così questo capitolo: “Con
la crisi del ‘31 tramontarono le
speranze di poter cattolicizzare il fascismo e di servirsene per la
restaurazione dello Stato e della società in senso cattolico” (20).
b) La seconda crisi e l’accordo (1938)
α) La crisi:
Vi fu una seconda e ben più grave crisi nel 1938. De Felice
scrive che Pio XI “sulla vera causa della
crisi del ‘38 l’Azione Cattolica teneva un atteggiamento ben
più intransigente, arrivando sino a
lasciar intravedere a Mussolini la possibilità che il fascismo potesse essere
scomunicato” (21).
Infatti il 5 gennaio 1938, Pio XI, fece - tramite padre Tacchi Venturi - “un passo estremamente energico su Mussolini (...) nella chiusa (della nota) il discorso si faceva non solo
intransigente, ma chiaramente
minaccioso, sino a lasciar balenare (...) l’estrema
arma che alla Chiesa rimaneva se il regime non mutava rotta, la scomunica” (22). Mentre il 28 luglio 1938, in un discorso rivolto agli alunni
di Propaganda fide, il Papa ripeté pubblicamente la minaccia di scomunica, già
fatta in una nota riservata, il 5 gennaio, ammonendo che “con la Chiesa bisogna prendersela, non con l’Azione Cattolica: altrimenti si tratta di una ipocrisia che
forse copre l’insidia di chi vorrebbe
colpire l’Azione Cattolica senza
colpire la Chiesa. No! Non si può:
chi colpisce l’Azione Cattolica
colpisce la Chiesa (...) colpisce il
Papa (...) e chi colpisce il Papa
muore !”. Analoghe parole erano state proferite da Pio XI nei confronti di
Maurras in Francia nel 1926.
β) L’accordo:
De Felice chiosa: “Se
dopo il passo del 5 gennaio Mussolini poteva ancora aver nutrito qualche dubbio
sull’effettiva determinazione del
Papa di giungere (...) alle estreme
conseguenze, dopo queste parole dubbi
non poteva più averne (...). Due
settimane dopo, il 20 agosto, Achille Starace, segretario del PNF e Lamberto Vignoli, presidente dell’Azione
Cattolica, giungevano all’accordo” (23).
Conclusione
Come si vede il regime o il partito fascista non furono
totalitari, ma soltanto autoritari. La dottrina politico-religiosa del “fascismo
regime” non fu, come sostiene esagerando Emilio Gentile, una “religione
politica” tendente a distruggere e soppiantare il cristianesimo, ma solo una “religione
civile”, che ha cercato di servirsi del cristianesimo per consolidarsi ed ogni
volta (1931 e 1938) che si è giunti allo scontro, il fascismo ha fatto marcia
in dietro ed ha cercato una conciliazione con la Chiesa, ben conscio che la
massa del popolo italiano aveva ancora (prima che fosse rovinata dalla “Democrazia
Cristiana” nel dopo-guerra) la fede ed era sottomessa alla Chiesa. Si noti
anche che il “modernismo sociale” ha sfondato in Italia non grazie al fascismo,
ma alla Democrazia Cristiana e al Concilio Vaticano II. Inoltre bisogna anche
riconoscere ciò che di buono (ed è stato parecchio) il fascismo ha dato alla
Chiesa e alla patria. La distinzione tra “fascismo regime” e “movimento” è
capitale per capire il fenomeno fascista. Nel “regime” vi furono sia dei
cattolici che dei pragmatici, ma solo nel “movimento” vi furono degli
anticristiani convinti, onde non si può fare di ogni erba un fascio. Mussolini
è stato il fascismo nella sua sostanza ed egli ha dato il via al “fascismo
regime”, non al “fascismo movimento” (fatta salva la RSI e pur lì con moderazione
rispetto ai radicali, che avrebbero voluto una Repubblica “socialista” più che “sociale”).
Il Papa ha ben capito ciò e non ha mai voluto condannare il fascismo partito o
regime, ma solo quei punti del suo programma, che in materia di educazione
giovanile e di rapporti Stato-Chiesa erano in contrasto con la dottrina
cristiana. Se il fascismo dovette arrendersi alla realtà e rinunciare ad
equiparare a sé la Chiesa (1931 e 1938), anche la Chiesa perse la speranza di
cristianizzare completamente il fascismo, dato che restavano nella sua dottrina
punti di divergenza con quella cristiana, soprattutto col Diritto Pubblico
Ecclesiastico, ed anche con il Diritto Naturale per il monopolio statale
dell’educazione giovanile, che il fascismo avrebbe voluto tutta per sé.
Infine occorre specificare un’enorme differenza che
distingue nazionalsocialismo da comunismo, la quale sfugge al professor Emilio
Gentile (uno degli allievi di De Felice). Infatti il primo non era ateo,
materialista, non ha abolito la religione, né la proprietà privata, ha concesso
alle truppe germaniche in Russia i cappellani militari cattolici. Tutto ciò,
invece, è stato radicalmente combattuto ed estirpato dal bolscevismo. Per
quanto riguarda il nazismo in sé, anche lì si potrebbe fare una distinzione
analoga a quella di “movimento” e di “regime”, anche se molto più sfumata che
per il fascismo. Infatti Hitler eliminò le SA, che rappresentavano l’ala
movimentista, rivoluzionaria e strettamente “socialista” più che “sociale” del
nazismo e non era in piena sintonia con i radicali del partito tipo Goebbels e
Rosenberg. Pio XII ne era ben conscio e cercò di trovare una via di intesa con
l’ala conservatrice del partito, cercando di allontanarla da quella radicale e
rivoluzionaria degli ideologi, ma non vi riuscì, date le circostanze
sfavorevoli che la Seconda Guerra Mondiale creò sia in Italia che in Germania,
a tutto vantaggio del democratismo-giudaico, liberista e massonico anglo
americano in “Occidente” e del giudaismo-bolscevico materialista in “Oriente” e
con la povera Europa, smembrata dai due vampiri, che ancor oggi le succhiano il
sangue. Purtroppo il Vaticano (secondo) ha, in questi giorni, deplorato la
decisione della Svizzera di non permettere la costruzione in suolo elvetico di
altri minareti. Ebbene questo cedimento non è dovuto alla dottrina
politico-religiosa fascista, ma a quella modernistico-sociale del
catto-liberalismo. Come Lenin diceva che i borghesi-liberisti avrebbero fornito
al proletariato la corda con cui sarebbe stato da quest’ultimo impiccato, così
possiamo dire che il neo-modernismo del Vaticano II sta offrendo ai suoi nemici
i pali o minareti sui quali appenderanno le nostre teste mozzate. Voglia Dio
che l’imminente castigo serva a rialzare le sorti di una civiltà (europea) e di
una religione (cattolica) in grave difficoltà. “Sanguis martyrum semen
christianorum!”.
Per gentile autorizzazione di don Curzio Nitoglia a EFFEDIEFFE.com
1) E. Gentile, “Il
culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista”,
Laterza, Bari, 1994, pagina VII. Confronta anche G. Vannoni, “Massoneria,
Fascismo e Chiesa cattolica”, Laterza, Bari, 1980; R. De Felice, “Rosso e Nero”,
Baldini e Castoldi, Milano, 1995; R. De Felice, “Intervista sul fascismo”,
Mondadori, Milano, 12ª ristampa, 1999; R. De Felice, “Le interpretazioni del
fascismo”, Laterza, Bari, 3ª edizione, 1995; R. De Felice, “Mussolini”, 8
volumi, Einaudi, Torino, 1965-1996: “Mussolini il rivoluzionario”, “Mussolini
il fascista, I volume, ‘La conquista del potere (1921-1925)’ ”; “Mussolini il
fascista, II volume, ‘L’organizzazione dello Stato fascista (1925-1929)’ ”; “Mussolini
il duce, I volume, ‘Gli anni del consenso (1929-1936)’ ”; “Mussolini il duce,
II volume, ‘Lo Stato totalitario (1936-1940)’ ”; “Mussolini l’alleato, I volume,
1° ‘L’Italia in guerra 1940-1943’, 2° ‘Dalla guerra breve alla guerra lunga’, ‘Mussolini
l’alleato’, II volume, ‘La guerra civile (1943-1945)’, ‘Mussolini l’alleato’,
III volume 1° ‘L’Italia in guerra 1940-1943’, 2° ‘Crisi e agonia del regime’ ”;
G. Salotti, “Breve storia del fascismo”, Bompiani, Milano, 1998; G. L. Mosse, “Il
fascismo. Verso una teoria generale”, Laterza, Bari, 1996. G. L. Mosse, “La
nazionalizzazione delle masse”, Il Mulino, Bologna, 1975. G. L. Mosse, “L’uomo
e le masse nelle ideologie nazionaliste”, Laterza, Bari, 1988. G. L. Mosse, “Intervista
sul nazismo”, Laterza, Bari, 1977. G. L. Mosse, “Le origini culturali del terzo
Reich”, Il Saggiatore, Milano, 1994. E. Gentile, “Storia del Partito fascista
(1919-1922)”, Laterza, Bari, 1989. E. Gentile, “Movimento e milizia”, Laterza,
Bari, 1989. E. Gentile, “La via italiana al totalitarismo”, NIS, Roma, 1995. E.
Gentile, “Le origini dell’ideologia fascista (1918-1925)”, Laterza, Bari, 1975.
2) E. Gentile, “Le
religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi” Bari, Laterza, 2001,
pagine I-XVI.
3) Ibidem, pagine
102-147.
4) In Francia è
successo lo stesso, con la Rivoluzione del 1789, ed è quanto dimostra
mirabilmente l’ottimo libro di J. De Viguerie, “Les deux patries”, Dominique Martin
Morin, Bouère, 1998 (pagine 156 e 160). Dopo la rivoluzione francese la parola
“patria”, per il De Viguerie, ha cambiato totalmente significato. Essa si
identifica non con la terra pàtrum, ma con un’astrazione rivoluzionaria. Tale
patriottismo astratto e sovversivo, l’autore lo scorge anche in Charles Maurras,
il quale condivide fondamentalmente la filosofia dei “diritti dell’uomo”, che
pur pretende di combattere, professando teorie scientiste, materialiste e
positiviste; Maurras, come si sa, era un discepolo di Auguste Comte, il
fondatore del positivismo. Occorre distinguere l’Action Française prima del
1915-18 da Maurras; questi era ateo e paganeggiante, mentre la prima aveva capi
cattolici integrali, i quali purtroppo sono morti durante la prima grande
guerra, lasciando l’Action Française nelle mani del Maurras. La “religione”
della “patria”, per l’autore, nasce con l’Illuminismo e la rivoluzione
francese, è un’idolatria che mette la nazione al posto di Dio e della Chiesa,
ed è piena di odio verso lo straniero, anche se ha la stessa fede. Il Viguerie
vede in tale idolatria illuminista e rivoluzionaria un ritorno al paganesimo
cesarista e statolatra della Roma pagana. Essa sarà ripresa dai movimenti
fascisti europei dei primi del ‘900, ma portata a compimento in senso
peggiorativo e modernistico solo dalla “Democrazia (detta) Cristiana”.
5) A riguardo
della dottrina mazziniana si può leggere con profitto: P. Pasqualucci, “Politica
e Religione. Saggio di teologia della storia”, Pellicani, Roma, 2001, pagine
42-49. Confronta anche: R. Sarti, “Giuseppe Mazzini. La politica come religione
civile”, Roma-Bari, Laterza, 2005.
6) J. J.
Rousseau, “Scritti politici”, 3 volumi, Bari, Laterza, 1971, volume II, pagina
198.
7) E. Gentile, opera
citata, pagina 10.
8) Ibidem, pagine
11-2.
9) Ibidem, pagina
26. A me sembra esagerato parlare di «soppiantare» il cristianesimo.
10) Ibidem,
pagina 27.
11) Il Popolo
d’Italia, 8 dicembre 1920.
12) E. Gentile,
opera citata, pagina 45. Anche la «non-tolleranza» del cattolicesimo da parte
del “fascismo regime” mi sembra una forzatura ed un’esagerazione.
13) Ibidem, pagina
136.
14) Ibidem, pagina
137.
15) Ibidem, pagina
146.
16) R. De Felice,
“Mussolini il duce. I volume, ‘Gli anni del consenso 1929-1936’ ”, Einaudi,
Torino, 1974, pagina 246.
17) Ibidem, pagina
248.
18) Ibidem, pagina
258.
19) Ibidem,
pagine 260-261.
20) Ibidem, pagina
272.
21) R. De Felice,
“Mussolini il duce, II volume, ‘Lo Stato totalitario (1936-1940)’ ”, Einaudi,
Torino, 1981, pagina 133.
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