Quel che saranno questi campioni della fede, Sant’Agostino
l’ha espresso in questo grido di ammirazione: «Che siamo noi
in confronto dei santi e dei fedeli degli ultimi tempi, se per provarli, Iddio
sbriglierà un nemico, contro il quale, quantunque incatenato, noi non possiamo
lottare che con grandi pericoli?». Sant’Ippolito ha detto
ancora: «Oh felici coloro che vinceranno un tal tiranno! Essi
saranno, bisogna confessarlo, più illustri e più eroici dei loro antecessori».
Quali saranno dunque questi eroi dell’avvenire?
Anzitutto la Chiesa medesima, la Chiesa militante, stretta nella sua gerarchia,
coll’augusto suo Capo, coi vescovi, coi sacerdoti, coi religiosi, con tutti i
suoi ministri. Nessun provvedimento, per quanto astuto ed oppressivo, avrà la
potenza di chiuder loro la bocca. Quando il pellegrino, nella città dei Papi,
visita la chiesa sotterranea di Santa Maria in Via Lata, un tempo prigione, vi
legge, sentendosi commosso, cinque parola incise nei muri, riproduzione di
quelle che, in quel medesimo luogo, l’apostolo San Paolo scrisse al suo
discepolo Timoteo: «La parola di Dio non si
incatena, Verbum Dei non est alligatum».
Lo stesso apostolo San Paolo è stato la dimostrazione vivente di questo novello
assioma. Libero, predica su quasi tutte le plaghe del mondo allora conosciuto;
prigioniero, non cessa mai di predicare. La parola di Dio non si incatena! Dopo
gli Apostoli, questo parole si son ripetute da tutti i membri della gerarchia
cattolica. Esse vibravano ancora, e, son pochi anni, sulle labbra del venerando
arcivescovo di Parigi, di sì dolce e cara memoria, il cardinal Guibert,
allorchè, ad una circolare ministeriale che avea la pretesa di regolare gli
ordini dei vescovi, egli dette questa calma e fiera risposta: «Signor
ministro, non s’incatena la parola di un vescovo, come non s’incatena un raggio
di sole».
La parola di Dio non s’incatena! Queste parole saranno ancora, secondo
l’atteggiamento che prenderà l’Anticristo, la risposta della Chiesa. La Chiesa
rimarrà irremovibile nella missione affidatale dal suo divino Fondatore: «Andate
ed istruite tutte le genti, insegnando loro di osservare tutto quello che io vi
ho comandato. Ed ecco che io sono con voi tutti i giorni sino alla consumazione
dei secoli». Insegnare la verità cristiana, insegnarla a tutte le
genti, insegnarla tutti i giorni, insegnarla sino alla consumazione dei secoli,
tali sono il precetto e la profezia. Nulla potrà impedirne il compimento.
E se i torrenti della persecuzione, ingrossando sempre più, cresceranno e
cresceranno ancora, si vuol sapere che cosa avverrà della Chiesa?
A misura che le acque del diluvio crescevano, dice un testo misterioso del
Genesi, l’arca, tranquilla sui suoi destini, saliva molto in alto da terra: «Elevaverunt
arcam in sublime a terra». Il sublime! Sì, ecco, per
la Chiesa gli effetti delle persecuzioni. Essa giungeva al sublime e parlava da
molto in alto, quando, al secolo di Giuliano l’Apostata, all’ingiunzione
fattale di cessare da ogni insegnamento, rispondeva con voci che si chiamavano
Anastasio, Gregorio di Nazianzo, Agostino, Giovanni Crisostomo!
La Chiesa giungerà ancora al sublime, quando, nella persecuzione
dell’Anticristo, più formidabile di tutte quelle che avrà subito, seguiterà la
sua missione con una fermezza già celebrata dalla parola magnifica del padre
Lacordaire: «Potranno bene i prìncipi, tuonava un giorno l’illustre
domenicano dal pulpito di Nostra Signora di Parigi, congregarsi per combattere
le prerogative della Chiesa, bruttarle di nomi vituperevoli, affine di renderle
odiose, potranno ben gridare, che è una potestà eccessiva, che manda in rovina
gli Stati: noi li lasceremo dire, e continueremo a predicare la verità... Se ci
manderanno in esilio, se ci cacceranno nelle prigioni, se ci incateneranno
nelle miniere, noi faremo questo medesimo in esilio, in carcere, nelle miniere;
se ci faranno partire da un regno, noi entreremo in un altro. Ma se ci
cacciassero da tutti i luoghi, se la potestà dell’Anticristo venisse mai a
distendersi per tutta quanta la terra, allora come fu già nel primo entrare
della Chiesa, noi ripareremo nei sepolcri e nelle catacombe. Finalmente se ci
venissero perseguitando anche in queste ultime stanze della miseria, se ci
facessero salire il patibolo, in ogni cuore ben nato noi troveremo l’ultimo
asilo, perchè non avremo disperato della verità, della giustizia e della
libertà del genere umano».
II Il secondo
campione della verità cristiana contro l’Anticristo sarà una falange di dottori
suscitata da Dio in quei tempi di prova. Giammai i dottori, astri benefici,
sono mancati alla Chiesa. Ma allora in modo tutto speciale questa falange di
dottori riceverà, per la difesa e consolazione dei buoni, una maggiore
intelligenza delle nostre sante Scritture. Il profeta Daniele ne ha dato
l’annunzio in un altro passo del suo libro, egualmente consacrato alla
persecuzione dell’Anticristo: «Gli empi, dice egli,
opereranno empiamente, e nessuno degli empi capirà, ma gli scienziati capiranno».
Il che significa che mentre gli empi, accecati, compiranno le ultime profezie,
come un tempo i giudei, senza comprenderle, i dottori della Chiesa, rischiarati
da nuovi lumi e penetrando i passi più oscuri di queste profezie, vi troveranno
la spiegazione degli avvenimenti di quest’epoca, e, premunendo i fedeli contro
gli artifizi dell’Anticristo, li manterranno nella fermezza e nella confidenza,
nella fedeltà alla Chiesa e ai suoi divini insegnamenti, anche a costo della
vita. Sotto la parola infuocata dei dottori della verità, l’insegnamento
cristiano, per quanto perseguitato e battuto possa essere, brillerà ancora di
tale splendore, e tanti gli dovranno la loro perseveranza, che lo stesso
profeta Daniele, in una descrizione sommaria della vita futura, tracciata in un
modo rapido, fa eccezione di questi dottori degli ultimi tempi; egli si ferma
dinanzi a loro e mostrandoli a dito: ‘Costoro, egli dice, che avranno insegnato
a molti la giustizia, rifulgeranno come stelle per la intiera eternità».
III Il terzo
campione della verità cristiana contro l’Anticristo sarà il popolo cristiano,
rimasto fedele. Non fu così presso il popolo giudaico al tempo della
persecuzione di Antioco? «Il popolo che conosce il
suo Dio, si terrà fermo ed agirà». Il popolo che conosce il
suo Dio! Al contrario degli apostati vi sarà dunque un popolo di fedeli, e
questo popolo di fedeli si mostrerà altamente, energicamente attaccato alla
legge. «Crediamo, dice Sant’Agostiuo, che nè le conversioni, nè le
apostasie mancheranno alla Chiesa; ma i genitori per far battezzare i loro
figliuoli, ed i neofiti, spiegheranno tanta forza, che trionferanno del demonio
scatenato; e tutte le astuzie più perfide, gli sforzi più violenti saranno
inutili contro la loro saggia vigilanza e la loro irremovibile fermezza...
Perchè, convien confessarlo, se la carità di moltissimi si raffredderà vedendo
l’iniquità trionfante, e se il demonio, libero dalle sue catene, riuscirà con
persecuzioni inaudite, con astuzie fin allora sconosciute, a far cader molti
che non sono scritti nel libro della vita: bisogna credere ancora che non
solamente i fedeli i quali usciranno vittoriosi dalla prova di quel tempo, ma
anche molti infedeli, aiutati dalla grazia di Dio e dalla meditazione delle
Scritture, che predicono la fine dei tempi di cui sentiranno l’avvicinarsi,
troveranno allora più fermezza per credere a ciò che non credevano, e più forza
per vincere il demonio scatenato».
Ma ecco la meraviglia. La profezia di Daniele aggiunge: «E
i dottori del Popolo illumineranno molta gente, e correranno incontro alla
spada, e alle fiamme, e alla schiavitù, e allo spogliamento delle sostanze per
molti giorni». E’ notevole l’espressione: i dottori del popolo! Ma che!
Questo titolo di dottori, fatto notare dal profeta, non è riservato nella
Chiesa? Non è il titolo delle intelligenze privilegiate che han consumato le
loro veglie nell’acquisto, spesso arduo, della verità? Non dice: i dottori
della Chiesa, ma i dottori del popolo!... Ammiriamo le delicatezze divine:
Questo titolo di dottore, giusta ricompensa dell’ingegno unito al lavoro, lo
Spirito Santo lo attribuisce egualmente, e con infinita giustizia, a poveri
popolani che la grandezza della loro fede ha trasformati in apostoli. Chi non
ha incontrato sulla sua strada questi dottori del popolo? Qualche oscuro
operaio, un umile servitore, anche dei bambini. Cadevano dalle loro labbra come
fasci di luce, era l’amore che li faceva sgorgare, l’amore che vede assai
lontano, spesso più lontano dell’intelligenza. Attorno alla culla della sua
fede, la nostra città di Lione ha inteso questi dottori del popolo, e poi,
nella sua riconoscenza, non ha più separato l’umile Blandina dal gran santo
Ireneo!
Cosi avverrà eziandio con quei dottori del popolo nei quali la Chiesa negli
ultimi tempi riscontrerà una delle sue principali forze, per tener testa
all’Anticristo. Apostoli intrepidi delle verità cristiane, le faranno risuonare
nelle officine, nelle botteghe, nei trivî e per le campagne. Anche l’Anticristo
li avrà in odio, riguardandoli come uno dei più grandi ostacoli allo
stabilimento del suo regno tirannico. Li perseguiterà ferocemente. Gli uni
cadranno sotto la spada, altri per le fiamme e la schiavitù e per lo spogliamento
delle sostanze per molti giorni. Qual sarà il numero di questi figli del popolo
dottori insieme e martiri?... Il Signore se n’è riserbato il segreto. Ma per
quanto vasto possa essere il campo dei loro combattimenti, salutiamoli sin da
ora: i figli del popolo vi cadranno per la causa di Cristo e delle sue verità!
IV Tre campioni
sono già passati sotto la nostra rassegna: la Chiesa, i dottori, il popolo
fedele. Resta un quarto campione, riservato come soccorso straordinario, e di
cui non si può parlare senza una certa riserva, per il mistero che lo circonda:
è questo il ritorno e la predicazione simultanea d’Enoch e di Elia, designati
probabilmente nell’Apocalisse sotto nome di due testimoni .
Ecco ciò che se ne può dire, secondo la Tradizione e la Scrittura:
a) E’ certo che Enoch ed Elia non sono morti, essendo Enoch,
come dice San Paolo, stato trasportato perchè non vedesse la morte, ed Elia
essendo salito al cielo sopra un cocchio e con cavalli di fuoco. Tutti i Padri
sono concordi su questo punto.
b) E’ ugualmente certo che, tenuti in riserbo in un luogo
conosciuto da Dio solo, Enoch ed l’Elia devono ritornare a predicare in mezzo
agli uomini. Elia deve infatti ritornare e riordinerà tutte le cose, ha detto
lo stesso nostro Signore; ed il libro dell’Ecclesiastico, afferma di Enoch: «che
egli fu trasportato nel paradiso per predicare alle genti la penitenza».
Anche il Bellarmino ha potuto concludere: «Negare la venuta futura e
personale d’Elia, è un’eresia o un errore che si avvicina all’eresia».
Ed il Bossuet, non meno affermativo, scrive: «Bisogna
essere più che temerari per rigettare la tradizione d’Enoch e di Elia alla fine
dei secoli». Sono dunque certe queste due cose: la vita sempre
permanente di Enoch e di Elia, e il ritorno dell’uno e dell’altro in mezzo agli
uomini, per predicarvi la penitenza e ravvivare la fede. Ma quando avverrà
precisamente questo ritorno?
E’ questa la riserva di cui parliamo e che è tuttora comandata. Ciò non ostante
quasi tutta la Tradizione cattolica è concorde nel fissare questo ritorno al
tempo dell’Anticristo, e nel riconoscere Enoch ed Elia nei due famosi testimoni
dell’Apocalisse, ai quali toccherà la invidiabile e gloriosa missione di
combattere a faccia il figlio di perdizione.Ecco il celebre passo dell’Apocalisse:
«E io darò missione ai miei due testimoni che per mille
dugento sessanta giorni profetino vestiti di sacco. Questi sono i due ulivi, e
i due candelieri posti davanti al Signore della terra. E se alcuno vorrà
offenderli, uscirà fuoco dalle loro bocche, che divorerà i lor nemici;
imperocchè in tal guisa fa d’uopo che sia ucciso chi vorrà far loro alcun male.
Questi hanno potestà di chiudere il cielo, sicchè non piova nel tempo del lor
profetare; e hanno potestà sopra le acque, per congiarle in sangue e di percuoter
la terra con qualunque piaga, ogni volta che vogliano. Finita poi che abbian di
rendere testimonianza, la Bestia, che vien su dall’abisso, muoverà ad essi
guerra e li supererà e li ucciderà».
E chiarissimo che l’Apocalisse, in questo passo, parla di due testimoni,
predicatori in mezzo agli uomini ed antagonisti della Bestia, antagonisti
dall’Anticristo: perchè, fedele alla trama del mistero che va dalla prima
all’ultima pagina, l’Apocalisse non nomina espressamente questi due testimoni,
designandoli quanto basta; qui ancora si impone l’obbligo della riserva.
Ma, giova ripeterlo, la Tradizione cattolica quasi tutta intera si accorda a
nominarli, e, colla sua gran voce, grida: i due testimoni, antagonisti
dell’Anticristo, saranno Enoch ed Elia. La brevità di questo lavoro non ci
permette di qui riferire i monumenti della Tradizione: ma i grandi commentatori
biblici, come Cornelio a Lapide ed Estio, li hanno a disposizione dei nostri
lettori e, come seguito delle testimonianze citate, essi possono leggere le
seguenti linee: «Che Enoch ed Elia siano ancora vivi, e che debbano l’uno e
l’altro, prima del giudizio, predicare contro l’Anticristo, rilevasi
dall’antica tradizione della Chiese, a cui la maggior parte dei Padri rendono
testimonianza: Vetus est Ecclesiam traditio, cujus plerique Patres etiam
meminerunt». E prima di Estio e di Cornelio, San Tommaso aveva già
scritto: «Enoch è stato trasportato in un paradiso terrestre, dove
la credenza lo fa vivere insieme ad Elia sino alla venuta dell’Anticristo».
I due grandi testimoni del Vangelo, al tempo dell’Anticristo, saranno dunque,
tutto ci autorizza a crederlo, Enoch ed Elia: inviati, uno ai cristiani
prevaricatori, per correggerli; l’altro ai giudei increduli per richiamarli. A
quello toccheranno più particolarmente le nazioni; a questo i superstiti di
Giacobbe; ma a tutti e due la predicazione del Vangelo; ad ambidue la difesa
della verità cristiana. Ed allora sotto il tonare di queste due voci dominanti
il mugghio della tempesta, quale spettacolo degno degli sguardi del cielo! Non
è più solamente la Chiesa, coi suoi ministri, i suoi dottori, i suoi fedeli,
che fa risuonare il Credo delle verità cristiane, sono ancora i secoli del
passato che risuscitano ed entrano in lizza per proclamare Gesù Cristo. I secoli
della Legge di natura, rappresentati dal patriarca Enoch! I secoli della Legge
scritta, rappresentati dal profeta Elia! I secoli della Legge di natura e i
secoli della Legge scritta ecco che danno la mano ai secoli della Legge di
grazia e si levano tutti insieme dinanzi all’Anticristo, che compendia in sè
tutte le eresie, tutti gli scismi, tutte le persecuzioni del passato, e gridano
a lui e a tutti i confini della terra: Gesù Cristo è Dio! Egli solo è il
Redentore... Ed anche la Chiesa non arriverà al sublime, Elevaverunt arcam in
sublime?
Capitolo V Incertezza dell’epoca della venuta dell’Anticristo
e proibizione di fissarla
Sommario: I Silenzio della Tradizione e della
Scrittura sull’epoca della venuta dell’Anticristo; II Testo del V Concilio ecumenico di Laterano che proibisce di
fissarla; III Motivi di questa
proibizione; IV Ciò che é tollerato.
I In qual anno
del mondo comparirà l’Anticristo? Nessuno saprebbe dirlo, poichè la Tradizione
e la Scrittura tacciono su questo punto. Dio solo ne conosce l’anno e l’ora, ed
è un segreto che si è riservato. Tutte le investigazioni sono dunque vane. Vi è
una barriera che è insormontabile. L’apostolo San Paolo, scrivendo
dell’Anticristo ai Tessalonicesi, ha fatto allusione a questa barriera nelle
seguenti espressioni: ... Affinchè sia manifestato a suo tempo, Ut reveletur in
suo tempore». In quale epoca del mondo arriverà questo tempo? Siccome
l’apostolo San Paolo non lo ha indicato, ma si è servito di un’espressione
indeterminata; la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo e sempre prudente, non ha
aggiunto nulla e non aggiungerà nulla alla breve indicazione dell’Apostolo.
Rispettando la sua riserva, s’è astenuta da sollevare il volo o di guardare più
oltre.
II Inoltre, per
tagliar corto alle indiscrezioni che s’eran prodotte, non ha esitato di
proibire sotto pena di scomunica di annunziare per un’epoca determinata la
venuta dell’Anticristo e il giorno del giudizio finale. Sotto Leone X,
nell’anno 1516, l’11 avanti le calende di gennaio, nel V Concilio Ecumenico di
Laterano venne emanato questo decreto: «Ordiniamo a tutti coloro
che esercitano l’ufficio della predicazione o che l’eserciteranno in futuro, di
non presumere di fissare nelle loro predicazioni o nelle loro affermazioni un
tempo determinato per i mali futuri, sia per la venuta dell'Anticristo, sia per
il giudizio finale: attesochè la verità ha detto: Non v’è dato di conoscere il
tempo o il momento che il Padre ha fissato di sua propria autorità: coloro
dunque che, sino al presente, hanno osato asserire simili cose, hanno mentito,
e si è avverato che, per fatto loro, un gran danno è stato arrecato
all’autorità di coloro che predicano saggiamente».
III I motivi di
questa proibizione sono indicati nel testo di essa.
Prima di tutto, il rispetto dovuto alla volontà di Dio. Egli
è il padrone assoluto del tempo e di quanto in esso succede: non conviene,
dunque, che gli uomini, da indiscreti vogliano conoscere, in antecedenza, il
risultato dei suoi eterni decreti. Come si devono comportare, riguardo a questi
eterni decreti, lo dice liautore ispirato dell’Ecclesiastico: «Non
cercare quello che è sopra di te, e non voler indagare quelle cose che
sorpassano le tue forze... Non essere curioso scrutatore delle molte opere di
Dio». Il rispetto dovuto ai decreti e alle opere di Dio, la
penna di Sant’Agostino l’ha espresso in quest’ammirabile sentenza: «Onora
ciò che ancora non comprendi, e tanto più onoralo quanto i veli sono più fitti.
Quanto più uno è degno di onore tanti più veli pendono nella sua casa. I veli
comandano l’onore dovuto al segreto e si alzano a coloro che si vogliono
onorare».
Il secondo motivo della proibizione è di risparmiare ai
fedeli preoccupazioni fastidiose, pericolose per i doveri da compiere all’ora
presente. Si ricordi la paura dei Tessalonicesi che San Paolo fu costretto a
rassicurare: «Noi vi preghiamo, o fratelli, che non vi lasciate
atterrire; ... quasi imminente sia il giorno del Signore». E dopo aver
tracciato il ritratto dell’Anticristo nel capitolo II della sua lettera,
l’Apostolo lo fa seguire, al capitolo III, da questo consiglio: «Abbiamo
udito che alcuni tra voi procedono disordinatamente, i quali non fanno nulla,
ma si affaccendano senza pro. Ora a questi tali facciamo sapere e li
scongiuriamo nel Signor Gesù Cristo, che lavorando in silenzio mangino il loro
pane».
Il terzo motivo è d’impedire gli scandali, sempre dannosi
alle anime. Perchè allorquando l’avvenimento non giustifica le predizioni
avventate, coloro che son deboli nella fede ne prendono occasione per
disprezzare le vere profezie della Scrittura e di dubitarne. Così è accaduto
più d’una volta in diversi tempi; e la storia ecclesiastica ha dovuto
registrare i nomi di molti di questi sognatori che ebbero l’audacia di
annunziare per un’epoca determinata la venuta del’Anticristo; per esempio:
Un giovane parigino visionario annunziò pubblicamente da una
cattedra di Parigi, verso il 960, che l’Anticristo sarebbe venuto alla fine
dell’anno 1000. Fu confutato vittoriosamente da Abbone, il futuro abate di
Fleury;
Fluentino da Firenze, condannato nel 1105 da Papa Pasquale
II;
Arnoldo da Villanuova, condannato nel 1311. Aveva fissato la
venuta e la persecuzione dell’Anticristo all’anno 1377;
Bartolomeo Janovesio, condannato da Papa Urbano V per aver
fissato questa venuta nel giorno della Pentecoste del 1360;
Niccolò Cusin l’annunziò per gli anni 1700 o 1734;
Mmmero Bruschio, per il 1589 o 1643;
Girolamo Cardano, per l’anno 1800;
M. d’Hedouville, tra il 1952 e 1953;
L’autore anonimo dei «Precursori dell’Anticristo»,
per l’anno 1957;
L’abate Maitre fissa la fine del mondo alla fine del secolo
XX o nel corso del XXI.
Questi esempi non sono una dimostrazione della sapienza
della Chiesa nel proibire chi ha fissato una data determinata sia per questa
venuta, sia per la fine del mondo?
IV Si potrà dire
che essa proibisce egualmente di emettere delle congetture? No: la proibizione
fatta dal V Concilio Ecumenico di Laterano non va più in là. Essa riguarda
solamente ogni data fissa. Le generalità, le congetture prudenti, l’indicazione
dei segni precursori restano cose permesse, ad esempio di certi Padri e
d’eminenti Dottori che non ne sono mancanti.
Eusebio «designa la venuta
dell’avversario, il quale avrà la libertà di assalire la Chiesa di Cristo».
Giuda Cyr, altro storico ecclesiastico, crede che la venuta
dell’Anticristo sia prossima.
Tertulliano parla dell’Anticristo che si avvicina: «Antichristo
jam instante».
San Cipriano: «Dovete tener per certo che
il tempo dell’afflizione è cominciato, che la fine del secolo e il tempo
dell’Anticristo si avvicinano».
Sant’Ilario parla dell’Anticristo imminente: «imminentis
Antichristi».
San Basilio: «Non siamo all’ultim’ora?
Non è questa l’apostasia? Non si manifesta l’empio, il figlio della perdizione?».
Sant’Ambrogio: «Perchè siamo arrivati alla
fine del mondo, certe malattie ne sono i segni. La malattia del mondo, è la
fame; la malattia del mondo, è la peste la malattia del mondo, è la
persecuzione».
San Girolamo: «Noi non curiamo che
l’Anticristo si avvicina».
San Bernardo, descrivendo le empietà del suo secolo, emette
questo grido d’allarme: «Solo questo ci resta da
vedere che l’uomo del peccato, il figliuolo di perdizione, faccia la sua
comparsa».
San Gregorio Magno: «Il re della superbia è
vicino. Rex superbiae prope est».
Altre citazioni potrebbero esser riferite. Chi non conosce,
del resto, la famosa omelia del citato gran Papa San Gregorio, sui «segni
della fine del mondo», omelia che la Chiesa,
ogni anno rimette sotto gli occhi dei sacerdoti e dei fedeli, la prima domenica
dell’Avvento, per ricordare ad essi la fine dei tempi? Di questi segni
precursori, San Gregorio nota che alcuni sono adempiuti, e altri non tarderanno
ad esserlo. «Ex quibus profecto onnibus alta jam facta cernimus, alia
in proximo ventura formidamus».
Come s’è potuto vedere, alcuni dei Padri citati non si son
permessi di fissare una data certa per la venuta dell’Anticristo o per la fine
dei mondo. Essi si fermano tutti alle generalità, rammentano i segni,
congetturano; non fissano nulla. La loro maniera di predicare o di scrivere, è
conforme agli annunzi alle volte prudenti del nostro Signore stesso, e del suo
apostolo San Paolo. Ai capitoli XXIV e XXV di San Matteo, nostro Signore
annunzia chiaramente la fine del mondo, ne dà i segni precursori, ma non fissa
la data.
Ad esempio del suo Maestro, San Paolo, al capitolo II della seconda lettera ai
Tessalonicesi, annunzia chiaramente l’Anticristo, ma non fissa la data della
sua venuta; si limita a indicare il segno precursore di questo avvenimento:
l’Apostasia: Discessio primum et revelatus fuerit homo peccati.
• L’anticristo (parte I)
• L’anticristo (parte II)