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Risparmio, che fare?
Giovanni Sicola
04 Febbraio 2010
La crisi finanziaria che da due anni ci sta investendo, ha inequivocabilmente dimostrato come troppo spesso le banche e le società di collocamento di prodotti finanziari abbiano fatto i propri interessi sulla pelle dei risparmiatori. Di fronte a questi comportamenti il risparmiatore/investitore si domanda legittimamente se c’è modo di difendersi e quale sia questo modo.
E’ vero che la legge prevede varie tutele raccolte sotto il nome di trasparenza, ma sono misure spesso largamente insufficienti perché, a dispetto del nome, sono assai complesse e soprattutto perché non colpiscono veramente il centro del problema: il conflitto d’interessi.
La più semplice ed efficace contromisura da adottare è quella di munirsi di un professionista nel campo finanziario, il quale guadagni solo ed esclusivamente su quello che consiglia al cliente e non su quello che gli vende. Vediamo meglio in dettaglio.
Come ben sappiamo, il risparmio dei cittadini è la preda più ambita da una moltitudine di operatori del mercato che cercano di accaparrarselo con le più vari e convincenti lusinghe. Per contro, i meccanismi con cui si svolgono i processi di investimento sono quanto di più oscuro e complicato si possa immaginare, se l’immaginazione bastasse a definirlo.
Come in tutte le situazioni, anche in campo finanziario il risparmiatore cerca semplicità (quanto rende questo investimento?), regalando però un indubbio vantaggio a chi vuole avvantaggiarsi nei suoi confronti dato che egli, il risparmiatore, spesso non ha le necessarie conoscenza, ma soprattutto cautele, quando si avventura nei meandri dell’investimento guidato da quella sola semplice domanda.
E’ inutile che io mi addentri nella descrizione dei vari scandali finanziari o nell’analisi delle debolezze misconosciute o nascoste del sistema economico globale perché sono già stati in molti e ben più preparati di me a farlo. A me compete però far comprendere quale sia il meccanismo di base che permette di alimentare questa spietata «caccia al risparmio».
La molla di tutto questo è il conflitto d’interessi che permea in ogni suo anfratto il mondo del collocamento di prodotti finanziari, impedendo al risparmio raccolto con questa modalità di svolgere la sua fondamentale funzione sociale di carburante delle attività produttive. Le indicazioni di investimento date con questa prospettiva sono perciò falsate e fuorvianti.
Per citare solo alcuni esempi:
• Le banche che collocano le proprie obbligazioni e certificati di deposito a tassi inferiori ai titoli di Stato sono in conflitto d’interesse;
• Lanche e società di distribuzione di prodotti finanziari che devono realizzare i loro budget di vendita e che lucrano su prodotti ad alte e spesso poco comprensibili strutture commissionali, sono in conflitto d’interesse;
• Scendendo a cascata, i funzionari bancari e i promotori finanziari sono categorie di operatori che traggono buona parte della loro remunerazione o premi commissionali dal collocamento di nuovi prodotti e pertanto sono in conflitto d’interesse;
• Chi per vendere un prodotto non ne chiarisce bene l’intrinseca rischiosità o peggio non se ne informa, agisce in conflitto d’interessi (per esempio obbligazioni strutturate e unit linked);
• Il non fornire sufficiente chiarezza sui costi impliciti di alcuni prodotti finanziari è conflitto d’interesse.
Quanto detto sopra è una voluta semplificazione e non va generalizza perché esistono anche notevoli eccezioni, ma si tratta appunto di eccezioni.
Cerchiamo ora di definire brevemente questa locuzione: conflitto d’interesse c’è ed esiste quando nella mia funzione di collocatore/venditore antepongo i miei obbiettivi di guadagno ai reali interessi del cliente acquirente; quando gli colloco/vendo un prodotto od un servizio finanziario che non gli è utile (o lo è solo parzialmente oppure potrebbe averlo ad un costo inferiore), ma che procura a me che lo vendo un guadagno maggiore. Nell’ambito finanziario questo è molto facile da realizzare ed è prassi più volte denunciata da studi e pubblicazioni.
C’è modo di difendersi da questa tosatura organizzata?
Il modo più semplice è sapere che c’è e di conseguenza metterci nello stato d’animo di valutare ogni proposta che ci viene presentata non come un favore elargito per divina concessione, ma per quello che è e cioè un tentativo di vendita che niente ha a che fare con il buon cuore di chi ce lo propone.
Non dobbiamo essere supini di fronte al potere del marchio, della banca, dell’istituzione, del grado gerarchico di chi ci fa la proposta. E’ come se noi fossimo succubi del macellaio o del salumiere e, benché vegetariani, comprassimo ogni giorno qualche chilo di carne o di salumi per non contrariarli.
Presa coscienza della nostra indipendenza totale da chi ci propone di acquistare qualsivoglia servizio o strumento finanziario, viene la parte più difficile del compito e cioè trovare gli investimenti che siano adatti per noi. E’ da qui che comincia quello che viene chiamato il «percorso dell’investimento» che è né più né meno quello che vogliamo fare con i nostri soldi e con i nostri risparmi rispetto ai nostri progetti di vita.
Esiste una gran quantità di manuali ed enciclopedie per capire la finanza che spiegano, molto spesso in termini tecnici poco appetibili ai più, quale sia questo percorso d’investimento, che è però troppo spesso visto in modi molto standardizzati, oltre che complessi. Io credo invece che si tratti fondamentalmente di una semplice riflessione che ognuno deve fare più per capire se stesso e dove vuole andare, lasciando perdere il tentativo di impadronirsi di conoscenze su complicati meccanismi finanziari, a meno che faccia questo per suo diletto personale.
Una domanda alla quale chi si occupa di risparmio si trova spessissimo di fronte è: «Qual è l’investimento migliore?».
Ebbene sappiate che l’investimento migliore non esiste e non è mai esistito; è una semplificazione che trae in inganno e che fa fare errori madornali. Esistono piuttosto delle modalità per indirizzare i nostri risparmi verso l’investimento. Bisognerà perciò dedicare la nostra attenzione a decidere che impostazione dare alle nostre finanze, ai nostri risparmi e questa è un’operazione che possiamo fare solo noi e non dobbiamo delegare ad altri; un professionista esperto è molto utile in questa fase nel guidarci a ragionare oggettivamente su un progetto di lungo periodo accantonando le nostre emozioni momentanee. Agli altri, i tecnici, delegheremo poi solo la scelta dello strumento da utilizzare per raggiungere il nostro scopo e nel farlo controlleremo che ciò che ci viene proposto sia adatto a questo scopo.
Investire non è conoscere nei minimi dettagli ogni strumento finanziario, ma realizzare un progetto di vita, in cui i soldi sono un mezzo e non il fine (almeno io la penso così).
E’ chiaro che questo approccio può lasciare confusi molti, ma questo smarrimento deriva dal fatto che per generazioni ci hanno condizionato ed educato a pensare che l’investimento sia il tasso d’interesse, cioè lo strumento: è come se io pensassi che l’opera d’arte non è il quadro che ho di fronte, ma il martello con il quale è stato piantato il chiodo che lo sorregge. Un semplice errore di prospettiva.
Per chi considera corretta questa impostazione si pone però un problema pratico e cioè a chi rivolgersi per poter individuare correttamente questo percorso. Chi può aiutare il risparmiatore in maniera oggettiva visto che le categorie di operatori attualmente sul mercato sono in conflitto d’interessi?
E’già da qualche anno che esistono anche in Italia dei professionisti che, avendo rifiutato la logica del conflitto d’interessi, mettono a disposizione del pubblico le loro competenze, professionalità e indipendenza per affiancare gli investitori nella definizione e nella manutenzione dei loro investimenti. Si tratta dei consulenti finanziari indipendenti, cioè non legati ad alcuna organizzazione di tipo commerciale e che pertanto non ricevono alcuna remunerazione da banche, assicurazioni e via dicendo, ma solo dal proprio cliente.
Come qualunque libero professionista il consulente indipendente sa che i suoi futuri guadagni dipendono solo dalla sua capacità di soddisfare i bisogni del suo cliente nel modo migliore per quest’ultimo. Ecco quindi in questa figura il tecnico specializzato necessario per valutare la rischiosità di ogni tipologia di investimento e la sua convenienza in termini di rischio/rendimento rispetto alla mia individuale situazione.
(prima puntata)
Giovanni Sicola
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