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Quale rapporto tra Vecchio e Nuovo Testamento?
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Il Vecchio Testamento, come dicevano Sant’Agostino ed altri, contiene in nuce il Nuovo ed il Nuovo rende comprensibile il Vecchio: ergo l’intera Scrittura si spiega solo alla Luce di Cristo. E questo è esattamente, a meno di non indugiare in un palese marcionismo, ciò che costituisce la Rivelazione ebraico-cristiana. Il pagano Abramo fu chiamato da Dio, ossia dalla Santissima Trinità, e quindi dal Cristo Venturo che era (ed è) prima di lui, ad essere depositario, in un mondo di paganesimo, di tale Rivelazione dando origine all’Israele teologale. Che è poi il vero Israele benché, prima di Cristo, esso vivesse nella «carne» di un popolo ma, anche all’epoca, fosse tuttavia accessibile solo per mezzo della circoncisione che era figura del futuro battesimo con il quale Cristo ha aperto a tutti, e non solo agli ebrei, la possibilità di entrare nella Rivelazione e nella salvezza universale già promessa nell’Antico Testamento, ma impossibile a realizzarsi nel modo creduto dall’esclusivismo ebraico.

Cristo è stato la rottura di tale esclusivismo etnico-religioso, ma questa rottura se, da un lato, è avvenuta in discontinuità con l’esegesi spuria sinedritica, è però, dall’altro lato, avvenuta in continuità con la Rivelazione anticotestamentaria che Egli ha adempiuto e perfezionato, proprio perché, in quanto Verbo di Dio, ne era la radice stessa e dunque la precedeva e la sosteneva.

Affermare il contrario significa dire che Cristo avrebbe tagliato non con l’esclusivismo ebraico, ossia con l’esegesi spuria delle scritture già in uso presso i sinedriti, ma con l’Antico Testamento stesso, dunque più in generale con la Rivelazione, e quindi significa sottendere che il Dio che si è definitivamente rivelato, anzi incarnato, in Gesù Cristo non sarebbe il medesimo Dio che si è rivelato ad Abramo e che quest’ultimo era solo un «dio minore» cui Cristo si sarebbe opposto.
Esattamente quel che sosteneva Marcione.

Quindi, quando si distingue, giustamente, il Cristianesimo, adempimento della Rivelazione, dal giudaismo post-biblico, che è il giudaismo spurio che già covava all’interno dell’ebraismo precedente a Cristo, ma che non coincideva affatto con la Rivelazione di Dio ad Abramo, si deve fare molta attenzione, nel condannare l’esegesi talmudica (essa sì spuria e non conforme alla Rivelazione né anticotestamentaria né, ovviamente, neotestamentaria), a non cadere nell’eccesso opposto.

In altri termini, la fede cristiana afferma, alla Luce della Rivelazione, la continuità tra ebraismo autentico e cristianesimo e, quindi, la discontinuità tra l’ebraismo autentico, adempiutosi ed universalizzatosi in Cristo, ed il giudaismo spurio post-biblico, che già covava nel Sinedrio dei tempi di Cristo.

Questo giudaismo spurio post-biblico, quando si scava a fondo, si rivela essere inquinato da forti influenze di tipo gnostico, quelle stesse che poi si ritrovano anche in tante eresie dei primi secoli, come appunto quella marcionita. Le innegabili similitudini, riscontrate da molti storici come, ad esempio, Giorgio Galli e George Mosse, tra nazismo pagano, che marcionisticamente (s)parlava di «Cristo ariano» dando credito alla leggenda talmudica della nascita adulterina di Cristo da un legionario romano, e sionismo, si spiegano anche con questa loro comune e segreta radice spuria.

L’attuale confusione in campo cattolico è data non dall’affermazione, che è evangelica, apostolica e patristica, della continuità, nel senso del perfezionamento, tra Vecchio e Nuovo Testamento, quanto piuttosto dal credere, o far credere, che l’odierno giudaismo post-biblico sia identico alla fede veterotestamentaria di Abramo, quando invece né è la discontinua rottura.

Sebbene pro domo sua, ossia rovesciando i termini della questione, Neusner, onestamente, riconosce che tra l’attuale giudaismo post-biblico e la fede cristiana non vi è continuità. Solo che bisogna poi correggere Neusner ricordando che il Cristianesimo è in continuità, essendo l’adempimento promesso, con l’autentico ebraismo veterotestamentario, dal quale invece il giudaismo post-biblico si è irrimediabilmente allontanato (salvo la possibilità per gli ebrei, come è stato ad esempio per Israel Eugenio Zolli, di tornare al vero ebraismo convertendosi a Cristo).

Attenzione, poi, ad un’altra cosa. Quando San Paolo, giustamente, afferma che la Legge di Mosé è superata dalla Legge della Grazia, che solo Cristo ci dà, non oppone affatto la prima alla seconda perché non poteva certo parlare contro le parole di Cristo in Persona, che ha affermato che della Legge non cadrà neppure uno iota e che Egli è venuto non ad abrogarla ma a perfezionarla. Quindi San Paolo non oppone, luteranamente, Grazia e Legge ma afferma che la Legge non può essere adempiuta se non attraverso la Grazia donataci da Cristo, sicché tutti i riti della Legge antica, che erano solo prefigurazioni dell'adempimento futuro, come ad esempio lo sgozzamento rituale nel Tempio dell’agnello pasquale prefigurazione del Vero Sacrifico in Croce del Vero Agnus Dei, ossia Cristo, sono stati aboliti, perché nell’economia della Nuova Alleanza sono ormai inutili.

I rituali antichi, però, non l’essenza della Legge che, sempre stando alle parole di Nostro Signore, è l’Amore di Dio e del prossimo. Quell’essenza non è caduta e non cadrà, ma per adempierla è necessaria la Grazia che Cristo, e solo Lui, ci dona.

Non meraviglia che alcuni lettori non abbiano chiaro ciò che è chiaro da duemila anni. Gli interventi sul peccato originale rivelano che la spiritualità di costoro è chiaramente di tipo gnostico. E questo spiega la loro simpatia per Marcione.

Luigi Copertino



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