Eric Salerno, giornalista e inviato speciale del Messaggero,
esperto di questioni mediorientali, ha scritto nel 2010 un interessante e
documentato libro intitolato «Mossad base Italia. Le azioni, gli intrighi, le
verità nascoste», Milano, Il Saggiatore,
258 pagine, 19 euro. L’autore cerca di far luce sulla cronaca italiana degli
ultimi sessant’anni, durante i quali gli agenti del Mossad hanno iniziato le
loro attività, con la complicità almeno implicita dei governi italiani, a
partire dal 1945 con l’immigrazione clandestina degli ebrei europei in Italia
per farli poi espatriare in Palestina. Egli descrive, con l’aiuto di colloqui
avuti con Mike Harari, un agente o meglio l’ex capo delle operazioni
clandestine del Mossad incaricato da Golda Meir di vendicare gli atleti
israeliani uccisi Monaco nel 1972, e del giudice Claudio Mastelloni, che ha
indagato per molti anni sulle vicende dei servizi segreti italiani e israeliani
ed infine delle cronache giudiziario-giornalistiche (1), le varie vicende che hanno caratterizzato la storia del nostro
Paese, e sulle quali non è stata fatta ancora completa chiarezza: a partire
dall’immigrazione clandestina di migliaia di ebrei diretti in Palestina, dal traffico
internazionale con scalo in Italia di armi dirette verso la futura Israele,
sino ai vari sabotaggi delle industrie belliche italiane che rifornivano gli arabi
e specialmente l’Egitto, passando per diversi attentati che hanno insanguinato
la nostra patria (l’aereo Argo 16,
l’uccisione del giornalista palestinese Wail Zwaiter assassinato a Roma per
rappresaglia dopo Monaco 1972 e il caso Moro). Il pregio del libro, ben
studiato e condotto su fatti e documenti, è quello di non presumere di saper
tutto, soprattutto in un campo misterioso e pieno di depistaggi e
doppiogiochismi come quello dei servizi segreti, ma di fermarsi a congetture,
possibilità o probabilità ove manchi la prova certa, senza voler fare un
passaggio indebito dal possibile al reale o al certamente evidente. Solo in
caso di prove chiare ed esplicite l’autore ci mette di fronte all’evidenza del
fatto. Ne risulta un quadro che getta una luce nuova sulle vicende che oramai
hanno preso una piega ben definita non solo in Medio Oriente, ma anche in
Italia e nel resto del mondo. Il ruolo giocato da Israele sin dal primo
dopoguerra in Italia è enorme. Non prenderne atto significherebbe non voler
vedere la realtà. Ma il prenderne atto non significa sapere tutto di ogni cosa.
«Nescire qaedam magna pars sapientiae». Del resto le sorti delle due guerre
mondiali sono state decise in gran parte dal ruolo dei servizi segreti dei
Paesi belligeranti; come in ogni guerra che è stata fatta su questa terra, non
ci si è serviti solo delle armi, ma anche dell’Intelligence.
De Gasperi, Ada Sereni e Israele
Dopo la Seconda Guerra Mondiale migliaia di ebrei volevano
allontanarsi dall’Europa semidistrutta per recarsi in USA o in Australia, ma
«gli inviati della ‘Palestina ebraica’ riuscirono a convincere decine di migliaia
di persone a trovare rifugio in Medio Oriente, dove presto, anche grazie a
loro, sarebbe nato uno Stato ebraico» (2).
Nel giro di tre anni almeno ventiseimila ebrei furono fatti espatriare
clandestinamente in Palestina. La Gran Bretagna, che avendo il «Mandato» sulla Terra Santa, si opponeva ad una
immigrazione in massa degli ebrei in Palestina e cercava perciò di arginare il
flusso migratorio, entrò, quindi, nel mirino
del terrorismo ebraico, che per primoinsanguinò la Terra Santa. Frattanto
«in Italia i campi d’accoglienza si riempivano e si svuotavano rapidamente» (3).
Ada Sereni, ebrea romana, nata Ascarelli, era il capo
italiano del Mossad per le operazioni di espatrio verso la Palestina. Lei
stessa nel suo libro «I clandestini del mare», Milano, Mursia, 1973, racconta dell’incontro che ebbe con Alcide
De Gasperi per ottenere una tacita copertura da parte del governo e dei servizi
segreti italiani sulle attività che il Mossad avrebbe dovuto svolgere in Italia
per farvi giungere e poi espatriare verso la Terra Santa i propri connazionali
dell’Europa del nord. La Sereni chiese a De Gasperi di «chiudere un occhio, e
possibilmente due sulle nostre attività in Italia» (4). Eric Salerno commenta: «Gli italiani si accorsero sin
dall’inizio dell’immigrazione clandestina e dei campi provvisori dove venivano
ospitati gli ebrei arrivati dal resto dell’Europa, ma non soltanto chiusero un
occhio, aiutarono quando e come poterono. Aiutarono
anche nella fase successiva, quando
il Mossad, parallelamente all’immigrazione clandestina, si impegnò nell’addestramento militare dei rifugiati, nell’acquisizione d’armi e nel loro trasporto in Palestina, nella lotta per impedire agli arabi di
armarsi anche quando questo significava il sabotaggio di industrie e impianti
italiani e di loro prodotti (…). A parte i rapporti ambigui, costruiti ad
arte, per non precludere i potenzialmente ricchi mercati arabi (…), l’Italia
non sarebbe stata ostile nemmeno a Israele» (5).
I primi viaggi
marittimi dall’Italia in Palestina
La prima nave clandestina a salpare dall’Italia verso il
futuro Stato d’Israele partì dal porto di Bari il 21 agosto 1945 e riuscì a
raggiungere il porto di Tel Aviv il 25, senza farsi intercettare dagli inglesi
i quali si attenevano alle disposizioni del «Libro Bianco» del 1939, che limitavano l’immigrazione ebraica e l’acquisto
delle terre dei palestinesi. Le cose andarono diversamente per quanto riguarda
il viaggio da La Spezia verso la Palestina del 4 aprile 1946 quando 1.014
profughi ebrei cercarono di imbarcarsi su tre navi, che furono bloccate a La
Spezia dagli inglesi. Soltanto l’8 maggio del 1946 le tre navi partirono, ma
mentre le prime due riuscirono ad arrivare in Palestina, la terza chiamata Exodus fu bloccata dagli inglesi.
Tuttavia, nonostante la decisione di «chiudere un occhio», l’ingresso sempre crescente e divenuto massiccio nel 1947 di
ebrei in Italia «turbava non poco le autorità italiane, tanto che il 23 gennaio
(…) il ministero degli Interni fece arrivare alla presidenza del Consiglio un
appunto dettagliato sulla situazione: «Trattasi di gente che, in grande
maggioranza, si dedica ad attività improduttive ed illegali (…) senza vantaggio
e anzi con detrimento del Paese che li ospita»» (6).
In effetti, dopo aver preso parte alla guerra partigiana nell’Italia
settentrionale, la «Brigata ebraica dell’Esercito britannico» trasportò «rifugiati e armi destinate
all’addestramento nei campi di transito e ai combattenti ebrei in Palestina» e
facilitò «le azioni di sabotaggio contro le industrie italiane sospettate di
commerciare con i nemici arabi» (7).
Ma l’Italia si trovava in un certo senso con le mani legate, poiché «i
rappresentanti delle organizzazioni ebraiche internazionali ‘fanno apertamente
comprendere - secondo il funzionario del Viminale autore della segnalazione -
di poter influire, a seconda del nostro atteggiamento, sull’opinione
pubblica americana nei riguardidell’Italia’» (8). Inoltre, nei primi anni successivi alla fondazione dello Stato
d’Israele (14 maggio 1948), il movimento sionista ebbe come alleati sia gli USA
che l’URSS (9). Soltanto
l’Inghilterra aveva rappresentato un pericolo sino al 1947, quando, dopo una
serie di attentati terroristici ebraici contro di essa, aveva rinunciato al «Mandato» e solo nel 1948 gli arabi si
schierarono apertamente ed effettivamente contro Israele appena nato (10). Verso la fine del 1947 e l’inizio
del 1948 tre agenti del Mossad «acquistarono sei navi con cui trasportare le
armi (in Israele). Navi in gran parte italiane, con bandiera italiana ed equipaggi
italiani»(11).
I primi attentati in
suolo italiano
Nel 1948 l’obiettivo principale del Mossad non erano più i
profughi, oramai già giunti in Palestina, ma le armi per Israele ed impedire
che gli arabi ne ottenessero in egual misura (12). Il problema presente era costituito dalla nave Lino battente
bandiera italiana, che conteneva un grosso carico di armi per i siriani. «Dopo
la fine della Seconda Guerra Mondiale l’Italia era divenuta la base operativa
dei terroristi ebrei dell’Irgun e
della Banda Stern in lotta contro Sua
Maestà britannica, e dell’organizzazione dell’immigrazione ebraica clandestina,
madre di uno dei più potenti servizi segreti del mondo, il Mossad» (13). La nave partì dal porto di Fiume,
raggiunse Molfetta ove dovette fermarsi a causa del maltempo che imperversava.
L’11 aprile del 1948 i quotidiani italiani davano la notizia di una misteriosa
esplosione sulla Lino, che era stata
affondata, ma non distrutta e il cui carico di armi giaceva sul fondo del porto
di Bari verso il quale la nave si era diretta dopo aver lasciato Molfetta.
Damasco, che aveva acquistato legalmente le armi reclamava, la sua proprietà e
l’Italia non poté fare a meno di autorizzare il recupero delle casse di
materiale bellico. Allora «Ada Sereni, oramai rappresentante ufficiale in
Italia dei servizi segreti del nuovo Stato (d’Israele), decise di impedire ai
siriani di impossessarsi delle armi legittimamente acquistate e custodite a
Bari» (14).
Grazie al sostegno tacito e occulto dato dai servizi segreti italiani al Mossad,
quando le armi furono ripescate e riposte nel deposito del porto di Bari e poi
caricate nel battello Argiro per
essere trasportate verso la fine di agosto del 1948 in Siria via Beirut, due
marinai israeliani presero il posto di due italiani, che si erano dati per
ammalati. Fu allora che avvenne «un piccolo sabotaggio compiuto da uno dei due
militari israeliani. Alla richiesta di aiuto del comandante risponde un
peschereccio, casualmente nei dintorni. E’ un battello del Mossad. Due marinai
del peschereccio salgono a bordo della nave italiana e con l’aiuto di altri
agenti imbarcati non hanno difficoltà ad assumere il controllo e puntare su
Israele» (15).
L’attentato all’Ambasciata britannica i Roma
L’Italia è stata teatro di azioni ancora più eclatanti. Il
30 settembre 1946 a Roma vicino alla Breccia di Porta Pia, in via XX settembre,
venne fatta esplodere una bomba presso l’Ambasciata britannica, che cercava di
far rispettare i patti del «Libro Bianco»
del 1939. Tre uomini del Mossad sistemano due valigie davanti all’ingresso
dell’Ambasciata, contenenti cinquanta chili di tritolo che esplodono la notte
del 30 alle 2 e 34; «l’esplosione è violentissima e distrugge buona parte
dell’edificio» (16), inoltre «danneggia tutti gli stabili vicini all’Ambasciata
(…), il portiere di uno degli stabili è leggermente contuso» (17). Il 4 novembre l’Irgun rivendica l’attentato,
richiamandosi a Garibaldi, a Mazzini e a Cavour, «apostoli della guerra per la
libertà». L’Irgun dopo aver fatto entrare in Palestina migliaia di ebrei, come
l’Haganah e il Mossad aliyah bet, andò oltre e, contro la volontà di Ben Gurion,
«riprese, con estrema durezza, la lotta armata contro le truppe britanniche
presenti sul territorio. Vittime delle azioni in Palestina - terrorismo, come sarebbe stato subito
battezzato dagli inglesi e dallo Stesso Ben Gurion - sono soldati e civili
inglesi, arabi e anche ebrei» (18).
Questa volta in Italia Polizia e carabinieri non possono «chiudere un occhio» e devono andare sino in fondo.
Arrestano vari esponenti del Betar e un militante dell’Irgun.
Ma «il 27 novembre un certo professor Smertenko, vicepresidente della ‘Lega
americana per una libera Palestina’, si rivolge a trentasei corrispondenti
della stampa italiana e straniera in una sala del Grand Hotel di Roma. La conferenza, convocata per parlare delle
condizioni di detenzione di una decina di ebrei all’interno delle indagini
sull’attentato all’Ambasciata britannica, si trasforma rapidamente in una
requisitoria contro le autorità italiane e in una difesa della libertà di
opinione. «La Gran Bretagna ha dichiaratoguerra al popolo ebraico». E dunque, anche se compiere
attentati, come riconosce l’esponente ebraico, è reato per la legge italiana,
non dovrebbe costituire reato appartenere a un’organizzazione clandestina, come
l’Irgun, soltanto perché minaccia altri attentati contro interessi britannici
in Italia e altrove» (19). Eric
Salerno conclude citando un incontro avuto col professor Yehezkel Dror
dell’Università ebraica di Gerusalemme, studioso dei cosiddetti «regimi
canaglia», il quale gli disse che «se Gheddafi non fosse esistito, toccava inventarlo. Era così comodo
addossare a lui tutto ciò che di nefasto succedeva tra il Mediterraneo e
l’Africa. Egli non poteva costituire una vera minaccia per l’Occidente. Così è
stato con l’Irgun in Europa,
incolpato di tutte le azioni terroristiche di matrice ebraica. Ma sia prima
della fondazione dello Stato d’Israele sia subito dopo erano ben altri militanti ebrei e agenti segreti
israeliani a colpire nel cuore dell’Italia» (20).
I sabotaggi delle
industrie di armamenti militari italiane
Il capitolo VI del libro di Eric Salerno (pagine 83-96) è
dedicato al sabotaggio delle industrie italiane che rifornivano i Paesi arabi.
Il 14 agosto 1948 vi fu all’aeroporto di Venezia un attentato, per fortuna
sventato, contro due aerei destinati all’Egitto (pagina 87). Subito dopo gli
egiziani avevano acquistato regolarmente cinque vecchi Dc-3 da una società di
Firenze e il Mossad avrebbe voluto distruggerli prima della loro partenza, ma
per timore che le autorità italiane, onde non perdere un prezioso acquirente
come l’Egitto, non potesse «chiudere un occhio» su tale vicenda, non se ne fece nulla (pagina 88). Il terzo
attentato contro la nave Rosalyn, che caricava regolarmente armi per l’Egitto
nel porto di Genova, abortì poiché uno degli attentatori, Gideon Rosen, si fece
scoppiare in mano l’ordigno che stava preparando (pagina 88). Qualche settimana
dopo nell’agosto del 1948 all’aeroporto di Venegono presso Varese,
l’Aeronautica Macchi finì nel mirino dei sabotatori del Mossad. Il Cairo aveva
acquistato dalla Macchi una ventina di caccia modello 205. Si decise di
intervenire. Le basi del Mossad a Nemi e a Milano vennero allertate;
l’esplosivo venne trasferito da Nemi a Milano e il 18 settembre avvenne
l’attentato (pagina 89), che «solo per un caso fortunato non ha provocato,
oltre ad ingenti danni, vittime umane»
(Corriere della Sera, 19 settembre 1948). Inoltre il Mossad ebbe contatti con
vari esponenti del MSI, la cui nascita fu favorita dagli Stati Uniti (21), specialmente con Pino Romualdi,
«che, per sua stessa ammissione, fornì l’esplosivo usato dai terroristi ebrei
per devastare l’ambasciata britannica a Roma» (22).
Nell’ottica anti-sovietica altri ex repubblichini collaborarono con gli USA e
Israele, ad esempio Junio Valerio Borghese (23). Nel capitolo IX (pagine 117-124) Eric Salerno parla dei
rapporti tra il Mossad e la «X Mas»
per affondare le navi della flotta egiziana tramite la tecnica, sperimentata
durante la RSI, dei «maiali» o
piccoli motosiluranti su cui un incursore sommozzatore sedeva a cavalcioni e lo
dirigeva contro una nave nemica, per lasciarlo a pochi metri dall’impatto. E’
Ada Sereni a prendere contatti con alcuni reduci della «X Mas» e uno di essi (Fiorenzo Capriotti) si
occupa di far spedire in Israele sei motosiluranti Mas, acquistati dal Mossad
presso la «Cabi Cattaneo» di Milano
(pagine 121-122). «Sul lago di Tiberiade (…), il marò addestra le nuove reclute
che avrebbero sferrato l’attacco all’ammiraglia egiziana Emir Farouk, alla fonda del porto di Gaza (…). Il successo degli
uomini addestrati da Capriotti e dei «maiali» importati dall’Italia è totale. L’ammiraglia egiziana, con a
bordo reparti scelti pronti a dar man forte alle truppe impegnate nel Negev per
cercare di bloccare il nemico, va a fondo e viene danneggiata anche una
dragamine di scorta» (pagina 123).
La nascita dell’aviazione israeliana a Roma
Il capitolo XI (pagine 131-147) tratta della nascita dell’aviazione da guerra israeliana a Roma, ove nel 1948 presso
l’aeroporto dell’Urbe sulla via Salaria venivano addestrati in segreto, da
piloti italiani e americani, volontari e anche mercenari ebrei, che si
sarebbero ingaggiati nell’aviazione da guerra dello Stato d’Israele. Lì «aerei
da trasporto e altri velivoli più o meno grandi con poche modifiche venivano
trasformati in caccia e bombardieri diretti in Israele» (pagina 136). Inoltre
anche l’URSS riforniva di armi Israele, via Roma, servendosi delle acciaierie
Skoda della Cecoslovacchia (Il Messaggero, 6 novembre 1948). I piloti
israeliani erano allenati anche in territorio sovietico (pagina 137), ma l’URSS
riforniva pure i Paesi arabi. «Nel 1992, il pilota istruttore Guerrini
raccontava dalle pagine del Mensile di
aeronautica la storia della scuola da dove uscirono, nel giro di appena
nove mesi, una sessantina di piloti. Nella pratica, all’Urbe nacque l’Aviazione
israeliana» (pagina 138).
Anche i cadetti della
Marina Militare israeliana furono addestrati dalla Marina Militare
italiana. L’Italia voleva aiutare Israele ma non voleva rompere con gli arabi:
«in questo clima fu deciso di accogliere i cadetti ‘a condizione tuttavia che
da parte israeliana ci si impegni formalmente a non dare alla cosa pubblicità
alcuna’» (pagina 154).
Rappresaglia a Roma
Per quanto riguarda la rappresaglia ordinata da Golda Meir
dopo la strage di Monaco nel settembre 1972, si sa con certezza che il
giornalista giordano Wail Zwaiter, ucciso con dodici rivoltellate il 16 ottobre
del ‘72 a Roma in via Annibaliano n° 4 vicino piazza Sant’Emerenziana dal
commando del Mossad diretto da Mike Harari, non faceva parte di «Settembre nero» né si era mai occupato di guerriglia,
anzi le era completamente ostile. Però «il gruppo operativo comandato da Mike
Harari, non aveva il compito di distinguere tra colpevoli o innocenti. L’ordine
arrivato dalla bocca di Golda Meir era di colpire un certo numero di militanti
palestinesi. Che fosse una rappresaglia
era chiaro a tutti» (24). Il
risultato ottenuto dal Mossad fu di far cessare ogni altra azione di «Settembre
nero».
Validità del
principio di causalità
Eric Salerno fa una considerazione che mi sembra non priva di fondamento: «Separare la causadall’effetto significa mantenere nel buio ciò che è molto chiaro e
semplice. Non si può fingere di credere che a Monaco, per esempio, vi sia stata
un’esplosione di violenza in una situazione di pace: la violenza in Medio
Oriente è endemica da più di sessant’anni, precisamente da quando l’Occidente
intese assicurare i propri interessi imperialistici a spese di un popolo i cui
interessi non furono, allora come oggi, tenuti in considerazione» (25). Vale a dire: senza l’invasione
della Palestina nel 1948, non vi sarebbe stata Monaco 1972, «sine causa nullo effectu» direbbe Aristotele.
«Argo 16» e «Lodo Moro»
Nel capitolo XVI del suo libro (pagina 191-198) l’Autore
parla dei casi Argo 16 (23 novembre
1973) e Aldo Moro (1973-1978). Argo 16 è il nome dell’aereo italiano con il
quale due terroristi, che a Ciampino si accingevano ad abbattere con missili
terra-aria l’aereo El Al con a bordo
Golda Meir, dopo essere stati rimessi in libertà provvisoria, furono
accompagnati il 30 ottobre 1973, clandestinamente, in Libia. Tre settimane
dopo, il 23 novembre 1973 alle sette del mattino Argo 16 si schiantò al suolo con i suoi quattro componenti
dell’equipaggio. «Lo stesso equipaggio
che avevacondotto i palestinesi a
Tripoli. Incidente o attentato? (…). Il generale Gianadelio Maletti (…), in
presenza del generale Vito Miceli e di altri ufficiali, si disse convinto che
si era trattato di un atto di sabotaggio compiuto da agenti del Mossad (26). Anni dopo il generale Ambrogio
Viviani, capo del controspionaggio dal 1970 al 1974, sembrava condividere
l’ipotesi (…). Sulle pagine del Giornale Miceli afferma: «Fu fatto esplodere». Su Panorama Viviani è ancora più
esplicito: «Si è trattato di un avvertimento un po’ cruento dei Servizi d’Israele
al governo italiano»» (pagine
192-193). Il giudice della Procura di Venezia Carlo Mastelloni, cui fu affidato
il caso, ritiene che l’Argo 16 sia
stato sabotato e lega tale attentato oltre al trasporto dei due palestinesi in
Libia al patto o «LodoMoro»,
ossia all’intesa tra il governo italiano, di cui Moro era allora ministro degli
Esteri, e l’OLP.
L’Italia si garantiva l’immunità da attacchi terroristici palestinesi e in
cambio chiudeva un occhio sul trasporto attraverso il suo suolo di armi ed
esplosivi diretti altrove. «Il patto, ovviamente, non stava bene a Israele. E
il sabotaggio di Argo 16 a giudizio di Mastelloni , sarebbe una ritorsione non soltanto per la liberazione dei due
palestinesi (…), ma un avvertimento
legato al complesso delle ‘concessioni’
italiane ai nemici di Tel Aviv» (pagina
194). Inoltre per quanto riguarda il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro nel
1978, secondo ciò che ha rivelato nel 2005 l’ex vice segretario della DC
Giovanni Galloni, il Mossad e la CIA si erano infiltrati nelle BR in vista di
una «destabilizzazione dell’Italia (…) al fine di indurre l’America a vedere
Israele come l’unico punto di
riferimento alleato nel Mediterraneo per averne in tal modo maggiore
sostegno in termini politici e militari» (pagina 197).
Conclusione
1) Se qualcuno vuol saperne di più, può acquistare il libro
di Eric Salerno ed anche gli altri citati. Ma attenzione a non presumere di
poter conoscer tutto delle vicende storiche che hanno agitato l’Italia dal 1945
ad oggi, come del resto tutta la storia dell’umanità della quale molti elementi
li conosceremo solo al Giudizio Universale.
2) Il primo terrorismo non è stato quello degli integralisti arabi, ma quello
dell’estremismo sionista (Irgun),
dietro il quale si è celato spesso il Mossad, che ha colpito in Palestina sin
dal 1937 e anche in Italia e a Roma nel 1946, circa trent’anni prima di «Settembre
Nero».
3) I governi e i servizi segreti italiani hanno sempre (e
non solo nel «dopo-Craxi») giocato
la doppia carta di aiutare Israele e di non ostacolare apertamente il mondo
arabo.
4) Il terrorismo israeliano si rifaceva a Mazzini e
Garibaldi per giustificare l’azione armata in vista della libertà di
opinione e di possesso della patria dei loro antichi antenati, che nel 135
avevano lasciato la Syria-Palestina: «La Gran Bretagna ha dichiarato guerra a
Israele col ‘Libro Bianco’ del 1939 e Israele si difende con azioni di guerra
di liberazione».
5) A Roma vi fu una rappresaglia «democratica» nel 1972 contro un giornalista non
terrorista, colpevole di perorare la causa palestinese, ma l’unica rappresaglia
condannata è quella tedesca del 1944 dopo l’attentato di via Rasella. Tuttavia
il «principio di causalità» è
universale, quindi dovrebbe valere anche per la «Cave Ardeatine»: senza
via Rasella (causa) non ci sarebbero
state leArdeatine (effetto).
Invece Harari è un eroe e Priebke un criminale.
6) Gli anni Settanta o anni di piombo in Italia sono stati
telecomandati dai servizi segreti israeliani, americani e italiani, che si son
serviti anche di bassa manovalanza italiana di sinistra e di destra per
destabilizzare l’Italia in modo che gli USA non la considerassero più utile
come punto d’appoggio per la politica estera e la guerra fredda, ma si
rivolgessero a Israele e lo finanziassero contro il terrorismo comunista e
arabo quale unico baluardo dell’Occidente contro il pericolo bolscevico (ieri)
e arabo (oggi).
7) Alla larga da servizi segreti, anche non deviati! Sono
quelli più pericolosi.
Per gentile autorizzazione di don Curzio Nitoglia a EFFEDIEFFE.com
1) Ha potuto
consultare anche l’«Archivio Centrale dello Stato» a Roma; la «National Library»
di Sydney; il «Museo del Palmach» e
dell’ «Hganah» di Tel Aviv; infine
il «Museo dell’immigrazione e della storia navale israeliana» ad Haifa.
2) E. Salerno, «Mossad
base Italia. Le azioni, gli intrighi, le verità nascoste», Milano, Il Saggiatore, 2010, pagina 23.
3) Ivi.
4) Citato in E.
Salerno, «Mossad base Italia…», pagina
24.
5) Ibidem, pagina
25.
6) Ibidem, pagina
40.
7) Ibidem, pagina
39.
8) Ibidem, pagina
40. Mi sembra che la situazione attuale di accoglienza forzata di immigrati
clandestini, i quali stanno man mano occupando l’Italia, sia analoga a quella
del 1945.
9) Ibidem, pagina
48.
10) Ibidem, pagina
49.
11) Ibidem, pagina
48.
12) Ibidem, pagina
51.
13) Ivi. Prima di
diventare un vero e proprio servizio segreto («Ha-Mossad le-Modi’in ule-Takkidim Meyhuhadim») si chiamava «Mossad aliyah
bet» ed era un istituto per
organizzare la partenza degli immigrati clandestini in Israele. L’«Irgun» era un’organizzazione clandestina ebraica nata nel 1931 da una
scissione dal «Betar» (Movimento giovanile sionista) e
dall’«Haganah», che era l’organizzazione paramilitare ebraica attiva in
Palestina tra il 1920 e il 1948, ossia durante il mandato britannico. Nel 1940
ad Haifa l’Haganah fece esplodere la
nave Patria, con a bordo 1.700 immigrati ebrei illegali, per obbligare i
britannici a concedere il permesso di sbarco agli immigrati, ma 254 ebrei
restarono uccisi. L’Irgun portava
avanti una lotta aggressiva e cruenta contro gli arabi e i britannici. Il suo
primo attentato cruento risale al 1937 in Gerusalemme, il secondo fu la
esplosione nel 1946 dell’Hotel King David, che provocò oltre cento morti
inglesi e arabi. L’Irgun può essere
considerato come il braccio armato del «Movimento politico revisionista» di ultra-destra ebraico di
Jabotinsky, il cui fronte giovanile era il succitato «Betar». Dallo stesso Irgun nacque nel 1940 una scheggia
ancora più estremistica la «Banda Stern», vera organizzazione terroristica
responsabile dell’uccisione di Lord Moyne, Folke Bernadotte e dell’attentato all’ambasciata
britannica a Roma.
14) Ibidem, pagina
62.
15) Ibidem, pagina
63.
16) Ibidem, pagina
66.
17) Ibidem, pagina
67.
18) Ibidem, pagina
70.
19) Ibidem, pagina
72.
20) Ibidem, pagina
81.
21) Ibidem, pagina
113.
22) Ibidem, pagina
115.
23) Ibidem, pagina
113.
24) Ibidem, pagina
167.
25) Ibidem, pagina
164.
26)«E’ ben noto che nei servizi segreti italiani
ci fosse una corrente filo araba facente capo al generale Miceli. Nel
retroterra operavano interessi petroliferi (Moro, ENI, Mattei) e una corrente
filo-israeliana che faceva capo al generale Maletti e che aveva nel suo
retroterra interessi nella vendita delle armi» (E. Salerno, ibidem, pagina 206).
Si possono consultare anche I. Black - B. Morris, «Mossad», Milano, Rizzoli, 2003; G. Jonas, «La
vera storia della caccia ai terroristi delle Olimpiadi di Monaco 1972», Milano, Rizzoli, 2006; A. Cockburn, «Amicizie
pericolose. Storia segreta dei rapporti tra CIA e Mossad dal ‘48 alla Guerra
del Golfo», Roma, Gamberetti, 1993;
F. Imposimato, «La grande menzogna. Il ruolo del Mossad, l’enigma del
Niger-gate e la minaccia atomica dell’Iran»,
Roma, Koinè, 2006; A. Musci - M. Minicangeli, «Breve storia del Mossad», Roma, Datanews, 2006.
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