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No, all’ISI non piace la Bhutto «amerikana»
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KARACHI, Pakistan - «L'ora dell'attentato - quasi mezzanotte - è stata scelta con attenzione.
A quell'ora la folla dei sostenitori della Bhutto, che era stata di 100-200 mila persone nel pomeriggio, era ridotta a ventimila.
Tra l'altro, questo ha consentito agli attentatori di avvicinarsi molto a lei.
Il personale della sicurezza del PPP (il partito della Bhutto) erano stanchi dopo una tale giornata, e li ho visti riposarsi sul marciapiedi
».

Le esplosioni sono state due.
«Una piccola bomba iniziale, non abbastanza grossa da far male ad alcuno, ha attratto i curiosi che sono stati colpiti dalla seconda bomba», violentissima: 150 morti almeno.
La Bhutto si è salvata solo «perché anche lei era stanca, e da dieci minuti aveva abbandonato  il tetto dell'autocarro corazzato, e si era ritirata all'interno. Sul tetto erano rimasti solo alcuni leader del partito, e alcuni sono stati feriti».
Così racconta il mega attentato di Karachi, su Asia Times (1), Syed Salim Shahzad: giornalista la cui esistenza è dubbia, e che potrebbe essere uno pseudonimo che esprime le idee dell'ISI, Interservice Intelligence, il terribile servizio segreto pakistano.
La stessa Bhutto ha indicato l'ISI come mandante di questo attentato troppo professionale.

Il «giornalista  Shahzad» non smentisce, anzi non si perita nemmeno di nasconderlo.
E se parla di «islamisti di Al Qaeda», è con il tono compiaciuto di chi adotta una foglia di fico, ma non proprio per nascondere le parti inconfessabili, bensì per sottolinearle.
«I militanti [leggi: l'ISI che li manovra] considerano il ritorno della Bhutto alla politica nazionale come un colpo di Stato sostenuto dall'Occidente, non dissimile dall'arrivo nel 2001 nella capitale afghana, Kabul, dell'Alleanza del Nord sostenuta dagli USA. Il capo degli islamisti Baitullah Mehsud aveva istruito le proprie cellule pro-Al Qaeda a Karachi di ucciderla, sulle base di tre offese gravi fatte da lei contro gli islamisti».


Prima: la Bhutto è la sola politica che abbia approvato l'attacco alla Moschea Rossa, covo di militanti islamici.
Seconda offesa: ha dichiarato che avrebbe consentito incursioni di truppe USA nel territorio pakistano alla caccia di Osama bin Laden.
Terza: «La signora ha dichiarato che avrebbe consentito alla IAEA (l'agenzia atomica dell'ONU) di interrogare il dottor A. Q. Khan, il grande scienziato nucleare pakistano accusato di aver passato tecnologia nucleare a Paesi anti-occidentali».
Il dottor Khan vive indisturbato in Pakistan, sotto protezione dell'ISI.
E le incursioni USA in Pakistan sono il fumo nell'occhio dell'ISI, che è ovviamente nazionalista.
E che sa benissimo cosa pensare degli americani: è stato l'ISI a formare i guerriglieri anti-sovietici per l'Afghanistan, e poi i talebani, e tutto per ordine della CIA, di cui è stato fedele alleato anti-comunista.

Dal loro punto di vista, i traditori sono gli americani, e hanno giurato di mettere i bastoni tra le ruote in tutti i modi possibili a questo «alleato» che Musharraf  ha dovuto accettare sotto minaccia.
Poi, il «giornalista» dà informazioni riservate, sicuramente poco note al di fuori di una stretta cerchia del potere pakistano.
«Il giorno stesso dell'attentato Lord Malloch-Brown, alto diplomatico al Foreign Office, è sbarcato in Pakistan per discutere un futuro governo pro-occidentale a Islamabad. Il giorno precedente, l'alto commissario britannico a Karachi, Hamish Daniel, aveva chiamato il governatore del Sindh per assicurarsi che la Bhutto fosse ricevuta secondo il protocollo di capo di Stato».
Sono questi gli eventi che, fra i generali dell'ISI, devono essere piaciuti di meno; esser trattati da colonia dall'ex-colonizzatore.

Si aggiunga che gli anglo-americani riceverebbero una migliore accoglienza nei Paesi islamici se non mandassero come loro rappresentanti diplomatici dei loro cittadini con doppio passaporto israeliano e spie d'Israele (com'è di sicuro questo Hamish Daniel).
Forse sarebbero più credibili come onesti mediatori.
 
Conclude Shahzad: «Il ritorno della Bhutto è parte di un complesso accordo stretto tra Washington e i suoi alleati per assicurare un governo filo-occidentale che arrivi al potere dopo le elezioni parlamentari, fra tre mesi…E' qualcosa che gli islamisti del Pakistan sono decisi ad impedire, e alcune fonti dicono che l'attentato di giovedì è stato solo il primo di altri, diretto agli amici dell'Occidente, che avverranno a Islamabad, Lahore e Karachi».

I circoli dell'ISI non sono certo raccomandabili, ma fra i loro difetti bisogna escludere la mancanza di finezza di analisi: un Paese che da quando è nato è in guerra con l'India, non si può permettere degli agenti-Betulla.
Già dall'inizio della «guerra globale al terrorismo» dichiarata da Bush, una voce da quegli ambienti ha fatto sapere (cito a memoria) quanto segue: «Gli americani sosterranno il regime pakistano fino a quando ne avranno bisogno per combattere i terroristi islamici».

Sottinteso: faremo in modo che abbiano bisogno di noi ancora a lungo.
L'ISI è parte del potere militare oggi minacciato dalla «democrazia»; l'ISI ha creato Al Qaeda e i talebani, sa bene chi sono e dove sono, ha i suoi buoni contatti nel Waziristan, e sta giocando il proprio doppio gioco con ferocia e abilità.

Il lato ironico della faccenda è che l'ISI ora magari cercherà gli attentatori tra «le reti di Al Qaeda», e magari li troverà; e la Casa Bianca, che sa che Al Qaeda non esiste, dovrà pure far finta di crederci.



1) Syed Shaleem Shahzad, «Bhutto bombing kicks-off war on US plan», Asia Times, 19 ottobre 2007.

 
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