L'equilibrio politico, militare e sociale nel
mezzo secolo che è seguito alla fine della seconda guerra
mondiale, si reggeva sulla contrapposizione dialettica, ideologica
e militare tra mondo comunista e mondo capitalista.
Sul piano militare la mutua distruzione garantita toglieva ai due
mondi contendenti la speranza di poter sopraffare l'altro senza
dover pagare un prezzo proibitivo per superare lo scontro.
L'impossibilità di poter definitivamente annientare i
nemici esterni fu l'elemento principale per assicurare la
longevità dell'impero romano prima, poi dell'impero
bizantino.
Infatti le continue minacce ai confini costrinsero il potere
politico a mantenere in perenne mobilitazione l'esercito, che
così assumeva anche un importante peso politico.
Una certa forma di militarizzazione della società pare che
sia essenziale per garantire la stabilità e la sopravvivenza
di ogni sistema sociale e politico.
In omaggio a questo principio gli Stati Uniti mantengono la
più costosa macchina da guerra per operare contro nemici
che, essendo nella realtà pochi e troppo deboli, sono
affiancati da altri nemici creati dalla fantasia di ideatori di
wargame.
Nel nome di non meglio precisati supremi interessi nazionali, gli
Stati Uniti hanno giustificato le più abominevoli operazioni
condotte dai loro molto ramificati servizi segreti in qualsiasi
parte del pianeta.
La stessa democrazia, che gli Stati Uniti hanno
stabilito essere l'unica accettabile forma di governo legittimo
per qualsivoglia Paese, presso di loro viene apertamente e
continuamente violata e negata da un apparato giudiziario militare
che opera appunto in nome dei supremi (ed indiscutibili) interessi
nazionali.
Tuttavia la militarizzazione della società civile negli USA
non sembra sufficiente a metterla al riparo da un incombente grave
pericolo.
Inoltre gli Stati Uniti assumono come non bisognevole di
spiegazioni la più totale mancanza di reciprocità con
gli altri Paesi.
Se infatti in una qualsivoglia parte del pianeta un Paese adotta il
principio guida dettato dai suoi propri legittimi interessi
nazionali, gli USA si affrettano a dire che quel Paese sta
minacciando gli interessi nazionali americani e quindi passa nel
novero degli Stati canaglia.
In altre parole gli USA hanno il totale dominio del pianeta ed
intendono mantenerlo con la forza di un apparato militare ad alta
tecnologia e pochi soldati, ma con un costo che supera il costo per
spese militari sostenuto da tutti gli altri Paesi della terra messi
assieme.
Si era detto che la completa militarizzazione della società
civile non mette al riparo gli Stati Uniti da un incombente grave
pericolo.
Vediamo questo pericolo.
Dopo il fordismo, cioè dopo la continua
crescita delle retribuzioni del lavoro, negli USA ed in tutto
l'Occidente, dall'Europa sino al Giappone, la retribuzione del
lavoro è in diminuzione a fronte di una continua crescita
della produttività.
Stiamo andando velocemente verso una fortissima divaricazione
economica tra le classi sociali. Eppure la vera radice del disastro
prossimo venturo non è nella crescente differenza tra i
redditi delle classi sociali, ma in due aspetti, tipici della
nostra era.
Primo: siamo tutti eguali e chi non lo è è da
condannare.
Lo status di povero o di ricco non è consentito per legge.
Quindi il povero deve far finta di essere ricco finendo per dover
accettare beni e servizi scadenti, anzi scadentissimi, molto cari
per il loro reale valore.
Questo comporta la crescita di una frustrazione interiore, non
espressa per vergogna e quindi foriera di improvvise esplosioni di
rabbia e furore.
Il ricco deve camuffarsi da povero, evitare di sfoggiare troppo
apertamente la sua ricchezza chiudendosi in ghetti dorati ed
esclusivi, dove si trova emarginato almeno quanto il povero nella
sua miseria.
Secondo: l'impossibilità di comunicare tra le classi
sociali è resa drammatica dalla scomparsa dell'arte.
Un tempo il ricco, diciamo il principe, si
circondava di lusso e di cose splendide che erano offerte
all'ammirazione di tutti e tutti erano riconoscenti al principe
per aver saputo scegliere gli artisti che avevano abbellito le
chiese, i palazzi, le vie, le piazze e le città, dove il
povero viveva dignitosamente perché salvaguardato da una
serie di regole.
Esistevano le corporazioni che garantivano la stabilità e i
diritti dei lavoratori in una società statica. Oggi tutti
debbono correre per il successo, tutti debbono dare fondo a tutte
le loro risorse per arrivare alla ricchezza, che poi deve essere
difesa giorno per giorno e che ben difficilmente può essere
trasmessa agli eredi.
Ma oggi non si raggiunge la ricchezza con la capacità di
saper fare, con l'ingegno messo nel realizzare cose utili e cose
belle per la vita degli uomini.
Oggi la ricchezza si raggiunge entrando nell'universo chiuso ed
autoreferente della finanza, un modo elegante per dire che si
raffina la capacità di sfruttare il lavoro produttivo svolto
da lavoratori sempre meno pagati sparsi per il mondo, saccheggiando
la tecnica avuta da studiosi e progettisti ai quali si vuole poi
negare anche la pensione.
Oggi chi si crede un artista entra nel mondo
chiuso dell'arte e della critica dell'arte, un altro mondo
autoreferente che partorisce schifezze ritenute capolavori,
accreditati come tali da una schiera compatta di critici che
ignorano apertamente il parere ed i sentimenti della gente.
Il ricco è condannato all'ignoranza, a non poter esprimere
idee, concetti alti.
Deve comportarsi come un povero ignorante diventato ricco, che si
abboffa di ogni cosa, dal gusto incerto, ma sono cose che vengono
vendute attraverso canali esclusivi.
I nostri ricchi sono tutti Trimalcioni, anzi spesso si farebbe
torto al personaggio di Petronio.
Una società fondata sulle differenze per reggersi deve dare
giustificazioni valide all'esistenza delle differenze.
Non sono le differenze la causa della futura tragedia ma
l'inconsistenza delle giustificazioni circa l'esistenza delle
differenze, anzi il diritto alla ricchezza viene legalmente fondato
sul raggiro come fonte sacra della ricchezza.
Questo diventa l'emblema di una insopportabile ingiustizia.
Ma la scomparsa dell'arte come catarsi sociale e personale ha
anche come conseguenza quella di impedire che la classe di nuovi
ricchi investa denaro in così dette opere d'arte, create ad
hoc per celebrare ed eternare il valore e la grandezza dei
committenti.
Così non può più esistere la categoria degli
addetti alla «produzione» di opere d'arte.
Una categoria sociale che nel Rinascimento era numerosa
e ben retribuita.
Andava dall'umile artigiano che preparava i materiali per il
lavoro dell'artista, sino all'artista famoso, che godeva di uno
stato sociale paragonabile a quello dei suoi ricchi committenti.
Edgar Zilsel li chiamò gli artigiani superiori, che poi
saranno all'origine del pensiero scientifico nella forma con cui
questo arrivò all'Illuminismo.
Ma nell'attuale dominio assoluto del principio dell'arte per
l'arte, questa non può e non deve essere aggiogata ad
alcuna finalità.
L'arte esisterebbe solo come entità pura, priva di ogni
finalità, una sorta di feticcio divinizzato, oracoli dei
quali i critici sono i sacerdoti che spiegano al popolo i messaggi
arcani.
L'arte diventa trasgressione fine a se stessa, perenne irrisione
della stessa condizione umana.
Facciamo un esempio: Velàzquez fu il pittore di corte della
casa regnante spagnola nel 1600.
Oggi potremmo dire che svolse il compito di fotografo di corte.
La sua pittura fu finalizzata a tramandare le sembianze dei
personaggi di corte, ma attraverso quella finalità
«fotografica» Velàzquez arrivò ad
esprimere l'anima dei personaggi rappresentati, espresse
l'atmosfera entro cui i personaggi vivevano e vivono tuttora in
una sorta di eternità che solo l'arte può
costruire.
Ma tutta l'opera di Velàzquez non
sarebbe mai nata se non fosse stata finalizzata e se non avesse
avuto ammirazione e devozione da parte dei contemporanei.
Oggi nessuna corte, nessun personaggio ricco o ricchissimo
può permettersi di avere al suo seguito un
«artista» con l'incarico di compiere opere d'arte
finalizzate, celebrative eppure non stupidamente elogiative.
Questa possibilità è negata non per la spesa, ma
perché non è consentito che l'arte nasca finalizzata
ed influenzata dal gusto del committente, pena essere derisa e
distrutta dal coro dei critici.
Il ricco può comunicare solo con lo strumento del suo
potere: il denaro.
Ma anche in questo caso deve essere cauto.
Prendiamo un pezzo dall'articolo di Maurizio Blondet : «Il
'Manifesto' del capitalismo letale».
«Era il 5 gennaio 1914. Il grande industriale Henry Ford,
allora cinquantenne, convocò i giornalisti nei suoi uffici
di Detroit e annunciò di aver raddoppiato i salari dei suoi
dipendenti (erano migliaia), con la paga minima di almeno
5 dollari al giorno. Ford negò sempre di aver detto la
frase: 'voglio pagare i miei operai abbastanza, perché
possano acquistare le mie auto'. Disse una cosa diversa: che
siccome il Modello T andava così bene, gli pareva giusto che
gli operai condividessero i profitti. Il New York Times
mandò un inviato a intervistare Ford.
La prima domanda fu: 'lei è un socialista?'. Il Wall
Street Journal, in un articolo intinto nel fiele, lo accusò
di aver iniettato 'principii biblici o spirituali in un campo cui
non appartengono'. Ma all'America che allora soffriva di una
grave recessione (una delle tante), Ford apparve come un
faro di avvenire migliore.E la politica salariale generosa rimase
un fondamento dell'economia statunitense: alti salari significa
alti consumi e di qualità, che fanno 'girare' l'economia.
Ancora anni dopo, Ford ripeteva: 'sono gli alti salari la causa
della prosperità di questo Paese'».
Non è più così, dice David
Leonhardt, famoso opinionista finanziario del New York Times: ora,
l'economia funziona senza le masse operaie né la classe
media.
Sono i ricchi che la fanno «girare».
Il resto dell'umanità non serve più al capitalismo.
L'articolo è notevole per la sua franca brutalità.
Leonhardt ammette che le paghe dei lavoratori comuni, l'80 % della
popolazione attiva, sono calate negli ultimi quattro anni in
termini reali (depurate cioè dall'inflazione).
Eppure, questo impoverimento generale non ha impedito all'economia
USA di crescere di più del 3 % l'anno; risultati
«stellari», dice.
Negli ultimi anni, «sono state le famiglie ad altissimo
reddito, diciamo il 20% della popolazione», a far
continuare la crescita economica, guadagnando e consumando sempre
di più.
Ma consumando cosa?
Possono consumare solo ciò che offre il mercato nella classe
più alta dei generi di consumo e dei servizi.
Tutte cose che generano invidia e non ammirazione e rispetto, tutte
cose che impiegano sempre meno addetti, pagati sempre meno, quindi
contraendo i consumi a livello medio-basso, in tal modo riducendo
anche le entrate di certi super-ricchi.
Per ora i ceti medio-bassi si indebitano (poco)
per mantenere uno stile di vita sempre più misero.
I loro consumi precipiteranno con conseguenti licenziamenti nella
catena dalla produzione alla distribuzione di beni medio-bassi
La crisi sarà inevitabile, a meno che gli Stati Uniti non
provvedano a sostenere i consumi della loro «plebe» con
distribuzione gratuita di beni ottenuti da Paesi esteri quasi in
regalo, sotto la minaccia atomica.
Certe distribuzioni di grano a Roma durante certe crisi
nell'età imperiale erano fatti molto simili.
Vediamo come è finita la storia di Ford.
Quel che segue serve a far capire agli scettici, che di solito si
autodefiniscono benpensanti, come il sistema sia inesorabilmente
avviato verso un esito senza alternative.
Leggiamo sempre dal citato articolo di Blondet: «Henry
Ford, ai suoi tempi, fu sul punto di diventare presidente degli
Stati Uniti a furor di popolo. Ci volle la persecuzione concertata
di tanti 'Jared' e 'David', di potenti Bernstein e Leonhardt
dell'epoca, a fargli rimangiare e chiedere scusa per quel suo
saggio proibito ('L'ebreo internazionale') che lo
bollò definitivamente come 'populista' da abbattere; la
finanza, chiudendogli i crediti, lo rimise in riga».
Professor Raffaele Giovannelli