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Papa Francesco, ringraziando Dio
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Una breve nota per contribuire al dibattito sulla figura del nuovo Pontefice.

Personalmente non ho mai temuto per il soglio di Pietro, dal momento che il vero Reggitore della Chiesa è solo il Signore Gesù.

Tra i commenti finora apparsi, quello dell’amico Domenico Savino mi sembra un po’ troppo angosciato ma, a mio avviso, senza veri motivi. Papa Bergoglio si è definito vescovo di Roma ed in quanto tale si è chiamato a presiedere con la Chiesa di Roma l’intera cattolicità nella carità? Sinceramente non si vede dove sia lo scandalo, se non in recenti polemiche sulla costituzione della Chiesa. Recenti perché appartengono al dopo Concilio, laddove fino al Tridentino la Chiesa medioevale si è sempre considerata, anche dopo la svolta di Gregorio VII, comunione nella Gerarchia e non una istituzione autoritaria al modo delle burocrazie umane. Nel primo millennio nessuno, nemmeno gli orientali, mettevano in discussione il primato, e non solo morale ma anche docente e di giurisdizione, del Vescovo di Roma in quanto successore di quel Pietro che Cristo aveva designato a suo Vicario (le polemiche con le conseguenti distorsioni delle originarie posizioni vennero solo dopo tra l’800 ed il 1054, anno delle definitiva consumazione dello scisma d’oriente). Ciò però non impediva a Roma di condividere, pur nell’indiscusso primato, le decisioni con i principali patriarcati della cristianità: Gerusalemme, Antiochia, Alessandria e Costantinopoli.

Più sereni e meglio argomentati sono invece i commenti, che condivido in pieno, dell’amico Piero Vassallo e del professor Primo Siena, che tra l’altro parla per esperienza diretta della realtà ecclesiale latino-americana vivendo ormai da decenni a Santiago del Cile.

«Francesco papa dei poveri, dunque, significa lesatto contrario di papa degli allucinati e degli empi al seguito dei vessilli delle rivoluzioni disgraziate e sanguinarie».

Così scrive Piero Vassallo. Condivido, caro Vassallo, condivido. Totalmente. Anche l’altro Francesco, quello del XIII secolo, sembrò a molti un eretico pauperista. Ma poi sia il suo vescovo sia il Papa ne riconobbero la santità.

«Francesco è succeduto a Benedetto XVI, quasi seguendo – in impressionante e significativa analogia storica – Benedetto da Norcia e Francesco dAssisi. Chi ha voluto, con subliminale mala fede, presentare Bergoglio come concorrente di Joseph Ratzinger nel conclave del 2005, ha ignorato che allora il Cardinale argentino, al terzo scrutinio fece vertere i suoi voti sul tedesco, divenendo così il garante della sua altissima votazione (comè stato ormai accertato). Per cui il fatto che il conclave del 2013 abbia eletto Pontefice colui che nel conclave precedente era per voti il primo dei non eletti, avvalora la proiezione di un pontificato sullaltro. Chi conosce lazione del Cardinal Bergoglio quale arcivescovo di Buenos Aires, sa che il porporato si è sempre dimostrato assai sensibile verso la povertà materiale. Il nuovo Papa, però, comè stato giustamente rilevato (ad esempio da Giuseppe Brienza sul «Corriere del sud» del 14 marzo 2013), non è mai caduto verso quella Teologia della liberazione più volte condannata dallo stesso Ratzinger sia da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sia da Pontefice».

Così, dal canto suo, il professor Siena in una riflessione di altissimo spessore storico-teologico sulla quale si dovrebbe meditare a lungo.

Ai tanti lettori ed amici che sono invece in preda a perplessità e dubbi voglio dire: quando la smetteremo di scambiare le nostre piccole personali convinzioni, magari ideologiche, con la Tradizione?

Avevo una indiretta conoscenza del cardinal Bergoglio attraverso alcune interviste apparse, in anni recenti, sulla rivista “30Giorni nella Chiesa e nel mondo” ed anch’io ne avevo ricavato l’impressione di un pastore d’anime vicinissimo ai poveri, molto duro contro l’arroganza dei ricchi, pur senza cadere nella teologia della liberazione. Come adesso mi conferma, dal vivo, il professor Siena.

La domenica precedente l’elezione di Bergoglio, dopo la Messa, dicevo al mio sacerdote – che è un giovane argentino (fa parte di un ordine missionario che proviene dalla “fine del mondo” chiamato a sostegno di noi poveri europei dalle chiese rimaste quasi deserte, laddove invece in America Latina esse sono piene) –  “vedrai che sarà Bergoglio”. Lo speravo proprio perché è ora che si levi forte la voce della Chiesa contro l’economia ingiusta dell’occidente scristianizzato. Papa Benedetto lo ha fatto e chi ne dubita è solo perché non ha letto o non ha letto tutto quanto ha scritto o detto. Ma, ora, con Bergoglio, con quel nome scelto, che è tutto un programma, siamo forse davanti ad una svolta che porterà grandi dispiaceri a tutti i cons, neocons, e catto-cons. A tutti i farisei ipocriti che per anni hanno ammorbato il Tempio del Signore con il loro fumo luciferino, quello del loro “dio” ossia “mammona”.

Ma nessuno pensi, appunto, ad un Papa progressista. La stampa ha puntato sul fatto che Bergoglio sarebbe stato l’“antagonista martiniano” di Ratzinger nel precedente conclave. Falso: lungi dall’essere stato sostenuto da Carlo Maria Martini, fu Bergoglio ad indirizzare i suoi voti a favore di Ratzinger proprio per sbarrare la strada ai martiniani. Che si tratta di un falso è dimostrato proprio dal fatto che Papa Francesco, appena eletto, ha ricordato e pregato per Papa Benedetto, smontando certi schemi. E presto i due si incontreranno.

Non darei, poi, troppo peso a certe categorie (“martiniano”). Chi lo conosce dice che Bergoglio, sul piano etico, è un conservatore che si è opposto strenuamente ad aborto, nozze gay et similia. La sua sensibilità, cristiana, per i poveri non è motivo per farlo di “sinistra”. Spero di poter vedere in lui all’opera quell’unione tra valori etici e giustizia sociale che è il segno del vero cristiano.

Papa Francesco è di una spiritualità tipicamente ispanico-latinoamericana, la spiritualità di Guadalupe, che tuttavia affonda le proprie radici anche nella fede di quel Piemonte, dal quale emigrò la sua famiglia. Il Piemonte è la regione che, nel XIX secolo, ci ha dato, in opposizione alla corte sabauda infeudata alle logge massoniche e liberali, la schiera luminosissima dei cosiddetti “santi sociali”, don Bosco, il Faà di Bruno, il Cottolengo, il Murialdo e via dicendo. Espressione, questa schiera di santi, di una Chiesa vicinissima ai poveri, dell’epoca, quegli operai, già contadini strappati dalle loro terre privatizzate dai rivoluzionari liberali, che soffrivano lo sfruttamento dell’inumano capitalismo della prima industrializzazione, contro il quale di lì a poco si sarebbe alzata chiara e forte la voce di Leone XIII con la “Rerum Novarum Cupiditas” (1891). È da questa spiritualità, anche gesuitica, che deriva la sua attenzione ai poveri, ai deboli, agli ultimi. Non da ideologie progressiste.

La mia speranza è che questo novello Francesco, come l’altro, salvi la Chiesa dimostrando che Maestosità e Povertà nella Chiesa sono tutt’uno e che la Chiesa, per quanti compromessi possa subire dalle circostanze storiche, non è mai stata, e non è neanche oggi, la corifea di un presunto “catto-capitalismo” come purtroppo certa letteratura interessata ha provato, sin dai tempi di Giovanni Paolo II, a dipingerla, in funzione esclusivamente anticomunista.

Faccio notare che Papa Francesco, parlando ai cardinali, ha detto che senza Gesù Cristo la Chiesa non sarebbe altro che una Ong pietosa. Questo basta a sbarrare la via a qualsiasi progressismo ecclesiale o teologico. L’amore per i poveri non gli viene dalla teologia della liberazione, che Bergoglio non ha mai sostenuto (e da lì gli attacchi da sinistra contro di lui con le accuse di connivenza con la dittatura militare degli anni ’70), ma gli viene dalla Fede nel Signore. Come per Francesco d’Assisi.

Il vescovo salvadoregno monsignor Romeo, ucciso dai paramilitari, che si è tentato di far passare per un vescovo progressista vicino alla teologia della liberazione, era in realtà un intransigente difensore della Tradizione (portava, per dirne una, sempre la talare e rimproverava i suoi preti che vestivano in clergyman) ed al tempo stesso, come Bergoglio, lavorava nelle favelas per soccorrere i poveri. La pubblicazione dei suoi scritti ha smontato ogni tentativo di arruolarlo tra i preti marxisti. Ciò non ha impedito ai militari, appoggiati dalla CIA, di farlo fuori. Romeo era solo un cristiano che univa – come dovrebbe essere sempre – Tradizione e Giustizia.

Ma dove sta scritto che se si difende la Tradizione si debba essere dalla parte del capitalismo e degli Stati Uniti mentre se si pratica la Carità si deve essere per forza degli iconoclasti della Tradizione?!!

Questo schemi non sono cattolici, sono crusca del diavolo.

Come ci ha insegnato per otto anni Benedetto XVI, riprendendo un concetto “vecchio” di duemila anni, la Verità senza la Carità è inoperosa, inattiva, la Carità senza la Verità è cieca.

La realtà del Cattolicesimo sudamericano è quella della spiritualità popolare, dell’indios che ha accolto con gratitudine la fede, dell’inculturazione ispanico-indiana, della Madonna di Guadalupe e dell’insorgenza antimassonica dei cristeros. È una realtà dove la fede è qualcosa di concreto, di palpabile, di quotidiano, proprio tra i più poveri. Né la teologia della liberazione, che nasceva nelle università clericali e non dal popolo, né le aggressive sette protestanti finanziate dal capitale nord-americano sono riuscite ad intaccare quella fede radicata sin dai tempi dei missionari del XVI secolo.

Dopo Benedetto arriva Francesco. Come ha osservato il professor Primo Siena, la Chiesa sembra tornare al miglior medioevo, quello che ha costruito la Cristianità.

Un caro amico, cattolicissimo, esperto del cattolicesimo di cultura celtica, mi ha scritto, in questi giorni, questa significativa mail:

«Oltre il nome Francesco, del Papa mi ha colpito molto il suo motto: “Miserando atque Eligendo”, parole di San Beda il Venerabile, che si legge nel breviario per la Festa dellApostolo San Matteo, il santo pubblicano pentito, il santo apostolo che prima era esattore delle tasse e strozzino dei poveri: “Vidit ergo Iesus publicanum, et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi, Sequere me. Sequere autem dixit imitare. Sequere dixit non tam incessu pedum, quam executione morum”. Così scrive dunque, in traduzione italiana, san Beda a commento del brano del Vangelo di Matteo: “Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: ‘Seguimi’ (Mt 9, 9). Vide non tanto con lo sguardo degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: ‘Seguimi’. Gli disse ‘Seguimi’, cioè imitami. Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi, quanto con la pratica della vita. Infatti “chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato” (1 Gv 2, 6). Chiarissimo, no?».

Chiarissimo!

Ed allora cosa vogliono tanti presunti tradizionalisti? Una Chiesa schiacciata sull’ordine globale che il capitalismo finanziario ha imposto al mondo anche abusando della falsa immagine di Papa Wojtila come Papa solo anticomunista che, insieme a Reagan ed alla Thatcher, avrebbe abbattuto l’impero del male (come se quello liberale e liberista fosse l’impero del bene) in una “Santa Alleanza Occidentale”?

Personalmente all’idea che tanti neocons e tanti catto-cons e catto-neocons nostrani, che, anche annidati in emittenti che portano il veneratissimo e santissimo Nome di Maria, hanno dato in questi anni un’immagine della Chiesa calvinisticamente snaturata in senso liberista e filoamericano, possano ora mangiarsi il fegato, non posso che gioire. Come ben presto potremmo gioire della rabbia dei vari Melloni e soci progressisti. Non dimentichiamo che già Paolo VI, il presunto Papa dei progressisti, finì per deluderli e farli arrabbiare.

Che certa gente, magari senza darlo troppo a vedere, possa ora vedere sconvolte, direttamente dallo Spirito Santo in Persona, le loro strategie finalizzate a schiacciare la Chiesa sull’Occidente americanocentrico, è una vera e propria grazia del Cielo.

Ma, detto questo, nessuno – ripeto – si illuda di aver di fronte un Papa progressista.

Preghiamo per Papa Francesco e per il Papa emerito Benedetto, perché Dio, con questo succedersi tra un Papa che si è richiamato alla spiritualità benedettina ed un Papa che si richiama a quella francescana, ha voluto ricordarci che Tradizione e Giustizia sono una cosa sola.

Luigi Copertino


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