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«Si commosse profondamente»
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Leggiamo dal capitolo 13 del Vangelo di San Giovanni.
In quel tempo, mentre Gesù era a mensa con i suoi discepoli, si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse.
Il dettaglio è meraviglioso (lo riporta san Giovanni, il discepolo che Gesù amava a significare non preferenza di persone, ma particolare semplicità di cuore del destinatario di tale amore), ci svela l’intima personalità di Cristo, spesso relegato indebitamente da parte nostra in un luogo lontano. Qui, invece, si manifesta la dolcezza autentica della piena umanità di Gesù, che soffre il tradimento di chi ama.

«Amico, per questo sei qui»?
Gli dirà quando Giuda lo consegnerà alle guardie per arrestarlo.
La commozione è profonda; siamo nel contesto della manifestazione massima dell’amore di Cristo; il suo Cuore si effonde al punto di «amare fino alla fine», inventando un modo unico e perenne che consenta ai suoi di potergli stare vicino sempre, di adorarlo, accompagnarlo, fino a cibarsi di Lui.
Un amore vero da scoppiare in sangue, ma un amore incompreso, abbandonato, lontano dal cuore
di colui al quale è rivolto.
L’ingratitudine sarebbe sopportabile per Gesù, ma la piena consapevolezza di tutte le conseguenze estreme di quel gesto, rende il dolore della sua anima traboccante di lacrime; vede la malizia
di un peccato che porta alla morte chi lo compie, tanto che ebbe a dire: «sarebbe meglio non fosse mai nato»!
Ma i dettagli sono molti e meravigliosi.
Proseguiamo.

Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù.
Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di’, chi è colui a cui si riferisce?».
Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?».
Rispose allora Gesù: «E’ colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò».
E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone.
E allora, dopo quel boccone, Satana entrò in lui.
Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto».
L’immagine, immortalata dall’arte, è simbolo apice della tenerezza di Cristo verso il discepolo, il quale, parafrasando Evagrio, così impara a conoscere il Mistero dell’amore e la profondità delle altezze teologiche; insegna che l’intimità con Cristo è la vera chiave della sapienza; ed insegna ancora che tale intimità suppone una piena fiducia, un colloquio amoroso con l’amato, una confidenza verace.

E’ lui infatti al quale viene rivelata l’identità del traditore; sarà ancora lui, dopo la resurrezione, a riconoscere Gesù nella bruma del giorno che nasce, mentre dalla riva interroga i pescatori.
Ora come allora, San Pietro coglierà da lui tale messaggio; ciò è segno del fatto che nella Chiesa la voce profetica accompagna e deve accompagnare sempre la missione del sacerdote.
Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri.
Preso il boccone, egli subito uscì.
Ed era notte.
Quand’egli fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire».

Nessuno comprende davvero il mistero di dolore di Cristo, l’abisso oscuro al quale volontariamente sottomette la propria anima, per guarire da dentro il male dell’uomo, annientandolo alla radice; resta un segreto che solo l’orante vero sa in certo modo cogliere, ma a cui nessuno può accedere senza essere introdotto dalla mano dell’Altissimo.
I discepoli sono chiamati, ma la loro distrazione, le loro preoccupazioni per il quotidiano incedere della vita tarpano le ali dello spirito, che così non può decollare verso le altezze da cui possa cogliere ogni cosa ed ogni perché e comprendere le esigenze del cuore di Cristo.

C’è troppo «io» nel pensiero degli apostoli impauriti.
Un «io» che li farà ribellare alla verità di Gesù: «non potete venire con me»!
Cristo ha preparato i suoi, ma forse solo San Giovanni ha compreso un pochino di quello stava
per accadere, tanto che sarà per loro «motivo di scandalo».
Fuggiranno tutti.
Ma l’«io» si ribella.
No, non si accetta la verità del proprio essere peccatore, il limite al quale occorre soggiacere per prendere il volo verso la Verità di Cristo.
San Pietro insegna all’uomo sia quando ama sia quando pecca.
Mistero dell’onnipotenza divina.

Simon Pietro gli dice: «Signore, dove vai?».
Gli rispose Gesù: «Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi».
Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!».
Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».
Darai la tua vita?
Quanto spesso la boria di chi si sente «a posto» davanti a Dio, chi, come il fariseo, digiuna due volte la settimana, paga le decime e ringrazia Dio di non essere come i peccatori, la presunzione
di sentirsi compiuti, perfetti, arrivati, soffre l’imbarazzo della verità, scontando il fallimento
di un dolore, di una contraddizione, di un prova anche se piccola; tutti ardenti di carità, sempre pronti a mandare all’inferno il primo che ci insulti.
Cosa vale più di tutto, quindi?

Riposare sul petto di Gesù, con quella naturalità che solo i piccoli sanno avere, quando cercano protezione o affetto dai genitori.

Stefano Maria Chiari


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