L'enigma Angelo Roncalli, professore modernista
23 Marzo 2007
Pio XII ordinò di non restituite i
bimbi ebrei perchè crescessero cattolici, ma il futuro
Giovanni XXIII disattese gli ordini di Roma e favorì il
ritorno dei minori accolti nei conventi francesi
Al giorno d'oggi il Modernismo si è
inserito ufficialmente nella chiesa conciliare, a tal punto che il
senatore Andreotti arriva a dire nel suo libro «I quattro
del Gesù. Storia di una eresia» (Rizzoli, Milano,
1999), che è ora per la Chiesa di
rivedere «il giudizio su uomini che furono fino in tempi
recentissimi ingiustamente perseguitati [perché
insegnavano il modernismo, ndr]».
Nel caso del modernismo di Angelo Roncalli tutto avvenne in modo
diverso perché egli aveva molto imparato da don
Ernesto [Buonaiuti, ndr, che fu scomunicato], che ebbe l'unico
torto di non aver saputo aspettare l'evolversi dei tempi
(«A ogni morte di Papa», Rizzoli, 1982),
imparando ad aspettare la sua ora lavorando per la propria ascesa
fino a essere
eletto Papa e poter inserire il modernismo nelle vene della Chiesa
attraverso un concilio pastorale, ossia il Vaticano II.
Come democristiano modernista Andreotti può solo volere che
la nuova chiesa conciliare, ormai modernista, recuperi i suoi
araldi, condannati nel passato a causa di questa eresia.
Oggi lui, come tanti altri, si può perfino vantare di
professare tali idee, ormai vincenti, perché se esse
risultano vincenti
significa che sono vere, come vorrebbe il pensiero filosofico
moderno (Severino), anch'esso vincente!
Si può parlare dell'enigma che pende su chi è
ricordato come «Papa buono», cioè di
Giovanni XXIII, che iniziò la sua
carriera come professore di storia, ma al quale fu interdetto
d'insegnare perché sospettato di modernismo?
Non è forse vero che allora professare l'eresia modernista
era ragione per essere considerati contrari alla fede e
perciò fuori della Chiesa?
Non risulta questa condanna dai documenti pontifici di San Pio X?
Quindi, è lo stesso Andreotti a sollevare, pur senza
accorgersi della gravità di quel che dice, gravi questioni
che richiedono risposte e rendono più che legittimo parlare
dell'«enigma Angelo Roncalli».
Il modernismo non sarebbe più una eresia contraria alla fede
e perciò causa di auto esclusione dalla Chiesa cattolica?
Questa condanna, che è nel magistero dei Papi e in special
modo in san Pio X, non sarebbe più valida?
Con quale argomentazione?
Perché i documenti del Vaticano II non la confermano?
In tal caso il giudizio sul modernismo sarebbe affidato proprio
allo stesso apparato modernista conciliare in questione, il che
è assurdo.
Il senatore tratta con un certo cinico sdegno le condanne
dell'eresia modernista, di cui si nutre il pensiero democristiano,
quasi si trattasse di un malinteso non superato nella Chiesa.
Eppure, quegli errori furono descritti e condannati alla luce della
dottrina e i loro frutti deleteri di scristianizzazione, anche se
mascherati, sono oggi registrati nella storia recente.
A questo punto si deve tornare ai motivi del perché il
modernismo sia non solo un'eresia, ma una falsa
«filosofia» che
giustifica ogni eresia.
Di fatto san Pio X lo qualificava come «sintesi di tutte
le eresie».
Il problema è così grave e ampio che tratteremo qui
soltanto i punti che riguardano Roncalli quale professore di storia
e
filosofia.
La rivoluzione modernistica della religione,
nel suo proposito di trasformazione della Chiesa, fu profeticamente
individuata dai Papi.
San Pio X, fu il Papa che affrontò in pieno
l'iniquità dei modernisti con l'enciclica
«Pascendi».
Vediamone alcuni passi.
«Che cos'è dunque la Chiesa [ per i
modernisti, ndr ]? Un parto della coscienza collettiva!
[...] Fu errore volgare dell'età passata che
l'autorità sia venuta alla Chiesa dal di fuori, cioè
immediatamente da Dio; perciò era giustamente ritenuta
autocratica. Ma queste sono teorie oggi passate di moda. Come la
Chiesa è emanata dalla collettività delle coscienze,
così l'autorità emana vitalmente dalla Chiesa
stessa».
Per i modernisti «intesi a trovare modi per conciliare
l'autorità della Chiesa con la libertà dei
credenti» c'era bisogno
d'arrivare ad una «nuova autorità»
(pastorale e non dogmatica): «La Chiesa finalmente trova
la sua ragione di evoluzione nel bisogno di accomodarsi alle
condizioni storiche e di accomodarsi con le forme di civile governo
pubblicamente adottate. [...] questa loro dottrina dei
bisogni... è quasi base e fondamento di quel vantato metodo
che chiamano storico».
L'idea di germe è ricorrente nel programma modernista ed
è analizzata da san Pio X nella
«Pascendi», (48): Sviluppo dei germi della
fede e la teoria dell'evoluzione [via di dimostrazione oggettiva].
(68): «Muove dall'agnosticismo, e tende a
dimostrare come nella religione, e specialmente nella
cattolica, [... ci sia] il progressivo sviluppo del germe
recato da Gesù Cristo... sempre immanente nella religione
cattolica, di mano in mano e di pari passo con la storia, si
è sviluppato ed è venuto adattandosi alle successive
circostanze, da queste vitalmente assimilandosi da quanto gli
convenisse di form
dottrinali, culturali, ecclesiastiche...».
Le contraddizioni moderniste portano la vita
intellettiva alla confusione, la vita morale
all'indifferentismo e la vita religiosa all'ateismo.
Ciò fu spiegato magistralmente dai Papi, ma anche da
rinomati filosofi di diversa estrazione.
Giovanni Gentile scrisse che il Papa aveva dimostrato di conoscere
il modernismo meglio dei modernisti e aveva tratto
il loro pensiero dalle nebbie in cui essi volutamente lo avevano
avvolto («Il modernismo e i rapporti tra religione e
filosofia», Bari, 1909, pagina 83).
Su tali contraddizioni afferma: «Il vostro principio
è intellettualista (Dio trascendente); il vostro metodo
soggettivista (Dio immanente). Rimanete cattolici
poiché il principio si oppone al vostro metodo, ma, in
verità, tale metodo giudicato alla luce di questo principio,
porta all'ateismo».
«Che il Papa non ignorasse le vere idee dei modernisti lo
dimostra la testimonianza, insospettabile, di Benedetto Croce, il
quale, su Il Giornale d'Italia (15/X/1907) rispondendo al
futuro apostata don Minocchi scrisse: 'Il Modernismo pretende di
distinguere il contenuto reale del Dogma dalle sue espressioni
metafisiche che egli considera come cosa del tutto accidentale,
allo stesso modo che sono accidentali le varie espressioni di
linguaggio, in cui può venire tradotto un medesimo pensiero.
E in questo paragone è il primo e sommo sofisma dei
modernisti. Infatti, è verissimo che un medesimo concetto
può essere tradotto nelle più varie forme di
linguaggio, ma il pensiero metafisico non è linguaggio, non
è forma di espressione: è logica ed è
concetto. Onde un dogma tradotto in altra forma metafisica, non
è più lo stesso dogma, come un concetto trasformato
in altro concetto non è più quello. Liberissimi i
modernisti di trasformare i dogmi secondo le loro idee. Anch'io
uso di questa libertà... Soltanto io ho coscienza,
facendo questo, di essere fuori della Chiesa, anzi fuori di ogni
religione; laddove i modernisti si ostinano a professarsi non solo
religiosi, ma cattolici. Che se poi, per salvarsi dalla necessaria
conseguenza dell'assunto principio, i modernisti, simpatizzando
con i positivisti, con i pragmatisti e con gli empiristi di ogni
risma, addurranno che essi non credono al valore del pensiero e
della logica, cadranno di necessità nell'agnosticismo e
nello scetticismo. Dottrine, queste, conciliabili con un vago
sentimentalismo religioso, ma che ripugna affatto ad ogni religione
positiva'. Concludeva: 'non ci capiterà facilmente
un'altra volta la fortuna di essere d'accordo con il
Papa». (Sì sì no no, 31marzo 83).
Gli errori del modernismo hanno prima contaminato la vita sociale
col democratismo dominante che pone i princìpi al pari delle
opinioni, la realtà a livello dell'illusione e la
verità alla mercé della volontà popolare.
Furono condannati dal «Sillabo» di Pio IX.
Ma poi il processo rivoluzionario si concentrò contro la
Chiesa, infiltrandosi con utopie derivate dal concetto
dell'evoluzione dell'umana coscienza che, una volta matura, si
emancipa dall'autorità delle Scritture, dal potere
gerarchico della Chiesa e dall'ordine sociale cristiano.
Un processo che conduce all'abbandono del principio di
trascendenza per quello di immanenza, fa dell'uomo il centro di
tutto e, perciò, riduce la religione a mero umanitarismo,
come lo vorrebbe la Massoneria.
Si capisce, perciò, l'attrazione che questa ha esercitato
su Roncalli.
Il fatto certo è che i modernisti sono scomunicati di fatto
dalla Chiesa con un giudizio imprescrivibile perché nemici
della vera fede, e in questa veste, infiltrati per demolire la fede
tradizionale e l'autorità cattolica col loro infido pensare
ed agire, condannato dalla Chiesa.
L'agonia del cristianesimo nel nostro tempo è
ormai evidente, anche per cause come il modernismo, legate
a qualcosa di molto segreto e astruso, qualcosa di occulto sotto la
formula di una nuova religiosità, una specie di profetismo
che evoca segni dei tempi, non riferiti però alla
spiritualità cristiana, ma ad un progresso indefinito
dell'umanità.
Si può imputare anche alla vaga mentalità modernista
la causa del crollo dell'idea cristiana nel mondo occidentale, in
cui serpeggia ormai ovunque la religiosità legata alla New
Age del nuovo ordine mondiale.
Cosa ha questa mentalità in comune col modernismo?
Poiché quest' utopia si oppone diametralmente all'idea
cristiana, essa può derivare solo da menti anticristiane,
miranti
all'eliminazione del cristianesimo.
Quindi tra la religiosità di cui si riveste ogni utopia
moderna e la religione cristiana non vi può essere alcun
accordo, per cui una possa causare il mutamento dell'altra.
Eppure, ciò è fatto apparire oggi come una
realtà, vale a dire, che il declino cristiano sia piuttosto
un aggiornamento ai
bisogni e diritti del mondo moderno.
Ecco l'idea modernista, per cui il nuovo male per i cristiani
sarebbe non aprirsi ad ogni progresso ideologico: gnostico o
pelagiano, luterano o carismatico, franckista o hegeliano, marxista
o liberista!
E' il pensiero che mira all'utopia della riconciliazione globale,
senza escludere quella tra bene e male.
Ciò rimase evidente al mondo col discorso di Paolo VI alla
chiusura del Vaticano II ( 7 dicembre1965), quando
«battezzò» con immensa simpatia
l'umanesimo laico, il culto dell'uomo che si fa Dio, aprendosi
alla rivoluzione dell'uguaglianza
gnostica che sfocia nel concerto ecumenista delle «grandi
religioni».
Tale pensiero montiniano non rivela forse il profetismo del quale i
modernisti si servirono per imporre le «chimere»
intraviste da essi nell'orizzonte della storia per sostituire
l'ordine cristiano?
Non era questo il sogno della nuova leva di modernisti che
svalutavano il soprannaturale nella storia per in seguito
introdurre nella fede le loro ispirazioni salvifiche, come ha ben
spiegato san Pio X?
Si tratta di quell'utopismo modernista che ha inquinato la mente
di molti chierici, inducendoli a demolire, col senso
cristiano, la stessa fede, in nome di un ideale umanitarista, che
sarebbe capace di realizzare la redenzione universale!
Ecco allora una delle idee che, per aggiornare il senso cristiano
della storia alla modernità, pianifica una nuova Pentecoste
per mutare la Chiesa.
E' l' ideale spuntato da un nuovo mondo clericale di nuovi
salvatori, impegnati affinché il cristianesimo non sia
più ragione di conflitti con i poteri agnostici, gnostici e
con le credenze del mondo antico e attuale.
Ecco quale è il programma del profetismo ecumenista che
colpisce il cristianesimo per soddisfare i bisogni del nuovo ordine
mondiale: elaborare finalmente una religione globale!
Che parte avrebbe avuti in questo enigma religioso Angelo Roncalli?
Può sembrare che si alluda qui a una religiosità
nuova, come essa vuol apparire.
Eppure essa non è che l'aggiornamento di quella gnosi del
«sarete come dèi» dell'inizio dei tempi;
tentazione che nel corso della storia ha assunto tanti aspetti
strani, spesso religiosi.
Se nei tempi antichi si è presentata per dominare le
coscienze con nomi magici, nei tempi recenti è apparsa per
guidare il mondo con la sua scienza: sinarchica, rosa-crociana,
teosofica, ecc. e le sue chiese New Age, Christian science,
Scientology,
ecc.; unite dall'idea finale di un profetismo ecumenista, che
trasforma la religione in un revival festivo e riduce la
rivelazione divina ad una questione interna alle coscienze.
Tutto il contrario è la visione
cristiana, per cui la Parola di Dio, tramandata in gran
parte in forma di storia, insegna che essa fa trasparire la
condizione dell'uomo decaduto, che essa è un campo di prova
in cui il soprannaturale sta al naturale come l'anima al corpo.
Non si è forse incarnato nella storia il Salvatore divino?
Il fatto è che la mente dell'uomo, creata per discernere la
verità che la trascende, trova il riscontro della Parola
divina nella storia, nel suo senso soprannaturale.
Essa è vitale perché l'uomo possa, al di là
di ogni prova, riconoscere la verità che lo riguarda e
sappia allora celebrare il
culto del bene, del vero, di Dio Salvatore.
Ora, si può riconoscere la fede distorta di un modernista
proprio conoscendo la sua visione storica e il suo rispetto verso i
veri segni divini.
Non peraltro Roncalli è stato sospeso dall'insegnamento di
storia e di filosofia.
La religione rivelata è storia sacra che descrive gli
sviluppi della perenne lotta del male contro il bene, in cui si
possono
leggere i disegni divini che riguardano l'essere umano e a seconda
che gli uomini ricevano o ricusino i segni divini
manifestatisi nella storia.
Mutilarla del soprannaturale significa svuotare la religione in se
stessa, la fede che tiene conto dell'origine e del fine ultimo
dell'uomo.
Una storia letta in un'altra luce non è maestra di vita, ma
di errori letali.
Esistono, infatti, due mondi separati dal diverso modo d'intendere
il senso della storia e della pace.
Quello cristiano è definito da Cristo stesso: si basa sulla
fede e la conversione dei cuori al bene, che è Dio.
A ciò si contrappone l'idea di pace fondata sul sincretismo
gnostico, comprendente ogni culto e verità, incluse quelle
anticristiane, perché il nuovo «bene», per i
nuovi salvatori ecumenisti, clericali o laici, sarebbe l'utopica
unione dell'umanità, centrata su se stessa.
Oggi si può misurare tutta la portata di questo proposito
dichiarato dal Vaticano II e del mutamento clericale mirante ad
unificare i due mondi contrapposti, operato con l'
«aggiornamento».
Esso si è rivelato vettore dell'omologazione religiosa
ordita nei centri di potere e di pensiero mondialisti.
Eppure sembra incredibile che sia stato affidato al bonaccione
Angelo Roncalli, privo di grandi doti, l'occulto còmpito
d'impiantare tale operazione.
Ma poiché è stato lui a prestare la voce per eseguire
tale aggiornamento, si pone la domanda: chi era in verità
Roncalli,
destinato a divenire Giovanni XXIII e ad occupare la cattedra di
Vicario di Dio per tentare il mutamento della Sua Chiesa?
Quale era la sua fede davanti ai segni divini e la storia?
La banda dei quattro a Roma
Seguiamo la saga di Roncalli, che fu lo strumento di tale
sortilegio.
Giulio Andreotti ha scritto un libro su «I quattro del
Gesù. Storia di una eresia» (Rizzoli, Milano, 1999).
Angelo Roncalli, Giulio Belvederi, zio della moglie di Andreotti,
Alfonso Manaresi ed Ernesto Buonaiuti erano quattro
seminaristi, stretti da amicizia e da una comune visione religiosa
modernistica.
Gli ultimi due hanno portato le loro idee eretiche così
avanti da essere censurati e scomunicati (Manaresi e il Buonaiuti).
Belvederi e Roncalli furono invece salvati dai loro protettori, nel
caso di quest'ultimo l'allora vescovo di Bergamo
Giacomo Radini Tedeschi, in odore di modernismo.
Un altro compagno di Roncalli a Bergamo fu Nicola Turchi, che
tradusse in italiano lo storico Duchesne, anch'esso
censurato.
Già in quegli anni precedenti l'evento di Fatima, si
diffondeva nei seminari cattolici una deviazione modernistica,
giustamente considerata eterodossa e perciò aperta
all'eresia, consistente nel separare la storia dalla religione.
Un suo fautore fu il professor Roncalli, futuro Giovanni XXIII, che
avrebbe archiviato nel 1959 la terza parte del segreto della
Madonna di Fatima come inopportuna; un'attitudine opposta alla
testimonianza cristiana,che ritiene prezioso ogni
segno celeste e grave la responsabilità di preservare il
principio del divino intervento che dà senso ed illumina la
storia, dalla sua origine al suo fine.
Il cristiano legge la storia dell'umanità alla luce di
Gesù Cristo, sua ragione e guida; ricordandosi innanzitutto
che il
mondo fu creato per essere l'impero dell'Uomo-Dio e della sua
Chiesa, la cui missione è salvare gli uomini attraverso il
cul-to del bene, del vero, del bello; di Dio Uno e Trino.
Poiché la fede in Dio e l'amore per i Suoi disegni
avveratisi nella storia sono intimamente legati, si può
pensare che la
visione storica modernista, per cui la religione va asservita alla
mentalità vigente e ai bisogni sociali, come descritto da
san Pio X nella «Pascendi», spenga il
soprannaturale della storia, e dunque anche la fede.
Poiché tutto ciò riguarda Roncalli, di cui è
possibile dimostrare che era pervaso da una mentalità
modernista, che da
nunzio e patriarca non nascondeva nemmeno più, la
conclusione è ovvia: l'apparato clericale del tempo di Pio
XII era com-posto in buona parte da modernisti camuffati e da
chierici ciechi di fronte ai veri pericoli.
Così la Chiesa in breve tempo è rimasta alla mercede
dei modernisti, al punto da subire la demolizione che dura da
più di quarant'anni, e giungere alla beatificazione del suo
primo demolitore (Angelo Roncalli)!
Il fatto che Andreotti parli apertamente del recupero di questa
eresia dimostra come la sua scalata nella cristianità fu
devastante e dominante.
Essa ha detronizzato la Chiesa tradizionale per sostituirla con
l'altra, conciliare e modernista, che porta all'ammasso il
giudizio cattolico.
Potrebbe Andreotti, modernista di prima leva, legato al nuovo
potere, non festeggiare la vittoria dei suoi correligionari?
Qui seguiremo questo corso attraverso le avventure del loro
Pontefice.
Chierico di Bergamo, Roncalli deve aver molto presto fatto
conoscere le sue predisposizioni alle «aperture
mentali»,
perché il vescovo della sua città, Camillo Guindani,
esponente progressista dell'azione sociale, lo invia nel 1901 a
Roma per studiare e far carriera.
Qui assiste nel gennaio 1904 ad una conferenza di Marc Sangnier, il
fondatore del «Sillon», poi condannato da san
Pio X.
La dottrina di Sangnier, che «con l'occhio fisso ad una
chimera, prepara il socialismo» è il ricordo
più vivo di tutta la
formazione sacerdotale del giovane Roncalli, come farà
sapere alla vedova del Sangnier nel 1950.
Quanto per san Pio X era «una setta... un misero
affluente del grande movimento di apostasia», per
Roncalli era sempre più la via maestra da seguire.
Ordinato a Roma nel 1904, avendo per padrino-assistente Buonaiuti,
Roncalli torna a Bergamo dove il vescovo, Giacomo Radini Tedeschi,
che aveva conosciuto e frequentato a Roma, lo assume come
segretario.
Questo prelato, conosciuto poi come il vescovo rosso, era a sua
volta un protetto del cardinale Rampolla del Tindaro,
fautore della politica di «ralliement», nome
con cui si definisce l'adesione dei cattolici francesi alla Terza
Repubblica, che indica ben di più, cioè una tendenza
di conciliazioni ad oltranza con i poteri moderni.
In quegli anni, tale tendenza sembrava concernere solo la politica
civile, ma in verità era frutto della mentalità
conciliare di stampo modernista che dilagava nella Chiesa.
Il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli entra
in conclave da cui verrà eletto pontefice, 1958
I suoi fautori modernisti erano scomunicati
secondo la legge della Chiesa, ma in pratica bastava che giurassero
il contrario perché, con la protezione di un gerarca amico,
vi rimanessero e fossero anche promossi a cariche autorevoli.
La scuola di pensiero di Roncalli seguiva l'idea modernizzante che
sorvola sul fattore soprannaturale con la scusa di fare
opera di pura storia; una storia da cui Gesù Cristo e la sua
Chiesa rimangono esclusi o al massimo proiettati «verso
un punto omega», come voleva la fantasia gnostica di
Teilhard de Chardin.
Era la questione di fondo del modernismo: conciliare i vecchi
sapori tradizionali della religione e della storia con un
fermento aggiornato ai tempi.
Ecco servita quella brodaglia indigesta sia per i cattolici sia per
gli stessi agnostici.
E per secondo, un fritto misto di naturalismo e spiritualismo.
Queste righe sono dirette, più che a parlare della
manifestazione del soprannaturale nella storia, a far capire quanto
sia
nauseante per ogni intelligenza voler condire il soprannaturale con
la salsa naturale per meglio sfruttare i gusti
nell'insalatiera della politica.
Eppure, proprio questa era la ricetta applicata dei modernisti alla
società.
Un attacco interno all'aspetto «storico» del
cristianesimo
La Chiesa insegna: niente è più anticattolico del
concetto per cui «si deve negare ogni azione di Dio sugli
uomini e sul
mondo», condannato nella Allocuzione «Maxima
quidam», del 9 giugno 1862 e nel
«Sillabo».
All'inizio del XX secolo la Santa Sede di san Pio X ha condannato
il modernismo analizzando il nucleo delle sue
distorsioni, per esempio, riguardo alla «critica
storica».
Infatti il modernista, partendo dall'idea che la Chiesa nasca
dalla collettività, giunge alla conclusione del suo bisogno
d'adattamento alle tendenze della società e della sua
separazione dal potere politico.
In tal modo non solo è demolita l'autorità del
magistero e della gerarchia ecclesiale, che per definizione
proviene da Dio, ma la stessa nozione
d'autorità, cui si sovrappone la sovranità
democratica.
Essa potrà allora sostituire col voto i princìpi
cristiani per la vita sociale; la parola rivelata con le ideologie;
le profezie
divine col profetismo gnostico.
Ecco il peccato originale della chiesa-popolo, che ignora
così la voce dell'autorità divina per cogliere la
«mela» della libertà di pensiero e di
religione.
San Pio X condannò a chiare lettere questo potenziale
pericolo e l'opera di tutti gli autori modernisti, non solo di
quelli
estremi, come il prete Alfred Loisy, ma anche di quelli moderati,
come il prete francese Louis-Marie-Olivier Duchesne, noto autore di
una storia ecclesiastica in cui il soprannaturale era stato
depennato.
Ma Duchesne, come storico-critico, dichiarava di non voler seguire
la via di modernisti di grido quali Renan ed altri, con cui fu
inesorabile nel metterne a nudo la scarsa preparazione scientifica.
Lui faceva la storia scientificamente, e poiché quegli altri
autori erano fuori dai seminari e lui dentro, il suo sistema velato
era ben più pericoloso dell'altro, apertamente modernista.
Perciò fu tenuto sotto osservazione da Roma e poi
allontanato dall'insegnamento.
Egli accettò la censura, pur rilevando che l'opera era
già stata approvata dalle autorità romane.
Di Loisy è bene sapere che fu discepolo di Duchesne.
Insieme erano «i due grandi corifei della nuova scienza
storico-critico-esegetica» con tutti i loro discepoli ed
ammiratori d'Italia, Francia, Inghilterra e Germania.
I nomi di Loisy e Duchesne non possono disgiungersi nella storia
del modernismo; anzi, ancor prima e più che al Loisy, si
deve far risalire al Duchesne la responsabilità di avere
introdotto il modernismo nell'Istituto Cattolico di Parigi, da
dove si sarebbe propagato in tutti gli altri, perfino nei seminari
d'Italia.
Il Duchesne iniziò Loisy all'incredulità.
Da principio lo stesso Loisy era meravigliato ed anche un po'
stomacato dallo «spirito razionalista» di quel maestro:
«Le ton voltairien qu'il affectait encore plus
volontiers dans sa conversation que dans ses écrits ne me
plaisait aucunement; je n'y trouvait pas qu'un manque de
goût mais aussi un certain défaut de sens
moral» (Mémoires, volume 1, pagina 105).
Il Duchesne può, quindi, considerarsi come il vero padre del
modernismo.
Cosi lo definisce l'Houtin e gli si può credere (confronta
«Histoire du Modernisme», pagina 249, Paris,
1908).
«Il Duchesne, abilissimo a coprirsi, buttando a mare,
all'occorrenza, anche i suoi amici, riuscì a sfuggire alle
censure, da cui fu colpito il Loisy, il quale - bisogna
riconoscerlo - seppe essere nella ribellione più
coerente e sincero del maestro.
L'episodio che, tra tutti, suscitò tanto scalpore intorno
al Direttore dell'Ecole Française a Roma, fu l'iscrizione
all'Indice della sua 'Histoire ancienne de l'Eglise'
(Paris, 1905-1910) che apparve alla luce coperta
dall'imprimatur del Maestro del Sacro Palazzo di quel tempo, come
se un imprimatur, sia pure del teologo del Papa, possa essere
garanzia
assoluta della perfetta ortodossia di un libro. Cosa fosse quel
libro i modernisti lo sapevano: era 'une histoire ancienne de
l'Eglise racontée avec toute la science du XXe
siècle, dans la langue du XVIIIe à la barbe des
théologiens du XIIe' (Houtin, 'La Crise du
Clergé', pagina 82, Paris, 1907) . Definizione perfetta
di un manuale d'incredulità rivestito d'ogni finezza
del-lo stile della menzogna».
Ecco brevemente descritto il gran maestro di Angelo Roncalli.
La scalata del modernismo in Italia
Bergamo era allora un vero centro per le amicizie ereticali, che si
stendevano in Europa.
Tra i nomi di personaggi con cui Roncalli ha avuto stretti
contatti, ci sono il cardinale belga Mercier, i cardinali Ferrari
di Milano e Maffi di Pisa (il Mercier italiano), monsignor
Bonomelli, oltre a Radini Tedeschi ed altri, tutti preparati ad
operare una svolta epocale nella Chiesa.
Allora Roncalli insegnava storia nel seminario locale, seguendo la
linea dell'«Histoire» di Duchesne, che era
diffusa
anche nel giornale diocesano L'Eco di Bergamo, a tal punto che lo
stesso Pontefice ebbe occasione di segnalare che in
nessun'altra diocesi italiana i modernisti Loisy e Duchesne erano
tanto diffusi.
Appena pubblicata nel 1911, con la traduzione di Buonaiuti e
Turchi, l'edizione italiana dell'«Histoire»
di Duchesne, le cri-tiche mosse ad essa dal Papa e dal cardinal
Billot si tradussero in divieti per i seminari in una circolare del
cardinale Lai.
Ma Roncalli, condiscepolo del modernista Buonaiuti e del Turchi e,
come loro, professore di storia, si serviva ancora
dell'opera di Duchesne, malgrado fosse modernizzante, posta
all'Indice e vietata nei seminari, continuando ad uti¬lizzarla
nell' insegnamento, fino ad essere richiamato.
Roncalli rispose con una lettera (27 giugno 1911) dove giurava la
sua fedeltà: «Io non ne lessi più di 15 o
20 pagine ... non ho neppur veduto gli altri due volumi…
conoscevo abbastanza le idee del Turchi ... e non me ne fidai
affatto».
Si discolpò, quindi, dicendo che aveva letto solo qualche
pagina dell'opera incriminata (Hebblethwaite, «Giovanni
XXIII, il Papa del Concilio», Rusconi, Milano, 1989,
pagine 62-65).
Si noti che queste sono affermazioni fatte sotto giuramento!
Il sospetto principale su Roncalli era di un modernismo larvato, e
perciò era nel libro nero del Sant' Ufficio: «Un
fortunato ritrovamento archivistico permette di stabilirlo con
precisione storica».
L'inedita documentazione fa parte delle Carte Cavallanti... in
esse sono conservate cinque lunghe lettere scritte dal
canonico Giambattista Mazzoleni (1855-1931) fra il maggio e il
settembre 1911, nelle quali analizza alcune conferenze tenu-te dal
Roncalli.
Nella prima lettera il Mazzoleni conclude: «Mi aspettavo
che volesse svolgere il concetto della vita cristiana, ma per me la
sua conferenza ebbe troppo il sapore di occultismo. Parvemi anche
mancante della base, che è l'abneget semetipsum,
essendosi disinteressato dei consigli evangelici anzitutto. Quel
dire poi del matrimonio santificazione del piacere sessuale mi pare
una vera sconvenienza a dir poco».
Fatto è che alla nomina del professor Roncalli per la
cattedra di storia scolastica nel seminario romano fu posto il veto
nel 1912 perché indicato di «dubbia
ortodossia» (Lorenzo Bedeschi, «Paese Sera»,
13 dicembre 1972).
Il futuro Giovanni XXIII continuò, tuttavia, ad essere
segretario del vescovo modernizzante di Bergamo, Radini-Tedeschi, e
insegnante di storia ecclesiastica nel locale seminario.
Ci fu allora la partenza per la guerra e quando il sergente
Roncalli tornò, nel dicembre del 1918, Bergamo era sotto un
nuo-vo vescovo, Luigi Marelli.
Costui non pose difficoltà alla carriera di Roncalli, che
nel novembre 1919 ebbe una prima udienza col Papa Benedetto XV, e
un anno dopo il cardinale olandese Von Rossum, prefetto della
Propaganda Fide, invitò Roncalli a presiedere il Consiglio
centrale di quella Congregazione per riorganizzare le opere
missionarie nelle diocesi italiane.
Roncalli parte per Roma e il 12 febbraio1921 è ricevuto dal
Papa che lo nominerà poi monsignore.
C'è da chiedersi se questa promozione romana di un semplice
professore di Bergamo, già sospettato di modernismo, fosse
normale o rientrasse nel giro delle influenze di Radini Tedeschi,
uomo di Rampolla, presso i suoi successori Della Chiesa e
Gasparri.
Fatto sta che durante il Pontificato di Benedetto
XV gli ecclesiastici apprezzati da san Pio X furono
emarginati
mentre per altri si aprirono le porte vaticane, come nel caso del
giovane prete Giovanni Battista Montini (il futuro Papa Pao-lo VI),
figlio di un deputato del Partito Popolare, che con Roncalli aveva
iniziato a Roma dal 1924 una lunga amicizia.
In quell'anno era già morto Benedetto XV e regnava Achille
Ratti, alias Pio XI, che eletto il 6 febbraio 1922, confermò
come Segretario di Stato il rampolliano Gasparri, e proseguì
la linea diplomatica del predecessore, che era anche la sua.
Fu il Papa dei concordati, ma non delle intese ad oltranza.
D'esempio è la sua enciclica «Mortalium
animos» contro il piano ecumenista e il pancristianesimo
che da allora ha
compiuto passi da gigante: se in quegli anni il congresso per
l'unione dei cristiani e l'Americanismo erano condannati dal
Papa, oggi in nome del Papa si indicono riunioni d'ogni credenza
democratica, anche non cristiana.
Connotato del modernismo è proprio la lettura storica
nell'ottica gnostica o anche agnostica, caposaldi del pensiero
massonico, per cui tutto può essere accettato, ogni fede e
ideologia, perché di assoluto non c'è che la
fratellanza universale. Ecco che Giovanni XXIII, anche se è
molto difficile documentare una sua iniziazione rosacrociana e
iscrizione
massonica (confronta Pier Carpi, «Le profezie di Papa
Giovanni», Mediterranee, 1976, Roma ), ha comunque un
pensiero massonico.
Non solo lo confermano le sue parole ed atti, ma i documenti
compromettenti, ri¬guardo alle sue deviazioni e ai suoi
spergiuri, sono spariti dall'Archivio Vaticano (confronta
«Nichita Roncalli», pagina 4l).
Se sopra si parla di un «fortunato
ritrovamento» di copie di questi documenti è
perché gli originali erano nei registri
vaticani, spariti, guarda caso, proprio nel periodo in cui Giovanni
XXIII «regalava» a Montini il suo dossier,
parimenti
sospetto, che era in Vaticano.
Roncalli, ritenuto dottrinalmente inquinato come professore di
storia, passa senza problemi alla carriera diplomatica.
Si deve, quindi, prendere atto che l'infiltrazione del modernismo
nella Chiesa accadde senza che vi fosse una consistente e generale
percezione del rischio gravissimo che una visione storica deviata
rappresentasse per la verità cattolica, per il
retto pensiero e quindi per la cristianità.
Ciò è detto in vista del fatto che la deviazione di
Roncalli nel campo storico, non essendo stata dovutamente soppesata
come riguardante la fede è divenuta, per via della
«brillante» carriera di Roncalli eletto Papa,
la causa scatenante
della scristianizzazione mondiale.
Un giudizio esagerato?
Certamente, se dipendesse soltanto dalle modeste capacità
del personaggio, ma innegabile in quanto coinvolse il
Soglio supremo, di giudice su ogni insegnamento della Chiesa.
A proposito di carriera, è degno di nota il consiglio dato
da Roncalli a monsignor Marcel Lefebvre.
Quando quest'ultimo fu accusato dai vescovi francesi per aver
sostenuto la tradizionale «Cité
Catholique» nel '59, fu
consigliato da lui di non scoprirsi troppo per non rovinarsi la
carriera: «Allora fate attenzione, se volete far carriera,
non
affermatevi come tale in maniera troppo decisa». (monsignor
Francesco Spadafora, «La Tradizione contro il
Concilio»).
Roncalli era quindi un modernista
Egli doveva negarlo per coltivare la sua carriera, seguendo quanto
«imparato da don Ernesto Buonaiuti» (vedi
Andreotti, che parla dell'«unico torto di non aver
saputo aspettare»).
Certo è che seguiva chiaramente la prassi modernista, per
cui la Chiesa andava cambiata dal suo interno, come poi avrebbe
fatto, nella misura delle cariche che gli furono affidate.
Lo ha dimostrato durante tutta la sua lunga carriera, nonostante
sia anche certo che avesse fatto il giuramento
antimodernista.
Era rimasto chiaramente un modernista, per cambiare la Chiesa dal
suo interno.
Dunque si trattava di uno spergiuro aggravato dal tradimento
modernista che scomunica un cattolico.
Solo un apparato giudiziario composto da chierici della sua stessa
tendenza avrebbe potuto ignorare tale fatto, sufficiente a
squalificare qualsiasi cittadino.
Ciò avrebbe annullato qualsiasi possibilità di
beatificazione di uno spergiuro in questioni di fede, e invece,
eccolo beato!
Tuttora si dice che manchino le prove per accusare Roncalli di
modernismo.
Infatti, come mai Pio XII, Tardini, Ottaviani, Siri e altri prelati
ortodossi non lo hanno segnalato, ma perfino promosso?
E'il mistero che avvolge l'apparato clericale del tempo
successivo a san Pio X: o esso era incapace d'identificare un
chierico che durante la vita aveva dimostrato tendenze moderniste,
o esso stesso era profondamente infiltrato da modernisti e massoni.
Solo così avrebbe ignorato tale spergiuro in questioni di
fede, favorito una carriera di nunzio, che implicava la veste di
vescovo, e anche di patriarca e cardinale, e dunque reso papabile,
cioè candidato ad essere il supremo maestro visibile della
Chiesa.
Ecco la carriera di colui che è stato incredibilmente
beatificato per la sua «opera» di
«bontà ecumenista»!
Daniele Arai
Nessun commento per questo articolo
Aggiungi commento