Sul Tibet
28 Marzo 2008
Un lettore chiede al direttore Blondet un parere su quanto sta accadendo in Tibet.
«Direttore carissimo,
le scivo per tirarle un po’ le orecchie... capisco che tutti ne stiano (stra)parlando ad oltranza, ma neanche una righina, neanche una fotina su quanto sta accadendo ai tibetani?
Pur condividendo con lei le ovvie strumentalizzazioni del caso, trovo davvero agghiacciante che NESSUNO si schieri apertamente contro il ridicolo (ma ben saldo) regime cinese e contro uno sterminio che si sta perpetrando da decenni ai danni di un popolo fondamentalmente inerme.
Mi auguro che vorrà prender in considerazione questa mia e dare un segnale di vita concreto e non demagogico, come solo lei oramai sa dare nella lingua di Dante.
Per il resto le rinnovo la mia stima, quel che lei sta facendo, e ci dà; è davvero molto.
Fabio»
Non scrivo sui tibetani perchè non ho notizie dirette diverse da quelle dei giornali. Ovviamente il mio giudizio è reciso: la Cina comunista ha occupato il Tibet ed ha ucciso metà della popolazione, devastando una cultura, per puro odio alla spiritualità.
Si dice l’abbiano fatto per minerali che sarebbero nascosti nel sottosuolo. ne dubito; in ogni caso, negli anni ‘50, le presunte ricchezze minerarie non furono il movente, come la conquista di un altipiano sterile a 4 mila metri non aveva interesse economico. Gli stessi tibetani campavano, e campano, di orzo tostato e burro rancido di yak.
La Cina maoista non poteva tollerare lo «scandalo» di un Paese dove il 25% della popolazione era fatto di monaci, e dove praticamente tutti, per un periodo della vita, praticano il monachesimo.
Si aggiungano i saccheggi delle lamaserie, delle loro biblioteche inestimabili come le opere d’arte; si aggiunga l’odiosa modificazione forzosa dell’etnia, con il popolamento di Han, sordidi piccoli commercianti, o funzionari ladri della nomenklatura più corrotta della storia. La «modernizzazione» di Lhasa, mostrataci dalleTV è, se possibile, ancora più odiosa.
Tuttavia, questo accadde nel ‘52. Il lamento e la protesta corale di oggi mi appare ipocrita, o perlomeno un pochino tardiva.
Ho anche amici, qua e là, che vedono in questo lo zampino della CIA.
E’ vero che decenni orsono la CIA diede qualche assistenza alla guerriglia tibetana, ma oggi l’imbarazzo generale di Bush, di Delhi, dell’Europa, a questa rivolta dei tibetani, mi fa credere che non ci fosse un progetto di mettere nei guai Pechino. Anzi, il contrario.
Io sono convinto che la rivolta violenta sia avvenuta, persino contro i consigli e le invocazioni del Dalai Lama, perchè solo questa era l’occasione - con le olimpiadi - che un popolo sterminato e perseguitato ha di mostrare le sue ferite e le sue sofferenze; in parte, ha agito l’odio contro i commercianti Han.
Odio perfettamente giustificato: in tutti i Paesi asiatici dove i cinesi formano colonie, chissà perchè, ogni tanto scoppia un pogrom anti-han. Quegli amici che dubitano della spontaneità della rivolta tibetana, ritengono che essa faccia parte del «grande gioco» di Brzezinski.
Ma il Tibet non è il Kossovo, e non è la Cecenia.
Non c’è lì nessuna «democrazia colorata», mi credano.
Maurizio Blondet
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