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Il Katéchon e la grande apostasia
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Quasi non si parla dell’Apostasia e del Katéchon e perciò di quell’orrore, santo, di fronte all’attuale grande alienazione umana, rimossa come argomento tabù, poiché tocca i «padroni del mondo», civili e religiosi.
Ma in questo sito è possibile affrontare il tacito divieto di risalire alle cause di quest’ora cruciale per l’umanità e di leggere scritti che riguardano l’attuale mentalità alienata dal reale e dal vero, perciò dalla legge naturale e da quella divina - d’ordine secolare come religiosa.
Tali questioni, clamorose quanto invise, possono essere riassunte in due: l’aborto, nell’ordine civile; il ripudio velato del Verbo divino nell’ordine religioso.

Katéchon è il nome del potere previsto da Dio per impedire queste iniquità.
E’ esso rappresentato dal Papa cattolico?
Sì, ma non dall’inizio del Cristianesimo.
Infatti, non si può vedere San Pietro a trattenere allora le iniquità civili, anzi ne era vittima, poiché ancora non aveva alcun «potere civile» per farlo e, al contrario, l’hanno fatto frequentare prigioni.
San Pietro era d’ostacolo all’Anticristo solo nell’ordine spirituale. Secondo alcuni Padri della Chiesa, ripresi da monsignor Francesco Spadafora, si poteva riconoscere allora il Katéchon nell’autorità dell’Impero Romano che frenava il crimine, anche
della persecuzione dei cristiani da parte dei giudei.
Basta pensare a Santo Stefano lapidato.
Solo tre secoli dopo la questione parve definita da un potere civile riverente, non solo ai princìpi della legge naturale, ma a quella cristiana e divina.
E il Kathécon dell’era cristiana divvene bene o male il Pontefice romano.
Fino all’interregno iniziato con la dubbia elezione del modernista e filomassone Angelo Roncalli.

Allora, come profetizzato nella profezia di Fatima per poco prima del 1960: poiché il Papa non aveva consacrato la Russia al Cuore Immacolato di Maria, avvenniva la virtuale «soppressione» del Kathécon cattolico, svelata nella visione del Terzo Segreto.
Essa sarebbe ancora misteriosa se non corrispondesse al fatto storico oggettivo della demolizione dell’autorità cattolica a cui corrisponde la scristianizzazione e l’apostasia generali.
O si vuole negare anche questo?
A questo punto era da aspettarsi ogni confusione riguardante, sia la realtà presente, sia la sua profezia.
Il potere ostacolato ormai la fa da padrone nel mondo.

Io non sono «apparizionista» nel senso che ci siano visioni= Vangelo, ma se esse rivelano simbolicamente la storia che viviamo oggettivamente - della pilatesca resa vaticana alla democrazia della sovranità popolare - messa al disopra della Legge di Dio -, e agli avversari di Gesù Cristo, Verbo divino - negare il loro valore profetico sarebbe negare la realtà.
I cristiani sanno di dover accogliere la verità con amore per non essere travolti nella menzogna di quel potere che leva di mezzo il Kathécon (confronta 2Tessalonicesi).
Perciò attenzione.
Messaggi che rinviano i devastanti pericoli presenti a tempi remoti non sono al servizio della verità, ma del mentitore di sempre, che vuole rimuevere l’idea del giudizio di Dio.
E’ vero, la visione di Dio che separa produce un vero e proprio brivido lungo la schiena, una stretta allo stomaco a chi
respira nell’atmosfera spirituale del Signore.
Chi vive l’ora presente può ben intravvedere «la scena apocalittica di separazione tra chi accetta il ‘segno di Satana’ sulla fronte o sulla mano e chi no» e la percepisce molto vicina nel tempo.
Molti pensatori in diversi momenti della storia, sia consacrati che laici, hanno avuto la percezione di tale momento cruciale che si avverava all’insegna del contrasto tra il Pontefice cattolico e l’Anticristo.
Malachia ha previsto Pietro II, ultimo Papa e nel nostro tempo alcuni autori lo ricordano con forza.
Qui voglio ricordare alcuni, con i quali non sempre concordo, ma che per la loro coraggiosa lucidità vanno letti.
Citerò Camus, Jean Madiran, Saverio Vertone, Malachi Martin, Sergio Quinzio e Anthony Burgess.

Albert Camus nel suo «L’Homme Révolté» del 1951, parla della crisi più seria a cui ci ha portato la ribellione metafisica dell’inteligenza umana che ha voltato le spalle a Dio, individuando la sua causa nella «forza corrosiva di un niilismo attivo» del nostro tempo.
Si tratta dell’ossessione patologica di dominare la vita in tutte le sue forme e dimensioni; della rivoluzione filosofica che pretende di ridurre a zero «le correnti metafisiche aristotelico-tomista e (perfino) kantiana».
Camus indica, a causa di tale ossessione, una complicità con il male.
Oggi ciò è vero anche a livello di leggi e di giustizia, quando, ciò che ieri era classificato come crimine diviene obbligatorio oggi.
E’ il caso dell’aborto.
Ieri in Italia e ovunque, oggi in Brasile con la sentenza del ministro della Suprema Corte Costituzionale per cui la legge deve solo proteggere la «persona nata, residente e naturalizzata», e «non vi è persona umana senza l’apparato neurale che dà accesso alle complesse funzioni del sentire e del pensare».
Ciò conferma quanto scritto lucidamente da Camus: «Ci sono crimini di passione e crimini di logica (...) che, con l’alibi irremovibile
di una certa filosofia, può servire a tutto, perfino a trasformare giudici in assassini
».
Si, tale «filosofia - o ideologia -, serve a tutto», anche a legittimare l’assassinio dei bimbi nel ventre materno con un’apologia sofistica di quanto, non solo per Camus, è un «crimine della lógica».

Continua Camus: «Il sentimento dell’assurdo, quando di esso si pretende estrarre, in primis una regola d’azione, rende l’omicidio almeno indifferente e, in conseguenza, possibile».
Ecco come la dignità umana è liquidata in nome della libertà e dignità del pensiero.
Eppure, non vi è uomo onesto che non sia convinto che: «la dignità dell’essere umano o è integrale o non è niente».
Ragion per cui la «giurisprudenza per i crimini di logica», a cui si riferisce Camus, non gode neppure del consenso democratico.
Infatti, l’aborto continuerà ad essere crimine per le maggioranze, come lo è per la legge naturale.
E’ pratica considerata molto grave da 71% della popolazione brasiliana secondo un’inchiesta dell’ottobre 2007 di Datafolha, con un indice del 10% in più in rapporto a quella del 1998.
Il dato più significativo dell’indagine riguarda 87% della popolazione che condanna l’interruzione della gravidanza considerata pratica immorale.
Non sarà la prima volta che il popolo dimostra più buon senso dei suoi capi e più fede dei suoi prelati, come è successo dai tempi dell’eresia ariana ad oggi.

Saverio Vertone nell’importante articolo (numero 10, anno 2, del dicembre 1992 della rivista Paralleli, dal titolo «Le sacre macerie») a cui mi sono riferito nei miei scritti sull’«Enigma di Giovanni XXIII» , solleva la questione: c’è ancora una religione
cattolica?

Risponde che essa è stata mutata in una sorta di «sociologia dell’anima» e lo spirito fatto diventare un doppione del corpo.
«Un’operazione strana ed estrema: ha messo il niente fra noi e il nulla, ci ha raccontato l’ultima bugia alla quale siamo ancora disposti a credere. Coprire il vuoto con un velo impalpabile sul quale è scritta la parola ‘vuoto’ è un’operazione di misticismo raffinato, che allontana e attutisce la disperazione con un sovrappiù omeopatico di disperazione. Ma questo salvataggio della religiosità mediante il sacrificio della religione funziona solo per chi è disposto ad ascoltare il misterioso fruscio delle parole, ossia (come si legge nell’Innominabile) le ‘gocce di silenzio’ che ‘attraversano, il silenzio’ ».
«Nel passato le religioni colmavano lo spazio tra noi e l’ignoto con ben altre gocce e ben altri suoni. E’ dubbio che oggi sappiano ancora far risuonare il silenzioso frastuono di Dio nelle coscienze di un’umanità assordata dal frastuono delle cose. Da qualche decennio l’introspezione fa salire a galla solo diritti, diritti sempre nuovi, e dunque sempre nuovi desideri. Ma i desideri producono solo oggetti: da fabbricare e da consumare; nient’altro. L’anima contemporanea è prigioniera tra la domanda e l’offerta di beni che devono nasconderle il male innominabile della morte …».

Vertone ricorda Sergio Quinzio.
«Solo la coscienza di una forza ignota che sta sopra di noi e che in qualche modo ci obbliga a una contabilità attenta può imporci la rassegnazione al dovere. Senza la trascendenza rimangono solo diritti innumerevoli, voraci, insaziabili, che non potranno mai essere rispettati e ci trasformeranno a poco a poco (ma non tanto lentamente) in quei ‘maiali insoddisfatti’ che Mill aveva previsto: nobilmente insoddisfatti, come Socrate. Perché ci vengono tarpati gli ideali, ma pur sempre inalati, perché questi ideali riguardano ormai soltanto i nostri porci comodi, che prima qualcuno si limitava a fare (vergognandosi) e adesso tutti (o quasi) sbandierano come un grande, nobile, sublime diritto. Ci si può chiedere come mai per la prima volta da millenni non sia più possibile indicare agli uomini quella linea indefinita dell’orizzonte in cui la terra e il cielo, il possibile e l’impossibile si toccano senza confondersi e disperdersi in quel trompe-l’oeil prospettico che ci impedisce di rispettare, da questa parte, il noto e, dall’altra, l’ignoto. La ragione è semplice. Neppure la Chiesa la indica più, perché è crollata la barriera dei simboli, dei riti e dei valori religiosi. Il Vaticano II ha forse solo preso atto di un cedimento sotterraneo; ma lo ha sanzionato e ha trasformato una religione antica, discutibile e imponente in una sociologia dell’anima, nella quale lo spirito non è che il raddoppiamento del corpo. Se la trascendenza era un’illusione. oggi la società intera sperimenta il collasso del ciclo sulla terra e sente l’immanenza come condanna alla cieca tautologia della realtà».

«Il crollo finale è avvenuto quando Giovanni XXIII ha cercato di rincorrere la società e di uniformare il linguaggio religioso
a quello dominante. Forse la tensione aveva raggiunto il limite estremo. Forse l’elastico tra i valori e i comportamenti diffusi era troppo tirato. Non teneva più ed era destinato a spezzarsi. Sta di fatto che l’abbattimento della barriera ha sommerso ogni traccia di trascendenza sotto una coltre uniforme di banalità che ci spingono a cercare il senso della vita nella vita (come se la vita fosse qualcosa che si può toccare e prendere con le mani), l’anima nello stomaco, il seme nella buccia. Il seme o non c’è o non è lì. E invece tutti stiamo cercando qualcosa che non si trova nel punto in cui scaviamo, sempre più a fondo, per afferrarlo. Crollato il muro dei riti e degli enigmi che hanno coperto per 2000 anni l’ignoto, obbligandoci a rispettarlo, tutto è diventato noto e insensato, e la stessa familiare realtà si è trasformata in un enigma banale, gigantesco quotidiano. Non a caso gli anni ‘60 sono cominciati con il Concilio, che ha cercato di conciliare religione e sociologia, e sono finiti con i Movimenti che hanno reso inconciliabile la sociologia con la realtà... E anche la Chiesa si dibatte tra le macerie che ha contribuito a produrre con l’abbattimento della diga [del katéchon!]
».

Jean Madiran domanda: «Come sarebbe visto il Vaticano II dai Papi?»
Risponde: Come è stato descritto: una Chiesa modernista partorita nell’evoluzione democratica del «popolo in cammino» verso la soddisfazione dei bisogni umani di libertà e dignità, sentimenti giunti al pieno sviluppo a cui furono ordinati un neosacerdozio comune dei fedeli, un neolaicato, un neoecumenismo.
Come la realizzazione della «formula» e della «mente comune» ideate dal metodo storico applicato alla Rivelazione.
Esso è quell’aggiornamento della coscienza collettiva nella Chiesa che si configura come l’empio ricorso al Concilio contro il magistero papale precedente, ricorso contro la stessa autorità cattolica («Bolla Execrabilis»).
E ciò vuol dire che il Vaticano II rappresenta, nei suoi effetti, quell’annunciato colpo pianificato dalle logge contro l’autorità
dei Papi, della Chiesa, di Dio.

«Il Vaticano II, esaltando la libertà di religione, la salvezza in altre religioni, il dialogo sui valori religiosi e mondani estranei alla Chiesa, ha proposto una nuova dottrina, ha favorito l’indifferentismo, il sincretismo, la fine dei Paesi e delle missioni cattoliche, la trasformazione del diritto della Chiesa; ha devastato il Regno sociale di Gesù Cristo. Con il democratismo ecclesiale si è finito con svelare che l’autorità conciliare non era quella della Chiesa, le cui parole non provengono da uomini, ma dal Maestro divino. Il rifiuto di quei profeti, insieme alle loro dottrine ed atti, s’imponeva, ma non accade».

«La democrazia moderna è religiosa: rimpiazza le religioni con la religione dell’uomo che coralmente si fa Dio». [...] si fonda su se stessa, come la ribellione dell’io si fonda sull’io. E’ lo stesso rifiuto d’ogni dipendenza».
«Il laicismo è la condizione contraria perché sia accettabile una democrazia, il contrario della dottrina cattolica sull’origine e l’esercizio del potere politico. La democrazia cristiana, che doveva sostituirsi a quella laicista per rendere accettabile la democrazia, ha svolto la funzione inversa, culminata nella politica montiniana: portare i cristiani a più o meno accettare il laicismo della democrazia dominante» (Jean Madiran, «Les deux démocraties», Paris, 1977).

«La differenza tra la situazione rispecchiata dal Sillabo e quella della Chiesa nel presente smarrimento sta proprio nel fatto che quelle esigenze e postulazioni del mondo, allora esterne alla Chiesa e oppugnate dalla Chiesa, si sono internate nella Chiesa, lasciando cadere l’antagonismo o col tacerlo, rinnovando il medievale ‘tace et florebunt omnia’, oppure con lo svigorirlo per renderlo tollerabile, oppure (è la via praticata) con lo svigorire la forza del principio cattolico elevandolo a un punto di tale ampiezza da abbracciare non la totalità del vero, ma la totalità sincretistica del vero e del falso» («Iota unum», Romano Amerio, pagina 34).

Ora, poiché il Vero coincide con il Bene e il falso con il male, sostenere il diritto all’errore significa sostenere il diritto al male e, in extremis, al delitto.
Poiché il diritto all’errore e al male è la negazione d’ogni diritto, la dichiarazione del diritto all’errore del Vaticano II non è solo violazione del diritto e negazione dell’autorità che regge il diritto, ma iniquità contro il Vero e contro il Bene.
E, poiché solo il Vero e il Bene possono essere fondamento dell’autorità, tale violazione è la implicita autorinuncia alla funzione dell’autorità e tanto più alla rappresentazione del suo Principio.
Capovolgimento dell’autorità di Pietro?
Infatti, i problemi dell’ora presente ruotano attorno a due questioni correlative: l’abuso della libertà da parte dei subalterni, e lo smarrimento del principio dell’autorità da parte di chi comanda.

L’ex Gesuita Malachi Martin fa un’analisi nel suo «The keys of this Blood» (Simon and Schuster, New York, 1990): «Qui, l’errore fondamentale di Giovanni XXIII fu di credere in una specie di bontà naturale esistente in ogni uomo e donna tale da permettere loro di evitare di cadere nei dettami del male - il male esistente in loro stessi come residuo del Peccato Originale, e il male intorno ad essi sostenuto da il mondo, il Diavolo e la carne. E’ stato, da parte del Pontefice, un grave errore d’interpretazione di un sacro dogma della Chiesa e, allo stesso tempo, un’ingenuità difficile da capire in un uomo della sua ampia esperienza pastorale. Ma, in effetti, con tale decisione, Giovanni ha ingannevolmente rinunciato ad una delle principali funzioni del Custode delle Chiavi a lui conferite come successore di Pietro. Tecnicamente, s’è trattato - forse inconsciamente - di un abuso di potere in un’alta carica. In pratica, ha fornito ai poteri dell’antichiesa proprio quell’apertura di cui avevano bisogno per rovesciare l’autorità di Pietro».

Sergio Quinzio, che ha pubblicato diversi libri su questioni religiose, culmina la serie con «Mysterium iniquitatis» (Adelphi, 1995, Milano), in cui si rispecchia il suo dilemma sulla religione sconfitta, su «una chiesa apostata?».
In esso, Pietro II, l’ultimo Papa, chiude il II millennio cristiano con l’esegesi del discorso di San Paolo (2 Tessalonicesi 2): «Non c’è più il tempio di Gerusalemme, nessuno può sedere in esso quasi proclamandosi Dio. Chi sono oggi gli apostati, e dove possono trionfare? Non sono certo i peccatori, che anzi Gesù è venuto a salvare (confronta Matteo 9, 13), ma coloro che, come il fariseo della parabola (Luca 18, 11-12), sono convinti di avere Dio dalla loro parte, di fare la sua volontà, di possedere la salvezza nella sacralità del tempio» (confonta Gr 7, 4).
«Non c’è modo di sfuggire all’identificazione. Roma, sia la prima o la seconda o la terza, è la potestà, l’autorità che non tramonta fino alla fine dei giorni. E la Chiesa, che è romana, è Gerusalemme e Babilonia insieme, in un miscuglio destinato a risolversi solo con il giudizio dell’ultimo giorno. Dobbiamo dunque prendere atto dell’apostasia della Chiesa che elude lo scandalo della fede, che lo stravolge più o meno consapevolmente in ciò che fede non è, che riduce a etica la salvezza escatologica, e perciò ne fa un’opera ragionevolmente umana, anziché riconoscere e attendere l’umanamente incredibile miracolo di Dio. L’apostasia della Chiesa consiste nel porre se stessa come regno di Dio già in atto».

L’autore fa delle considerazioni corrette sull’apostasia che sta davanti agli occhi di chi vuol vedere; è un fatto obiettivo.
L’apostasia è la diserzione dalla confessione cattolica.
Dato che questa trasmigrazione religiosa è operata dalla «nuova religione conciliare», le persone battezzate che aderiscono consapevolmente alla «Chiesa del concilio» hanno apostatato dalla Chiesa di Cristo (monsignor Castro Mayer).
Ma, di fronte alla gravità dell’evento, l’autore preferisce raggirare il problema, come ha fatto nel suo libro «La sconfitta di Dio» (Adelphi, 1992, Milano).
Qui si svela la distanza da Sant’Agostino e dal suo concetto della Città di Dio.
Infatti, essa è l’anima, la forma della Chiesa, è di Dio.
La sua apostasia sarebbe un’apostasia di Dio!
La quintessenza dell’antropomorfismo, fatta con delle categorie teologiche.

L’ultima tappa: l’obiettivo finale della Rivoluzione è «liberare» l’uomo dall’Autorità di Dio.
Poiché non può annientare la Chiesa divinamente fondata, né lo spirito dell’uomo, per realizzare tale scopo, essa usa non tanto la violenza quanto l’inganno; si serve del democratismo abbinato all’umanitarismo conciliare.
L’opposizione di questi agli errori del mondo è solo apparente: se non vi partecipano direttamente, li accettano democraticamente.
Dissidenza a parole, complicità nella prassi.

Diceva Louis Veuillot che se le creature fanno la rivoluzione per divenire uguali al Creatore, lo scopo finale di questa è una democrazia che consiste nel ridurre Dio allo stato di semplice cittadino del Paradiso, salvo farGli un processo speciale più tardi!
Sta di fatto che la Chiesa dei novatori è in lotta intestina con la Chiesa cattolica.
Anzitutto, lo dimostrano i cambiamenti devastanti nella Dottrina e nella Liturgia.
Poi, lo dimostra il rifiuto ossessivo del passato cattolico, vituperato dai conciliari.
La «Chiesa del Concilio» opera una procedura di mea culpa, che non riguarda certamente le malefatte presenti, ma quelle presunte dei Papi e dei Santi del passato, «profeti di sventura».
Per i «misfatti» di questi e della Chiesa cattolica, colpevole d’aver condannato scismi ed eresie, scismatici ed eretici, Giovanni Paolo II chiede scusa al mondo.
Si tratterebbe di lamentevoli errori che il Vaticano II e i suoi figli cercano di sanare con la «nuova carità», fondata sull’utopia dell’umana bontà e della redenzione universale finalmente svelata dalla Chiesa conciliare.

La nuova giustificazione vuole imprimere nelle coscienze l’idea che l’uomo, l’innocente primigenio, è la vittima circondata da mali che sono interamente esterni al volere umano.
Questo discorso nella Bibbia è ricorrente come i falsi profeti.
Applauditi per i loro discorsi di pace, essi ignoravano le colpe e negavano l’odio che è ovunque.
Tale era il tenore dei discorsi di Giovanni XXIII e di Paolo VI, e poi di Giovanni Paolo II.
Le guerre fatte a ferro e fuoco non sono letali per le anime quanto i conflitti che questa giustificazione suggerisce.
Essa causa inevitabilmente quelle rivolte e rivoluzioni che hanno per movente l’odio a Dio.
La «buona novella» di una nuova «Pentecoste»!
L’inganno che supera tutti, perché in «alto loco», è il falso profetismo che mira al superamento della contrapposizione originale che è nell’umana coscienza, coll’unione religiosa a scapito dell’unica via, stretta, ma segnata da Dio nella fede rivelata dal Signore Crocifisso.

A che punto è oggi il processo di aggiornamento culturale dell’Ordine cristiano?
E’ presto detto.
Quanto il pensiero cattolico, confermato dai Papi, rifiutava come perverso, i pastori conciliari promuovono in seguito alle grandi aperture di Giovanni XXIII alla modernità, cioè al relativismo naturalistico gnostico e massonico.
Cosa è al centro di tale piano?
Un compromesso storico globale, senza esclusioni ideologiche o religiose.
Esso implica l’idea che l’uomo è intrinsecamente buono e perciò la verità e la Chiesa non hanno veri nemici.
Essi apparirebbero solo in periodi d’intolleranza e di chiusura.
Perciò, la Chiesa deve e può operare nel senso di un’apertura ottimistica al mondo e ad ogni sua realtà.
In questo senso ogni stratagemma sarebbe benvenuto, come sia la ragione per convocare il Vaticano II.
Come mai questo fu da lui voluto dopo una presunta «ispirazione dall’alto», contro ogni criterio di vigilanza e prudenza per quanto riguarda la difesa della fede nel mondo attuale?

Di fronte ai fatti soprannaturali, la Chiesa va con i piedi di piombo.
Tra le migliaia di miracoli avvenuti a Lourdes in questi cent’anni successivi all’apparizione, per esempio, ne sono stati riconosciuti solo una sessantina.
Potrebbe, proprio un capo di questa Chiesa, aderire così allegramente ad una ispirazione su un fatto di tale importanza per i destini dell’umanità?
Qualcosa non quadrava allora e non potrà mai quadrare con la missione della Chiesa.
In realtà, l’atteggiamento di fiducia nel mondo e nelle proprie forze emerso nell’ottimismo di Roncalli, indicava un pensiero con radici ereticali, pelagiane.
Ciò fu notato nel mondo cattolico e espresso da alcuni accorti e noti scrittori.

Anthony Burgess, di formazione cattolica, ha fatto un’analisi del neopelagianesimo di Giovanni XXIII, pubblicata a Roma (Il Tempo), che gli risulta essere stata aggiunta dalla Congregazione per la causa dei Santi in Vaticano, al dossier dell’avvocato del diavolo con le ragioni contrarie ad una sua eventuale beatificazione.
Si tratta dell’eresia di Pelagio per cui l’uomo decaduto con il Peccato originale, che lo ha privato della grazia divina, porterebbe in sé la forza per riscattarsi con i propri sforzi, avanzando nella conoscenza e perfezionando la capacità di operare in completa libertà.
Burgess espone tale tendenza di pensiero che, introdotta nella Chiesa di Roma, alterò la vita morale del mondo.
Lo fa in special modo attraverso un personaggio del suo libro, «Gli strumenti delle tenebre», (Rizzoli, 1983) che pone la mentalità di Roncalli e Montini in contrasto con quella del cattolico peccatore, ma che «riconosce l’esistenza del male, convinto che la falsa bontà umana di Roncalli sia essa stessa un male che fa di questo secolo, dal punto di vista dell’affermazione del male, il più terribile di tutti... e Roncalli: ‘l’uomo più pericoloso che il secolo ha prodotto’ » (O Estado de S. Paulo, 10.1.1982).

La rivoluzione religiosa è nata dall’utopia strabiliante che postula.
La conciliazione di principi divini col «progresso rivoluzionario», del vero col falso, del naturale coll’antinaturale, insomma, del bene col male.
E non vi è sedizione religiosa più pertinace che quella fondata sul sogno d’essere buoni come dèi.
Perché il male non sarebbe proveniente dall’uomo, ma il bene sì!
Ecco che chierici utopisti, elevati ai vertici ecclesiali, dall’alto delle proprie teorie hanno provato la vertigine della «somma evoluzione» umana verso un «nuovo Avvento» e «nuove pentecosti».
Si vede d’allora la Rivoluzione nel Luogo santo, come era stato previsto da San Paolo ai Tessalonicesi (II Tessalonicesi 2-3).
L’inganno presente sta nell’accettare, come voluta da Dio, la falsa obbedienza e perciò la falsa dottrina in cui sono caduti quelli in alto.

E’ l’estremo inganno permesso da Dio: «per quelli che non hanno abbracciato con amore la Verità».
Eppure, tutto tornerà a posto nella Chiesa, quando i Suoi eletti ritornerano alla piena testimonianza della verità.

Arai Daniele


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