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L’americanismo, l’aborto e Ferrara
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Capire che il gran dilemma dell’ora presente riguarda l’egemonia degli Stati Uniti d’America nel mondo, significa non limitare il pensiero al potere militare, ma alla capacità americana d’espandere idee inquinanti del modello perenne di civiltà. Quale?

Quello che, bene o male, è in continuità col concetto d’ordine e di pace fondato sulla verità vitale per l’uomo; sulla legge naturale intesa dagli albori della storia.
Se predomina un potere alieno a questo principio di civiltà, l’umanità intera è esposta, a dispetto d’ogni parvenza di benessere e di progresso, ad un’inesorabile decadenza spirituale, che causa anche un letale squilibrio nella vita del mondo civile e del pianeta.

Ciò si verifica nel rapporto col mezzo ambiente dove gli USA sono senza dubbio i principali inquinatori del mondo.
Ma si può collegare questo a un modo di pensare e ancora più, di credere, degli americani?

Si è parlato altrove e spesso, del rapporto ideale che deve sussistere tra l’amore per la verità sull’uomo, che è amore per la vita, e il potere materiale; tra una visione spirituale consolidata, quale è quella cattolica e il governo della vita civile dei popoli.

Ora, l’aborto è l’esatto contrario di tutto questo e quindi contrario per diametrum ad una civiltà che mira ad una pace e ad un ordine umano fondato sulla legge naturale intesa dagli albori della storia, e si noti, senza nemmeno dover menzionare la Rivelazione divina.
Allora l’aborto è frutto di una «rivelazione» umana, di una scoperta democratica derivata da qualche gnosticismo ecumenista, estraneo alla verità e al diritto naturale, per cui anche i princìpi di civiltà possono essere rivisti dai poteri presenti.
Si tratterebbe di un’evoluzione del pensiero sociale che implica una «revisione indietro» riguardo alla soggezione a Dio, mascherata in perfezionamento della Legge secondo i tempi.
Qualcosa che i politici possono fare insieme ai chierici modernisti per porre fine a secoli di «guerre di religioni» e conseguenti conflitti mentali.

Ai primi, politici, basta che tutti proclamino la democrazia come supremo valore, ai secondi, chierici, che si veli quest’«adorazione del potere umano» dietro il nome di Dio, «in God we trust».
Ecco concordata la libertà religiosa di scegliere qualsiasi «fede» con cui fidarsi di Dio!
Come spiegare una tendenza così astrusa con parole semplici?

Per il pensiero cristiano, formato nella visione del Bene = Vero, l’essere umano deve vivere come pensa e pensare come crede, cioè secondo la Verità rivelatagli per procedere nel bene ed evitare il male.
Altrimenti cade nell’opposto: crede come pensa e pensa come vive ovvero forma il proprio pensiero secondo le tendenze economico-politiche di potere e delle mode.

E quanto è vero per le persone vale pure per il corpo sociale e finalmente per quello legislativo: pensare come si vive diviene giurisprudenza, per poi divenire «legge di fatto»!
Dal momento che la vita del mondo si svolge sotto la forza delle «tentazioni» di goduria, violenze, ingiustizie e corruzioni, la mentalità che si adegua a questo impero materiale finisce per giustificarli in modo trasversale prendendo per buone le soluzioni di ideologie materialiste per erigere un alienante «nuovo ordine».
Finisce, in sostanza, per credere e pensare secondo la tendenza di vita del mondo che è, come chiariva Pio XI, «l’intemperanza delle passioni, che così spesso si nascondono sotto le apparenze del bene pubblico e dell’amor patrio».

Per amore dell’umanità il principe consorte del regno inglese vorrebbe rinascere come un virus che decimasse la popolazione umana e così ristabilisse l’equilibrio della popolazione terrena, secondo i calcoli del scientismo ecologista corrente.
Di questa ricorrente tentazione di legiferare sulla vita dei popoli si fa oggi portatrice la potenza americana, dove si fa e si pensa come si vive nel presente.
E tale mentalità diviene norma di legalità con la legge sull’aborto.

E’ un problema grave che si può illustrare non solo con quell’idea aberrante di un principe umorista, ma col gaio esempio delle telenovele, aggiornate per seguire le preferenze del pubblico; un «grande fratello», programmato per abolire i personaggi meno apprezzati nei sondaggi di gradimento!

L’idea, proiettata nella vita reale, suscita la brama di mutare la vita sociale in una «fiction» secondo quanto la gente gradisce.
E’ lo strapotere dell’«io moderno», secondo il consumismo «culturale»; è il paradosso dell’uomo decaduto che si fa arbitro dell’ordine terreno, negando che ci sia l’ordine originale, anzi, lasciandosi convincere che a corrompere la naturale bontà dell’uomo sia proprio il credere in un ordine divino (Rousseau).

A partire da questa «ipotesi», una nuova classe politica ha ritenuto necessario creare un «nuovo ordine mondiale», mentale, morale, sociale e infine religioso, secondo i sondaggi dell’ora presente.
Sì, perché è fatto conosciuto che praticamente tutti i capi di governo oggi operano e parlano secondo le tendenze espresse dai sondaggi.

Non è forse questa pure la linea di pensiero religioso riguardo alle fedi, invocare il passato per adattarlo alle preferenze democratiche del presente?

Ma fermiamoci per ora a queste conclusioni:
- La «civiltà americanista» rappresenta un’inversione nel concetto tradizionale e logico di civiltà per l’elevazione della vita umana;
- la legislazione sull’aborto, estesa a tutto il mondo sotto la copertura della democrazia del nuovo ordine è il suo emblema;
- il male di questa letale inversione epocale ha un nome: democrazia del nuovo ordine, che è fondata su idee gnostiche e ecumeniste, capaci di soffocare ogni reazione del sano pensiero civile e religioso.

Siamo all’equazione rivoluzionaria, del «solve et coagula» che fa navigare le ideologie tra la violenza e la liberazione religiosa per ottenere l’emulsione delle varie fedi in un «revival da new age».
A tale revival manca solo la legge sul diritto alla felicità terrena.

Ciò significherebbe, come pensiero, voler mutilare la Verità divina dal suo assoluto per trasferirlo alla libertà umana, divinizzandola, come voleva la Rivoluzione francese con la sua dea ragione.

Ebbene, a dispetto dell’apparenza cristiana, a questa si aggancia la religione americanista che, con pari moti libertari e gnostici riguardo la vita dei popoli, ha finito coll’assoggettare le genti ad una legge scritta proprio in funzione della libertà disgiunta dall’ordine.

Ecco il «nuovo ordine», stabilito per garantire anche la libertà del disordine secondo la parola volterriana: «Discordo da quanto dici, ma sono pronto a morire per assicurarti il diritto alla libertà di dirlo».
Siccome al diritto di dire segue quello di fare, al delitto di abortire, tanto per fare un esempio, va assicurato un diritto, per cui la rivoluzione è pronta fino alla morte (altrui, naturalmente)!

Due mentalità opposte caratterizzano, quindi, il conflitto sociale: la prima, tradizionale, crede che sono i princìpi religiosi che trascendono la vita a dover plasmare il modo di pensare e di vivere.
La seconda, modernista, ritiene che sia il fugace impeto della vita sociale a dover forgiare di continuo la mentalità, anche religiosa!

Ecco il vero conflitto di civiltà di cui non si sfugge e confessiamolo: non trova l’Occidente odierno affatto dalla parte giusta.

Veniamo ora a Giuliano Ferrara.
Nessuno può negare la sua intelligenza e coraggio.
Intelligenza per capire, dopo un lungo percorso ideologico, la dimensione di un mostruoso problema incompreso che riguarda l’umanità intera.
Coraggio per affrontare in solitudine politica un problema di gravità immane, che nemmeno la Chiesa conciliare, lasciamo stare le maggioranze dette cristiane, pensano assolutamente di affrontare.

Lui, però, non si è accorto ancora di aver affidato la sua reazione, in sé giusta, al sistema intrinsecamente ingiusto e perverso: della volontà popolare messa al disopra della Legge naturale e divina.
Essa, che è in forza nel sistema politico della civiltà americanista da lui ammirata, è la causa del problema.
Lo spiegarono i Papi cattolici in generale e Pio XII in speciale quando ha parlato delle due democrazie.

Il democratismo

Il grande paradosso della «cultura democratica» risiede nell’impossibilità di discernere tra ciò che è male e ciò che è bene, considerando male e bene variabili dipendenti da sondaggi o da votazioni democratiche.
Eppure il male va evitato non perché scomodo oggi, ma perché privo del bene in ogni tempo; altrimenti si relativizza non solo l’assoluto religioso, ma ogni logica.
E relativizzare il male è il peggior male, morale e mentale.

In questo senso la democrazia, che porta l’uomo a mettere ai voti questioni che riguardano la vita umana, è perversa, come insegnò Pio XII, parlando delle differenze delle due democrazie.
Ebbene, la Chiesa conciliare le confonde perché mira ad una convivenza globale, come vuole il nuovo ordine mondiale.

Nel suo discorso alla chiusura del Vaticano II Paolo VI benedice esplicitamente questa «cultura» i cui «valori... sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette» e la dichiarazione conciliare «Dignitatis humanae» lo dice implicitamente perché rimette la gestione dell’aborto all’ordine pubblico di tale «civiltà».

In nome di tale liberazione religiosa Paolo VI ha ritenuto di dover stigmatizzare la Spagna che ancora figurava come Stato cattolico.
Alle ideologie sociali corrispondono le credenze nel campo religioso.

Alle prime va applicata la «libertà», secondo la fede modernista dei conciliari e dei democristiani; alle seconde l’ecumenismo che trova, perciò, un vastissimo campo in cui il terreno religioso si confonde con quello sociale delle logge e viceversa.

In Italia queste distorsioni sono arrivate al parossismo, poiché, in nome della «democrazia», essa viene commissariata da notabili che valutano, evitano o approvano risultati o ricorsi elettorali secondo i propri concetti di bene comune.
Così facendo, essi applicano in politica quella tendenza modernista, riguardo alla religione, smascherata dal Papa San Pio X.

Dicono di voler cambiare a poco a poco la coscienza collettiva e non si accorgono in tal modo di confessare che essa dissente dalle loro idee e che la invocano contro ogni diritto, anche democratico.
La porta è allora aperta ad ogni rivoluzione. anche eugenetica.

Il processo perverso

Tutto ciò sta ad indicare che il processo perverso dell’inoculazione dell’aborto nella società conferma i suoi molteplici livelli d’inganno, con il corrispondente silenzio e anche complicità delle autorità religiose di fronte alle cause della rivoluzione in corso nel mondo per l’eliminazione del cristianesimo.

Qui sarebbe utile rivedere alcuni livelli di questo processo perverso alla luce del Magistero della Chiesa cattolica, consapevoli che l’aborto è innanzitutto frutto di una degenerazione «culturale» in cui il sesso è usato e abusato
in senso completamente contrario al suo fine vitale.

La cultura dell’aborto è infatti l’ultimo stadio di una «civiltà» fondata sul diritto alla felicità immediata.
Una nozione di «bene» combinata con la «fede» democratica nel tempo presente, che produce la corsa all’accaparramento di ogni chimera.
Ecco la nuova «cultura» risultante del culto del fugace, della tirannide del «bene» immediato, del disprezzo della «durata» e di quanto non è sottomesso ai sensi, ossia la felicità in dimensione di eternità.

C’è un solo campo in cui questa cultura perversa può essere combatuta: quello religioso.
Ma in questo campo la devastazione in Occidente è completa, la cristianità mezza rovinata della visione del Terzo Segreto di Fatima è interamente rovinata dopo l’eliminazione del suo Capo, insieme al suo seguito cattolico.

Si può non credere alla visione profetica portata da Maria a Fatima, ma non si può negare la realtà di quell’ora buia del pensiero cattolico.
La soluzione?

Tornare alla sacralità della vita creata, che non potrà mai essere disgiunta dalla sacralità del pensiero e della preghiera rivolta al Creatore.
Su questa strada, discernibile anche da chi non è ancora cristiano, si deve tornare tutti.

In ciò l’America deve seguire più che essere seguita, per la soppravvivenza della vita in questa terra e l’agognata felicità nell’altra.

Arai Daniele



Riferimenti «L’alienazione americanista che inquina il mondo» , EFFEDIEFFE.com 11-12-2006.


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