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«Atomica siriana»: un altro trucco dei neocon
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Il video rilasciato dall’intelligence americano come «prova» (con sette mesi di ritardo) che l’installazione in Siria, misteriosamente bombardata da caccia israeliani appunto sette mesi fa, era un reattore per fabbricare plutonio costruito con l’aiuto della Corea del Nord, sarebbe una invenzione. Dick Cheney e i suoi amici filo-israeliani avrebbero spinto la CIA a produrre questo video con uno scopo strategico preciso.

Anzi due: Il Likud, ossia il partito di riferimento dei neocon americo-israeliti, ha voluto così mandare all’aria le segrete trattative di Olmert (loro avversario politico) con la Siria, che stavano giungendo a buon punto.

Cheney e i neocon hanno inteso sabotare un accordo con la Corea del Nord, su cui trattava Condoleeza Rice e garantito da sei nazioni, per ridurre il programma nucleare nord-coreano. Le informazioni vengono da Eric Margolis, giornalista di solito ben informato (1). Vediamone i dettagli.

Ehud Olmert, il capo del governo sionista, è impegnato da anni in trattative dietro le quinte con Damasco, che avvengono attraverso i buoni uffici della Turchia. Nelle ultime settimane Olmert ha ventilato di offrire alla Siria la restituzione delle alture del Golan, che Israele prese nel 1967 (cacciando 250 mila siriani da quella zona) a condizione che Damasco troncasse i suoi legami con l’Iran, Hezbollah e Hamas.

Non si tratta, diciamo così, di negoziati da tavolo; l’offerta del Golan (la carota) è condita da colpi di bastone, ossia minacce da parte di Giuda e di Washington di azioni militari contro la Siria, Stato debole e poco armato.

Le continue incursioni in violazione dello spazio aereo siriano, e il bombardamento della supposta centrale atomica a settembre, fanno parte del bastone. Fatto sta che il do-ut-des sembrava concludersi.

Forse  non a caso, l’ex presidente Jimmy Carter  è andato in Siria nei giorni scorsi, vi ha incontrato la dirigenza di Hamas, e ne è tornato invocando l’apertura di colloqui con Hamas e con i siriani.

Il partito Likud e il suo capo, Benjamin Netanyahu, hanno tutti i motivi per impedire questo successo politico di Olmert, che ridurrebbe le loro speranze di vincere le elezioni in Israele. Quanto ai loro amici neocon americani, non vogliono assolutamente un inizio di distensione nell’area, al prezzo di una cessione di territorio da parte per Israele.

Anzi, secondo Margolis  spingono per un attacco all’Iran, e magari alla Siria e al Libano degli Hezbollah prima che Bush lasci il mandato. Perchè, nelle loro menti, sono convinti che una guerra ulteriore in corso favorirebbe alle elezioni presidenziali di novembre il loro candidato preferito, John McCain, dando un’insperata vittoria al loro partito preferito, il repubblicano.

Se il calcolo vi sembra uscito da menti malate, ricordate chi sono i neocon che si agitano dietro l’autorità residuale di Dick Cheney: Richard Perle, Norman Podhoretz, Paul Wolfowitz, Elliot Abrams, Robert Kagan, Joe Lieberman, insomma quegli stessi ebrei che hanno trascinato gli USA in Iraq, proclamando che sarebbe stata «una passeggiata» e che gli iracheni «ci avrebbero accolto a braccia aperte». Questo gruppo ha anche dimostrato di poter esibire «prove» come le armi di distruzione di massa di Saddam.

Quanto a Dick Cheney, è sospettato di essere l’autore primario dello strano volo, nell’agosto 2007, di un B-2 con sei bombe atomiche a bordo dalla base di Minot in North Dakota a quella di Barksdale in Louisiana; volo che fu interrotto dalle autorità militari quando si accorsero che l’ordine di quel volo misterioso non era stato dato dalla appropriata catena di comando. Si sospettò che il fatto preludesse ad un attentato false flag, onde innescare un attacco contro l’Iran.

Oggi, la nomina del generale Petraeus a comandante supremo del CENTCOM (il comando militare dell’Asia Centrale e Medio Oriente) è visto da molti osservatori come una possibile preparazione a un attacco all’Iran.

Non è la prima volta che la lobby neocon manda all’aria un tentativo di distensione. Nel 1995, quando a Teheran governava il moderato Rafsanjani, questi, desideroso di riallacciare buone relazioni con Washington, scelse una compagnia americana, la Conoco, per lo sviluppo del giacimento petrolifero iraniano di Sirri.

Si mobilitò l’AIPAC (American-Israeli Political Action committee, ossia il gruppo di pressione sul Congresso) che non solo mandò a monte l’affare alla Conoco, ma riuscì a mettere fine ad ogni ulteriore tentativo di apertura fra USA e Iran.

Il 2 aprile ‘95 l’AIPAC distribuì ai senatori un rapporto, dal titolo: «Comprehensive US sanctions against Iran: a plan for action», in cui si sosteneva che l’Iran andava punito perchè anti-israeliano. Vi si leggevano frasi come: «I capi dell’Iran rifiutano l’esistenza di Israele», e ciò molto prima che Ahmadinejad, quello che secondo la propaganda vuole «cancellare Israele dalle mappe», fosse al potere.

Immediatamente il presidente (Bill Clinton) bloccò l’accordo della Conoco e con due decreti esecutivi, anche ogni altro commercio con l’Iran. Clinton andò ad annunciare le sue decisioni, il 30 aprile del ‘95, davanti al... Congresso  Ebraico  Mondiale.

Oggi, dunque, la «rivelazione atomica» siriana risponderebbe alla stessa strategia, mandare a monte una possibilità di pacificazione (2). Con l’occasione, Cheney e i neocon hanno anche sabotato lo sforzo del Dipartimento di Stato (che detestano perchè troppo diplomatico) di ottenere dalla Corea del Nord il blocco delle sue attività nucleari.

Non solo gli ebrei e i neocon strillano da sempre sul pericolo che le armi atomiche nord-coreane possano finire a qualche Paese islamico; essi sostengono che l’accordo faticosamente cucito con la Corea del Nord, con l’appoggio di Europa e Corea del Sud, è troppo «molle». Non a caso, di fronte alla rivelazione del reattore atomico siriano da parte di Washington, i servizi di intelligence di Europa e Corea del Sud sono stati molto cauti, per non dire scettici.

Quanto a Condy Rice, s’è subito adeguata, abbandonando al suo destino il suo capo negoziatore con la Nord-Corea.

 Il lato agghiacciante della faccenda è che una guerra preventiva nucleare può essere scatenata anche per bracci di ferro di politica interna e ambizioni elettorali in Israele e in USA, per far vincere McCain o far perdere Olmert. Certo è che i peggiori ambienti israeliani sembrano colti da frenesia.

Lo dimostrano gli intensificati ammazzamenti casuali di bambini a Gaza; lo dimostrano le critiche ad altissima voce che hanno rivolto all’Unifil in Libano, e al generale che le comanda, l’italiano Claudio Graziano, che hanno accusato di fatto di reggere il moccolo ad Hezbollah, e di assistere al riarmo degli sciiti libanesi inerte, per viltà. Di fronte alla richiesta di spiegazioni di Graziano, i militari israeliani «hanno confermato che l’articolo (apparso su Haaretz) non proviene da una fonte militare israeliana e non interpreta in alcun modo il pensiero dei militari israeliani».

Se è vero, ciò non fa che confermare l’esistenza di una lotta di potere interna allo Stato ebraico, una sorta di rincorsa di superfalchi a neutralizzare le mezze-colombe sioniste; situazione pericolosissima in uno Stato che dispone di 500 testate nucleari vere (non come quelle siriane).

Aggiunge pericolo al pericolo la dichiarazione di Franco Frattini, imminente ministro degli Esteri israelo-italiano, di voler «cambiare le regole d’ingaggio» delle nostre truppe che sono i Libano con il casco blu dell’UNIFIL (3). Il governo-kippà manderà i nostri 12 mila soldati a morire per Giuda?




1) Eric Margolis, «The neoconning of a nation», Toronto Sun, 28 aprile 2008. Margolis, nato a New York, è inviato speciale ed esperto di questioni militari. E’ membro dell’IISS (International Institute of Strategic Studies) di Londra e dell’Institute of Regional Studies di Islamabad (Pakistan), dunque addentro alle cose d’intelligence.
2) Significativa la dichiarazione di Ismail Hanyeh, premier a Gaza (di Hamas), dopo il massacro dei sette civili palestinesi fra cui una madre e i suoi quattro bambini: il «massacro che riflette la vera faccia dell’occupazione israeliana e i suoi ripetuti tentativi di sventare le iniziative regionali e internazionali dirette a porre fine alle ostilità».
3) Stefano De Paolis, «Da stampa Israele accuse infondate», ANSA,  28 aprile 2008.


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