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«Sicurezza» a Roma
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Alcuni lettori vogliono da me un parere, assolutamente, su Alemanno sindaco di Roma. Una vittoria «storica», come si affannano a ripetere i media? Inquietante, come dice la sinistra  arcobaleno ufficiale (molti dei cui militanti hanno votato il «neofascista»)?

Il mio modesto e provvisorio parare è che Alemanno pagherà presto lo stesso errore che, peggiorato, ha commesso Berlusconi con la promessa di salvare Alitalia: assumersi impegni, e suscitare speranze, che troppo presto e troppo facilmente resteranno inadempiute, e smentite dal prossimo fattaccio di cronaca. Troppo visibilmente non mantenute, le promesse diventano subito boomerang, dimostrando l’incapacità  del promettitore. Anche quella del demagogo è un’arte.

Alemanno ha condotto la campagna sulla «sicurezza». La gente, a Roma, può aver sviluppato la falsa convinzione che AN sia un partito di «duri», e quindi capaci di «mettere a posto» i rom che violentano le signore alle fermate dei bus, le torme di zingare mendicanti, svaligiatrici, minacciose, nonchè i proliferanti graffitari che vandalizzano le antiche mura. Ma Alemanno non farà nulla per la sicurezza, esattamente come hanno fatto nullaVeltroni e Rutelli.

Anzitutto per il motivo generale che il potere, in Italia, è così frazionato nei  numerosissimi strati amministrativi, che nessuno ha potere abbastanza per «fare» qualcosa, ma ne ha solo a sufficienza per impedire di fare.

Ciò non è casuale: il partitismo ha voluto così, sotto specie di «portare la democrazia vicina al cittadino», sì che nessun centro di potere, alla fine, sia identificabile come responsabile di qualcosa, e per la sua inazione possa sempre accusare qualche altro centro, che «ha posto ostacoli». E’ così che la Casta si perpetua, con tutte le sue avide sottocaste: legittimandosi con la loro impotenza.

Il comune di New York o di Los Angeles hanno vasti poteri anche in fatto di sicurezza, hanno una polizia locale vera, non pizzardoni . Se il programma «tolleranza zero» di Rudy Giuliani fosse fallito, i newyorkesi avrebbero potuto dare un nome al responsabile del fallimento; Giuliani ci ha messo la faccia, e poteva perderla, con conseguenze elettorali.

A Napoli sepolta sotto montagne di immondizia, non ci si riesce a liberare nemmeno di Jervolino e Bassolino; quelli non si dimettono, non non si sentono responsabili, perchè le «loro competenze» in tema di spazzatura e di ogni altra sciagura arrivano «fino lì e poi basta», poi ci sono i commissari per le emergenze, le ditte di consulenza, le ASL, gli uffici valutatori d’impatto ambientale, i verdi-ecologisti, i dimostranti sostenuti dai sindacati e dai vescovi, eccetera, eccetera.

Per la sicurezza, un sindaco ha nessuna o poche competenze. E quelle poche sono sorvegliate da tre polizie, da magistrature occhiute a favore dei delinquenti, dall’opposizione comunale e sub-comunale, dalla provincia, dalla Caritas, dal Papa, da «grandi giornali» (specialmente a Roma) pronti a difendere ogni bidonville, baraccopoli, rifugio di clandestini pregiudicati sotto i ponti, se solo il cognato di Rauti mandasse mai i vigili a smantellare quella urbanistica da topi.

Sarebbero titoloni sull’«ordine nero» imposto dal «fascista dalla croce celtica» contro «gli immigrati». Fare ronde di tipo padano, nemmeno a pensarci. E non solo per il motivo detto sopra, ma perchè una cosa è fare una ronda di cittadini in un paesino del vicentino, un’altra nella megalopoli otto volte più grande di Parigi, cresciuta con metastasi abusive sub-urbane proliferate dalla speculazione palazzinara, in oltre mezzo secolo.

E anche se il sindaco Alemanno volesse dar l’impressione di fare qualcosa per la «sicurezza» e contro «il degrado», non ne ha i mezzi tecnici.

L’apparato dell’amministrazione comunale è da gran tempo una macchina burocratica rotta. Come ogni altra burocrazia inadempiente italiana, ma a Roma ancor più, essa concepisce il «servizio pubblico» anzitutto come un servizio a se stessa e ai suoi membri, in aperta ostilità  verso la cittadinanza che dovrebbe servire.

Come volete che si rieduchino a servire l’ordine pubblico spazzini che non spazzano le bottiglie rotte di birra nemmeno in Piazza di Spagna, figurarsi alla Bufalotta, e dipendenti pubblici assenti uno su tre ogni santo giorno, mai controllati e mai puniti perchè protetti dai superiori come dai sindacati.

Così, è impresa disperata sperare che si mettano a combattere i piccoli delinquenti e gli irregolari, i mendicanti e i ladri, dei vigili urbani cui è stato insegnato che il loro compito è fare tantissime multe per divieto di sosta, onde portare più soldi nelle casse comunali: è un lavoro facile taglieggiare i cittadini innocui - di fatto è il mestiere voluttuosamente preferito dalle burocrazie, quell’altro è difficile e pericoloso, ci si guadagnano orari scomodi, contatti sgradevoli, coltellate o denunce del procuratore per eccesso in legittima difesa, insomma solo guai (1).

Si tenga presente che il capo dei vigili romani s’è fatto il contrassegno da (falso) invalido per parcheggiare dove non ha diritto.

E’ il sintomo più chiaro che «il degrado», la «insicurezza», per non dire la «microcriminalità», sono anzitutto dentro l’amministrazione comunale, coincidono con essa. Da lì bisognerebbe cominciare la tolleranza zero. Lì servirebbero licenziamenti esemplari, colpiscine uno per educarne cento, e poi ricostruire quella che alla Bocconi chiamano «la cultura aziendale», la «mission»: instillare nelle teste inadempienti  che sono pagate dai contribuenti per servire i contribuenti, e non sè stesse. Vasta impresa.

Può farla Alemanno? Non può farla perchè AN non è il mitico fascismo, ma è la rappresentanza politica di un ceto sociologico preciso: i piccoli statali centro-meridionali.

Quelli meno pagati nell’ordine della Casta (in ogni caso, il 37% in più dei lavoratori privati di pari livello), ma col posto inamovibile e i micragnosi privilegi connessi, il diritto all’assenza, lo spaccio interno, la «precedenza» nell’uso dei «servizi» che per gli altri non ci sono mai.

AN non può nè vuole alienarsi il suo elettorato, la sua «forza», che a Roma è una maggioranza potente. Alemanno poi è antropologicamente uno di questo mondo: l’impiego pubblico, la moglie alla RAI, le «precedenze», la conoscenza dei «regolamenti»...

Così, ha già annunciato il lancio di grandi progetti: che significa consulenze che dureranno decenni. E finirà per fare quel che ha fatto Veltroni: notti bianche, estati romane, concerti rock gratis, cineforum senza biglietto. Lasciando le bottiglie di birra spezzate, le scritte sui muri, le zingare ladre dove sono.

Il guaio - per costoro, la «destra» che ha «vinto» - è che hanno ricevuto un mandato così vasto e inequivocabile, che per loro sarà difficile nascondersi, alla prima inadempienza delle promesse, dietro il dito del «non è di mia competenza», del «sono stato ostacolato». Con quel mandato, la gente gli chiede di «prendersi» i poteri che gli mancano, in un duro confronto con gli altri poteri frazionari.

Ma per far ciò bisogna avere le cosiddette «palle», il che significa: smettere di pensare in termini di riforme, e prendere atto che ci vuole la rivoluzione; e subito dopo, domandarsi se uno se la sente di assumersi iniziative e responsabilità rivoluzionarie. Se non se la sente, uno non dovrebbe nemmeno aspirare a una carica in cui, senza poteri, ha solo da perdere la faccia.

Invece, il buongiorno l’abbiamo visto dal mattino: chiaramente Berlusconi non vuole, stavolta più che mai, nessuno scontro. Nessuno con i sindacati. Nessuno con le procure. Nessuno con i prelati. Nessuno.

Soprattutto, nessuno con la Caste e le sue sottocaste inadempienti, il cui potere consiste nel «non lasciar fare», e in quanto tale è invincibile. Un altro governo democristiano, ornato con superfluità come la croce celtica, notti bianche col  Bagaglino anzichè Guccini, e il Ponte di Messina, o Alitalia «nazionale».

Già il Salame ha detto al proposito: se l’Europa continua a porre ostacoli, l’Alitalia la compra  lo Stato. Ecco in che mondo vive, come intende rispettare i contribuenti che l’hanno votato: lui farebbe ricomprare Alitalia e i suoi 20 mila fancazzisti all’erario. Per fortuna, non è possibile.

Ma intanto, già il nuovo governo non ancora insediato fa sapere che non taglierà l’IRAP, la tassa sulle perdite aziendali... si trema a pensare che l’Italia avanza nella crisi storica del sistema mondiale, politico e capitalistico, con una simile classe dirigente.

Il che non significa, s’intende, che la «sinistra» sappia far meglio. Che Veltroni, Visco e Pecoraro Scanio abbiano una qualche credibilità maggiore e una migliore volontà di governo. Ma dopotutto non è colpa di Veltroni, che fra poco sarà sbranato dalla sua stessa «sinistra» avendo perso Roma.

Come s’è visto, la «base» militante della sinistra arcobaleno, per vendicarsi di Veltroni, ha votato il «nero» Alemanno e fatto perdere Rutelli: il che conferma che la sola guerra che i pacifisti fanno volentieri è la guerra civile, quella che si dedica a pugnalare l’alleato e il vicino, a costo di chiamare al potere il nemico.

E’ l’Italia, ed è inguaribile.




1) E’ lo stesso motivo per cui il KGB ha miseramente fallito nel controllo della criminalità, lasciando che dopo il crollo dell’URSS essa prendesse il potere economico totale; s’era troppo abituato a perseguitare scrittori, a fare arresti notturni di intellettuali con gli occhiali. Al contrario dei pregiudicati e rapinatori incalliti, gli scrittori dissidenti non sanno scappare dalla finestra nè sono pronti a sparare da dietro la porta. Alla fine, per rendersi il lavoro facile, il KGB si è associato ai criminali anzichè combatterli, dividendosi con essi il bottino.


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