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Breve commento al cuore dell’Apocalisse
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Introduzione

In questi tristissimi tempi, che non mi sembra esagerato definire apocalittici, mi pare opportuno porgere al lettore un commento semplice, ma fondato, dei capitoli centrali dell’Apocalisse (XI-XIII, XIX-XX), i quali riguardano le vicende delle ultime persecuzioni che si scateneranno verso l’avvento del regno dell’anticristo finale.

Mons. Antonino Romeo scrive che “gli episodi grandiosi dei due testimoni (cap. XI) e della donna che si innalza mentre il dragone precipita (cap. XII) sembrano senza nesso coll’intero Libro dell’Apocalisse. In realtà costituiscono le scene simboliche centrali su cui s’impernia il dramma dell’Apocalisse” (La Sacra Bibbia, sotto la direzione e curata da Salvatore Garofalo, Il Nuovo Testamento, vol. III, Torino, Marietti, Casale Monferrato, 1960, L’Apocalisse, commentata da A. Romeo, p. 800, nota 1); altrettanto centrali sono i capitoli su la Bestia del mare e della terra (cap. XIII), sul regno dell’anticristo (cap. XIX), la disfatta di satana e il regno millenario (cap. XX). È solo su questi capitoli che mi soffermerò nella presente serie di articoli.

In questi articoli mi baso 1°) sul Commento di Cornelio A Lapide sull’Apocalisse (Commentarius in Apocalypsin, Venezia, II ed., 1717), il quale ha raccolto, verso dopo verso, le interpretazioni dei Padri latini e greci della S. Bibbia intera; 2°) su quello di mons. Antonino Romeo (La Sacra Bibbia, sotto la direzione e curata da Salvatore Garofalo, Il Nuovo Testamento, vol. III, Torino, Marietti, Casale Monferrato, 1960, L’Apocalisse, commentata da A. Romeo, pp. 763-861); 3°) su quello di padre Marco Sales (La Sacra Bibbia commentata, Torino, LICE & Marietti, Il Nuovo Testamento, vol. II, Le Lettere degli Apostoli – L’Apocalisse, 1914, pp. 645-682) [1]; 4°) su quello di mons. Pier Carlo Landucci (Commento all’Apocalisse di Giovanni, Milano, Diego Fabbri, 1964); 5°) su quello di dom Jean de Monléon (Le sens mystique de l’Apocalypse, Parigi, NEL, 1984) [2], 5°) ed infine mi servo de La Bibbia commentata dai Padri, Nuovo Testamento, Apocalisse, vol. 12, Roma, Città Nuova, 2008. Ne faccio un  sunto lineare e facilmente accessibile di modo che il lettore eviti gli scogli della lettura millenaristica e razionalistica e possa trovare consolazione e giovamento spirituale nella conoscenza del significato dell’Apocalisse, che non può discostarsi da quello dato comunemente dai Padri della Chiesa pur essendo arricchito da altre spiegazioni fornite dai teologi scolastici e dagli esegeti moderni, che vanno nello stesso senso e direzione.

Infatti «la sede di tutti gli argomenti della ‘Scienza Sacra’ o Teologia, a partire dai quali i teologi traggono le loro argomentazioni sono i Luoghi teologici» [3]. Melchior Cano ne ha stabiliti 10:

a)Luoghi intrinseci e fondamentalmente costitutivi”: la Tradizione e la S. Scrittura, che costituiscono la fonte della Rivelazione e quindi della Teologia, la quale deriva dal Dato Rivelato;

b) Luoghi intrinseci ed esplicativi in maniera efficacemente dichiarativa”: le Decisioni della Chiesa, dei Concili e dei Papi, (il Magistero ecclesiastico). Essi contribuiscono intrinsecamente ed efficacemente, essendo autoritativi e potendo essere infallibili, alla retta interpretazione o spiegazione della Rivelazione;

c)Luoghi intrinseci e contributivi in maniera probabilmente dichiarativa”: l’insegnamento di un singolo Padre produce soltanto una seria probabilità di corretta interpretazione, mentre l’insegnamento uniformemente comune dei Padri è infallibile o efficace nell’interpretazione della Rivelazione. Quanto all’insegnamento comune dei Dottori e teologi scolastici esso è solo seriamente probabile e rende temeraria l’opinione contraria;

d)Luoghi impropri, estrinseci o annessi”: la ragione umana, la retta filosofia e la storia. Questi ultimi tre sono fonti ausiliarie per il lavoro teologico.

Quindi nell’interpretazione della S. Scrittura, e nel caso specifico dell’Apocalisse, non si può prescindere dall’insegnamento comune dei Padri e neppure dei  teologi scolastici.

Rinvio il lettore ad alcuni articoli apparsi su questo sito  e sulla rivista “sì sì no no” riguardo all’Apocalisse, alla Parusia e all’Anticristo (Una lettura origenista dell’Apocalisse, 28 febbraio 2007, pp. 1-5; Il vero significato dell’Apocalisse secondo Louis Billot, 15 giugno 2007, pp. 1-2; La Tradizione e i Padri della Chiesa, 15 dicembre 2010, pp. 5-7; La “Divino afflante Spiritu” e la “Nuova Esegesi”, 15 marzo 2001, pp. 5-8; L’Apocalittica, 14 agosto 2012, pp. 1-4), consultabili sul portale web www.sisinono.org ed infine al libro di mons. A. Lémann L’Antéchrist. Choses certaines. Choses probables. Choses indécises. Choses fantaisistes, Lugduni, 1905, tr. it., L’anticristo, Viterbo/Milano, Effedieffe, 2014; cfr. anche A. Romeo, voce Apocalisse, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1948, vol. I, coll. 1660-1614; F. Spadafora, Dizionario biblico, Roma, Studium, 3ª ed. , 1963, voce Apocalisse, pagg. 35-41. S. Ippolito romano, L’Anticristo, Nardini, Firenze, 1987, pagg. 42-54; F. Sbaffoni a cura di, Testi sull’Anticristo. Secoli I-II, Nardini, Firenze, 1992, pagg. 9-17;  A. Arrighini, L’Anticristo, Genova, ed. Il Basilisco (1944), 1988.

***

APOCALISSE COMMENTO AL CAPITOLO XI

Giovanni  misura il Santuario - i due testimoni uccisi dall’anticristo

S. Giovanni (Apoc., XI, 1) riceve l’ordine di misurare “il Tempio” di Dio. Si tratta di un’azione simbolica (cfr. Ez., XI, 3 ss.). Infatti il Tempio di Gerusalemme era stato distrutto nel 70 e l’Apocalisse è stata composta tra l’80 e il 90.

S. Giovanni riceve da Dio o da un angelo “una canna” da misura simile ad un bastone da viaggio affinché misuri il Tempio, che rappresenta qui la Chiesa di Cristo. Questa misurazione deve delimitare in maniera esatta le parti della Chiesa che sarebbero state abbandonate alla profanazione e quelle che sarebbero state risparmiate e potranno servire ai fedeli da rifugio e scampo (M. Sales, La Sacra Bibbia commentata, Torino, LICE & Marietti, Il Nuovo Testamento, vol. II, Le Lettere degli Apostoli – L’Apocalisse, 1914, p. 645, nota 1). La Chiesa sta per essere provata dalle più terribili persecuzioni di tutta la sua storia, che si svolgeranno verso l’avvento del regno dell’anticristo finale. Dunque S. Giovanni deve tener conto, misurando la Chiesa, di coloro che sono i veri fedeli di Cristo aventi la fede vivificata dalla carità soprannaturale, i quali appartengono non solo al corpo ma anche all’anima della Chiesa o alla parte più santa del Tempio (cfr. 1 Cor., III, 16); essi devono essere ben distinti dai falsi fedeli ossia da coloro che non hanno la retta fede oppure hanno la fede non vivificata dalla carità. I primi dovranno soffrire le persecuzioni nel corpo, ma le sormonteranno essendo protetti dalla Chiesa di Cristo ed avranno l’anima salva, mentre i secondi perderanno corpo ed anima.

La misurazione dei fedeli tramite la canna significa il conteggio del numero di coloro che saranno garantiti mediante una speciale protezione divina, dalle persecuzioni, di cui tratta la parte centrale dell’Apocalisse, in cui si narra la lotta di satana e dell’anticristo finale contro la Chiesa romana e i veri cristiani (P. C. Landucci, Commento all’Apocalisse di Giovanni, Milano, Diego Fabbri, 1964, p. 110, nota 1).

S. Giovanni deve contare con la canna “il Tempio” ossia “l’altare” e “il recinto santo”, ma gli viene ingiunto di lasciar fuori o di non contare “il cortile” del Tempio (cap. XI, v. 2). Ora nell’Antico Testamento, ombra e figura del Nuovo, il cortile era lo spazio riservato agli infedeli, che rappresentano qui i nemici della Chiesa, i quali si uniranno all’anticristo finale (M. Sales, cit., p. 645, nota 2) e che possono circolare liberamente nel cortile del Tempio. Ciò vuol dire che Dio permette, nel periodo di persecuzioni durante il regno dell’anticristo finale, ai nemici della Chiesa di perseguitare e deturpare la parte umana e visibile della Chiesa (il “cortile”), senza però mai intaccare la natura divina di essa, simboleggiata dal “Tempio interno”. Ora il Tempio dell’Antico Testamento è stato distrutto interamente, mentre il Tempio del Nuovo Testamento non potrà essere vinto dalle porte degli inferi. Infatti la Vecchia Alleanza era temporanea, figura e ombra della Nuova, e quindi defettibile, mentre la Nuova ed Eterna Alleanza è realtà, perenne e indefettibile sino alla fine del mondo. Perciò la Chiesa di Cristo nella sua parte essenziale, divinamente assistita, è indefettibile e nonostante le sfigurazioni del suo elemento umano e visibile, permarrà sostanzialmente intatta e mezzo di salvezza per i fedeli perseguitati (cfr. P. C. Landucci, cit., p. 111, nota 2).

Il tempo della persecuzione, che comprende il regno dell’anticristo (M. Sales, cit., p. 645, nota 2), è di “quarantadue mesi” ossia di “un tempo, due tempi e mezzo tempo” (tre anni e mezzo) o di “1260 giorni”. In alcuni versetti dell’Apocalisse si parla di giorni, in altri di mesi, in altri ancora di tempi ossia anni, ma il risultato è lo stesso: 1260 giorni, 42 mesi, 3 anni e ½. Alcuni Padri interpretano questa cifra in senso stretto, altri in senso largo o simbolico, asserendo che come 7 è il numero perfetto, il quale indica pienezza e perfezione, così 3 e ½ è la metà di 7 e indica imperfezione. Ma siccome S. Giovanni non usa solo l’espressione di 3 anni e ½, ma anche 1260 giorni e 42 mesi sembrerebbe che l’interpretazione letterale sia la più giusta. Marco Sales (cit., p. 645, nota 2) e Pier Carlo Landucci (cit., p. 111, nota 2) lasciano libertà d’interpretazione; invece Dom Jean de Monléon interpreta in senso stretto la cifra dei 42 mesi, 1260 giorni e i 3 anni e ½ (Le sens mystique de l’Apocalypse, cit., p. 175), mentre mons. Romeo in senso simbolico o largo (cit., p. 801, nota 2).      

La persecuzione del re di Siria Antioco Epifane (175-164 a. C.) contro la religione dell’Antico Testamento e la conseguente profanazione del Tempio di Gerusalemme (Dan., IX, 27) durò egualmente 42 mesi. La stesso tempo di 42 mesi lo si ritrova nel medesimo profeta Daniele (XI, 3; XII, 6 e 14; XIII, 5). Antioco è la figura dei persecutori della Chiesa e la ripetizione per ben 5 volte del numero esatto dei mesi della durata della persecuzione veterotestamentaria dovrebbe essere presa alla lettera anche per quanto riguarda il suo rinnovarsi verso la fine del mondo al tempo dell’anticristo finale.

Al verso 3 del capitolo XI l’Apostolo Giovanni parla di “due testimoni” che profeteranno per “1260 giorni”. L’azione dei due testimoni è diametralmente contrapposta a quella dell’anticristo. Secondo mons. Landucci sono Pietro e Paolo (cit., p. 111, nota 3), ma secondo la maggior parte dei Padri ecclesiastici [4] essi sono Enoch ed Elia. Padre Marco Sales (cit., p. 645, nota 3) segue l’interpretazione moralmente unanime dei Padri e spiega che Enoch ed Elia, non essendo morti, ma avendo lasciato questo mondo ed essendo stati rapiti su un carro di fuoco nel cielo aereo e non empireo (Gen., V, 24; Ebr., XI, 5; IV Re, II, 11), sono reputati giustamente essere i due testimoni che ritorneranno a combattere l’anticristo finale (cfr. Mal., IV, 5; Mt., XVII, 11-12; Ep. Giuda, I, 14). Padre Sales osserva che Pietro e Paolo, essendo morti, non potrebbero morire una seconda volta, perché i due testimoni saranno uccisi dall’anticristo come vedremo appresso (cit., p. 646, nota 3). Dom de Monléon segue l’interpretazione comune dei Padri e ritiene che i due testimoni siano Enoch ed Elia (cit., p. 177 ss.). Invece secondo mons. A. Romeo i due testimoni non sono Enoch ed Elia, ma Pietro e Paolo (cit., p. 802, nota 3).

Nei versetti 7-10 del capitolo XI dell’Apocalisse viene descritto il martirio dei due testimoni e la gioia degli empi anticristiani che seguono l’anticristo. Infatti “finita la missione di rendere testimonianza a Gesù, la bestia che sale dall’abisso ossia dal mare [l’anticristo] li ucciderà” (XI, 7); quindi l’anticristo (cfr. XIII, 1-10; XVII, 8) col permesso di Dio metterà a morte Enoch ed Elia.

Inoltre l’anticristo non pago di averli uccisi farà oltraggiare i loro cadaveri (v. 8) nella grande città ove anche il Signore (Gesù) è morto, ossia in Gerusalemme. Tuttavia, commenta padre Sales (p. 646, nota 8), alcuni autori ritengono che la città sia Roma, la città santa del Nuovo testamento ove son stati martirizzati Pietro e Paolo. Ma egli preferisce la prima opinione come pure mons. Landucci, il quale scrive che la Gerusalemme storica è simbolo della Gerusalemme nuova ossia della Chiesa di Cristo perseguitata (cit., p. 113, nota 8, p. 115, nota 13). Inoltre (v. 9) gli infedeli schiavi dell’anticristo non permetteranno che i loro corpi vengano sepolti ed essi resteranno esposti agli scherni dei malvagiper tre giorni e mezzo”. Padre Sales (cit., p. 647, nota 9) commenta che anche qui non vi è la certezza se tale cifra debba essere presa in senso stretto o in senso simbolico. Quel che è sicuro è che l’odio& verso i due testimoni sarà così grande da non permettere che venga data sepoltura ai loro cadaveri; quindi li si odierà anche da morti e ciò rappresenta un odio sovrumano, tipicamente anticristico e infernale. Infatti gli empi “godranno e si rallegreranno sopra i loro cadaveri” (v. 10) essendo stati disturbati dalla santità della loro vita e dei loro insegnamenti. Secondo de Monléon la cifra non va presa in senso stretto (cit., p. 181).

Ma “dopo tre giorni e mezzo” Dio li resuscita e li assume in Cielo (v. 11). Ora proprio in quello stesso momento in cui salgono in Cielo scoppia l’ira di Dio e un gran terremoto distrugge la decima parte della città di Gerusalemme e uccide 7 mila uomini (v. 13). Padre Sales ritiene che questi numeri vadano interpretati simbolicamente. Tuttavia gli uomini che restano in vita “rendono gloria a Dio” (v. 13) riconoscendolo come loro vero Signore e abbandonando l’anticristo. Secondo padre Sales “assai comunemente si ammette che qui si annunzi la conversione generale d’Israele già predetta da San Paolo (Rom., XI, 25 ss.)” (cit., p. 647, nota 13). I Padri leggono l’Epistola ai Romani (XI, 25) nel senso che durante la persecuzione dell’anticristo Israele in un primo tempo lo seguirà e vedrà in lui il Messia ancora aspettato, ma poi sarà anch’esso perseguitato e capirà che il vero Messia è Colui che ha crocifisso e si convertirà a lui.

Qui finisce il commento all’XI capitolo dell’Apocalisse. Il XII sarà commentato prossimamente.

d. Curzio Nitoglia





1] Padre Marco Sales (Torino 1877-1936), domenicano, professore di teologia all’Angelicum di Roma dal 1909 al 1911, poi all’Università di Friburgo (Svizzera) dal 1912 al 1925, nel 1925 viene nominato Maestro del Sacro Palazzo. Ha studiato anche esegesi, lingue semitiche ed ha commentato la Bibbia: il Nuovo Testamento in due volumi dal 1912 al 1914 e l’Antico Testamento in otto volumi dal 1915 al 1934. Per quanto riguarda l’Apocalisse si è basato sui commenti dei Padri ecclesiastici, dei Dottori scolastici e degli esegeti moderni. Il suo commento si distingue per chiarezza, precisione ed esattezza di termini che gli vengono dalla sua formazione filosofico/teologica di vero discepolo di San Tommaso d’Aquino. Il suo è uno dei migliori commenti alla S. Scrittura che io conosca.
2] Dom de Monléon nel suo commento sull’Apocalisse si basa su Andrea da Cesarea (PG, CVI, col. 216); Aretas da Cesarea (PG, CVI, col. 500); Ruperto da Deutz (PL, CLXIX, col. 826); Riccardo da San Vittore (PL, CXCVI, col. 684); S. Alberto Magno (Enarrationes in Apocalypism, Vivès, tomo XXXVIII, col. 465); Dionigi il Certosino (in Apocalypsim, Montreuil, tomo XIV). La sua formazione benedettina lo porta ad una interpretazione della Scrittura sacra spiccatamente spirituale e mistica di stampo tipicamente patristico. Molto bello lo stile, ma gli manca la concisione e la precisione scolastica del Sales.
3] M. Cano, De Locis tehologicis, Roma, ed. T. Cucchi, 1900, lib. 1, cap. 3.
4] Tertulliano, De anima, 50; S. Girolamo, Epist. LIX ad Marcellum; S. Agostino, Contra Iulianum, VI, 30; S. Gregorio Magno, Moralia, XIV, 23.


 
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