Il silenzio che salvò Amato dal crollo di Craxi
Massimo Fini
01 Gennaio 2015
Riportiamo volentieri questo vecchio pezzo di Massimo Fini su Giuliano Amato. Vecchio ma sempre vivo e attuale – com’è la verità – e tanto più vivo in quanto questo individuo può benissimo farsi eleggere presidente della repubblica. E’ utile ricordarne la biografia non autorizzata, nella speranza di scongiuarre il pericolo (M. Blondet)
La prima volta che vidi Giuliano Amato fu a un dibattito televisivo agli inizi degli anni Ottanta . Accesi la Tv proprio mentre diceva: “Io parlo uno splendido italiano”.Poichè eravamo ancora molto lontani dall’era delle volgarità berlusconiane mi colpì la prosopopea di questo professorino allora totalmente sconosciuto ai più e ai meno perchè, benchè ordinario dal 1975 di Diritto costituzionale comparato alla Sapienza, non aveva pubblicato nulla, com’è ormai usanza dei nostri docenti universitari, da Panebianco a Della Loggia. Questa alta considerazione di sé la si ritrova in una recente minibiografia autorizzata dove Amato si fa descrivere così: “Uomo politico, noto per la sua leggendaria intelligenza e raro acume nell’esaminare gli eventi”. In realtà è uno straordinario specialista di surfing politico. Parte come “psiuppino”, cioè all’estrema sinistra, al di là dello stesso Pci, ma quando il Psi riformista comincia la sua scalata al potere entra nelle sue file e, nel 1983, si fa eleggere deputato. Prima è oppositore di Craxi ma allorchè il segretario del Psi, divenuto premier, gli offre il posto di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ne diventa uno dei più fedeli“consigliori”.Quando il Psi,sotto le mazzate di Mani pulite, crolla, non si schiera con Craxi ma nemmeno contro. Semplicemente diserta e si rifugia nella villa di Ansedonia a giocare a tennis con Giuseppe Tamburrano, e a curare gli “amati studi” dove continua a non produrre assolutamente nulla. Dopo una lucrosa parentesi come presidente dell’Antitrust sarà pronto per diventare uno dei più eccellenti e potenti riciclati della Seconda Repubblica, essendo stato uno dei disastrosi protagonisti della Prima.
É uno Svicolone nato, come il pavido leone di un famoso cartoon. Ma più che a un leone, per quanto imbelle, somiglia a un’anguilla. I suoi ragionamenti sono così sottili, ma così sottili da essere prudentemente impalpabili e quasi invisibili. Esilaranti sono i suoi rapporti col lider màximo del Psi come lui stesso li ha raccontati in un’intervista, a Craxi morto. Quando Amato era d’accordo col Capo esprimeva il suo incondizionato assenso, quando non lo era restava muto. Ha chiosato Rino Formica, un altro socialista che ha però avuto la decenza di ritirarsi a vita privata: “Quel passaggio sul silenzio-dissenso è assolutamente strepitoso… Se Amato era d’accordo esprimeva liberamente il suo consenso. Se invece affiorava un’increspatura, non dico un dissenso, ma anche una piccola perplessità, un dubbio, un trasalimento, Amato che faceva? Non si agitava, non parlava, si esprimeva in silenzio. Ma non un silenzio qualunque. No, un silenzio operoso. E Craxi capiva: se Giuliano sta zitto vuol dire che dissente. Metafisica pura”.
Come sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Craxi (1983-1987) e come ministro del Tesoro dal 1987 al 1989 nei governi Go-ria e De Mita, Giuliano Amato è stato protagonista in prima persona del sacco delle casse dello Stato perpetrato negli anni Ottanta, che ci ha regalato quasi due milioni di miliardi di debito pubblico in vecchie lire che ancora ci pesano sul groppone e per i quali l’Unione europea continua a strigliarci chiedendoci sempre nuovi sacrifici. Ma è sempre lo stesso Amato, lui même, divenuto nel 1992 premier, perchè Craxi è azzoppato dalle inchieste giudiziarie, che, per rattoppare in qualche modo la bancarotta che ha contribuito a creare, si introduce nottetempo, come un ladro che risalga da una fogna, nelle banche per prelevare i quattrini dai conti correnti dei cittadini, fatto inaudito nella storia di uno Stato di diritto. Il suo “raro acume nell’esaminare gli eventi” non gli servirà per percepire ciò che individui dotati di una intelligenza meno “leggendaria” hanno già capito da un pezzo, e cioè che la Prima Repubblica è sull’orlo di un crollo da cui lo stesso Amato, almeno per il momento, sarà travolto.
Molto disinvolto con i quattrini altrui, Giuliano Amato è attentissimo ai suoi. Guido Gerosa mi ha raccontato che durante le temperie di Tangentopoli Craxi inviò Amato a Milano per mettere un po’ d’ordine fra i compagni. Il “Dottor Sottile” invitò a cena i parlamentari lombardi, fra cui Gerosa, nel solito lussosissimo e costosissimo ristorante che i socialisti frequentavano all’epoca della “Milano da bere”, tanto pagava il partito, cioè il contribuente con i soldi che il Psi, insieme agli altri, gli taglieggiava. Ma alla fine di questa cena, fra la costernazione generale, annunciò: “Si fa alla romana”. Le casse del Psi, saccheggiate da Craxi & co., erano vuote. Sarebbe quindi toccato al proconsole Amato pagare di tasca sua. E non era cosa.
Massimo Fini
Fonte > Giudizio Universale, gennaio del 2007
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