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L’America soppesa Grillo
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Ricordate? Forse no. Si stinge la memoria di Pim Fortuyn: il fiammeggiante populista omosessuale, anti-immigrati, che sconvolse il paludoso panorama politico olandese infrangendo il tabù della correttezza politica con lo stesso successo (e con più eleganza) di Beppe Grillo. Il suo successo fu stroncato da un assassino solitario, che lo freddò per strada, il 6 maggio 2002, a nove giorni dalle elezioni in cui avrebbe trionfato.

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Nel 2009 – il ritardo è lo sgradevole compagno di chi cerca di scoprire trame – ecco cosa scrisse di quell’omicidio Philippe Grasset, il fondatore del sito Dedefensa (che spesso citiamo):

Pim Fortuyn
  Pim Fortuyn
«Nel 1998, una riunione segreta di capi militari olandesi senza mandato politico e dei loro corrispondenti industriali in USA s’era conclusa con un accordo per far scegliere all’aviazione dei Paesi Bassi il JSF (l’F-35 Joint Strike Fighter). Nel marzo 2002, quel governo decise in tal senso, ma la decisione doveva essere ratificata dal parlamento. Il maggio 2002, il leader populista Pim Fortuyn, probabile vincitore alle elezioni del 16 maggio, incontrò una delegazione USA guidata dall’ambasciatore Clifford Sorel, fra cui c’erano anche generali olandesi. Fortuyn confermò loro il suo rifiuto di votare per il JSF, il che avrebbe liquidato il programma in parlamento. L’indomani, Fortuyn fu assassinato».

Ma ancora più istruttivo, in un certo senso, fu quel che avvenne dopo.

Fortuyn «fu sostituto alla testa dei populisti da uno sconosciuto, Mat Herben, di cui risultò che aveva lavorato per 22 anni ai servizi d’informazione della difesa, che sono un’antenna dello SB (Stay Behind, in Italia Gladio, ndr) militare olandese. Broos Schnez, un membro della direzione del partito populista, dichiarò il 28 giugno 2002, dopo che il suo partito era stato condotto da Herb a votare a favore del JSF: «Siamo annichiliti. L’Olanda deve conoscere che genere di persona è, che è disonesto. È un vecchio funzionario del ministero difesa e il suo compito forse è stato infiltrarci per far sì che il partito votasse per il caccia, cosa a cui siamo sempre stati contrari...».

«Dopo il voto per l’F-35, Herben ha dato le dimissioni dal partito fondato da Fortuyn ed è scomparso (...). Si tratta della manifestazione più drammatica dell’attività della rete europea-NATO sotto influenza USA, impiantata in Olanda dalla fine degli anni ’40...» (1).

Mat Herben
  Mat Herben
Grasset ricorda che cinque Paesi europei avevano accettato il JFS, che allora esisteva solo sulla carta: Olanda e Danimarca, Norvegia e Regno Unito ed – ovviamente – Italia. Solo la Francia restava fuori, aveva i propri caccia nazionali e probabilmente non vi era stato possibile, con De Gaulle, impiantare uno Stay Behind atlanticista. Il bel mercato dello JSF era essenziale per ottenere le economie di scala cui aspirava il complesso militare-industriale americano: si sapeva già che i costi sarebbero stati proibitivi, e andavano spalmati su il massimo numero di bilanci pubblici. «I mercati europei sono un territorio conquistato che si tratta di gestire. Il caso olandese illustra i modi della gestione».

Grasset rievoca questo episodio come monito a Beppe Grillo, l’altro populista scorretto che non vuole lo F-35 (di cui Berlusconi ordinò 131 esemplari, senza apparente opposizione PD). L’assassino solitario di Fortuyn si chiama Volkert van der Graaf e si dichiarò un ecologista-animalista fanatico (nel 5 Stelle non mancano...): questa capacità di far agire a proprio vantaggio dei posseduti e degli ossessi è una delle attività che più rende simili certi servizi al loro Padrone, Satana.

Grasset ricorda che l’Italia è stata il campo libero di tutte le manovre, atlanticiste e no, per quarant’anni; ciò che chiama «la tragédie de la tension», con bombe, massacri di gente innocente, attentati, l’assassinio di Moro e della sua scorta, terrorismi «neri» e Brigate Rosse, infiltrati, doppi e tripli giochi di poliziotti e di agenti e sempre dietro le quinte Gladio, lo «stato profondo» che risponde all’Ovest. L’analista non ha esitazioni nel definire il governo di Mario Monti (Bilderberg, Trilateral e Goldman in uno) e dei suoi tecnici un colpo di Stato di queste reti.

«Un colpo di Stato perfetto», ossia senza cospirazioni ma alla luce del sole, fra il sollievo e gli applausi (iniziali) di varie «opinioni pubbliche» e «grandi giornali», secondo le procedure più «legali e normali» che mai siano state attuate . Ciò che le elezioni (e la sicura maggioranza a Bersani) dovevano trasformare nella «dittatura perfetta», senza bisogno di carri armati né polizia segreta, bastando «i mercati», l’Europa e le agenzie di rating ad imporre la ricetta di austerità per i prossimi 20 anni. Il punto è che invece, il voto ha messo a nudo la «illegittimità assoluta» di Monti e dei suoi tecnici delegati da fuori; per altro verso, mostrando che il colpo di Stato perfettamente riuscito è fallito, perché non c’è più Stato.

Nota anche che è stato un intervento apparso sul blog di Beppe Grillo a definire l’insediamento del governo Monti «colpo di Stato perfetto» (Il colpo di Stato è la negazione della democrazia. Il colpo di Stato che non si conosce, quello in cui il cittadino esulta per un cambiamento che lo spossessa di ogni partecipazione pubblica, è il colpo di Stato perfetto»). (Tecniche di colpo di Stato)

Ciò che fa pensare che Beppe Grillo o chi per lui, sono coscienti della posta in gioco e del rischio. Poi, si passa a citare Richard Cottrell, un ex deputato europeo inglese e grande ricercatore sugli «Stay Behind» in Europa, secondo il quale «quelli che oggi si sentono danneggiati dall’usurpazione di Grillo non se ne staranno facilmente inattivi. Visto da Bruxelles, Washington e Francoforte, Grillo è niente di meno che il Fidel Castro del Mediterraneo».

Giampiero Massolo
  Giampiero Massolo
Cottrel sottolinea, come sintomo allarmante, che «meno di 24 ore dopo (l’affermazione del Movimento 5 Stelle, ndr) in un rapporto del Dipartimento per le informazioni della Sicurezza e del suo direttore nazionale, Giampiero Massolo, prevedeva «massicci disordini, dissenso ed antagonismo in vaste aree della società italiana...». Il Dipartimento di cui sopra (stranamente, la stessa denominazione del dipartimento olandese per cui lavorava Mat Herb, quel funzionario che prese la testa del partito di Fortuyn...) è il direttivo di gestione dei servizi, esteri ed interni (da cui in passato mossero le strategie della tensione); Massolo, messo a quel posto da Monti, è un alto poliziotto che è stato anche ambasciatore (fra l’altro in Vaticano), un esponente del suddetto «Stato profondo» all’italiana. A scanso di guai rimandiamo ad altro sito: dove potete leggerne al biografia e farvene un’idea. (Chi è Giampiero Massolo? Il nuovo capo del Dis. Dalla Luiss alla Santa Sede, da Mosca alla Farnesina)

Com’è che il dottore già prevedeva massicci disordini che non si sono avverati né hanno l’aria di avverarsi?, si domanda Cottrell, sapendo che nelle passate strategie della tensione molte di queste profezie si sono poi avverate, a cura dei profeti. Ma l’analista britannico (di sinistra, anti-Gladio) nota anche che mentre i partiti politici italiani di ieri sono paralizzati, «c’è la sensazione che i giovani sono nello stato d’animo di “Riprendiamoci l’Italia”, e il sentimento generale è che gli italiani hanno parlato chiaro e forte, e la politica finalmente è diventata imprevedibile – ed eccitante». E sottolinea il fatto che il Corriere della Sera, il più importante e «conservatore» dei media italici, sempre dalla parte di Monti, «ha stupito i lettori esprimendo ammirazione per la rivelazione tranquilla: gli italiani di tutte le classi si sono sentiti offesi dall’imposizione di Mario Monti, un ex commissario UE, come dittatore di fatto del Paese, comandando con una gang di compari scelti uno per uno».

Dunque non è detto che il passato si ripeta automaticamente. La classe detta «politica» italiana s’è mostrata così ripugnante, impresentabile e incapace di «riforme» (anche quelle volute dagli Establishment), che anche certi settori delle potenze di fatto sembrano rallegrarsi del suo scacco ed aspettarsi qualcosa di nuovo: tipico l’endorsement di Goldman Sachs a Grillo – a meno che, come mi fa notare un lettore ed amico, non sia invece la pietra tombale: Goldman Sachs ha dato alcuni preclari esempi di raccomandare investimenti, che invece di nascosto affossava...

Sembra comunque che le centrali americane non abbiano del tutto preso le misure di quel che è accaduto in Italia. Almeno nei primi giorni. Non mancano suggeritori ben precisi. Da Repubblica, 5 marzo:

«... Per le Associazioni ebrei francesi, Grillo è “profondamente antisemita”, le sue tesi “possono riportare l’Italia a un periodo buio della storia”. È questa la preoccupazione espressa dal Consiglio di rappresentanza delle istituzioni ebree di Francia (Crif), che prende di mira Grillo che «non ha mai nascosto la sua simpatia e ammirazione per il suo amico Maurizio Blondet, direttore di effedieffe.com, uno dei siti italiani di impronta fortemente antisemita».

I lettori di questi sito fortemente antisemita (ancorché contrario all’incenerimento di semiti con bombe al fosforo) sanno anche che ad imbeccare gli ebrei francesi con questa notizia totalmente falsa è Stefano Gatti, «redattore del portale Osservatorio antisemitismo della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – CDEC onlus di Milano»; posizione a cui è stato posto da Fiamnma Nirenstein, e per la quale riceve – grazie a Berlusconi (2) sempre pronto a ingraziarsi costoro – 300 mila euro annui, apparentemente dai contribuenti italiani. Dovendo in qualche modo guadagnarsi lo stipendio di parassita scoprendo trame antisemite, il Gatti s’è inventato questa; e sapendosi che la sua voce di nullità nulla conta, ha chiesto ai giudei francesi di fare da megafoni alla sua calunnia. Fanno così, si aiutano a vicenda.

George Friedman
  George Friedman
Fatto è che la novità italiana ha trovato certe orecchie attente in USA. Quelle di George Friedman, «nato in Ungheria da sopravvissuti dell’olocausto» e meglio noto come il fondatore e capo di Stratfor: auto-definita «ditta di intelligence privata», Stratford è chiamata da altri «a shadow CIA»; Friedman ha avuto le mani in pasta al centro tecnico di SHAPE (Supreme Headquarters Allied Powers Europe, comando centrale della forze Nato in Europa, sede a Mons in Belgio) e con la RAND Corporation, noto think tank del complesso militare industriale. Nonostante questi legami, Stratfor dà qualche volta segno di disaccordo con le politiche del Sistema. Non questa volta: avvertite le centrali americane disattente che «la settimana scorsa l’Italia ha tenuto le elezioni, e il partito che ha ottenuto più voti è un gruppo nuovissimo guidato da un attore professionale», Friedman ha tirato fuori i vecchi manuali che in USA spiegano questi eventi.

Senza infingimenti, sostituisce finalmente la parola «populismo» con l’altra che in realtà significa e accusa:

«Il Fascismo ha radici in gravissimi fallimenti economici in cui le élites finanziarie non vollero capire le conseguenze politiche della disoccupazione. Deridevano partiti guidati da uomini che erano stati dei vagabondi che campavano vendendo cartoline ad acquarello nelle strade (chissà di chi parla...) e promettevano miracoli economici se solo i responsabili della miseria fossero purgati dal Paese. Masse umane precipitate dal relativo comfort della piccola borghesia al rango di spossessati, non risero, ma risposero a questa speranza. Il risultato furono governi che chiusero al mondo le economie da loro guidate e ne gestirono i successi per mezzo di dirigismo e manipolazione» dei mercati, naturalmente.

Ecco il rischio per il Sistema: la sua globalizzazione e il liberismo totale sono messi in forse, quando sorgono certi movimenti. Di quel movimento nato in Italia, «uno dei pilastri centrali invoca il default parziale del debito pubblico come minore dei mali», e «l’Italia nutre partiti estremi profondamente ostili alle politiche di austerità attualmente in corso».

La crisi finanziaria del 2008 ha portato ad una crescita della disoccupazione «e la crisi occupazionale porterà rapidamente alla crisi politica». Ciò «in tutti e tre i pilastri del sistema globale, Europa, Cina e Stati Uniti». Livelli d’intensità possono differire, ma «l’elemento comune è che la disoccupazione sta rimpiazzando al finanza come il problema più urgente del sistema finanziario». (Will Europe’s Unemployment Crisis Spark A Return For Fascism?)

Ovviamente, la sostituzione di «populismo» con fascismo, parola-randello che prima si evitava di tirar fuori, intende mobilitare le centrali della globalizzazione; e giustifica ogni tipo di contrasto – perbacco, si lotta contro il fascismo! È una presa di coscienza in evoluzione, in America (3).

Vedremo gli sviluppi.




1) La forza popolare e l’impulso del movimento di Fortuyn è stato captato dal PW (Partito per la Libertà) , il cui capo Geert Wilders si distingue – e raccoglie consensi - per la «lotta all’islamofascismo». «In una sua recente autobiografia, Wilders scrive che, durante la Seconda guerra mondiale, suo padre in preda al terrore restò nascosto per tutta la durata dell’occupazione tedesca, ed ancora quaranta anni dopo la fine della guerra si rifiutava nella maniera più assoluta di mettere piede in Germania. (...) Difatti Wilders afferma, nella suddetta autobiografia, di avere antenati di religione ebraica. (...) Appena concluse le scuole, il giovane Geert decide di viaggiare per il mondo e «casualmente», come prima meta del suo viaggio, sceglie Israele. In Israele Geert si sente veramente a casa: «Mi sentivo come se fossi già stato lì prima», afferma sempre nella sua autobiografia . Ci vivrà per due anni, lavorando in un moshav (una sorta di kibbutz per sefarditi) e ci tornerà per almeno 40 volte negli ultimi 25 anni. (...) G razie al circo mediatico che lo ha creato, si è imposta la figura di un Geert Wilders antifascista («di destra», ma una destra ultralibertaria e permissiva con chi se lo può permettere) ma al contempo islamofobo, che non può non piacere sia a destra che a sinistra, perché ne interpreta le paure ed i desideri più nascosti. I «padroni del discorso» non si accontentano di controllare i partiti moderati, ma, attraverso personaggi «alla Wilders», vogliono anche dettare le regole delle ali estreme, deviando il dibattito politico dalle tematiche scomode». Inssomma Wilders non troverà un solitary assassin ambientalista sulla sua strada. Leggetevi il resto su (Geert Wilders svelato)
2) Non ultimo dei motivi per cui il sottoscritto vedrebbe volentieri il Cavaliere in carcere, o almeno latitante ad Antigua.
3) Secondo Gianfranco La Grassa, gli americani non hanno nulla da teme dai grillini: «sia chiaro che chi non dice alcunché sulle basi statunitensi in Italia, non assume la difesa dei nostri settori strategici, continua a dirsi europeista nell’attuale contesto della UE, non dà alcun fastidio agli Usa, anzi si rende garante della sussistenza di organi creati per la netta subordinazione alla potenza statunitense. Vi è chi si prodiga a creare un’ambiguità favorevole a quest’ultima, accettando la prospettiva di una ridiscussione e di qualche riforma». Una simile analisi concorda con la proposta di prorogation del governo Monti nata negli ambienti di Grillo.


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