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Il Sinodo: perché tanti sotterfugi, Santità?
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Contro questo sinodo hanno scritto in tanti, meglio e più a fondo di quanto potrei far io. La cosa impressionante è che le critiche – o la sollevazione – non vengono solo da ambienti «tradizionalisti». Certo, c’è la limpida sintesi di Roberto De Mattei: nella Relatio di monsignor Erdo è «cancellato il senso del peccato; abolite le nozioni di bene e di male; soppressa la legge naturale; archiviato ogni riferimento positivo a valori quali la verginità e la castità». Ma c’è la revulsione di Riccardo Cascioli: «Ciò di cui in effetti non c’è traccia è la chiamata alla santità. La santità attraverso la forma particolare del matrimonio». Persino l’insospettabile (di tradizionalismo) don Piero Gheddo: lo scopo della missione cristiana diventa risolvere i problemi del mondo, fare stare meglio l’umanità. È contro financo il cardinal Ruini, è più che perplesso persino Sandro Magister, il vaticanista dell’Espresso... non parliamo di Antonio Socci, dei cardinali e vescovi che si sono pronunciati con nettezza.

A me, semplice fedele poco coltivato in teologia nuova, restava però il dubbio: e se avessero ragione loro, i novatori? Questi altissimi prelati che vogliono dare la comunione ai divorziati e alle coppie omosessuali conviventi, magari sono spinti da un’urgenza di carità, che a me manca. Di essere io manchevole in carità, non esito a confessarlo; del resto papa Francesco ci ripete che noi legati alle «forme» e alle prescrizioni, siamo i farisei di questo secolo, quelli che rimproveravano a Cristo di guarire di sabato, formalisti, ipocriti. Abbiamo paura di «pranzare con le prostitute» come faceva Gesù, e come fa abbondantemente lui, il Papa. Forse siamo noi, che attaccati a vecchie forme, non capiamo la rivoluzione necessaria per restare vicini all’Uomo, come ci ordina il Vangelo, anche in questi tempi in cui l’Uomo non si sposa più, convive, omosessualeggia, cambia sesso.

Va bene, ho una gran voglia di ammettere che sono io a mancare, un gran desiderio di obbedire al Papa. Ma trattiene però una considerazione. È tutta la quantità di sotterfugi, espedienti, forzature, finzioni e disonestà che questi giganti della carità hanno messo in atto per far giungere il Sinodo al risultato pre-confezionato che s’erano proposti. Bergoglio, Kasper, Forte, giusto per citare i primi tre Giganti della Carità, come conciliano la loro volontà di Bene con l’uso di tanti sotterfugi? Uno pensa che un gigante della Misericordia sia pronto a far valere la sua idea in un leale, aperto dibattito, «ponendosi in ascolto dei fratelli» e delle loro obiezioni, sinceramente e con rettitudine.

Invece, ecco un elenco parziale dei trucchi usati.

Bergoglio ha voluto indire il Sinodo con il proposito di farsi per così dire «suggerire dal basso», dall’assemblea (come si diceva nel Sessantotto) la decisione che aveva già deciso di prendere dall’alto: dar ragione alle tesi del cardinal Kasper. Ha preparato il terreno fin dal giorno dopo la sua elezione dichiarando che era quello «un gran teologo», er mejjo der pretorio. Walter Kasper, è poi incaricato da Francesco di occuparsi della questione: al Concistoro straordinario del 20 e 21 febbraio aveva parlato di «misericordia» verso i divorziati risposati. È lo stesso Kasper per cui i miracoli di Gesù descritti nel Vangelo sono «mitologia».

Sicché, quando si è trattato di scegliere il relatore per il Sinodo sulla famiglia, il papa ha scelto uno a caso: Kasper. Incaricato di stilare lo «strumento di lavoro», ossia le linee direttrici, i binari, su cui doveva muoversi l’Assemblea (pardon, il Sinodo). Forzatura.

Kasper scrive la relazione. In gran segreto. Però Il Foglio viene in possesso della relazione Kasper e la pubblica. Titolo da burocrazia clericale «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione». La sorpresa che si contava di ottenere col segreto, è mancata. La lettura agghiaccia, e suscita le immediate reazioni di cinque cardinali di grande peso.

Falsità

Fra questi il prefetto della Segnatura Apostolica, Walter Brandmüller: «Ha detto davanti a tutti, svergognandolo, che Kasper mentiva usando fonti patristiche e teologiche che avrebbe manipolato. Per esempio dicendo che i divorziati facevano la comunione nell’antichità: lo storico della Chiesa Brandmüller ha citato studi su studi che dimostrano il contrario. E lo stesso ha fatto su sant’Agostino che in realtà chiedeva il pentimento e la conversione, «manipolato», questo pure, da Kasper per portare acqua al suo mulino «ideologico». Menzogne. Lettura tendenziosa e in malafede dei testi sacri.

E cosa fa il Papa? «È intervenuto direttamente, con una filippica mirata a salvare Kasper e la sua prolusione: «Ieri, prima di dormire, ho letto… ho ri-letto il lavoro del cardinale Kasper… Vorrei ringraziarlo, perché ho trovato profonda teologia, anche un pensiero sereno nella teologia. È piacevole leggere teologia serena. E ho trovato quello che Sant’Ignazio ci diceva, quel sensus ecclesiae... Mi ha fatto bene e mi è venuta un’idea, ma mi scusi eminenza se la faccio vergognare, ma l’idea è: questo si chiama fare teologia in ginocchio. Prevaricazione.

La stampa ne trae le conclusioni: «Il papa ha salvato Kasper, ma in tal modo si è anche apertamente schierato. E invece “poteva e doveva stare zitto”, si lamentano molti cardinali. Dopo l’irrituale e appassionata difesa di Kasper, è stato chiaro a tutti che il papa ha affidato la prolusione a lui proprio perché ne condivideva il pensiero. E su questa strada, col suo intervento diretto, vorrebbe indirizzare e se necessario spingere il Sinodo. Perché in sé avrebbe già maturato una decisione».

Capito? il Sinodo è libero di prendere la decisone che vuole Bergoglio. Questa sarebbe la sinodalità, la collegialità tanto strombazzata dai conciliari, modernisti e novatori. Quando fa comodo, esce l’abuso di potere, l’autoritarismo rivendicato come prerogativa papale.

Al Sinodo, intanto, i padri discettano per una settimana, a porte chiuse.

«A differenza dei Sinodi precedenti, in questo è stato fatto divieto ai padri sinodali di rendere noti i loro interventi» , notano i vaticanisti. Cambio delle regole del gioco.

Solo
«Kasper ha dal papa il privilegio di rompere il segreto sulle cose da lui dette nel concistoro», e rilascia interviste a destra a manca su un unico tema: chi critica me, critica il Papa; lo sappia. Praevaricatio.

Il cardinale ungherese Erdo viene incaricato di scrivere la Relatio post disceptationem, ossia il resoconto di quel di cui i padri hanno discettato.

Lettura della Relatio e conferenza stampa di presentazione per farla applaudire dai media , vecchio trucco già usato nel Concilio (Radio Radicale – non a caso interessatissima a questo Sinodo – la riporta per intero con rapimento esultante). Illustratore, monsignor Bruno Forte, una copia in sedicesimo del defunto cardinal Martini.

Qui, i Padri scoprono che non vi sono affatto fedelmente riportate le varie posizioni apparse durante la discussione, ma solo quelle prefabbricate favorevoli ai novatori, decise già fin dall’inizio dal Bergoglio. Più precisamente: solo «le cose dette da non più di due individui su quasi duecento. Uno dei due è il gesuita Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, nominato membro del sinodo personalmente da papa Francesco». (Magister).

Anzi, si scopre che il vero estensore della Relatio è il sullodato Forte. Il povero cardinale ungherese Erdo infatti fa capire in ogni modo che prende le distanze da «la mia cosiddetta relatio», e facendo intendere che Forte gli ha stortato il braccio dietro la schiena – come fa il mafioso per farti accettare un’offerta che non puoi rifiutare. Violenza morale.

«Péter Erdõ, interrogato sui paragrafi riguardanti l’omosessualità, rifiuta di rispondere e cede la parola a Forte dicendo: Quello che ha redatto il brano deve sapere lui cosa dire (Sandro Magister)

Sull’omosessualità, è ormai notissimo, i cardinali sinodali – secondo la Relatio di Forte e non di Erdo – si sarebbero accordati sulle seguente dizione:

«Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners», per cui la Chiesa si propone di «elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale». Difatti «Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana».

Finalmente una verità

Che è finalmente una grande verità: la Chiesa è sovraffollata, specie ai piani alti, di «persone omosessuali» che hanno offerto «le loro qualità alla comunità» salendovi a coprire posti di potere altissimi nella gerarchia, con stipendi, autorità, magistero e prebende ragguardevoli. Vedasi monsignor Ricca , che fece scandalo per il suo convivere more uxorio con un giovanotto in una Nunziatura sudamericana (le suorine di servizio si lamentarono), ed ora elevato da Bergoglio a capo dello IOR. Evidentemente anche questo papa ritiene che non ci si può privare della «qualità» che le persone omosessuali possiedono, a quanto pare, in esclusiva. Qualità e doti preziosissime. Insostituibili.

Ma perché fermarsi a costoro? Tra i peccati di cui un tempo si diceva che «gridano vendetta al cospetto di Dio» non c’è solo il peccato impuro contro natura. C’è l’omicidio volontario: sia lecito aprirsi alla speranza che la Chiesa non si privi delle «doti e qualità» che gli assassini – specie i serial killers – possono offrire alla comunità cristiana. E vogliamo escludere gli «oppressori dei poveri»? O discriminare i «frodatori della mercede agli operai»? Capisco che costoro siano meno amati dei gay; c’è ancora un certo pregiudizio progressista contro coloro che rubano il salario ai lavoratori; non è politicamente corretto sforzarsi di vederne i lati positivi: ma è un tabù da superare.

E sarà superato, senza dubbio. Perché la Relatio annuncia l’abolizione di ogni peccato. In esso «si afferma uno nuovo strabiliante principio morale, la «legge di gradualità», che permette di cogliere elementi positivi in tutte le situazioni fin qui definite dalla Chiesa peccaminose. Il male e il peccato propriamente non esistono. Esistono solo «forme imperfette di bene», secondo una dottrina dei «gradi di comunione» attribuita al concilio Vaticano II» (R. De Mattei).

Assassinio, furto, rapina parricidio, pedofilia, produzione di snuff movies, spaccio di droga eccetera sono tutte «forme imperfette di bene». Truffa? Falsa testimonianza nei tribunali, perché no? E l’adulterio?

L’adulterio è già un bene, perché come noto tutto lo scopo del Sinodo è di dare la Comunione ai divorziati risposati. Infatti, detta la Relatio, «Una sensibilità nuova nella pastorale odierna consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le dovute differenze, delle convivenze» (n. 36). Ciò vale anche per le convivenze omosessuali: «Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners» (n. 52).

Fino ad un certo punto però. «Riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili e ai divorziati risposati, compete alla Chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali» (n. 20).

Le convivenze adulterine contengono «semi del Verbo», quindi sono già sante. Le convivenze omosessuali per il momento no, anche se si loda il «mutuo sostegno fino al sacrificio», una virtù eroica che promette bene per future cause di beatificazione di coppie gay. È tutta questione di «gradualità».

Per intanto, il gran teologo Forte in conferenza stampa ha invitato le autorità laiche a «garantire i diritti degli omosessuali; è un atto di civiltà, di rispetto alla dignità delle persone».

E su questo punto, sia consentito a chi scrive esprimere una profonda delusione per queste frasi. Non scandalo (ci vuol altro) ma delusione: per la banalità mentale che rivelano. Dire che riconoscere le coppie gay «è un atto di civiltà» è un luogo comune da talk-show di Santoro e Travaglio, una convenzionalità insipida negli ambienti del laicismo, che ormai persino sulle pagine di Repubblica i giornalisti si vergognano di scrivere. È triste constatare questo: che ogni volta che questi grandi teologi modernisti aprono bocca, mai esprimono un qualche pensiero indipendente, mai sono originali, meno ancora profondi: ripetono da pappagalli le volgarità più viete del progressismo mediatico. Non hanno pensieri, ma tic mentali e luoghi comuni politicamente corretti. La stessa cosa mi colpiva sempre nel fu Cardinal Martini: com’è intelligente, com’è colto!, si sdilinquivano tutti. E lui emetteva frasi come «la Chiesa è indietro di 200 anni»: una insulsaggine da Bar del Progresso. O anche: «San Paolo era influenzato da ambienti antisemiti». Ci si vergognava per lui.

Chiudo la parentesi e torno alla Relatio.

Dicevo che i Padri sinodali non vi si riconoscono; non sono le cose che hanno detto nella discussione. Ma cos’hanno detto? Non si deve sapere. Infatti «Ripresi giovedì 16 ottobre i lavori in aula, il segretario generale Baldisseri, con a fianco il papa, dà l'avviso che i rapporti dei dieci gruppi non saranno resi pubblici». Censura delle idee difformi.

«È un’altra censura», scrive il vaticanista della Stampa Marco Tosatti, «e i padri sinodali si ribellano. (il cardinal) Erdo ha preso la parola, prendendo implicitamente le distanze dalla relazione che portava la sua firma, e dicendo che se era stata pubblicata quella «disceptatio» si dovevano pubblicare anche quelle dei Circuli Minores, le Commissioni. Il suo intervento è stato seguito a pioggia da numerosi altri sullo stesso tono, sottolineati da applausi fragorosi.

«Il Segretario del Sinodo, il card. Baldisseri, guardava il Papa, come in cerca di consiglio e lumi, e il Papa stava muto e serissimo. Muti anche il sottosegretario al Sinodo, Fabene, Forte, Schoenborn e Maradiaga. Kasper non c’era. Infine padre Lombardi ha annunciato che le relazioni delle Commissioni saranno rese pubbliche».

Ancora una volta: prevaricazione tentata, sotterfugi sventati, tentativi di tacitare con trucchi il dissenso.

Ku Klux Kasper

Frattanto il cardinal Kasper – quel grandissimo teologo che ha tanto sensus ecclesiae, quello della teologia serena che è bello leggere – viene intervistato dall’agenzia Zenit. «Intervista che ha fatto rumore, visto che in un passaggio Kasper lamentava il troppo parlare dei padri sinodali africani su questioni come l’omosessualità, che a casa loro sono ancora considerate tabù. Come noi non dobbiamo intrometterci troppo nei loro affari, loro non devono farlo con i nostri. Dopo che l’intervista ha fatto il giro dell’Aula sinodale (sotto forma di fotocopia distribuita a qualche decina di padri), il cardinale Kasper ha smentito: «Sono scioccato, non ho mai parlato di africani né ho mai rilasciato un’intervista a Zenit». Zenit cancellava la pagina, con tante scuse al porporato tedesco. Ma il giornalista Edward Pentin, autore dell’intervista incriminata, provvedeva a piazzare online il file audio con le dichiarazioni in inglese di Sua Eminenza. Che di africani parla.

Eccome, se ne parla: «Con frasi apertamente spregiative, al limite del razzismo, nei confronti dei presuli africani. Ecco un passaggio di un'intervista apparsa su Zenit:

- È stato detto che [il Papa] ha aggiunto cinque relatori speciali venerdì per aiutare il relatore generale, il cardinale Peter Erdo. È perché sta cercando di spingere le cose secondo i suoi desideri?

Non vedo questo nella testa del papa. Ma penso che la maggior parte di queste cinque persone siano persone aperte che vogliono andare avanti sul punto. Il problema, inoltre, è che ci sono diversi problemi di diversi continenti e culture differenti. L'Africa è totalmente diversa dall'Occidente. Anche i paesi asiatici e musulmani sono molto diversi, soprattutto sui gay. Non si può parlare di questo con gli africani e con persone di paesi musulmani. Non è possibile. E' un tabù. Per noi, diciamo che non si deve discriminare, che non vogliamo discriminare per certi aspetti.

- Ma i partecipanti africani vengono ascoltati sull'argomento?

No, per la maggior parte di loro.

- Non sono ascoltati?

In Africa, naturalmente, dove è un tabù.

- Cosa è cambiato secondo Lei, per quanto riguarda la metodologia di questo Sinodo?

Penso che alla fine ci deve essere una linea generale nella Chiesa, criteri generali, ma poi le questioni dell’Africa non possiamo risolverle. Ci deve essere spazio anche per le conferenze episcopali locali per risolvere i loro problemi, ma direi che con l’Africa è impossibile. E loro non ci dovrebbero dire troppo quello che dobbiamo fare».

Il gran teologo, il cardinal Kasper, questo gigante della misericordia ed apostolo della bontà, è 1) stato colto ancora una volta a mentire, negando di aver detto quel che ha detto a Zenit; 2) espresso con dispetto tutta la sua superiorità verso i padri sinodali negri, e parlandone con dispregio. 3) Dimostra un tipo di preoccupazioni da «primo mondo» (i diritti dei gay, la comunione ai divorziati sono privilegi che questa Chiesa regala a chi ha già tutto) mentre disprezza i problemi del terzo mondo 4) Rivela che i negri, in Vaticano, non vengono ascoltati e nel Sinodo non sono degni di essere ascoltati, perché in Africa l’omosessualità è un tabù. Alla faccia della «disposizione ad ascoltare» a cui Bergoglio aveva invitato i padri sinodali. È la disposizione a chiudere la bocca di chi non la pensa come lui. Ce l’aveva, il suprematista bianco, il KKKasper, con il «i l cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban», che « ha avanzato perfino il sospetto che i responsabili del Sinodo siano impegnati a favorire «non le opinioni di tutto il sinodo, ma di un gruppo particolare».

Non si poteva dir meglio.

Il gran sotterfugio s’è concluso in un mezzo disastro per i novatori, che hanno esibito a nudo la loro malafede e volontà prevaricatrice. A questo punto Papa Francesco interviene in chiusura. Parla dei «momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni» che dice di aver visto in questo sinodo. Tentazioni che enumera così, calandole a mo’ di ruvido rimprovero sull’insieme dei padri sinodali, a destra e a manca:

«La tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti – oggi – ‘tradizionalisti’ e anche degli intellettualisti. «La tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei ‘buonisti’, dei timorosi e anche dei cosiddetti ‘progressisti e liberalisti’».

«La tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente (cf. Lc 4,1-4) e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati (cf. Gv 8,7) cioè di trasformarlo in ‘fardelli insopportabili’ (Lc 10, 27)».

«La tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio».

«La tentazione di trascurare il ‘depositum fidei’, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, dall’altra parte, la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano ‘bizantinismi’...».

Insomma accusa tutti e non dà ragione a nessuno, spargendo qualche insulto a chi media (bizantinismi), senza fare i nomi.

È un discorso, spiace dirlo, in cui la storia ha dato esempi: in Robespierre, in Stalin. È la tattica del dittatore che per salvare se stesso accusa tutti gli altri, anche i suoi servi e satelliti che hanno fedelmente eseguito gli ordini.

Come spiega Magister, in questo discorso «Mario Bergoglio scomoda persino il codice di diritto canonico per riaffermare a chi avesse qualche dubbio i suoi poteri assoluti di «pastore e dottore supremo di tutti i fedeli» (canone 749), dotato di una «potestà che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa» (canoni 331-334)».

E appunto, dittatoriale: smessa la umile veste di «vescovo di Roma», ora Bergoglio evoca tutta la sua autorità di Papa, «potestà suprema e immediata». Ci sarebbe da chiedere umilmente: ma allora, Santità, a che scopo indire un sinodo? Adoperasse la sua potestà immediata imponendo dall’alto verso il basso, con un suo documento, i suoi pregiati desideri ed ordini sui divorziati e risposati. Scriva lei, col sigillo papale, se vuole o no dare la Comunione ai divorziati risposati.

Perché non lo fa? Perché non ha questo coraggio? Perché non si espone? Perché ha dovuto mandare avanti Kasper e il Forte e i suoi fidi a far risultare come indicazione dei padri sinodali quel che voleva lei – se è poi questo che voleva?

Magari non vuole metter nero su bianco frasi che si prestano ad una analisi e ad un sentore di eresia? Forse ha ragione il vescovo Napier, sgomento: i forzatori del Sinodo «Hanno messo la Chiesa in una posizione irrimediabile, senza vie d’uscita. Perché ormai il messaggio è partito: questo è ciò che dice il sinodo, questo è ciò che dice la Chiesa. A questo punto non c’è correzione che tenga», o come dice Magister, «Sull’omosessualità come sul divorzio e le seconde nozze il nuovo verbo riformatore comunque immesso nel circuito mondiale dei media vale più del favore effettivamente raccolto tra i padri sinodali dalle proposte di Kasper o di Spadaro».

È così, ahimè. Ed hanno vinto i trucchi, i tranelli, le prevaricazioni e i sotterfugi. Sia possibile dire – solo a futura memoria – che certo non è stato lo Spirito ad ispirare la «nuova pastoralità» che si spargerà per il mondo; lo Spirito non usa sotterfugi, mendaci e metodi disonesti. No, la carità e la misericordia non sono dalla vostra parte. Non siete voi che fate il bene dell’umanità ferita. La vera carità resta quella di San Paolo: avvertire che chi prende la Comunione in peccato «mangia e beve la propria dannazione». E la carità verso gli omosessuali sta nella sua messa in guardia: «Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi!» (I Lettera ai Corinzi, 6, 9) .

«Vi sono infatti, soprattutto fra quelli che provengono dalla circoncisione, molti spiriti insubordinati, chiacchieroni e ingannatori della gente. A questi tali bisogna chiudere la bocca». (Lettera a Tito, 1,10).




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