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La sola fede e la giustificazione: I Giudaizzanti, Lutero e bergoglio
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Lutero e l’Epistola ai Galati 

CDopo aver visto il significato dell’Epistola ai Galati sui rapporti tra la Legge e la grazia, alla luce dell’insegnamento patristico/esegetico e secondo l’interpretazione del Dottore Ufficiale della Chiesa (S. Tommaso d’Aquino), adesso, studiamo la dottrina luterana per capire come mai l’eresiarca tedesco abbia potuto stravolgere talmente la dottrina paolina e ribaltare anche quella rabbinico/talmudica dei Giudaizzanti contro i quali aveva polemizzato l’Apostolo delle Genti.

Secondo Lutero l’uomo non è libero

Secondo Lutero la volontà umana è “schiava”, non è per nulla libera e non è quindi responsabile delle sue azioni: questo è il punto di partenza delle aberrazioni luterane sui rapporti tra la grazia e la Legge.

Nella sua opera De servo arbitrio del 1525 Lutero scrive che l’uomo è come un cavallo sul quale possono salire due cavalieri senza che lui possa far nulla per volerlo o impedirlo: “Se sale Dio, l’uomo va e vuole dove va e vuole Dio. Se vi sale il diavolo, l’uomo va dove il diavolo lo conduce. Non dipende da lui dove andare, sono i cavalieri che decidono”.

Inoltre, sempre secondo Lutero, Dio non vuole che tutti si salvino, ma alcuni li predestinerebbe alla dannazione senza alcuna loro colpa. Si capisce come un “Dio” simile, se per assurdo esistesse, sarebbe malvagio e degno di odio.

Lutero, quindi, ha distrutto oltre che l’essenza dell’uomo anche la natura stessa di Dio, che non è il Dio Padre, onnipotente, provvido e misericordioso dell’Antico e del Nuovo Testamento e non ha nulla a che fare con Gesù Cristo.

Il Dio di Lutero sembra piuttosto il “Dio cattivo”, che appartiene alla visione dualistica dello Gnosticismo manicheo e si contrappone, perciò, a quella del Cristianesimo. Infatti, un “Dio” che crea degli uomini per mandarli eternamente all’inferno sarebbe un mostro, anzi un diavolo.

Il Luteranesimo, la Grazia e le Opere

La teologia luterana riposa sul principio della giustificazione per la sola fede, ripreso da papa Francesco nella sua ultima udienza del mercoledì 11 agosto 2021.

Secondo Lutero e Bergoglio Dio ci attribuisce o imputa la giustizia o santità di Cristo che è ricevuta dall’uomo tramite la sola fede senza le buone opere o l’osservanza dei Dieci Comandamenti.

Inoltre, la fede per Lutero è un sorta di fiducia cieca, che porta l’uomo a credere e poi a fare quel che gli piace con la fiduciale speranza di salvarsi. “Pecca fortemente e spera ancor più fortemente di salvarti / Esto peccator et pecca fortiter, sed crede fortius et gaude in Christo, qui victor est peccati, mortis et mundi” (Lettera di Lutero a Melantone, 1° agosto 1521).

Ora, secondo la dottrina cattolica, i peccati, se seguiti dal dolore e dal pentimento, sono perdonati da Dio. Tuttavia, non è questo il significato della frase luterana.

Infatti, in questo passaggio di Lutero, i due momenti della giustificazione cattolica, sono invertiti: secondo il fondatore del Protestantesimo 1°) un tale ha la fede giustificante e sta in grazia di Dio (vero); 2°) commette, in séguito, un migliaio di fornicazioni e di omicidi; tuttavia 3°) in mezzo a tutte queste dissolutezze, può conservare la fede giustificante e rimanere amico di Dio (falso). Perciò, secondo Lutero, la fede fiduciale viene seguita dal peccato, che non ci separa da Cristo se manteniamo la fiducia di salvarci nonostante la volontà di perseverare nel male morale; ma questa è la “presunzione di salvarsi senza merito”, ossia il “peccato contro lo Spirito Santo” che non potrà essere perdonato, non perché Dio non abbia la capacità di farlo, ma solo poiché l’uomo, così facendo, pone un ostacolo alla misericordia divina, che non trova in questo caso le disposizioni necessarie per usar misericordia, ossia il pentimento e la volontà di emendarsi da parte dell’uomo peccatore.

La giustificazione per Lutero non santifica l’anima intrinsecamente e realmente, ossia non cancella il peccato e non fa in/abitare la SS. Trinità nell’anima, ma imputa o attribuisce solo nominalmente ed estrinsecamente all’uomo (che intrinsecamente e realmente resta peccatore) la santità di Cristo. L’uomo non diventa realmente giusto e santo, ma è solamente dichiarato giusto; si scorge qui l’influsso del Nominalismo filosofico di Occam sull’eresia teologica luterana riguardo alla giustificazione del peccatore.

Infatti, secondo Lutero: “La nostra giustizia si trova fuori di noi” (M. Lutero, Formula di concordia, 1577). Dio ci dice o ci dichiara giusti, ma non lo siamo in noi stessi. Si tratta di una giustificazione estrinseca e nominale e non intrinseca e reale. L’eresiarca fa l’esempio di un tappeto o un velo (i meriti di Gesù) che copre lo sporco (il peccato) senza averlo tolto e pulito dall’anima del peccatore.

Primo principio del luteranesimo: la Sola Fede

Da questo primo principio del Protestantesimo (sola fides) nasce la conseguenza evidenziata dalla catechesi di Bergoglio: l’inutilità delle buone opere e, dunque, implicitamente l’impossibilità di evitare il peccato (ma questo non è stato affermato esplicitamente da Bergoglio). Vediamo questi errori in particolare:

    

1°) Fede senza opere

Se la “sola fede fiduciale” giustifica, le buone opere (osservare i 10 Comandamenti) sono inutili. La salvezza dipende unicamente da Dio e per nulla dal battezzato, che non deve neppure cooperare con la grazia di Dio per praticare il bene e fuggire il male morale.

2°) Impossibilità della vita morale

La giustificazione lascia il battezzato nel peccato, che viene ricoperto come con un manto dalla Giustizia di Cristo. La libertà è totalmente corrotta e distrutta dal peccato originale, l’uomo è assolutamente incapace di compiere il bene.

Quindi, secondo Lutero la Legge morale (non quella cerimoniale come scrive San Paolo) non ha valore realmente precettivo, ma, puramente esortativo o pedagogico. Inoltre, per il buon andamento della società civile e religiosa occorre un’apparenza di ordinamento giuridico, una sorta di “morale autonoma pre/kantiana”, che garantisca la sottomissione dei fedeli alle autorità religiose e civili tramite la sottomissione alle leggi sociali ecclesiastiche e civili.

Di qui il “Pecca fortiter, sed fortius crede” (Martin Lutero, Lettera a Melantone, 1° agosto 1521). Quindi, l’immoralità non nuoce alla salvezza, purché resti la fiducia cieca di salvarsi. La morale è impossibile perché la libertà non esiste più dopo la colpa di Adamo. La sola fede fiduciale basta a giustificare l’uomo.

Conclusione

Secondo Jacques Maritain (I tre Riformatori: Lutero, Cartesio e Rousseau, Brescia, Morcelliana, 1928) la rivolta di Lutero corrispose all’avvento dell’Io in religione.

Il Protestantesimo ha eretto a dogma l’autonomia della coscienza soggettiva. Ora, questo dogma del Soggettivismo assoluto è la rovina di tutti gli altri dogmi perché consacra la rovina dell’Autorità divina e umana. Autonomia, indipendenza, individualismo, soggettivismo, relativismo: sono i pilastri e i frutti del Protestantesimo.

“Dio sì, Cristo no (Deismo illuminista); Dio e Cristo sì, la Chiesa no (Luteranesimo); né Dio né padrone (Marx); Dio è morto (Nietzsche): queste sono le tappe del mondo moderno” (Pio XII).

In breve il Protestantesimo inaugura la religione dell’Individualismo, dell’indipendenza e dell’emancipazione dell’uomo da Dio e dalla sua Chiesa.

La dottrina luterana può essere definita come un errore intriso di odio verso Dio giusto Giudice.

La Madonna a Fatima, nel maggio del 1917, esattamente 400 anni dopo la rivolta luterana (1517), aveva predetto che se gli uomini non si fossero convertiti dal peccato, l’errore sarebbe stato sparso in tutto il mondo (v. Rivoluzione bolscevica, ottobre del 1917), la Chiesa sarebbe stata perseguitata e sarebbe passata attraverso una “notte” paragonabile a quella dei sensi e dello spirito; però aveva anche promesso che Ella avrebbe trionfato sopra le forze del male, le quali, 400 anni prima, nel 1517, in Lutero  hanno avuto uno dei più grandi rappresentanti e precursori sia del Comunismo che del Nichilismo filosofico nicciano, esploso nel maggio del 1968 e arrivato al suo parossismo nell’autunno del 2019.

L’uomo avrebbe potuto evitare un castigo divino imminente, diviso in tre tappe principali: la fine della Prima Guerra Mondiale (1914/1918), la Guerra civile spagnola (1936/1939), la Seconda Guerra Mondiale (1939/1945), solo se si fosse convertito e se la Russia fosse stata consacrata al Cuore Immacolato di Maria.

Purtroppo, dobbiamo constatare che, circa 100 anni dopo, la situazione morale dell’umanità lungi dalla conversione è peggiorata in maniera impressionante.

Quindi, il castigo è invitabile come lo fu ai tempi di Noè (Gen., VII e VIII), della Torre di Babele (Gen., XI) e di Sodoma (Gen., XIX), ma dopo vi sarà il trionfo di Gesù per Maria: “In fine il mio Cuore Immacolato trionferà!”.

Questo trionfo non riguarda la fine del mondo, in cui Gesù “verrà a giudicare i vivi e i morti”, ma la fine del “mondo moderno” (di cui Lutero è il massimo rappresentante nell’ordine religioso, Cartesio in quello filosofico e Machiavelli in quello politico).

Il trionfo sarà un periodo in cui Cristo, tramite la Sua Chiesa, tornerà a regnare socialmente sugli Stati che avevano iniziato ad abbandonarlo già alla fine del medioevo.

La Modernità è una prefigurazione del Regno dell’Anticristo finale e della grande apostasia, che porteranno l’umanità alle soglie del Giudizio universale e della fine del mondo.

Padre Gabriele Roschini scrive: «L’età moderna, iniziatasi con l’umanesimo, è una marcia verso la conquista dell’io, che il Medio Evo aveva mortificato in omaggio a Dio. Per riconquistare quest’io, mortificato da Dio, l’uomo si mise a percorrere freneticamente le vie dell’emancipazione. Venne Lutero col Protestantesimo, e si ebbe l’emancipazione dell’io dall’autorità religiosa. Venne Cartesio e col suo famoso metodo filosofico segnò l’emancipazione dell’io dalla filosofia tradizionale, ossia dalla filosofia perenne che è l’unica vera; emancipazione filosofica poi portata agli ultimi termini da Kant, da Hegel, ecc. ... Venne Rousseau e con i suoi princìpi sociali rivoluzionari segnò l’emancipazione dell’io dall’autorità civile. Questa continua, progressiva emancipazione dell’io ha poi culminato nella divinizzazione dell'io medesimo e nella conseguente umanizzazione, o meglio, distruzione di Dio. Si è avuta così l’uccisione nicciana di Dio in omaggio all’io. Tolto di mezzo Dio, si son tolti di mezzo la luce, l’amore e la letizia; e si è avuto tutto l’opposto, vale a dire: tenebre, odio, tristezza. Si è avuto, così, l’uomo finito, ossia un cadavere ambulante, cui quadra a pennello l’epitaffio che aveva preparato il Papini per se stesso, prima che fosse risollevato dalla fede di Cristo: “L’ascensione metafisica di me stesso è fallita. Sono una cosa e non un uomo. Toccatemi! Sono freddo come una pietra, freddo come un sepolcro. Qui è sotterrato un uomo che non poté diventare Dio”. La conquista si è mutata in disfatta»[1].

Siccome la Modernità ha distrutto pian piano il Regno sociale di Cristo, la sua fine dovrà conoscere un ritorno della Regalità non solo individuale e privata ma anche sociale di Cristo e della Sua Chiesa. Quindi. il “Trionfo” di Maria consiste in una ri-cristianizzazione degli  Stati e delle Nazioni che avevano voltato le spalle a Cristo Re dell’Universo.

L’attuale protestantizzazione dell’ambiente ecclesiale cattolico, che è iniziata col pan-ecumenismo del Vaticano II ed ha toccato il suo zenit con Bergoglio, ha eclissato l’elemento divino della Chiesa e ha lasciato scoperto solo il lato umano nelle sue parti meno belle. Il Regno di Cristo tramite Maria sarà un’eccellente contro-riforma, che risanerà le ferite inflitte alla Chiesa e alla Cristianità da oltre 700 anni di Rivoluzione filosofica, religiosa e politica.

Tutto ciò non può produrlo la sola mano dell’uomo, ma soltanto un miracolo dell’Onnipotenza divina, la quale vuole servirsi della nostra cooperazione di “servi inutili e peccatori”, miracolo predetto da Maria nel suo “Trionfo”, che segna la fine della Modernità.

d. Curzio Nitoglia

Fine della terza e ultima parte



[1] La Santa Messa. Breve esposizione dogmatica, II ed., Frigento (AV), CME, 2010, p. 11-13.



 
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