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I Rothschild: una delle “grandi famiglie” che dominano il mondo
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I Rothschild e il 1870

Nella presente puntata cerchiamo di vedere le gesta di Casa Rothschild nel fatidico 1870 (caratterizzato dalla fine di Napoleone III e dall’invasione di Roma da parte delle truppe sabaude).

Proprio in quest’anno così decisivo per la storia europea è venuto a mancare l’ultimo dei cinque figli di Meyer Amschel, il fondatore della Banca Rothschild a Francoforte attorno alla metà del XVIII secolo, James, che a Parigi aveva portato la sua Casa a un’altezza senza precedenti, forse eguagliato solo da Lionello a Londra.

Il successore di James a Parigi fu il figlio primogenito, Alfonso, che era «destinato a trovarsi alla testa della sua Casa in un periodo burrascoso soprattutto per Napoleone III. La catastrofe si avvicinava a passi di gigante. Bismarck, oramai, lavorava a tutta forza alla sua grande opera: l’unione di tutti i Tedeschi sotto l’egemonia prussiana. I rapporti tra Bismarck e l’abile finanziere Bleichroder dal 1866 in poi si erano fatti sempre più stretti. Tuttavia, in séguito alla vittoria riportata dalla Prussia sull’Austria (1866), la Prussia era salita nell’estimazione dei Rothschild i quali aumentarono le relazioni d’affari che già da anni mantenevano con i Bleichroder (Ebrei tedeschi che arrivarono a costituire una loro banca attorno alla metà dell’Ottocento). Fu così che i comuni disegni bancari delle due famiglie di banchieri israeliti si strinsero ancor più intimamente. Il Gruppo Rothschild si unì e si fuse (o meglio assorbì) il Gruppo Belichroder. Siccome i Rothschild non avevano un loro familiare a Berlino la loro rappresentanza nella capitale tedesca e su tutta la Prussia venne affidata ai Bleichroder» (Egone Conte Corti, La famiglia dei Rothschild, II ed., Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2021, p. 455–456).

Perciò i Bleichroder furono messi al corrente delle notizie politiche e finanziarie di tutta Europa dai Rothschild che avevano le loro Banche a Parigi, Londra e Vienna e di lì potevano conoscere i segreti di quasi tutte le Corti europee, avendo rapporti stretti di presta/denari con quasi tutte la Nazioni del Vecchio Continente.

Alfonso Rothschild, che vedeva Napoleone III quasi tutti i giorni pur non avendolo in simpatia, iniziò a far da tramite tra l’Imperatore francese e Bismarck, che stava ultimando l’unificazione della Germania sotto la Prussia. L’Imperatore francese riceveva da Alfonso notizie riservatissime, che solo un banchiere come un Rothschild poteva conoscere.

Egone spiega che il patriottismo francese di Alfonso era fortissimo, forse superiore all’antipatia che nutriva per Napoleone, il quale ingenuamente oramai (dopo aver abbandonato i Fould/Pereire) si fidava (pur se non totalmente) dei Rothschild. Nel frattempo Bismarck si serviva dei Bleichroder e dei Rothschild per i propri fini e viceversa i Rothschild davano le loro informazioni al Cancelliere prussiano per i propri scopi: aumentare il loro capitale (p. 456).

Tuttavia, Bismarck manteneva tutta la sua lungimiranza e diceva: «Non bisogna lasciarsi mettere i piedi sul collo dagli Ebrei o rendersi finanziariamente troppo dipendenti da loro come, invece, vediamo avvenire in troppo Paesi d’Europa. Nei miei rapporti di Ministro con l’Alta Finanza israelita, questa fu sempre la mia obbligata e mai viceversa» (Egone, cit., p. 457).

Fu così che Bismarck riusciva a studiare attentamente e minuziosamente la situazione parigina, dove – dopo l’infausto 1866 – il malcontento popolare contro il regime napoleonico aumentava sempre più. Bismarck seppe, dunque, con certezza quel che sospettava in maniera congetturale: Napoleone non avrebbe mai tollerato una Germania unita, potente e rivale della Francia. Tuttavia Bismarck non poteva e non voleva assolutamente rinunciare al suo progetto; perciò, si sarebbe andati ineluttabilmente alla guerra tra Francia e Germania.

La goccia che fece traboccare il vaso francese fu l’accettazione alla candidatura al Trono di Spagna da parte del Principe di Hohenzollern, il 3 luglio 1870. In quei frangenti Napoleone fece chiamare Alfonso Rothschild per indurre l’Inghilterra, tramite l’influsso di Lionello Rothschild, a convincere la Prussia di recedere da quell’atto che veniva visto dall’opinione pubblica francese come un attentato alla dignità e alla supremazia francese in Europa.

Tuttavia il Primo Ministro britannico (Lord William Ewart Gladstone[1]) disse a Lionello che l’Inghilterra, pur non approvando la candidatura, non voleva immischiarsi in quell’affare che riguardava soprattutto la Spagna e non l’Inghilterra e neppure la Francia.

I Rothschild di Londra e di Parigi capirono benissimo che si era giunti a un passo dalla guerra e che sarebbero così tornati nelle difficoltà economiche da cui si erano appena ripresi dopo la guerra franco/austriaca del 1866.

I Rothschild cercarono, allora, di fermare almeno l’Austria dall’entrata in guerra.

La campagna franco/tedesca del 1870 fu rapidissima. Infatti l’esercito francese venne sopraffatto in un battibaleno e Napoleone III fu catturato prigioniero, il 1° settembre 1870, a Sedan.

Il 4 settembre la Rivoluzione socialista aggredì Parigi e quel che restava del regime imperiale. La moglie di Napoleone fuggì dalla Francia (dove venne proclamata la Repubblica) il cui Presidente fu il generale Louis–Jules Trochu (1815 – 1896) e Jules Favre (1809 – 1880) Ministro degli Esteri.

Chi salvò, paradossalmente, l’ordine in Parigi furono i Prussiani, che entrarono nella capitale il 19 settembre.

Bismarck, il Re Guglielmo e il generale Helmut Molkte (1800 – 1891) si accamparono nella splendida villa dei Rothschild a Ferrières. «I membri del quartier generale tedesco, sebbene avvezzi allo sfarzo francese, avendo già alloggiato in vari castelli a misura dell’avanzata prussiana in Francia, restarono stupiti difronte a tanta ricchezza che videro a Ferrières. Il Re prussiano nell’entrare in quelle magnifiche sale disse: “A tanto, noialtri non arriviamo, ci voleva un Rothschild!”» (Egone, cit., p. 459).

Il 21 febbraio 1871, a Versaglia, il neo/governo francese, dovette firmare la resa, con la quale Bismarck comunicò ai Francesi che avrebbero dovuto cedere l’Alsazia Lorena e pagare un’indennità di guerra di sei miliardi di franchi francesi. I Ministri francesi dovettero rivolgersi ad Alfonso Rothschild per poter far fronte alla richiesta.

Bismarck non gradì l’atteggiamento dei Rothschild che parteggiavano per la Francia (ma non per Napoleone) e cercavano a tutti i costi di ottenere un ammorbidimento delle condizioni poste dalla Prussia.

I Rothschild tifavano per il cambio di regime in Francia sia fosse la Monarchia a conduzione Orléans, sia fosse una Repubblica, purché Napoleone si togliesse di mezzo.

I Francesi dovettero, poi, accettare sebbene a malincuore le condizioni poste dal Bismarck, riuscendo solo ad abbassare a cinque miliardi di Franchi l’iniziale richiesta di sei miliardi.

Il 26 febbraio l’accordo fu siglato definitivamente e il primo marzo il quartier generale dei Prussiani lasciò Versaglia.

Tuttavia non era ancora finita, altre tristi e sanguinose giornate attendevano la Francia e specialmente Parigi. Infatti, il 18 marzo divampò la Rivoluzione detta “Comune di Parigi” d’ispirazione socialcomunista.

Il governo repubblicano francese, oramai guidato da Adolphe Thiers (1797 – 1877) e Favre, abbandonò Parigi e si recò a Versaglia assieme ad Alfonso Rothschild, che era un sincero conservatore e anticomunista…

Le barricate dei rivoltosi parigini furono innalzate soprattutto davanti all’ex Palazzo imperiale e al Palazzo Rothschild. Finalmente, verso la fine di maggio, le truppe governative, riuscirono a sconfiggere i rivoluzionari e a dominare la rivolta.

Il Governo e i Rothschild poterono, così, rientrare a Parigi i primi giorni di giugno.

Oramai i Rothschild erano ridiventati i banchieri ufficiali della Francia, avendo surclassato totalmente i Fould e i Pereire, che assieme a Napoleone avevano perso quasi tutto il loro potere.

La prossima puntata vedremo le vicende dei Rothschild sul finire del XIX secolo e nel primo quarto del XX secolo; per far ciò mi avvarrò anche di un libro molto interessante, pur se non sta allo stesso livello di quello di Egone Conte Corti: Edouard Demachy, Les Rothschild, une famille de financiers juifs au XIXe siècle, Parigi, 1896, 2 volumi. Il libro in due volumi è stato ristampato in copia anastatica da Elibron Classics presso Adamant Media Corporation nel 2007 cfr. www.elibron.com

Il lavoro è interessante ma è inquinato da un certo antisemitismo biologico. Il Demachy era un giornalista francese, nato nel 1854 e morto nel 1927, ma gli mancavano la preparazione che aveva Egone e le sue entrate negli archivi privato delle Corti di mezza Europa.

Tuttavia, nonostante ciò, il lavoro è molto interessante; si veda ad esempio il capitolo XV del 2° volume riguardo ai rapporti tra la Massoneria e i Rothschild. Il Demachy ci spiega che, sin dal 1809 secondo il “Rapporto di Mainz”, i Rothschild facevano già parte della Massoneria sia francese che tedesca (E. Demachy, p. 123).

L’Autore francese spiega che «la vera direzione della Massoneria è essenzialmente ebraica. Inoltre, il suo scopo è la distruzione, si fieri potest, attraverso la corruzione intellettuale e morale, della Cristianità. Perciò la setta si sforza di combattere la gerarchia della Chiesa cattolica e l’autorità civile. Essa tollera il Cristianesimo luterano, poiché la sua mancanza di unità dogmatica gli toglie ogni forza, essendo diviso in varie altre sette all’infinito. Per questo motivo nella Massoneria possono entrare lecitamente da parte delle loro sedi madri sia Ebrei che Protestanti. Infine, la Massoneria sin dall’inizio dell’Ottocento s’incarna nella famiglia Rothschild che se ne serve per i suoi piani di dominio finanziario dell’Europa» (E. Demachy, cit., 2° vol., pp. 125–128).

Perciò, non è difficile capire come i Rothschild che hanno diretto da dietro le quinte delle loro Banche la storia europea dall’Ottocento sino a oggi, si siano serviti della Massoneria come di una loro filiale o succursale per ottenere ancor meglio i loro scopi.

d. Curzio Nitoglia

Fine Della Trentesima Puntata

Continua



[1] Egli fu Primo Ministro per 4 volte, e quasi consecutivamente, dal 1868 al 1894. Faceva parte del Partito Liberale britannico.

 

 

 
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