Comunque, sino ai giorni nostri, i Rothschild si mantengono in grado, forti della loro strapotenza finanziaria, appoggiandosi alle loro relazioni internazionali intessute sapientemente con tutte le Corti europee (diventate, poi, Parlamenti eletti democraticamente) di esercitare un’influenza, nascosta ma molto potente anche se non più decisiva come dal 1815 al 1848 sugli eventi politici, economici e bellici che hanno caratterizzato la storia sino ai giorni nostri (non solo europea ma anche statunitense e quindi mondiale).
Per quanto riguarda i Rothschild e gli eventi storico/politici e bellici in cui essi hanno avuto, e mantengono ancor oggi una certa influenza, dovrò avvalermi principalmente di alcuni studi abbastanza seri, anche se non sono al medesimo livello di quello di Egone Conte Corti, che poté avvalersi della sua amicizia con le famiglie delle varie Corti europee e specialmente con gli Asburgo.
Essi sono: Pietro Ratto, I Rothschild e gli altri, Bologna, Arianna Editrice, III edizione, 2020; Id., Rockefeller e Warburg. I grandi alleati dei Rothschild. Le famiglie più potenti della terra, Bologna, Arianna, 2019; Daniel Estulin, Il club Bilderberg. La storia segreta dei padroni del mondo, Bologna, Arianna, 2019.
Egone, chiudendo il suo interessantissimo libro, scriveva: «Ancor oggi, negli Stati ove la loro famiglia è stabilita, è difficile trascurare i Rothschild» (Egone Conte Corti, La famiglia dei Rothschild, cit., p. 465).
Tuttavia, tra il 1870 e il 1918, la situazione della Casa Rothschild è molto cambiata rispetto al passato e soprattutto all’«epoca d’oro», ossia 1750/1848.
Infatti i cinque fratelli della seconda generazione, ossia della “belle époque” o degli “anni ruggenti”, sono oramai morti. Lo stretto legame che legava i fratelli Rothschild tra di loro, portandoli a far sposare persino le loro figlie/i con i rampolli dei loro fratelli (ossia tra cugini di primo grado) non sussiste più, se non in maniera del tutto eccezionale. Inoltre, i Rothschild della terza generazione si sono “assimilati” alle nazioni nelle quali si trovano a vivere, dal punto di vista patriottico e civile ma non religioso; infatti, essi son restati sempre Israeliti, anche se non più ortodossi di stretta osservanza come il vecchio Amschel Meyer (1744, Francoforte /1812, Francoforte). Essi si sono fatti naturalizzare nelle nazioni in cui vivono, ossia in Inghilterra, in Austria, in Germania (unificata dopo il 1870 dal Bismarck) e in Francia.
Dal punto di vista affaristico/finanziario, tutto ciò ha comportato che, se prima del 1870, ogni Rothschild, fosse inglese, austriaco, prussiano o francese, partecipava agli utili o alle perdite dei suoi fratelli; ora, invece, ogni filiale ha un suo patrimonio esclusivo e le altre filiali non partecipano né alle sue perdite e neppure ai suoi guadagni.
Tuttavia essi continuano a trasmettersi informazioni segrete e riservate che carpiscono nella Nazione in cui operano, ai Prìncipi cui prestano denari e le passano ai fratelli residenti nell’altre Nazioni europee; inoltre, in alcuni affari, molto grandi e delicati, si prestano mutuo sostegno. Insomma, cercano pur sempre di mantenere – con la reciproca e mutua cooperazione – la preminenza sociale e soprattutto economica che avevano acquistato con sì lunga fatica in appena un secolo.
Insomma, dopo il 1870, il Gruppo Rothschild non era più un’unica Banca internazionale (con sedi a Francoforte, Vienna, Parigi, Londra e Napoli), ma era divenuto una joint venture; ossia, un’associazione temporanea d’imprese nazionali, pur se unite da un certo spirito di cooperazione per gli affari internazionali di grandissima mole.
Tuttavia, una loro sede berlinese in senso stretto non fu mai creata, anzi, la filiale madre di Francoforte andò scemando d’importanza sempre di più. Dopo la morte di Meyer Amschel, nel 1812, la filiale di Francoforte passò sotto la direzione di Meyer Karl, che non aveva la statura del vecchio Amschel e alla morte di Karl (1886) gli subentrò suo fratello Guglielmo, ma aveva capacità ancora più scarse di Karl e alla sua morte (1901) la casa madre di Francoforte chiuse i battenti, senza troppo attaccamento alle tradizioni di famiglia che cedevano sempre il passo agli affari economici.
Oramai le sedi di Napoli e di Francoforte hanno esalato il loro ultimo respiro o quattrino e sono rimaste solo quelle di Londra, Parigi e Vienna.
Dopo aver ammassato oro, come Creso, i fratelli Rothschild cercarono di farsi una posizione sociale tra la “noblesse” abitando in magnifici palazzi, con bellissime tenute e giardini quasi edenici; acquistando, così, qualche titolo nobiliare, con un “von” o un “de” davanti al loro cognome troppo borghese.
Tra tutti i rami della famiglia quello che resta il primo e principale è quello di Londra, la quale è ancor oggi il cervello delle “Rivoluzioni conservatrici”[2], delle quali il braccio secolare sono gli Usa e la mano nascosta che dirige tutto Israele.
Se, nelle prime due generazioni i Rothschild si sposavano tra di loro e persino tra cugini di primo grado, con la terza generazione cominciano ad “allargarsi” pure a mogli “di pura famiglia israelita” (Egone, cit., p. 471); perché si è israeliti solo se si è figli di madre ebrea, il padre non basta ad assicurare la discendenza pura. Invece, per i mariti, le giovani figliole Rothschild, “spesso vanno spose a membri dell’aristocrazia” (ivi); così, i loro figli saranno ebrei, ma porteranno un nome nobile che li renderà anche israeliti occulti e nobili inglesi.
I Rothschild inglesi dopo il 1870 tornano a primeggiare anche su quelli di Parigi. Infatti, Lionello Rothschild, essendo intimo amico del Primo Ministro britannico Benjamin Disraeli, acquista molto potere in Inghilterra e quindi in tutta l’Europa continentale, dato il primato non solo finanziario, ma anche politico e militare, dell’isola albionica su tutto il mondo di allora; primato che è continuato anche dopo la seconda guerra mondiale, anche se le apparenze farebbero credere che gli Usa l’abbiano sottratto alla Madrepatria. Ancor oggi, l’America è il braccio, l’Inghilterra è la mente e Israele la mano nascosta, che dirige tutto da “dietro le quinte”.
L’amicizia tra Benjamin Disraeli (ossia, l’Inghilterra) e Lionel Rothschild (ossia, la Banca internazionale con sede a Londra) giovava non solo ai Rothschild ma anche all’Impero britannico. Infatti, quando si trattò di rispolverare il problema dell’egemonia sul Canale di Suez[3], il Chedivè (viceré) d’Egitto, Ismail Pascià (rimasto al potere dal 1863 al 1879), aveva accumulato debiti molto forti e alla fine fu obbligato a svendere le 177 mila azioni del Canale di Suez che erano in suo possesso. Fu così che iniziò a chiedere aiuto ai banchieri francesi. Lionello seppe la cosa grazie al banchiere Enrico Oppenheim (gli Oppenheim erano dei banchieri di Bonn sin dal 1789, poi spostatisi a Colonia nel 1798, nel 1828 s’imparentarono con i Rothschild grazie a un matrimonio), che aveva già prestato molti denari al Pascià d’Egitto. Siccome l’Inghilterra e Disraeli bramavano ottenere l’egemonia sul Canale di Suez e quindi sulla Palestina, su tutto il Vicino e il Medio Oriente acquistando le azioni dell’Impresa del Canale; Disraeli ricorse a Lionello, poiché la Francia stava per concludere, tramite i banchieri parigini, l’affare col Pascià Ismail. Purtroppo il Parlamento britannico era in pausa lavori per il weekend e inoltre non avrebbe potuto disporre su due piedi della cifra di 4 milioni di sterline, che erano richieste per l’acquisto del Canale. Perciò Lionello dette sull’unghia a Disraeli la cifra stabilita. Il pomeriggio del 26 novembre 1875 la transazione era stata completata.
A partire da questo prestito, Lionello otterrà il 2 novembre del 1917 la Dichiarazione di Lord Arthur James Balfour (1848 – 1930) sul “Focolare Ebraico” in Palestina, focolare che ben presto (1948) divenne un incendio, il quale ancor oggi non è stato sopito ma si sta propagando nel mondo intero.
Lo stesso Disraeli, scrivendo alla Regina d’Inghilterra riconobbe: «Non v’era che una Casa, che fosse in grado di provvedere: Rothschild. Tutta la quota del Chedivè è ora in mano di Sua Maestà» (cfr. Egone, cit., p. 472).
Il 3 giugno del 1879 morì Lionello Rothschild. Nel 1881 morì anche Benjamin Disraeli (1804 – 1881), il Lord di Beaconsfield, primo Ministro britannico dal 1868 al 1880. I Rothschild persero così uno dei più potenti e migliori amici nel Regno Unito. Tuttavia, la loro situazione in Inghilterra era oramai talmente ben salda, che anche la scomparsa di Disraeli non li scalfì minimamente.
Nathaniel, il figlio primogenito di Lionello, fu il primo israelita a potere avere un seggio in Parlamento senza essere cristiano e senza dover giurare sulla Bibbia cristiana, come richiedeva la prassi britannica sino ad allora.
Nel 1890 la regina d’Inghilterra, Vittoria, che sino ad allora era stata molto riservata con i Rothschild, accettò di essere invitata nel Palazzo di Rothschild e fu accolta in esso dal genero di Lionello, Ferdinando, il 14 maggio 1880.
Oramai «piantata su solide basi, forte d’immense ricchezze e di prestigio sociale, la Casa Rothschild rimaneva salda, mentre quasi tutti i grandi rivali d’un tempo erano scomparsi dalla scena. I Rothschild sopravvivevano a tutti quanti» (Egone, cit., p. 474). Qualcuno ha parafrasato il motto dei Certosini in: “Stat domus Rothschild, dum volvitur orbis” …
Poi Egone passa a trattare il decennio che precede la Prima Guerra Mondiale, naturalmente per sommi capi.
«Nel decennio che precede la [prima, ndr] conflagrazione mondiale, nel quale si delineano i raggruppamenti di Potenze che si affronteranno nella lotta, i Rothschild di Parigi e di Londra sostengono in pieno la politica dei Paesi ove risiedono. Tuttavia, tanto quelli di Londra che di Parigi[4], quanto la loro Casa di Vienna, che sta con la “Triplice Alleanza”[5], sperano sino all’ultimo di potere evitare il grande conflitto. La politica dei Rothschild, dalla caduta di Napoleone I (1812/1815) in poi cioè dal momento in cui iniziarono a possedere un patrimonio notevole, fu di adoperarsi sempre in pro della pace, all’ombra delle quale conservare i propri beni – acquistati, però, con la guerra tra Napoleone e Wellington a Waterloo (1815) – sviluppando, così, tranquillamente i propri affari mondiali e incrementandoli sempre di più. Or bene, tale politica restò immutata anche nel periodo precedente la Prima Guerra Mondiale» (Egone, cit., p. 475).
Nell’imminenza dello scoppio della guerra, i Rothschild – in particolare quelli di Londra e un po’ meno quelli di Parigi – fecero di tutto per evitare la catastrofe, la quale avrebbe messo a repentaglio l’unità, la stabilità e la potenza finanziaria e quindi politica della loro Casa.
Tuttavia, la loro potenza non era più quella del 1815/1848 e furono costretti ad accettare la realtà dei fatti quando il delitto di Sarajevo (28 giugno 1914) fece precipitare la situazione, portando al conflitto mondiale appena un mese dopo (28 luglio 1914), con l’entrata dell’Italia a fianco della Francia e dell’Impero britannico il 24 maggio del 1915, che terminò l’11 novembre del 1918.
Nel 1927 Egone Conte corti scriveva: «Oggigiorno, a un secolo e mezzo circa dalla fondazione della loro Casa bancaria i Rothschild (1744), sono ancora saldi. Senza dubbio, anche di recente, e al pari di tutti gli altri, hanno subìto perdite enormi per causa della crisi mondiale. Tuttavia, la ricchezza di questa Casa è passata in proverbio. Se nell’antichità, per designare un uomo ricchissimo si diceva “un Creso”, oggi anche il popolino ricorre al nome “Rothschild”. Il modo in cui tale copia di denaro venne accumulata fu tenendosi sempre in contatto (soprattutto di “prestito”) con chi via via reggeva le sorti del mondo, fosse Corona o Repubblica. Inoltre i Rothschild non si schierarono quasi mai, apertamente, in contrasto con le autorità detentrici del potere, ma cercarono di accordarsi con queste per quanto sgradite, a volte, a loro riuscissero. Indubbiamente, ciò richiese spesso molto opportunismo, ma il risultato fu un aumento di prestigio e di potenza alla loro Casa. I Rothschild sono oggi una dinastia, con tutti i vantaggi e gli svantaggi inerenti alle dinastie. La lezione morale che ci dà la storia dei Rothschild è l’immutata potenza, anche attraverso i secoli e le Rivoluzioni, del denaro» (Egone, cit. p. 478).
Qui finisce l’interessantissimo libro di Egone.
A partire dalla prossima puntata cercheremo di studiare le vicende della Banca degli “Scudi Rossi” di Francoforte iniziando dalla Prima Guerra Mondiale sino a oggi.
d. Curzio Nitoglia
Fine Della Trentunesima Puntata
Continua
[1] Tuttavia, occorre tenere sempre bene a mente che il vero ultraricco tende a occultare l’entità reale della sua ricchezza; mentre, il falso ricco la esagera, donde il proverbio popolare che recita: “Soldi e carità, la metà della metà …”.
[2] Per approfondire il tema dell’accoppiata – che potrebbe apparire contraddittoria – tra “Rivoluzione” e “Conservatrice”, si leggano i libri di Davide Rossi, La Fabian Society, Bologna, Arianna, 2021 e di Roberto Marchesini, Liberalismo e Cattolicesimo, Milano, Sugarco, 2021. Cfr. anche Franco Fracassi, Morte dei Paschi, Milano, Bari, Paper First, 2017; Id., Isis: la storia non autorizzata, Milano, Wip Edizioni, 2016; Id., Colpo di Stato. L’assalto dell’Europa e della Finanza alla Grecia, Roma, Fracassi Editore, 2018; Piano Bojinka: come fu organizzato l’11 settembre, Roma, Fracassi Editore, 2011; Id., I Conquistatori: La svendita dell’Italia e del Sud Europa nell’era della crisi, Roma, Fracassi Editore, 2018; Id., I misteri di Wuhan, Roma, Fracassi Editore, 2021.
[3] Nel 1854, Ferdinand de Lesseps (1805 – 1894), che era stato un diplomatico francese presso l’Egitto sin dal 1830, ottenne una concessione da Said Pascià (1822 – 1863) poi rinnovata da Ismail (1830 – 1895) Pascià, il Chedivè (viceré) d’Egitto, allo scopo di costituire una Società che iniziasse i lavori di costruzione per il Canale di Suez, aperto alle navi di ogni nazione e lo gestisse – affittando la terra limitrofa – per 99 anni. Ismail regnò dal 1863 sino al 1879, quando fu rimosso dal Regno Unito. Il Canale cominciò a essere costruito il 25 aprile del 1859 sotto Said Pascià. In realtà il progetto di costruzione del Canale era stata dell’ingegnere italiano Luigi Negrelli, che nel 1846 disegnò lo schizzo architettonico del passaggio che collega il Mar Mediterraneo al Mar Rosso, ma una morte prematura (infezione renale) gli impedì di realizzarlo e fu così che esso fu portato a termine dal de Lesseps, il quale invece negò il fatto documentato che il progetto era stato disegnato dal Negrelli, prendendosi tutta la gloria di esso. Ora, la posizione geografica del Canale lo rendeva un collegamento capitale per la spedizione del petrolio dall’Arabia e dall’Oriente all’Europa e al Nord America. Infatti, il 4, 40% del greggio mondiale transita tutt’ora attraverso di esso. Il Canale, una volta costruito, modificò gli equilibri economico/politici internazionali a pro dell’Inghilterra e a sfavore della Francia, che allora era la superpotenza dell’Europa continentale ed era l’unica capace di competere con il Regno Unito. Per realizzarlo ci vollero 10 anni di lavori, finalmente il 17 novembre 1869 fu inaugurato con una cerimonia sfarzosa. Fu in occasione di essa che Giuseppe Verdi compose l’Aida nel 1869. Si evitava così la lunga, dispendiosa e pericolosa circumnavigazione dell’Africa, permettendo alle navi di giungere direttamente dall’Asia e dall’Oriente in Europa. L’idea era molto vecchia, già nel 1800 a. C., il faraone Sesostri III vi aveva pensato e aveva cercato di aprire un canale che unisse il Mar Rosso al Nilo. Luigi Negrelli era nato a Fiera di Primiero (provincia di Trento) il 23 gennaio 1799, allora in territorio austriaco, e si era laureato in ingegneria a Innsbruck. L’opera fu incoraggiata dal Principe Metternich, ma venne realizzata grazie al finanziamento elargito da Lionel Rothschild alla Corona britannica, che nella persona di Lord Balfour nel 1917, renderà il favore agli Israeliti, concedendo, agli ebrei sparsi nel mondo, un “Focolare ebraico” in Palestina, che sarebbe rimasta al 50% agli Arabi e per il restante 50% sarebbe passata agli Ebrei. Il diplomatico francese arrivò all’ultimazione del Canale grazie all’appoggio datogli dal Metternich. Inizialmente il Chedivè egiziano Said Pascià († 1863) ne fu entusiasta, ma chi lo vide realizzato nel 1869 fu il suo successore Ismail Pascià (1863 – 1879), che però era pieno di debiti e dovette mettere all’asta il Canale, che venne acquistato appena sei anni dopo nel 1875 da Lionello Rothschild per la Corona inglese, che ebbe così un collegamento immediato con le sue Colonie indiane. Nel 1956 Nasser nazionalizzò il Canale e lo rese nuovamente egiziano.
[4] Favorevoli alla “Triplice Intesa” – nata il 1907 – tra la Francia, l’Inghilterra, la Russia e solo poi l’Italia nel 1915.
[5] L’Austria/Ungheria, la Germania e – inizialmente – l’Italia, dal 1882 sino al 1914.