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L’Anima umana è immortale?
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Definizione d’immortalità

Immortale è ciò che non muore. Ora, la morte è la fine della vita per consunzione. Perciò, immortalità dell’anima umana significa che essa è incorruttibile e sopravvive perpetuamente al corpo.

Importanza del problema

Questo problema fa un tutt’uno con l’esistenza di Dio. Infatti, se la mia anima è immortale, si pone di fronte a Dio per tutta l’eternità. Perciò dovrà rendere conto a Dio del bene e del male che ha fatto. Se non voglio pensare a questo problema, non ne cancello l’esistenza e la realtà oggettiva che s’impone alla mia coscienza o incoscienza.

Infatti, se ogni anima umana è immortale, poiché intelligente e libera, essa è pure responsabile delle sue azioni davanti a Dio. Perciò sarebbe stolto colui che non si curasse di risolvere questo problema, dandone una soluzione ragionevole.

Tuttavia questa soluzione non deve essere soltanto speculativa ma anche pratica; altrimenti il danno della noncuranza sarebbe irreparabile per tutta l’eternità, essendo l’anima immortale.

Prova razionale dell’immortalità dell’anima

Maggiore – Se l’anima umana è incorruttibile è anche immortale, poiché la morte è la fine della vita per la sua corruzione.

Minore – Ora, l’anima umana è incorruttibile.

Conclusione – Quindi, essa è immortale.

La Maggiore è evidente; infatti, incorruttibile è sinonimo d’immortale; così come corruttibile lo è di mortalità.

Prova razionale della spiritualità dell’anima

La conoscenza intellettiva o razionale e quella sensibile hanno oggetti essenzialmente diversi. Perciò, la conoscenza intelligibile e quella sensibile sono sostanzialmente diverse.

Maggiore – L’intelletto conosce oggetti immateriali (Dio, povertà, onore, patria, filosofia …); la volontà ama oggetti immateriali (matematica, storia, teologia …).

Minore – Ora, per conoscere e amare un oggetto immateriale occorre avere una facoltà conoscitiva e volitiva immateriale.

Conclusione – Quindi, l’intelletto e la volontà sono facoltà immateriali. Perciò, l’anima umana o razionale, in cui risiedono l’intelletto e la volontà, è spirituale.

Provo la Maggiore:

È un fatto che sperimento che concepisco l’idea di dovere, onore, giustizia, ingiustizia, Dio, l’eternità …

Ma, se mi domando, il dovere o Dio di che colore è, quanto pesa, che sapore ha? Non posso rispondere, poiché questi sono oggetti immateriali o non corporei, i miei sensi che sono organici non possono coglierli, poiché sono inorganici o incorporei. Perciò, anche il mio pensiero e la mia volontà che li concepiscono e li amano o aborriscono sono immateriali.

Infatti, solo una facoltà incorporea e inorganica può conoscere e amare o odiare un oggetto incorporeo e inorganico. È evidente che con i sensi organici e materiali io non possa cogliere ciò che non cade sotto i sensi essendo incorporeo o ultra/sensibile. Insomma, non posso vedere, toccare, ascoltare, annusare, gustare la povertà in astratto; infatti, non l’ho mai incontrata per strada.

Perciò, le operazioni intellettive e volitive sono immateriali o spirituali; conseguentemente l’intelletto e la volontà (facoltà o accidenti) che emettono questi atti sono anch’essi spirituali; quindi, l’anima umana (sostanza) in cui risiedono l’intelletto e la volontà è spirituale.

Anche i filosofi pagani erano arrivati alla conoscenza razionale dell’anima e della sua immortalità[1].

Conclusione

Abbiamo già provato che Dio esiste e che l’anima umana è immortale. Infatti, essa è spirituale, perciò semplice e non estesa o composta di parti integranti. Dunque, è incorruttibile e immortale.

Anche i filosofi pagani (Aristotele e Platone) avevano scritto sul problema dell’esistenza di Dio [2]; nell’articolo precedente abbiamo visto come san Tommaso d’Aquino abbia dimostrato con il lume della ragiona naturale l’esistenza del Motore Immobile; nel presente mettiamo a confronto quanto hanno insegnato su Dio e sull’anima spirituale Platone, Aristotele e San Tommaso d’Aquino[3].

Allora, per la ragione e per la fede, il problema essenziale che si pone a ogni uomo è quello di conoscere, amare, servire Dio e di salvarsi l’anima.

d. Curzio Nitoglia



[1] Sull’esistenza dell’anima e sulla sua immortalità: cfr. Platone, Timeo, 69c; Repubblica, IV, 439a-441c; IX, 580c-583a; Aristotele, Etica Nic., VI, I; L’Anima, II, 2, 414a; III, 4; IV, II, 2; IV, III, 2; IV, III, 20.

[2] Sull’esistenza di Dio: cfr. Platone, Repubblica, II, 379a-c; Teeteto, 176b-c; Le Leggi, IV, 716c; Aristotele, Metafisica, A, 5.

[3] Sul problema dell’anima immortale: cfr. S. Tommaso d’Aquino, In I De Anima, lez. II, n. 19; De Anima, a. 1, ad 12; a. 9, ad 14; a. 14, ad 6, 7, 18; II Sent, d. 8, q. 2, a. 2, ad 2; S. c. Gent., lib. II, cap. 55; S. Th., I, qq. 75-89.


 
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