Don Romolo Murri, don Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi e Marc Saugnier
Prima parte
La questione democristiana secondo don Composta
Don Dario Composta († 2002) scrive: “Il modello ideale ‘DC’ si potrebbe definire [...] come politica progressista e aconfessionale” (1).
Infatti, la ‘DC’ è un “partito di centro che guarda a sinistra”, come diceva Alcide De Gasperi.
Don Composta distingue tre tipi di cattolici:
“a) I cristiano/sociali, che respinsero i princìpi della Rivoluzione francese, per aderire alla dottrina sociale della Chiesa.
b) I cristiano/liberali, che stettero a metà strada tra le idee della rivoluzione e l’insegnamento della gerarchia cattolica.
c) I democristiani, che - pur accogliendo un certo indirizzo o ispirazione vagamente cristiana - si mantennero laicisti, e, si orientarono verso teorie affini a quelle della rivoluzione francese”.
I democristiani hanno come caposcuola Lamennais († 1854), Maritain († 1973) e in Italia Murri († 1944) / Sturzo († 1959) / De Gasperi († 1954).
I democristiani – continua don Composta – “si erano convinti che il pensiero sociale cattolico in qualche modo avrebbe dovuto riconciliarsi con la situazione di fatto [...] e abbandonare l’intransigenza” (2).
La ‘DC’ pensava che la rivoluzione francese fosse un fenomeno divino e positivo, e che ogni forma di governo non democratica fosse inaccettabile e anticristiana.
Don Romolo Murri, fondatore della ‘Lega democratica nazionale’ (3), fu condannato assieme alla sua ‘Lega’, e scomunicato come modernista il 28 luglio 1906.
Don Sturzo fu più abile, non volle invischiarsi, in modo aperto, con il modernismo, anche se era d’idee progressiste o modernizzanti. Egli fondò il ‘PPI’, che fu severamente criticato da padre Agostino Gemelli († 1959), monsignor Francesco Olgiati († 1962) e dal cardinal Pio Tommaso Boggiani († 1942) Arcivescovo di Genova, che il 5 agosto 1920 pubblicava una ‘Lettera pastorale’ ove metteva in luce i gravi errori del ‘PPI’:
a) emancipazione dalla Gerarchia ecclesiastica;
b) esaltazione della libertà come valore assoluto in collusione con i liberali;
c) derivazione della loro teoria polìtica dai princìpi della rivoluzione francese.
Tali errori li troviamo condensati nella dottrina e nella pratica della ‘DC’.
Alcide De Gasperi, in un discorso assai laicista tenuto a Bruxelles, il 20 novembre 1954, irritò profondamente Pio XII, che da quel momento non lo volle mai più ricevere. Infatti, egli affermò che la DC si fondava sulla triade: libertà, fraternità, democrazia, che sono l’eredità della rivoluzione francese.
Le ragioni profonde che sostengono la politica della DC sono – secondo don Composta – due:
1ª) il progressismo politico, nella linea dell’azione;
2ª) l’aconfessionalità, nella linea dei princìpi.
- La prima: ossia il progressismo pratico, è una teoria ottimista circa la natura umana, e in campo politico si mostra come fiducia illimitata di uno sviluppo economico civile e morale irresistibile in continua e costante ascesa verso il meglio.
- La seconda: è l’aconfessionalità teoretica della ‘DC’.
Già don Sturzo, il 19 marzo 1919, aveva pronunziato un discorso a Verona, in cui asseriva: “Il ‘PPI’ è nato come partito non cattolico, aconfessionale, [...] a forte contenuto democratico, e che s’ispira all’idealità cristiana, ma che non prende la religione come mezzo di differenziazione polìtica”.
d. Curzio Nitoglia
1) D. Composta, Questione cattolica e questione democristiana, CEDAM, Padova, 1987, pp. 25-26. Cfr. N. Arbol, I democristiani nel mondo, ed. Paoline, Milano, 1990; E. Corti, Breve storia della ‘Democrazia Cristiana’ con particolare riguardo ai suoi errori, in «Il Fumo nel Tempio», Ares, Milano, 1997, pagg. 154-184; H . Delassus, La Democratie Chretienne, Lille, Desclée, 1911.
2) D. Composta, op. cit., pag. 36.
3) Cfr. A. Del Noce, L’Eurocomunismo e l’Italia, Editrice Europa Informazioni, Roma, 1976; A. Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, Rusconi, Milano, 1978; A. Del Noce, Il catto/comunista, Rusconi, Milano, 1981; A. Caruso, Da Lenin a Berlinguer, Idea Centro Editoriale, Roma, 1976; L. Billot, De Ecclesia Christi. Tomo II. De habitudine Ecclesiae ad civilem societatem, 3ª ed., Roma, Gregoriana, 1929, Q. XVII, De errore liberalismi et variis ejus formis.