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> Domenica 18 Gennaio 2009
«Attenti all’imperialismo dell’Islam»
Lo studioso britannico ripercorre la storia del terrorismo moderno e condanna la tolleranza multiculturale della sinistra liberal: «La preghiera in piazza Duomo è un’invasione egemonica dello spazio cristiano»

di Aridea Fezzi Price

Il multiculturalismo? «È pernicioso: e la tolleranza multiculturale delle società europee aiuta i terroristi», afferma lo storico britannico Michael Burleigh nel suo recente libro Blood and rage: A Cultural history of terrorism

(Harper Press, pagg. 546, sterline 25), sottolineando come «la tolleranza multiculturale sia una costruzione della sinistra liberal, un’ideologia che riduce l’identità individuale, che è sempre complessa, a un unico elemento: la condizione di vittima». Subito tradotto in molte lingue, ma curiosamente non ancora in italiano, Blood and rage (Sangue e rabbia) è un’indagine approfondita che ripercorre la storia del terrorismo moderno, le attività nazionaliste e separatiste, le campagne terroristiche che hanno accompagnato i processi di decolonizzazione, i movimenti ideologicamente ispirati come la banda Baader Meinhof o le Brigate rosse, la cui attività emerge effimera rispetto ai gruppi nazionalisti Eta e Ira a loro volta eclissati dalla violenza jihadista.

Un’indagine approfondita mirata a demistificare il liberal nonsense che ostacola la nostra capacità di affrontare efficacemente il problema del terrorismo che domina oggi la nostra vita. A dispetto dell’accoglienza prevedibilmente glaciale da parte degli accademici di sinistra, il libro è stato citato come testo esemplare da Lord Guthrie, capo delle forze armate britanniche, e raccomandato per i corsi di addestramento dal capo del controterrorismo Peter Clarke, mentre in America ha suscitato l’interesse del Pentagono.

Sarebbe comunque un errore etichettare Michael Burleigh come un semplice apologo della destra. Lui si definisce un «conservatore realista, scettico nei confronti dei “neocon”, ma indignato dall’antiamericanismo della sinistra europea». Avversario implacabile del politicamente corretto, lo storico ce l’ha soprattutto con quel relativismo annacquato che informa l’atteggiamento di molta parte della sinistra nei confronti del terrorismo. «Non ha senso parlare della guerra al terrorismo islamico come di uno scontro di civiltà - dice -: la distinzione è fra civiltà e caos. Non c’è mai giustificazione alla violenza». Così ci spiega nella sua casa di Londra a sud del Tamigi, di ritorno dal fortunato lancio in Spagna del suo saggio. Cinquant’anni o poco più, polemico e combattivo, è facile intuire la sua rabbia repressa dietro la pacata sicurezza dello storico di razza, forte di anni di ricerca e di docenza negli atenei più autorevoli, Oxford, Cardiff, Stanford, premiato in Inghilterra e in Germania per il suo importante studio sul Terzo Reich (tradotto in Italia da Rizzoli nel 2003).

E che cosa pensa dell’attuale invasione da parte degli arabi musulmani del sagrato del duomo di Milano, un’area cristiana e cattolica, in protesta alla situazione di Gaza?
«Ho seguito il tentativo di boicottaggio e le preghiere di massa a Milano. Mi fa piacere che i vostri sindacati hanno condannato il boicottaggio visto che gli ebrei italiani non possono certo essere ritenuti responsabili per le azioni del governo israeliano. In quanto alle preghiere di massa, le bandirei poiché costituiscono un’invasione dello spazio cattolico: un’ulteriore manifestazione insomma dell’“imperialismo territoriale” dell’Islam “suprematista”. Sono pienamente d’accordo con la posizione dura del sindaco di Milano, e certamente del governo del primo ministro Berlusconi nel suo insieme. Almeno capiscono che non abbiamo bisogno di una guerra civile nelle nostre strade. A Londra abbiamo folle musulmane isteriche con cartelli con scritte “Death to Juices” (sic) - non riescono neanche a scrivere correttamente “Jews” (ebrei) - che interrompono la vita della gente comune e assalgono negozi a Kensington. Nel frattempo, i musulmani “moderati” hanno minacciato il nostro governo che ci sarà ancora dell’altro terrorismo se i “Brits” non alterano la loro politica estera. Poiché il governo ha condannato la reazione “sproporzionata” di Israele non vedo cosa possano volere di più, forse un’alleanza con Hamas?».

Nel suo libro lei definisce il terrorismo una tattica e non una strategia. Una tattica qualche volta politicamente efficace?
«È una tattica nel senso che è un continuum di attività mirate a provocare indiscriminatamente vittime civili per sollecitare i governi a cambiare politica. Certamente fra i gruppi dei vari movimenti terroristici laici o etno-nazionalisti e i vari tipi di terrorismo marxista, quelli che hanno una lunga storia, come l’Ira e l’Eta, possono vantare un qualche successo. Ma dagli anni Sessanta il baricentro si è spostato sulla religione, e questo ha cambiato le cose».

Lei tratteggia un ritratto del terrorista islamico calcato soprattutto sull’individuo, guidato da un sentimento perverso di altruismo, inebriato dall’eccitazione, senza alcuna vera conoscenza dell’Islam.
«L’ideologia che muove questi terroristi è importante ma non bisogna trascurare l’aspetto psicopatologico del loro agire. Sono individui che provengono da ambienti moralmente squallidi, con nessuna preparazione teologica o umanistica, che hanno assorbito un sacco di slogan vagamente connessi all’Islam, trovati in rete o ascoltati dai predicatori radicali, che poi collegano a qualche ingiustizia subita dai musulmani ma che non spetta alla violenza risolvere. Ho seguito molto da vicino una lunga serie di processi contro gli islamici militanti in Gran Bretagna. Non si trattava mai di persone sofisticate, ma di individui prevalentemente stupidi, alla fine motivati solo da un odio puro e semplice per l’occidente, per la società in cui vivono e nella quale sono disadattati».

Martin Amis afferma che è la nostra ideologia occidentalista a indebolire la nostra percezione del problema dell’islamismo militante. Nel suo libro lei parla di inettitudine dei governi e della responsabilità della politica liberal...
«Abbiamo le mani legate dalla disastrosa ideologia del multiculturalismo, adottata come alternativa al marxismo leninismo quando questi entravano in coma. Un’ideologia nefasta, che divide la gente in tribù in base a identità particolari, i negri, i gay, e così via, senza tener conto delle differenze individuali. Le tribù diventano comunità con dei leader autoproclamati che non riflettono alcunché ma rafforzano una visione monolitica della comunità portando avanti un discorso vittimista, e i governi si trovano a dover gestire le tribù attraverso queste leadership radicali. Poi si finisce col credere di risolvere tutto con la cosmetica del politicamente corretto. In Inghilterra i terroristi oggi bisogna chiamarli “terroristi antislamici” per non offendere i musulmani, perché secondo il governo i terroristi non hanno niente a che fare con l’islam».

I terroristi contano sull’effetto moltiplicatore della pubblicità. L’uso sapiente che fanno della strumentazione mediatica non potrebbe diventare anche un’arma per il controterrorismo?
«Con i nostri notiziari a getto continuo aggiungiamo delle marce in più alla già sofisticatissima propaganda dei terroristi. Solo riciclando costantemente le medesime immagini si contribuisce a pubblicizzare il successo di esplosioni e stragi. Così come è altrettanto grave diffondere notizie prive di analisi critica, con la scusa che si tratta di una cultura aliena alla nostra. Ma i media potrebbero riscattarsi screditando Al Qaida che come dicono alcuni dirigenti della comunità moderata è vista come una “marca” pubblicitaria globale. I musulmani moderati vorrebbero adottare delle strategie contrarie che pubblicizzino Al Qaida come una marca fallimentare invece che di successo».

Lei sostiene che sul piano pragmatico occorre una polizia ben agguerrita e preparata per affrontare concretamente il terrorismo di oggi. E sul piano politico?
«Non sono un sostenitore acritico dell’occidente. L’occidente oggi si trova di fronte un dilemma fondamentale: come gestire i rapporti con quei governi autoritari e profondamente corrotti del Medio Oriente che si dichiarano impegnati a far la guerra al terrorismo, e che in nome di questo approfittano per compiere nei loro Paesi ogni sorta di repressione. Aiutandoli contro il terrorismo noi finiamo per fare il loro gioco. Ma siamo pigri, preferiamo mandar giù la propaganda... Dovremmo innanzitutto eliminare le ovvie contraddizioni della nostra politica estera, smetterla di chiudere gli occhi sui governi autoritari come l’Arabia Saudita solo perché ci serve il loro petrolio, o inneggiare ad Hamas come si è fatto finora dimenticando il terrore che Hamas semina fra chi non sta ai loro ordini. In società polarizzate fra autocrati e islamisti c’è molta gente ragionevole nel mezzo che attende di potersi esprimere politicamente...».

Lei afferma che si dovrebbe incoraggiare un’ortodossia moderata, aprire un vero dialogo culturale studiando i loro classici e divulgando nelle lingue dell’Islam i nostri...
«Innanzitutto non bisogna cercare di arabizzare l’Islam, benché la lingua del Corano sia l’arabo. Ma dare più attenzione alle vaste comunità musulmane nel mondo, in India, Indonesia, Malesia, in Turchia, non deformate dalle patologie del Medio Oriente dove ci sono una ventina di conflitti in atto. Sentire le loro voci invece di lasciare che gli elementi peggiori del medio Oriente dominino costantemente il dibattito. Anche in Nord Africa ci sono molte differenze: l’idea di Sarkozy di una Unione mediterranea è molto astuta, il principio è eccellente, perché propone misure pratiche. È più importante, a me sembra, di tutti quei dialoghi interreligiosi che altro non sono che turismo di alta classe con le solite facce. Forse perché sono un vecchio empirico conservatore».


Michael Burleigh (1955) è uno storico inglese specializzato in storia medievale e moderna. Ha insegnato a Oxford, alla London School of Economics, a Cardiff e in seguito si è spostato negli Stati Uniti, insegnando in varie università americane. Tra i suoi libri sulla Germania nazista ricordiamo «Lo Stato razziale» (con Wolfgang Wippermann, Rizzoli 1992) e «Il Terzo Reich. Una nuova storia» (Rizzoli 2003). Le sue opere sono state tradotte in più di quindici lingue. Collabora a numerosi quotidiani inglesi e americani con articoli su religione, storia e politica ed è membro della Royal Historical Society, la più importante associazione di storici della Gran Bretagna.


Mi trovo perfettamente d’accordo con Arigiudea Fezzi Price: “La tolleranza multiculturale della società europea aiuta i terroristi”: ebrei. Basta tolleranza. Ha proprio ragione, Arigiudea.

Maurizio Blondet




 
> Domenica 18 Gennaio 2009
Una catastrofe epocale
Egregio Sig. Direttore,
 
le Sue idee molto spesso collimano con le mie e di conseguenza, anche quando non completamente convinto di certe valutazioni, mi faccio inconsciamente influenzare dal Suo pensiero: ecco perchè, nonostante il mio profondo scetticismo sul Salame e la Sua Corte, ho avuto molte speranze sul "buon" Tremonti.
 
Ora, visto l' abominevole intervento sulla crisi messo in atto, non crede che anche il "Dreibergen" debba considerarsi tra i ranghi degli incravattati senza valore??
 
Cordiali saluti.
 
Paolo Venturini
Arezzo



Senta, io continuo a pensare abbia ragione Tremonti. Quando ci sarà da sbolognare qualche migliaio di miliardi di Bot, questo paese con il suo debito pubblico mostruoso, non troverà molti compratori. A far rabbia sono i banchieri centrali, da Trichet a Draghi. Non hanno ancora capito che “tagliare i tassi” in questa crisi non serve a nulla? Loro tagliano i tassi, ma le banche non prestano, o prestano a tassi esosi; e d’altra parte le aziende non hanno alcuna propensione a indebitarsi per investire, visto che la domanda sta crollando. Quelli applicano un manuale di cui non capiscono nemmeno i motivi. E questa non è una crisi, ma una catastrofe epocale; se ne accorgerà.

Maurizio Blondet



 
> Domenica 18 Gennaio 2009
Canale satellitare - PRESS TV
Desideravo segnalare ai lettori questo ottimo canale TV satellitare da dove  si può ricevere un'informazione seria, in lingua inglese.
Il palinsesto è ricco anche di interventi di autorevoli e liberi reporter occidentali, che per esprimersi hanno trovato ospitalità in questa stazione di Teheran.
Finalmente qualcuno che con professionalità e rigore ci informa senza offendere la nostra intelligenza.
Nulla a che vedere con i soliti imbavagliati, faziosi ed insulsi TG nostrani che hanno ormai raggiunto livelli demenziali. Nessuno escluso.
 
Informazioni anche sul sito : www.presstv.ir
 
Un meritato  plauso e ringraziamento al  Direttore e a tutta la Redazione per l'ottimo lavoro di informazione  che svolgono quotidianamente.
 
Antonio Biancone - Roma



 
> Sabato 17 Gennaio 2009
Gaza ad Anno Zero
Ho da poco terminato la visione di "Anno Zero". Il termometro delle mie emozioni è stato caldissimo: le lacrime di dolore per le testimonianze palestinesi e i video ripresi a Gaza si sono mescolate con quelle di gioia per aver finalmente assistito alla pubblica enunciazione in Rai, ed in un programma quale quello di Santoro, delle verità che noi lettori di questo sito conosciamo e per l'affermazione delle quali ci battiamo. Certo, sono anche stati recitati i soliti mantra; il "giornalista" in collegamento da Milano che conduceva le interviste con i palestinesi lì presenti ha svolto il suo bravo compitino al limite della provocazione della pazienza altrui.
 
Ma il vedere:
 
1) palestinesi a cui è stata data finalmente voce e possibilità di testimoniare i crimini da loro subiti
2) sostanzialmente sbattuto in un angolino e fatto moralmente a pezzi quell'essere spregevole di Travaglio
3) lo scambio tra Santoro e Annunziata e l'abbandono dello studio da parte di quest'ultima
4) Santoro che in fine di trasmissione rompe gli argini e spara ad alzo zero sui socialisti europei, sui politici italiani, su Veltroni che potrebbe ben andare a Gaza piuttosto che in Africa
 
mi riempie il cuore di gioia perchè questa sera è accaduto quello che da sempre io sostengo: la verità, alla fine, viene sempre a galla. Prima o poi, come la pura acqua di fonte, emerge, prorompe da ogni apertura riesca a lambire e si spande nelle menti e nei cuori umani.
 
Che Santoro abbia avuto l'Illuminazione sulla strada di Damasco, non so. Ma so che questa sera egli ha fatto il giornalista senza virgolette.
 
Merito, secondo il mio sommesso parere, anche dell'eroica opera di lei, stimato direttore, e di questo sito. 
 
Silvano A.

 

Speriamo. Io sono stato colpito e ammirato da quelle povere persone che avevano perso chi otto figli, chi quattro parenti, e nel dolore gridavano: “Sono rimasto solo, non mi resta che Allah!”.  E degli uccisi dicevano: “Hanno trovato il  martirio”. Questa è fede, vera fede. Altro che giudeo-cristianismo. “Non mi resta che Allah”, ecco il grido invincibile dei figli di Ismaele.

Maurizio Blondet



 
> Sabato 17 Gennaio 2009
Lucia Annunziata... vergogna!!!
Gentile Direttore,

sono davanti alla TV e sto guardando AnnoZero... la spettabile signora annunziata difende a spada tratta le ragioni del massacro che si sta perpetrando in questi giorni a Gaza. Speriamo che qualcuno registri la puntata e la metta su YouTube. Bisognerebbe riguardarselo mille e mille volte per capire davvero come vanno le cose nelle alte sfere italiane. Esemplare.

Distinti saluti,

Ing. Carlo Antonelli



Ho visto anch'io. L'Annunziata con la menzogna filo-israeliana in canna non è una sorpresa. E' una arrampicatrice, sempre in cerca di maniglie per far carriera. Amicissima di D'Alema, leccò il kippà di Kippà quando vinse le elezioni la destra (cosiddetta). E' stata presidentessa Rai, dirige la rivista dell'Aspen Club, ma è ancora in carriera. Con la sua uscita da Santoro s'è guadagnata dei crediti, diverrà direttrice del Corriere o del TG1. La cosa ripugnante della trasmissione è stato l'aspetto di tavola rotonda, dove le ragioni dei carnefici avevano pari e più peso di quelle delle vittime. Perchè non hanno mai fatto un talk-show dove, accanto ai sopravvissuti, si esponessero le ragioni dei kapò di Auschwitz? I nazisti furono giudicati sui "fatti", mica sulle "intenzioni" e "giustfiicazioni". Inqualificabile poi quel Nativi, "esperto militare" da bar-sport: ritiene inevitabili i crimini contro l'umanità, le atrocità in guerra, guarda con sufficienza chi le contesta ai giudei. Non è arrivato a capire che le convenzioni di Ginevra non "impediscono" i crimini, però li condannano e - se possibile - li puniscono. Sono uno dei più alti prodotti della civiltà occidentale; significa, ovviamente, un arretramento tragico della civiltà.

Maurizio Blondet



 
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