
Shalom, Parigi
17 Novembre 2015
Non è il passaporto del kamikaze dello Stade de France la cosa più stramba capitata in quel venerdì 13. Un quotidiano italiano scriveva dell’operatore delle pompe funebri chiamato a raccogliere i resti di uno degli attentatori suicidi allo stadio: raschia come può l’asfalto e un vicino muro di cemento, mettendo i pezzi di carne in una busta. Poi guarda il cronista, indicando un residuo umano appiccicatosi molto, molto in alto. «Raccolgo come posso, lì mica ci arrivo». Evidentemente però, il cartaceo documento del ragazzo ha resistito più del suo corpo: più dei muscoli, più delle ossa.
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