
Lasciamo che vedano Gaza
Milena Spigaglia
03 Luglio 2009
«C’è stata un’esplosione, una ventina di metri più avanti. Poi subito un’altra, e ho capito che ero stata colpito» racconta Saleh Ahmad al-Medani, e scosta la maglietta per mostrare le ferite causate dalle flechettes (1).
Malgrado il suono lezioso, la parola indica delle freccette di metallo appuntite, lunghe dai quattro ai dieci centimetri, dotate di una coda che ne rende stabile e preciso il volo e che, una volta conficcate nel bersaglio, si frantumano e procurano ferite multiple, rendendone spesso impossibile la rimozione chirurgica. La maggior parte delle volte i medici rinunciano ad intervenire e lasciano le frecce nel corpo della vittima, per evitare di infliggere loro ulteriore dolore.
E’ quanto accaduto a Saleh, costretto a convivere con ferite che non si cicatrizzano al collo, …
(L’articolo è disponibile previo sostegno)