«Ai tempi del fascismo non sapevo di vivere ai tempi del fascismo»: così Hans Magnus Enzensberger.
La frase getta una luce folgorante su di noi tutti, dall’11 settembre in poi.
E che dovremmo scolpire nel bronzo.
Per un ragazzo tedesco sotto il Terzo Reich, questa era la normalità.
Era la vita quotidiana, un susseguirsi di colazioni mattutine col pane di segale e la marmellata, di lezioni a scuola, di divertimenti e manifestazioni festose, di sicurezza di vivere sotto il governo »giusto».
Il giudizio sul fascismo è venuto dopo – dopo la disfatta del fascismo, e dall’esterno, dai vincitori. Ora ci sembra facile dare quel giudizio.
Per chi lo ha vissuto, mentre lo viveva, fu impossibile.
Trovo l’aforisma di Enzensberger nel primo libro affascinante scritto sull’11 settembre: «Il mito dell’11 settembre», di Roberto Quaglia (…