
Ahi serva Italia
Andrea Cavalleri
28 Dicembre 2012
Non ho mai amato particolarmente il capodanno, una festa fondata non su un evento, ma su una convenzione (infatti l’anno potrebbe iniziare in uno qualunque dei 365 giorni che lo compongono), un momento in cui la gente viene presa da una frenesia irrazionale, per cui si sente obbligata a «divertirsi» con le più volgari dissipazioni e si sente angosciata se non può abbandonarsi a qualche rito tribale o apotropaico e soprattutto se non può dimostrare ed esibire questa sua attività per sentirsi socialmente accettata.
Sarà perché ho l’udito sensibile, ma detesto particolarmente i botti (non capisco che gusto ci sia a ricreare artificialmente l’atmosfera di Sarajevo, di Baghdad, o di Tripoli, con l’allegria delle bombe a grappolo e dei missili all’uranio impoverito) e trovo che il retrogusto del capodanno sia una sottile disperazione nichilistica. …
(L’articolo è disponibile previo sostegno)