A Proposito di Disinformazione
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Trascrivo, qui di seguito, un articolo a firma Alexandre Del Valle comparso sul quotidiano Libero del giorno 17.11.2009. Per quanto dal contesto di esso la cosa non sia chiarissima, si tratta a quel che pare degli estratti di un recente libro del Del Valle, noto per la sua tesi secondo la quale gli Stati Uniti d'America si servirebbero dell'Islam (presentato e trattato come una realtà omogenea e totalizzante) per compromettere e ostacolare la vita politica,  culturale. civile, sociale ed economica dell'Europa. Non ho alcun contatto con il signor Del Valle, e ignoro pertanto sulla base di quale bislacca deontologia professionale egli parli di qualcuno che avrebbe potuto informarlo di prima mano sia delle proprie pubblicazioni, sia delle proprie autentiche posizioni.

Escludo pertanto, sulla base di  quanto dal suo scritto rilevo, che il signor Del Valle sia intellettualmente onesto e culturalmente capace di condurre una ricerca corretta: mi chiedo d'altro canto perché il quotidiano Libero abbia accolto un attacco personale così virulento e diretto - suscettibile a quel che persone competenti mi suggeriscono anche di azione legale -, a meno che all'interno di quel giornale non vi sia qualcuno per qualche motivo interessato a diffamare la mia persona. Addito comunque un tale modo di far "giornalismo" al disprezzo di chiunque  si appresti a esaminare questo dossier.

Sotto l'articolo di Alexandre Del Valle, la mia replica sul Secolo d'Italia di oggi.

 

libero_fondo magazine
17 novembre 2009


Il fronte comune di islamici, nazisti e compagni

Alexandre Del Valle


L’espressione «rosso-nero-verdi», da cui è stato concepito il titolo di questo libro, venne utilizzata per la prima volta da Jean Thiriart. Militante nell’estrema destra belga e nel Circolo degli Amici del Grande Reich Tedesco (AGRA) durante l’occupazione nazista del Belgio, Thiriart, all’epoca giovane rexista, era stato molto legato al movimento nazionalbolscevico filonazista del professor Kessemaier e imprigionato per collaborazionismo alla fine della guerra. All’inizio degli anni ’60 diede vita a una nebulosa internazionale neonazista e poi, dopo essersi momentaneamente opposto alla decolonizzazione, abbracciò, come la Nuova Destra, posizioni filoarabe e terzomondiste. Diventato filosovietico, Thiriart denunciò oppositori anticomunisti cristiani dell’Europa dell’Est come Lech Walesa, definendolo una «marionetta della propaganda sionista e americana». (...)

Concentrò i suoi sforzi sull’antigiudaismo e sull’alleanza con i nazionalisti arabo-musulmani alla stregua di François Genoud e del Gran Muftì di Gerusalemme. In Francia ispirò rosso-neri come Christian Bouchet, la Nuova Destra o gli intellettuali usciti da questo movimento e diventati più rispettabili, come Franco Cardini in Italia.[1] In America Latina, influenzò il dittatore argentino Perón, il geopolitologo peronista-negazionista argentino Norberto Ceresole, e sopratutto il leader della «Rivoluzione bolivarista» Hugo Chávez. (...)

In maniera repentina, quindi, questo nostalgico del Terzo Reich diventò antimperialista, filocubano e filocinese. Un cambio di rotta che lo portò al «nazionalcomunismo» al fianco dei militanti maoisti, con i quali condivideva un antisionismo virulento e una fascinazione per l’azione rivoluzionaria diretta di tipo palestinese. L’alleanza con la Cina comunista e il mondo arabo era per lui necessaria contro il nemico principale: l’imperialismo americano-sionista. Ma l’odio viscerale nei confronti degli Stati Uniti fece nuovamente evolvere il suo movimento verso posizioni filosovietiche e filorusse, in contrapposizione all’antiatlantismo. I Cahiers du Solidarisme, anch’essi frutto del movimento Giovane Europa di Thiriart, editati dal 1976 al 1979, seguivano la stessa direzione. In un numero già citato della rivista Eléments, dedicato agli arabi, Claudio Mutti ha spiegato come l’organizzazione e la rivista Jeune Europe di Thiriart avessero motivato la sua conversione all’Islam e il suo filoarabismo terzomondista «di destra». Fu in quegli anni e seguendo quest’evoluzione che i “Solidaristi" e la Nuova Destra, influenzati da Thiriart e Jeune Europe, strinsero legami con i gruppi «euro-terroristici» di Action Directe, delle Brigate Rosse italiane - che all’epoca era considerata la più efficace struttura d’azione «antimperialista» - e delle Cellule Comuniste Combattenti (equivalenti belghe delle prime due). Un avvicinamento che ebbe conseguenze dirette quando i militanti del gruppo di Thiriart si associarono all’estrema sinistra terroristica in Italia, in particolare a Renato Curcio, che in seguito fu a capo delle Brigate Rosse.

Il camerata Renato Curcio

Contrariamente a quanto scritto dai suoi biografi, il terrorista rosso Renato Curcio non iniziò la sua «carriera politica» a Trento nel 1967, ma diverso tempo prima ad Albenga, nell’ambito del movimento di estrema destra americanofobo e antisemita di Thiriart, Jeune Nation, che darà i natali, in Italia, a Giovane Europa, dalla quale Curcio trarrà la propria formazione. Nel n. 4 della rivista Giovane Nazione, il «camerata Renato Curcio» è citato in qualità di responsabile della sezione di Giovane Europa di Albenga. Nel n. 5 (ottobre 1963) dello stesso giornale, Curcio è lodato per il suo «zelo militante», e solo in seguito egli entrerà a far parte del movimento studentesco di estrema sinistra. È in Giovane Europa che imparerà i pregi dell’organizzazione e della centralizzazione leninista e che studierà le basi teoriche della guerra partigiana nonché il concetto di «brigata politico-militare». A partire dal 1967, Renato Curcio si farà promotore di movimenti studenteschi di estrema sinistra all’Università di Trento ed entrerà a far parte del Partito comunista italiano (Marxista-Leninista), partito rosso-nero-verde ante litteram che all’epoca collaborava con Giovane Europa e promuoveva la rivista Lavoro Politico.

È in questo periodo che Curcio conosce e sposa Margherita Cagol, la futura pasionaria delle Brigate Rosse. In seguito egli si recò a Milano, dove entrò in contatto con l’editore di estrema sinistra Giangiacomo Feltrinelli, il quale lo mise in contatto con il gruppo terrorista tedesco della Raf e con la Sinistra proletaria francese.

Così come la Jeune Europe, votata a partire dal 1966 a dare vita a una forza politico-militare destinata «ad abbattersi sull’Europa per farla finita con i collaborazionisti di Washington», anche le Brigate Rosse denunciavano la Nato come «organo di polizia degli americani in Europa». I concetti erano gli stessi. A parte Renato Curcio, l’ideologo rosso-nero-verde che meglio illustra, in Italia, la confusione «nazimaoista» è l’editore Franco Giorgio Freda, fondatore delle Edizioni di Ar, incarcerato per vent’anni per «cospirazione politica» e presunta partecipazione ad alcuni attentati che hanno insanguinato l’Italia, come la strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano.

Freda, Mutti e Blondet

Nel 1969, a Padova, Freda fu il co-organizzatore della prima grande manifestazione pro-Palestina mai avvenuta in Italia, legata ad alcuni rappresentati di al-Fatah e a dirigenti del gruppo maoista di Potere operaio. In un’intervista alla Librairie Française, Freda ha spiegato il suo cocktail ideologico in occasione della presentazione di un suo volume. Nel frattempo, alcuni suoi amici danno vita a sezioni dell’associazione Italia-Cina e, con Mutti, all’associazione Italia-Libia. (...) Parimenti, Claudio Mutti, formatosi nella Giovane Europa negli anni ’60, diventò «maoista» e tentò di creare una struttura «nazimaoista» in Italia attorno ai simpatizzanti della rivista Orion. Mutti teorizzava una union sacrée in questi termini: «Contro il fronte dell’insolenza democratica, dell’avidità finanziaria e della dominazione ebraica ci dovrebbe essere un fronte di estrema sinistra e di estrema destra». (...)

In Italia, l’istigatore antisemita cattolico Maurizio Luigi Blondet ha conosciuto anch’egli una popolarità trasversale rosso-nero-verde, dopo essersi specializzato nella negazione dell’11 settembre e nella tesi del «complotto giudaico-massonico» contro i musulmani e i cattolici. Blondet, giornalista e scrittore vicino all’area cattolica integralista, ex inviato speciale de Il Giornale e dell’Avvenire, dirige le edizioni Effedieffe fondate da Fabio De Fina.La maggior parte dei suoi scritti riguarda i «poteri occulti» e le «oligarchie». Blondet si occupa di un settimanale intitolato Il Cospiratore e scrive regolarmente editoriali antiebraici sul giornale integralista online Effedieffe, anch’esso pubblicato dalla casa editrice creata e diretta da Fabio De Fina che ha sede a Viterbo.

Le tesi revisioniste

Dopo l’11 settembre Maurizio Blondet si è impegnato a divulgare le tesi revisioniste di Thierry Meyssan, spiegando che gli attentati di Manhattan a opera di fondamentalisti islamici sarebbero stati il frutto di un complotto americano-sionista e massonico destinato a «distruggere la resistenza islamica» al Governo Mondiale, così com’è descritto nei Protocolli dei Savi di Sion, testo a cui fa spesso riferimento l’autore.

Blondet ritiene che, dall’11 settembre alla crisi dei subprimes, l’origine della decadenza e delle catastrofi mondiali vada ricercata nei complotti orditi dalle strutture bellico-industriali dell’Occidente, in particolare da quelle americane e dalle lobbies petrolifere e politiche giudaico-massoniche; senza dimenticare che i neoconservatori americani sarebbero alla base del «complotto dell’11 settembre». Blondet ha presentato quest’idea in numerosi suoi scritti. Alcuni mesi dopo gli attentati di Manhattan, Blondet ha sostenuto l’argomento dell’«autoaggressione» statunitense e della partecipazione dei servizi segreti israeliani alla legittimazione dell’intervento armato in Afghanistan e in Iraq.

Blondet è attivo anche nella ricerca delle «origini» ebraiche, benché antiche, dei grandi papi «cospiratori»; ha prodotto prove sull’ascendenza ebraica del defunto papa Giovanni Paolo II presentate nell’opera Cronache dell’Anticristo. La testimonianza di una nuova convergenza rosso-nero-verde è offerta dalla riformulazione di determinate tesi di Blondet da parte di alcuni esponenti dell’ultrasinistra. Fatto che risulta evidente consultando il sito No Global http://www.edoneo.org o la pagina http://smart.tin.it/rancinis/ fiamma.html, in cui si trovano gli articoli del teorico italiano dell’alleanza «catto-islamista» contro i «decadenti» e i giudeo-massoni. Le posizioni di Blondet, infatti, sono abbastanza diffuse nella destra neopagana e integralista-cattolica italiana.[2]

Esse hanno anche registrato una certa “rispettabilità", da quando uno dei suoi principali rappresentanti,[3] il cattolico convinto e un tempo membro della Nuova Destra e dell’Msi Franco Cardini, si è allontanato dagli ambienti radicali per divulgare le tesi negazioniste dell’11 settembre, filoislamiste e antisioniste sulla stampa nazionale[4] o in opere collettive quali Zero, lavoro dedicato alla negazione degli attentati di Manhattan e del Pentagono del 2001 e scritto assieme a famosi esponenti dell’antiamericanismo e del revisionismo come Thierry Meyssan.[5]

Cardini, docente di Storia medievale a Firenze, è stato membro del movimento transnazionale Jeune Europe fondato dal belga Jean Thiriart,[6] ha studiato la mistica fascista e il sincretismo islamico e ha preso posizione contro le guerre in Afghanistan (2001) e in Iraq (2003) aderendo alla grande manifestazione unitaria del 13 dicembre 2003 promossa dal Campo Antimperialista.[7] È stato direttore editoriale del mensile della Fondazione Federico II di Palermo, L’Euromediterraneo,[8] e dell’Associazione culturale Identità Europea. Come molti antimperialisti e antisionisti formatosi nella Nuova Destra, egli promuove un’immagine positiva dell’Islam nel quale identifica, seguendo il pensiero di Guénon, sia una religione «tradizionale» sia, all’interno del mondo arabo, una zona di opposizione alla cultura imperialista, mondialista e materialista dell’Occidente americanizzato. Come hanno rivelato il settimanale Tempi e l’agenzia d’informazione Corrispondenza romana, Franco Cardini è corrispondente[9] di Radio Teheran, nella sezione ufficiale di La Voce della Repubblica islamica, cioè la radio di Stato iraniana che trasmette tutti i giorni in lingua italiana da una capitale estera. Radio Teheran esiste dal 1995, ma sta acquisendo sempre maggiore peso grazie al rinnovato protagonismo internazionale del leader Ahmadinejad. Cardini esprime spesso il suo parere sulla Palestina, l’Iraq, «l’islamofobia» o la politica italiana. Autodefinitosi «uomo d’ordine e di destra»[10] e spesso interpellato dal Secolo d’Italia, Cardini è stranamente risparmiato dalla sinistra ed è anche stato portato a esempio dal leader del Pd Walter Veltroni[11] per i suoi attacchi ai tagli del governo alla scuola e all’università..

 

Alexandre Del Valle



secolo_fondo-magazine
19 novembre 2009


Che io sia una strega?

Franco Cardini


Nella nostra vita, il dolce si mischia sempre all’amaro. E magari al piccante. E’ la regola. E io non vi sfuggo.

La settimana scorsa ero vicino a Gerusalemme, nell’oasi ospitale di Nevé Shalom, l’ “Oasi di pace" dove israeliani ebrei, arabi cristiani e arabi musulmani vivono insieme, cercando di dimostrare al mondo che tutto è possibile agli uomini di buona volontà. Abbiamo ricordato insieme, con la preghiera e con un convegno di studi, la memoria di padre Michele Piccirillo, il prestigioso francescano-archeologo di recente immaturamente scomparso. Anima dell’evento è stata una mia meravigliosa amica, Simonetta Della Seta, adesso addetta culturale presso la nostra ambasciata a Tel Aviv. Con Simonetta ho scritto un romanzo storico, Il guardiano del santo Sepolcro (Milano, Mondadori, 2000), dove noi due, un’ebrea e un cattolico, c’incarichiamo di far parlare in prima persona il portinaio della basilica gerosolimitana della resurrezione, un musulmano. Peccato che i media ne abbiano parlato poco. A Nevé Shalom ho avuto la gioia di poter riabbracciare tanti stimati colleghi israeliani, come il grande medievista Benjamin Z. Kedar, amico di colui ch’è stato uno dei miei più cari maestri, Joshua Prawer., il cui splendido libro Colonialismo medievale ho avuto l’onore di tradurre in italiano (Roma, Jouvence, 1985). I miei amici ebrei, tanto italiani quanto israeliani, sanno bene che io non concordo in tutto con la politica israeliana, specie con quella di alcuni recenti governi e soprattutto con l’attuale, e segnatamente nella politica seguita nei confronti dei palestinesi e dei “territori occupati"; come sanno che io non credo molto che l’attuale modo maggioritario di presentare la società iraniana  sia  corretto e risponda completamente a verità.  Ma discutiamo, come si fa tra amici: e gli amici non sono quelli che ti danno sempre e comunque ragione, ma quelli che ti espongono lealmente le loro ragioni e si aspettano altrettanto da te.

Per il resto, essi – che mi leggono – sanno benissimo che cosa pensi di loro, della loro cultura e della loro fede abramitica, che da figlio di Abramo in quanto cattolico  anch’io  per tanti versi condivido. L’ho scritto a chiare lettere, introducendo  la traduzione italiana del  libro curato da Alain Dieckhoff, Israele. Da Mosè agli accordi di Oslo (Bari, Dedalo, 1999). Dicevo testualmente, a p.14: “…Israele non è né uno strano fenomeno antropologico-religioso, né una specie di fossile storico misteriosamente sopravvissuto e riaffiorato nelle tormentate vicende degli ultimi duecento anni. Ma, semplicemente, una parte di noi e delle nostre vicende di cui non possiamo fare a meno. Una gloria del mondo". Non ho nulla da  aggiungere e nulla da togliere a quelle parole.[12]

La bella esperienza di Nevé Shalom si è conclusa per me venerdì scorso, a tavola, ospite fraternamente accolto da  Simonetta, da suo marito – il musicologo Massimo Torrefranca – e dai loro figli Anna e Gad, per la cena di shabbat.

Fin qui il dolce. L’amaro, o meglio il “piccante" – nel senso dell’irritante –, è arrivato qualche giorno dopo, il 17 novembre scorso, con un  articolo nel quale Alexandre Del Valle, forse sull’onda delle recenti dichiarazioni del ministro Maroni, “denunzia" un terribile complotto “verde-nero-rosso" ordito insieme, in spregevole combutta, da fondamentalisti islamici, nostalgici neonazisti ed estremisti bolscevichi. E naturalmente buona parte di tale articolo è dedicata a me: non ho capito tropo bene in quale delle tre convergenti categorie egli mi ponga, ma credo in entrembe (neologismo per dire in tutte e tre).

Follìa diffamatoria? Non proprio. O, perlomeno, diciamolo con l’Amleto di Shakespeare: c’è del metodo in questa follìa. Il Del Valle in realtà in parte  “denunzia" cose che io sono stato il primo a dire di me stesso in molti libri (dall’autobiografia L’intellettuale disorganico alla raccolta di saggi Scheletri nell’armadio),[13] in parte  vaneggia cucendo insieme indizi allegramente interpretati e squisite falsità in uno stile che ricorda certi personaggi del romanzo di Vladimir Volkoff, Il montaggio, o certe “rivelazioni" che andavano per la maggiore nella bell’America dei tempi di Joseph Mc Carthy.

Io sarei stato quindi iscritto, da giovane, alla “Giovane Europa" di  Jean Thiriart e “membro" della Nuova Destra di Marco Tarchi (che non è mai stata un movimento);[14] avrei studiato la mistica fascista (mai!) e il sincretismo islamico (falso; non so che cosa sia il sincretismo islamico; io mi sono occupato di  rapporti tra Europa e Islam)[15] e seguirei quanto alla mia interpretazione della fede coranica le tesi di Guénon (manco per idea!). Ispirandosi inoltre alle “rivelazioni" (sic) del settimanale “Tempi" e dell’agenzia “Corrispondenza romana", ma senza verificare le informazioni desunte (se mi avesse telefonato, gliene avrei date io di più precise…), il Del Valle prosegue sostenendo che sarei “corrispondente di Radio Teheran" (un’emittente che mi ha in effetti intervistato un paio di volte; e al quale ho risposto con cortesia, come faccio sempre con tutti e come avrei fatto anche con Radio Zagarolo…) e che avrei preso posizione contro le guerre in Afghanistan e in Iraq (verissimo e sacrosanto: ho scritto anche tre libri al riguardo).[16] Vi risparmio le piacevolezze minori: salvo il fatto che mi definirei “uomo d’ordine e di destra" (in realtà ho sempre detto di essere uomo d’ordine e dotato di vivo senso dello stato, valori di una “destra" che non è tuttavia quella liberal-liberista) e che sarei spesso interpellato perciò da “Il secolo d’Italia" (vero: sono anzi forse il decano dei suoi collaboratori, dal momento che la mia firma su tale quotidiano è uscita per la prima volta nel 1958), ma che sarei stato “stranamente risparmiato dalla sinistra" e che una volta sono stato addirittura elogiato in pubblico da Walter Veltroni “per i suoi (cioè miei) attacchi ai tagli del governo alla scuola e all’università". Peccato che il del Valle, forse mal consigliato e peggio documentato, “ometta" che Veltroni mi citò esplicitamente per un articolo comparso, guarda caso!, proprio su “Il Secolo".

Che malinconia. Ho quasi settant’anni, e ho passato quasi mezzo secolo dell’esistenza studiando come un matto. Ho al mio attivo circa 150 volumi, e molte migliaia fra saggi e articoli. Ho regolarmente vinto la mia cattedra universitaria di ruolo (altro che “risparmiato dalla sinistra"!),  insegnato in parecchi Atenei anche all’estero, vinto qualche premio di una certa importanza. Eppure, il quotidiano “Libero" non ha mai creduto opportuno – ed è stato suo sacrosanto diritto, che diamine! – di dedicarmi nemmeno due righe di recensione. Di recente, ho pubblicato due libri di medievistica: Cassiodoro il Grande (Jaca Book) e una raccolta di studi francescani editi dal centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo. Silenzio-stampa, almeno su quel giornale. E allora, perché d’incanto interesso in tal modo a lorsignori, affaccendati a quel che pare a impaurire la loro opinione pubblica col temibile fantasma d’un’alleanza tra “opposti estremismi" rosso-nero-verdi?

Azzarderei una risposta. In effetti, non pare che il Del Valle declini proprio tutte le sue fonti. Forse, un’occhiata al blog “Informazione corretta", che da tempo mi dedica attenzioni analoghe alle sue – olimpicamente ignorando tutto della mia attività scientifica -, deve averla data; certo comunque qualcuno gliel’ha suggerita, o l’ha consultata per lui. O magari dev’essergli diciamo così passato per le mani il numero del 21 aprile 2004 dell’ “American National Review", nel quale due solerti  “giornalisti" (?!), per la cronaca italiani, argomentavano sul mio conto più o meno le stesse cose. Ho citato i due  paltonieri in questione per diffamazione: se la sono cavata  andando assolti (ma con formula dubitativa: ed è in arrivo il processo d’appello). Non so se in questo caso  ricorrerò ancora alla legge. Quel che so è che in Italia sta montando un’ondata di “caccia alle streghe" nella quale chi non si preoccupa di “allinearsi", ma cerca di dir la sua restando un uomo libero e rispettoso della verità, potrebbe anche rischiar qualcosa. Per esempio si prende di mira  un galantuomo che magari non apprezza del tutto la politica estera americana o quella dell’attuale governo d’Israele e che ha sempre detto la sua a viso aperto e documentando le sue affermazioni: e, guardandosi bene dal confutarle con altrettanta lealtà, lo si denunzia come “filomusulmano" e “antisionista", e s’insinua che possa essere in realtà antisemita, e magari criptonazicomunista. Peccato che non tutti siano disposti a lasciarsi intimidire

Vecchi metodi. Vecchie inquisizioni. Vecchi giochi di prestigio.  Che io sia una strega? In fondo, sarei anche in buona compagnia (penso alla strega Sabatilla di Brancaleone alle crociata, splendidamente interpretata da una giovane Stefania Sandrelli; o alla strega Finicella di un mediocre film peraltro piacevolmente interpretato da Renato Pozzetto, nel quale figura una giovane  e mozzafiato Eleonora Giorgi ). Ma allora venite fuori una buona volta, allo scoperto, tàngheri che siete. Abbiate per una volta la forza di studiare, invece di sceglier la pigra via della calunnia; scovate per una volta  il coraggio di citarmi per quel che veramente ho detto e scritto, senza interpolazioni e senza giochetti delatòri. E sia chiaro: sempre meglio comunque criptonazicomunista, come non sono io,  che infami e incolti, come siete voialtri.

Franco Cardini



[1]
Rispettabile, Franco Cardini lo è sempre stato. Come cittadino, come funzionario pubblico, come insegnante. Sfido il Del Valle a dimostrare il contrario. (N.B. – Le note a piè di pagine sono tutte dovute a F. Cardini: anche quelle apposte a commento dell’articolo del Del Valle, o comunque della pagina estrapolata dal libro del medesimo).

[2] Il Del Valle dimostra qui d’ignorare totalmente,e pietosamente, la deriva “teocon" di una parte notevole della “destra integralista" italiana. Alla sua stessa attività inquisitoria gioverebbe al riguardo un’attenta lettura del libro di F. Cardini, Testimone del tempo, Rimini, Il Cerchio, 2009.

[3] Cardini conosce il giornalista Blondet, anche se non troppo sul piano personale (hanno in comune la collaborazione al quotidiano “Avvenire"), e non ha difficoltà a definirlo un amico, anche se non su un piano di speciale frequentazione: ne apprezza alcune cose, non ne condivide altre, ma esclude che sia legittimo definirlo “antisemita"; comunque non ne è mai stato “rappresentante", né “principale" né altrimenti, né gli risulta che egli si sia mai fatto rappresentare da chicchessia.

[4] In questo delirio di aggettivi desinenti in “-iste", si “dimentica" di fornire dati bibliografici attendibili e precisi. A tale lacuna  abbiamo rimediato infra, in qualche nota che il lettore più attento avrà la benevolenza di considerare con la dovuta attenzione.

[5] In realtà, l’attività pubblicistica di Franco Cardini è sempre stata molto più ampia, approfondita e attenta: anche grazie ai consigli di alcuni valorosi colleghi contemporaneisti, tra i quali vanno citati  Massimo Cacciari  (certo “contemporaneista", per quanto il definirlo così sia riduttivo),  Ernesto Galli della Loggia, Giacomo Marramao,  Marco Tarchi e Danilo Zolo. Vanno citati al riguardo i  seguenti libri (che naturalmente il Del Valle non ha letto, che non conosce e che non pare sia in grado di giudicare; forse i suoi “suggeritori" ne sanno qualcosa, ma preferiscono evitarli salvo il consultarli  rapsodicamente  qua e là, alla ricerca di frasi “compromettenti" da estrapolare): I cantori della guerra giusta, Rimini, Il Cerchio, 2002; La paura e l’arroganza, Roma-Bari, Laterza, 2002; di tale libro Cardini è non autore, bensì curatore); Astrea a i Titani. Le lobbies americane alla conquista del mondo , ibidem, 2003; La globalizzazione. Tra nuovo ordine e caos, Rimini, Il Cerchio, 2005. La collaborazione al libro Zero è invece nata da un’accurata ricerca, portata avanti in gruppo a cura dell’équipe fiorentina del gruppo “Dia-Léghein".

[6] Corretto; la militanza di Cardini, nato nel 1940,  in “Giovane Italia" e nel MSI si situa tra 1953 e  1965, quella in “Giovane Europa" tra 1965 e 1969.

[7] La vicenda cui il Del Valle fumosamente allude è stata accuratamente ricostruita, con la citazione dei documenti originali, nel saggio di F. Cardini, Una storia imbarazzante, ripubblicato in Idem, La fatica della libertà, Roma, Fazi, 2006, pp.168-77.

[8] Si tratta in realtà d’un progetto del quale Cardini fu per alcuni mesi incaricato, ma che non andò in porto: questa citazione svela una volta di più il carattere rapsodico e approssimativo, quindi inattendibile, del metodo seguito dal Del valle nel raccogliere e nel verificare fonti e notizie (è oltretutto presumibile che si sia servito di cattivi e inabili consiglieri-collaboratori).

[9] Il definire “corrispondente" di un’emittente radiofonica chi sia stato due o tre volte intervistato da essa è desolante prova di scarsa familiarità del Del Valle o dei suoi consiglieri-traduttori  sia con le istituzioni  professionali giornalistiche, sia con il lessico italiano.

[10] Per la verità Cardini è più volte tornato su tale argomento, riconoscendo le componenti “di destra" del  suo modo di pensare principalmente nel suo tradizionalismo cattolico ispirato al magistero di Attilio Mordini  e nel suo senso dello stato, ma sottolineando che ciò non esclude affatto – al contrario- che egli si senta decisamente “di sinistra" sul piano delle politiche sociali.

[11] Ci si riferisce qui a un comizio di Veltroni al Circo Massimo, durante la competizione elettorale  per le  ultime elezioni comunali a Roma: egli citò un parere comparso in un articolo redatto da Cardini su “Il secolo d’Italia", nel quale si dichiarava che i tagli all’Università erano un modo di “rubare ai poveri per dare ai ricchi".

[12] Ad ebrei e ad ebraismo  Cardini ha dedicato i seguenti libri: Gli ebrei. Popolo eletto e perseguitato, Firenze, Bulgarini, 1995; Fratelli in Abramo. Breve storia parallela dell’ebraismo e dell’Islam, Rimini, Il Cerchio, 2000.

[13] Si ricorda ancora, come particolarmente significativa in questo senso, la raccolta di saggi dal titolo (emblematico: e il, Del Valle dimostra fino a che punto…) La fatica della libertà,cit. supra, nota 7, e significativamente  dedicato “Ai miei amici cristiani, ebrei e musulmani, perché confidino nel Dio di Abramo, senza mai dimenticare che Egli ci ama tutti".

[14] Di ciò Cardini ha trattato nel  libro L’intellettuale disorganico, Torino, Aragno, 2001.

[15] Cfr. Noi e l’islam, Roma-Bari, Laterza, 1994; Europa e Islam. Storia di un malinteso, ibidem 1999; L’invenzione del nemico, Palermo, Sellerio, 2006

[16] Cfr. supra, nota 5.