I belli addormentati e il ritorno degli Ogm
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L'offensiva dei potentati transgenici sta imponendo l'idea che il cibo del futuro non può che essere geneticamente modificato. Mentre vengono occultati i lavori scientifici che contraddicono il «dogma» e si lavora in gran segreto per «convincere» i politici. In Italia non c'è più traccia della Coalizione anti-biotech proprio ora che si sperimentano i campi Ogm Mentre l'Europa dà il via libera alle multinazionali biotech il fronte del no tace e rischia di perdere una battaglia vinta. Qualcuno sa che fine ha fatto la Coalizione che un anno fa raccolse 3 milioni di firme contro gli Organismi geneticamente modificati (Ogm)? Neanche noi.

Un vero peccato, perché mai come in questo momento, con il governo che ci ritroviamo, ce ne sarebbe un gran bisogno: il pensiero unico diffuso dai potentati transnazionali ormai sta dilagando al punto che in Italia l'unico brusìo che arriva alle orecchie dei consumatori dice né più né meno che gli Ogm sono buoni e basta. In totale assenza di contraddittorio (e dire che sono ben 32 le associazioni della Coalizione che non riescono più ad articolare un'idea o un'azione comune capace di mobilitare), siamo arrivati al punto che gli amichetti delle multinazionali dell'agrobusiness, oltre a dilagare incontrastati su giornali e televisioni, si permettono di reclamizzare cenette goliardiche a base di Ogm. Si sentono più forti e provocano, benché i cittadini italiani ed europei abbiano ribadito a più riprese di non volere il cibo geneticamente modificato (il 58%).

Sembrava una battaglia vinta, invece bisogna ricominciare tutto daccapo. La resa degli «ambientalisti» (altra categoria di dispersi della politica italiana) ha dell'incredibile e provoca due effetti immediati: viene sottaciuta l'allarmante agenda quotidiana della Ue che di fatto sta consegnando il sistema agricolo europeo nella mani di Monsanto & Co., e contemporaneamente vengono occultati gli studi scientifici che smentiscono le magnifiche sorti e progressive degli Ogm.

L'Unione europea, per esempio, sarebbe disposta a dare il via libera alla coltivazione di due tipi di mais transgenici, il Bt 11 della svizzera Syngenta e il 1507 di Pioneer Hi-Bred Mycogen Seeds. Sono indiscrezioni, ma sembra che Stavros Dimas, il Commissario europeo all'ambiente sostenitore di un approccio sempre prudente, questa volta abbia preparato un documento favorevole ai due Ogm che proprio lui stesso aveva respinto nel 2007 a causa dei potenziali effetti negativi sugli insetti e sul suolo. I ministri europei saranno chiamati a pronunciarsi a gennaio, e se diranno sì sarebbe la prima autorizzazione alla coltivazione a 10 anni dalla moratoria europea decretata nel 1998: una disfatta su tutto il campo. Di più. Da ieri in Europa è entrato in vigore il regolamento 834/2007 che permette l'introduzione di Ogm senza etichettatura al di sotto della soglia dello 0,9%, nei prodotti convenzionali e in quelli biologici. Un cavillo che di fatto autorizza la prima invasione di Ogm. Mobilitazioni? Nessuna, o quasi.

Clamoroso è anche il silenzio calato su uno studio pubblicato a novembre dal governo austriaco, una delle rarissime analisi a lungo termine mai condotte sul tema. Alcuni topi di laboratorio alimentati con mais geneticamente modificato (NK603 x MON810, lo stesso che era stato definito sicuro dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, Efsa) si sono visti compromettere la capacità riproduttiva. Lo studio è stato presentato da Jurgen Zentek, professore di medicina veterinaria presso l'Università di Vienna; sono stati nutriti due gruppi di cavie, il primo con mais Ogm proveniente dal Canada, il secondo con mais Ogm-free coltivato in Austria. Dall'analisi comparativa è risultato che il mais Gm nel tempo ha avuto ripercussioni negative sul metabolismo e la capacità riproduttiva, specialmente nella terza e nella quarta generazione, dando vita a una prole ridotta nel numero, e nel peso, rispetto alle generazioni precedenti.

«Il cibo Ogm in questo caso ha agito come agente di controllo della nascite - commenta Federica Ferrario di Greenpeace - e se questa non è una ragione sufficiente per chiudere completamente con l'industria agroalimentare biotech, davvero non so quale altro genere di disastro stiamo aspettando». Il mais in questione è di proprietà della Monsanto ed è già stato approvato per la coltivazione e come alimento negli Stati Uniti, in Argentina, in Giappone, nella Filippine e in Sudafrica (in Europa e in Messico per ora lo mangiano solo gli animali).

Ha vita sempre più difficile la letteratura scientifica che mette in crisi il dogma pro Ogm (un caso esemplare è quello del ricercatore messicano Chapela che nel 2001 perse la cattedra a Berkeley a causa di uno studio che è stato rivalutato poche settimane fa: ne scriviamo qui sotto). Solo con le ultime «notizie» passate sotto silenzio si potrebbero riempire pagine e pagine. Lo studio realizzato in Spagna condotto da Rosa Binimelis e pubblicato sulla rivista Journal of Agricultural and Environmental Ethics, per esempio: dove si dimostra che nella regione dell'Aragona è impossibile la coesistenza tra mais Ogm e mais biologico (la cui coltivazione si è ridotta del 75% dal 2004 al 2007). E ancora. Le api, che in questo periodo sono molto popolari sulla stampa mainstream per via della morìa provocata dai pesticidi, possono trasportare materiale genetico da piante Gm alle parentali selvatiche anche a molti chilometri di distanza (lo conferma uno studio svolto dal Centro di ricerca di Nairobi, in collaborazione con l'Istituto francese di ricerca per lo sviluppo).

Nell'ombra rimangono anche le grandi manovre in corso per far digerire gli Ogm ai governi europei e all'opinione pubblica. Una, particolarmente rivelatrice, è stata smascherata dal quotidiano The Indipendent lo scorso ottobre: il primo ministro britannico, Gordon Brown, si sarebbe incontrato segretamente con altri leader europei, tra cui il presidente della Commissione europea Barroso, per preparare una massiccia campagna pro Ogm. Tra gli scopi: spingere i primi ministri a non tener conto del parere dei rispettivi ministri dell'agricoltura, e preparare campagne per vincere la diffidenza dei cittadini. Detto, fatto.

E dalle nostre parti, ci sta forse sfuggendo qualcosa? Per esempio che lo scorso novembre, come se fosse routine, la Conferenza Stato-Regioni ha approvato la sperimentazione in campo aperto di alcuni Ogm: kiwi, agrumi, ciliegio dolce, fragola, mais, melanzana, olivo, pomodoro e vite. In Gran Bretagna, le sperimentazioni in campo aperto saranno effettuate solo in località segrete per depistare gli ambientalisti più agguerriti, in Italia, invece, nessuno ne parla. Il dibattito, o bisticcio, per ora rimane confinato tra gli addetti ai lavori. C'è chi è convinto che bisogna comunque opporsi al rilascio di Ogm nell'ambiente perché non sono segregabili e controllabili, e chi invece pensa che a questo punto si debba accettare la sfida per dimostrare di aver ragione.

Parliamone. Sempre che ci sia qualcuno nella Coalizione che fu che se la sente di adoperarsi per smentire la storiella secondo cui «a sinistra», nella migliore delle ipotesi, va sempre tutto... in frantumi.

Luca Fazio

Fonte >
  Il Manifesto.it | 2 dicembre


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